CAPITOLO PRIMO: QUELLO CHE ACCADDE.

Era seduto alla sua scrivania da parecchie ore ormai, ma sembrava non accusare il sonno né la stanchezza. La luce della candela baluginava fioca, rischiarando il rugoso viso segnato dagli anni, ma ancora pieno di vita. Pieno di speranza. La penna d’oca correva veloce sulla pergamena, continuando a scrivere, continuando a scavare nel passato e a ricordare gli eventi appena trascorsi, fissandoli nuovamente nella memoria, per impedire che andassero perduti.

Al termine della Guerra Sacra contro il Sovrano dell’Oltretomba, Lady Isabel di Thule, reincarnazione della Dea Atena, aveva deciso di liberare i Cavalieri, che per lei avevano combattuto fino a rischiare la vita, dal gravoso peso di continuare a correre in suo soccorso ogni volta che le tenebre avessero minacciato la Terra e la giustizia. A Pegasus, Andromeda, Dragone, Cristal e Phoenix fu quindi fatta bere la Pozione della Dimenticanza, un’acqua speciale che, se opportunamente gestita da un potere spirituale forte, poteva far dimenticare episodi di vita vissuta, se non addirittura una vita intera. E tanto grande era il potere di una Divinità, che Atena aveva cancellato dalla mente dei cinque amici il ricordo del loro essere Cavalieri.

Non posso più vederli soffrire! Non posso più vederli rischiare la vita, per me, a causa mia! È finito il tempo in cui Isabel viene rapita e imprigionata e i suoi cinque eroi rischiano la vita per lei! Da adesso esiste soltanto Atena! E aveva messo al loro collo una pietra, precedentemente immersa nella Pozione e intrisa del suo cosmo divino, che avrebbe contribuito a mantenere quell’equilibrio che Isabel sarebbe durato per sempre. Uno zaffiro per Pegasus, uno smeraldo per Dragone, un topazio per Andromeda, un diamante per Cristal e un rubino per Phoenix.

Purtroppo il desiderio di pace tanto bramato da Isabel non trovò realizzazione e pochi mesi più tardi, in una sera di maggio, il Grande Tempio venne assalito da misteriosi Cavalieri dalle Armature Celesti. Li guidava Sterope del Fulmine, uno dei tre Ciclopi Celesti, uomo dagli straordinari poteri, capace di sollevare Asher e gli altri quattro Cavalieri di Bronzo con la sola forza di un dito. Insieme a lui una misteriosa figura ammantata, che nel corso del combattimento che seguì, contro Castalia, Tisifone, Asher e Kiki, si rivelò essere Flegias, il figlio di Ares.

Il Rosso Fuoco, Flagello degli Uomini, impegnò duramente gli ultimi difensori in battaglia e se non fosse stato per il fortuito intervento di Ikki di Phoenix sicuramente avrebbe avuto ragione di loro. Phoenix infatti si trovava vicino alla Grecia, grazie a inconsci messaggi che Morfeo, il Dio dei Sogni, gli aveva inviato, su ordine di Issione, altro figlio di Ares. E nel sentire avvampare cosmi inquieti al Grande Tempio aveva risvegliato in lui il ricordo di essere Cavaliere, seppure senza che egli se ne fosse reso conto. Fu Isabel stessa, suo malgrado, a liberarlo infine dalla prigionia della Pietra della Dimenticanza, rendendogli la memoria ed esponendolo nuovamente a rischi e pericoli, per difendere la giustizia.

Ma Phoenix non fu il primo dei cinque Cavalieri a riacquistare la memoria. Pochi giorni prima infatti Cristal il Cigno aveva iniziato a sentire voci nella sua mente, che lo chiamavano da lontano. E aveva abbandonato le fredde terre della Siberia per raggiungere la corte di Ilda di Polaris a Midgard, dove era stato accolto con onore e con piacere dalla Celebrante di Odino e dai due Guerrieri del Nord sopravvissuti alla Guerra del Nibelungo, Mizar e Alcor. Insieme a Flare, Cristal intraprese un difficile viaggio per raggiungere la Corte di Odino, nella vera Asgard, al di là delle nubi e delle nevi, un’isola sospesa nel cielo. E durante questo viaggio, l’amore per Flare risvegliò in lui ricordi passati, emozioni sopite che il suo cuore non aveva mai dimenticato. Nel frattempo Ilda, assieme ai suoi Guerrieri, aveva lasciato Midgard, attaccata proprio in seguito all’arrivo di Cristal dai Cavalieri Celesti e messa a fuoco e fiamme, per scendere in Grecia ed avvertire l’amica Isabel. E proprio alla sua corte Ilda si trovava quando Flegias e Sterope assalirono il Grande Tempio, cercando di consolare Atena, che non smetteva di chiedersi perché suo padre, il Sommo Zeus, di cui i Cavalieri Celesti erano i difensori, avesse deciso di muoverle guerra.

Sull’Olimpo intanto Flegias complottava con Issione per spingere Zeus ad attaccare Atene, ma i loro progetti bellici vennero frenati da un tentativo di mediazione di Ermes, il Messaggero degli Dei, vecchio consigliere del Dio dell’Olimpo, scalzato dal homo novo Flegias ma sempre determinato ad evitare inutili spargimenti di sangue. Ma il tentativo fallì e Atena venne incatenata nella Bianca Torre del Fulmine, ermo confine dell’Olimpo, da lucenti folgori divine, restando agonizzante ad assistere allo scoppio di una nuova cruenta guerra. Per prevenire ogni rischio, Flegias ordinò infatti di eliminare gli altri Cavalieri, prima che recuperassero la memoria. Arge lo Splendore, custode della Spada del Fulmine, venne inviato ai Cinque Picchi e uccise apparentemente Sirio, facendolo precipitare nella cascata. Bronte del Tuono invece si recò a Nuova Luxor per uccidere Pegasus e Andromeda, ma il pronto intervento di Nemes e le lacrime di Patricia risvegliarono nei due il ricordo di essere Cavalieri e permise loro di contrastare lo strapotere del Ciclope Celeste. Nella lotta che ne seguì Mylock, il maggiordomo di Isabel, perse la vita per proteggere Patricia, pregando Pegasus di difendere sempre Atena, anche per lui. Patricia fu ricoverata in ospedale insieme a Nemes, guardate dai tre Cavalieri d’Acciaio: Shadir, Benam e Lear.

Nel frattempo Phoenix, che aveva accompagnato Atena sull’Olimpo insieme a Castalia, venne avvicinato da Morfeo, Dio dei Sogni, e convinto a distendersi su un lettino, per ritrovare una perduta parte di sé, quella legata ad Esmeralda, giovane amore mai dimenticato. In realtà era stato Issione ad ordinarlo al Dio, per completare l’addestramento al male di Phoenix, che aveva iniziato anni prima, sull’Isola della Regina Nera, ordinando al defunto Guilty di uccidere Esmeralda, per risvegliare completamente in Phoenix il lato oscuro e farne un suo servitore e guerriero.


Castalia conobbe il Luogotenente dell’Olimpo, Phantom dell’Eridano Celeste, uomo scelto da Zeus anni prima, dotato di un’enorme ammirazione verso gli ideali greci di armonia e di giustizia, che ritrovava nelle gesta eroiche dei Cavalieri di Atena, Cavalieri contro i quali mai avrebbe voluto combattere. Salvata da Birnam, Cavaliere d’Argento della Bussola, discepolo di Virgo, grazie all’aiuto esterno di Morfeo, che non poteva fare a meno di sentirsi in colpa per aver ceduto a Issione, Castalia rientrò al Grande Tempio giusto in tempo per organizzarne la difesa insieme a Tisifone, Asher, Mizar, Alcor e agli altri Cavalieri di Bronzo, sicuri che l’attacco di Zeus non si sarebbe fatto attendere. Ed infatti poche ore dopo una decina di Cavalieri Celesti giunse al Grande Tempio, scontrandosi sanguinosamente contro i soldati e i Cavalieri di Atena. Asher fronteggiò Narciso, guerriero di Afrodite, ottenendo la vittoria grazie all’aiuto di Geki e al suicidio finale del nemico. Castalia fu costretta ad affrontare proprio Phantom, restio a combattere con lei ma impossibilitato a venir meno al suo dovere. Dopo aver sconfitto Mizar e Alcor, il Luogotenente iniziò uno scontro con Castalia, conclusosi con un bacio rubato di fronte alla Quinta Casa di Leo, alla Casa dell’uomo che Castalia aveva sempre amato, senza trovare la forza per dichiararsi. Là la Sacerdotessa dell’Aquila si abbandonò tra le braccia dello sconosciuto amante, un giovane che le aveva eccitato l’animo fin da quando l’aveva incontrato sull’Olimpo. Quasi trasportata da una musica silenziosa, la donna si fece distendere sul pavimento, accogliendo il corpo dell’uomo sopra di lei. Dentro di lei.

Il secondo assalto al Grande Tempio fu guidato da Eos, Dea dell’Aurora, e dai suoi figli, i quattro venti: Zefiro, Austro, Borea ed Euro. Ma il piano di Eos fallì, grazie all’ultima difesa di Atena: le dodici costellazioni dello Zodiaco iniziarono a brillare e da ognuna di loro partì un raggio luminoso diretto verso la Dea dell’Aurora, e la stessa cosa accadde da ognuna delle Dodici Case. Eos si trovò nel mezzo, trapassata da ventiquattro raggi luminosi, caldi come il sole, lucenti come il firmamento. Zefiro e Austro incontrarono l’inaspettata resistenza di Birnam, che morì per difendere gli abitanti del Grande Tempio. Borea si scontrò con Tisifone e Asher, che dimostrarono una tenace resistenza di fronte ad un nemico infinitamente più potente di loro. In aiuto della Sacerdotessa dell’Ofiuco arrivò l’Armatura d’Oro del Cancro, che le diede nuovo impeto per fronteggiare il suo avversario, fino all’arrivo di Pegasus e Andromeda. I due amici affrontarono Eos, disquisendo con lei sul potere dell’amore, il più grande motore dell’animo umano, e riuscendo a sconfiggerla, mentre il loro cosmo bruciato al massimo risvegliò le Armature Divine, che dopo la fine della Guerra Sacra erano regredite ad Armature di Bronzo. Un aiuto inaspettato venne dalla titubanza di Euro, Vento dell’Est, grande ammiratore delle eroiche gesta ateniesi.

"Siete degni della vostra fama, Cavalieri di Atena!" –Aveva esclamato Euro, prima di volare via. –"Ma fate attenzione! Non tutti gli Dei dell’Olimpo saranno così accondiscendenti nei vostri riguardi!"

Appresa la verità su Atena, Pegasus decise immediatamente di correre sull’Olimpo, per liberare l’amata Dea, seguito da Andromeda, Castalia, Tisifone, Ilda, Mizar e Alcor, ma il loro cammino fu bloccato prima dai Giganti di Pietra, Custodi del Monte Sacro, e poi da Bronte del Tuono di fronte al Cancello dell’Olimpo. Il nuovo scontro tra i due vide Pegasus vincitore, con l’aiuto di Micene che sempre vegliava su di lui. Questo permise a Castalia, Tisifone e Andromeda di iniziare la scalata dell’Olimpo, ma presto i tre Cavalieri vennero divisi da una nebbia sospetta, che limitò i loro sensi e le proprie percezioni. Castalia e Tisifone vennero attaccate con dardi avvelenati dai Cacciatori di Artemide e la prima fatta prigioniera e condotta alla Caverna del Bosco di Artemide dove la Dea risiedeva. Profondamente irata dalla repressione del suo lato femminile, Artemide tentò di uccidere Castalia che venne inaspettatamente salvata da Phantom dell’Eridano Celeste, suscitando la collera della Dea. Nello scontro tra i due Phantom fu ferito a una spalla dal pugnale avvelenato di Artemide e si salvò grazie all’intervento di Morfeo. Era stato il Dio dei Sogni infatti a pregarlo di condurre un Cavaliere di Atena nelle sue stanze, titubante su una guerra ingiusta, a suo parere condotta soltanto per la volontà di dominio dei figli di Ares, Flegias e Issione, che stavano manipolando la mente di Zeus.

"I figli di Ares seminano discordia!" –Sussurrò Morfeo. –"Per colpa loro l’Olimpo si sta tingendo di sangue! Non odi le grida dei corvi, estasiati per banchettare con nuovo cibo, fresche carni di giovani Cavalieri? Non senti l’accendersi impetuoso di cosmi lungo la via che conduce alla Reggia di Zeus? Le verdeggianti distese della nostra terra sono infangate da una guerra che non dovrebbe essere combattuta, e tu, Luogotenente dell’Olimpo, dovresti saperlo meglio di chiunque altro! Tu che hai passato anni ad ammirare le eroiche gesta dei Cavalieri di Atena, di quei giovani che più volte hanno rischiato la vita per difendere la Terra dalle forze dell’Oscurità!"

"Sono d’accordo con te, Dio dei Sogni! Ma io sono soltanto un soldato! E non sono colui che comanda sull’Olimpo!" –Commentò Phantom, separandosi dal Dio.

"E chi comanda davvero?" –Domandò infine Morfeo, con un filo di voce. –"Chi muove i fili di quest’orrida commedia degli inganni?"

Tisifone intanto fu fermata da Atteone, il più valente Cacciatore di Artemide, e per batterlo dovette dare fondo a tutte le sue energie, riuscendovi grazie alla protezione e al cosmo dorato dell’Armatura del Cancro. Andromeda uscì indenne dal Bosco Sacro, per ritrovarsi invece in una radura dove Castore e Polluce, i Dioscuri, figli di Zeus, lo stavano aspettando. Sicuri di una facile vittoria sull’efebico Cavaliere, i due Cavalieri Celesti sottovalutarono il nemico, venendo travolti dalla furia della Nebulosa di Andromeda. Sconfitti i Dioscuri, Andromeda venne attirato da un motivetto suonato da uno strano essere: Pan, Dio dei Boschi e delle Selve, incaricato dal suo Signore, il Dio Dioniso, di condurre il Cavaliere al suo vigneto. Là Andromeda si ritrovò ad essere usato nel rito orgiastico del folle Dio del Vino e fu salvato soltanto dall’intervento inaspettato di Euro, il Vento dell’Est.

Nel frattempo Cristal e Flare avevano raggiunto la vera Asgard, passando sopra Bifrost, il Ponte-Arcobaleno, custodito dal Dio Heimdall. Alla corte di Odino, Signore degli Asi, avevano ritrovato i Guerrieri del Nord morti durante la Guerra del Nibelungo, Orion e Artax, elevati per le loro eroiche gesta al rango di einherjar, destinati ad uscire dal Valhalla durante il Ragnarok e combattere per l’ultima volta. Cristal spiegò le motivazioni che lo avevano spinto così lontano, le vibrazioni che sentiva dentro di sé, le stesse che anche il Dio, e Freyr, suo Consigliere, sentivano da giorni. Per trovare la soluzione a ciò Cristal venne inviato nel Niflheimr, il Regno delle Nebbie presieduto da Hel, la Divinità della Morte, un’immensa distesa di ghiaccio da cui provenivano tali vibrazioni, accompagnato da Orion e da Artax. I tre Cavalieri furono costretti ad affrontare gli Hrimthursar, i Giganti del Ghiaccio, e poi Hel stessa, nel suo castello di Helgaror. Nelle prigioni del castello Cristal ritrovò, prigionieri in un muro di ghiaccio, i Cavalieri d’Oro apparentemente scomparsi a causa del crollo del Muro del Pianto: Mur, Ioria, Virgo, Libra e Scorpio. Affrontò Megrez, vendutosi a Hel, e li liberò, prima di innescare la battaglia finale con Hel e scoprire la verità sulla missione di Orion e Artax. I due erano stati infatti incaricati da Odino di liberare Balder, suo figlio, prigioniero a Helgaror, approfittando della necessità, e quindi dell’aiuto, di Cristal di scendere nel Niflheimr. Su pressante richiesta di Flare, intanto, che ricordò al Dio il debito di riconoscenza verso i Cavalieri di Atena, che avevano liberato Ilda dall’Anello del Nibelungo, Odino armò il proprio esercito e marciò su Helgaror, aiutando Cristal a sconfiggere Hel. La Dea venne intrappolata nel ghiaccio, ma l’ultimo suonò che riuscì a pronunciare colpì in pieno Odino, trafiggendolo come una spada affilata. Fu un sibilo, impercettibile per chiunque, tranne che per il Dio: Ragnarok. E più non parlò.

Rientrati ad Asgard e curate le ferite dei Cavalieri d’Oro, Cristal e i suoi compagni si prepararono a rientrare in Grecia, avvisati da Freyr di un conflitto scoppiato sull’Olimpo. Per riconoscenza per averlo salvato, Balder fece forgiare nuovamente le Armature d’Oro andate distrutte nell’Elisio: quella del Leone, della Bilancia e della Vergine, e fece rafforzare le corazze dell’Ariete e dello Scorpione dai Giganti di Muspellheimr, la terra delle Fiamme. A Cristal, Orion fece dono di Gramr, la spada con cui uccise il drago Fafnir. Heimdall condusse i sei Cavalieri di Atena sul Ponte-Arcobaleno, allungandolo fino a lambire le pendici meridionali del Monte Olimpo, dove li depositò, prima di scomparire. Là Mur ritrovò il fratellino Kiki, che lo avvisò che pochi minuti prima un gruppo di Cavalieri Celesti aveva disceso il Sacro Colle, armati di tutto punto. Virgo decise di seguire la scia dei loro cosmi, portando Kiki con sé, mentre Cristal, Mur, Ioria e Milo si lanciarono verso la Reggia di Zeus.

Virgo e Kiki raggiunsero il Tempio di Poseidone, sotto il Mar Mediterraneo, dove una furiosa battaglia era in corso. Ermes infatti era stato incaricato da Flegias di recuperare il Vaso in cui Atena aveva rinchiuso lo spirito del Dio dei Mari ma aveva trovato Syria delle Sirene, ultimo dei sette Generali, ad opporre strenua resistenza. Per quanto avrebbe preferito evitare quel conflitto, con quel musico che tanto stimava, Ermes fu costretto ad affrontarlo, e lo avrebbe vinto se non fosse stato per l’intervento di Virgo, e per le parole dolci di Syria, che unite alla sua musica di flauto risvegliarono la razionale coscienza del Dio, inducendolo a rinunciare all’impresa.

Sull’Olimpo intanto Ilda, Mizar e Alcor furono fermati da una pattuglia di Cavalieri Celesti, guidati da Issione, figlio di Ares, che impegnò Ilda direttamente in battaglia. In soccorso della Celebrante arrivò l’Armatura della Valchiria, che le permise di tenere momentaneamente testa al figlio di Ares, prima dell’intervento, in suo soccorso, di Cristal e dei Cavalieri d’Oro. Zeus richiamò allora gli spiriti dei tre Giudici Infernali, Radamantis di Wyburn, Aiace di Garuda e Minosse del Grifone, inviandoli contro i Cavalieri di Atena, insieme a Sterope del Fulmine e ad altri Cavalieri Celesti. Di fronte al Tempio dell’Amore si svolse la grande battaglia che vide Ioria contro Radamantis, Mur contro Aiace e Scorpio contro Minosse, e la vittoria dei tre Cavalieri d’Oro. Cristal, su ordine di Mizar e Alcor, fuggì con Ilda, per metterla in salvo, mentre le due tigri affrontavano Sterope, cadendo in quella battaglia sanguinolenta. All’interno del Tempio dell’Amore, dove Cristal e Ilda cercarono rifugio, scoppiò lo scontro più violento della guerra, che vide il Cavaliere di Atena contrapposto ad Eros, Dio delle Forze Primordiali, capace di contrastare il potere dei ghiacci eterni. In soccorso di Cristal giunse Shaka di Virgo, costretto dal Dio a ricordare gli errori del suo passato e il senso di colpa per la morte di Ana, Cavaliere del Pittore, una delle sue allieve, ma anch’egli da solo non riuscì a sconfiggerlo. Fu necessario lanciare l’Urlo di Atena, assieme a Mur e Scorpio, per averne ragione.

Dauko della Libra nel frattempo aveva raggiunto i Cinque Picchi, informato da Freyr dell’attacco dei Ciclopi, ed era riuscito a ritrovare Sirio, piuttosto malconcio, naufragato sulla riva del fiume. La sua felicità fu di breve durata perché dovette affrontare due Cavalieri Celesti, mentre Sirio, ripresosi, impegnava battaglia e sconfiggeva da solo un terribile avversario: Arge lo Splendore, custode della Spada del Fulmine. Riposatisi, i due raggiunsero l’Olimpo, in tempo per aiutare Cristal al Tempio dei Mercanti, impegnato contro Efesto, Afrodite ed Ermes, una vecchia conoscenza di Libra, a cui il Cavaliere aveva salvato la vita durante la Guerra Sacra contro Ade nel 1743. Lo scontro tra i tre Cavalieri e le tre Divinità fu però interrotto dall’arrivo violento di due impetuosi cosmi ardenti, quelli dei figli di Ares: Phobos, Dio della Paura, e Deimos, Dio del Terrore, incaricati da Flegias e dallo stesso Zeus di sterminare tutte le Divinità dell’Olimpo. Pan, Dioniso, Estia, Ebe, gli stessi Efesto ed Afrodite furono sgozzati dall’attacco sanguinario dei figli di Ares, un attacco che nessuno aveva preventivato. Anche Artemide, nel Bosco Sacro, venne assalita, ma in suo soccorso giunse Phantom dell’Eridano Celeste, recatosi da lei per saldare il suo debito, riuscendo a far desistere Phobos e Deimos dall’impresa. Tutto questo fece sospettare sia Artemide che Ermes, spingendoli ad una tregua con i Cavalieri di Atena, e a farli correre da Zeus, per avere chiarimenti al riguardo. Anche Ioria, che era corso in aiuto di Castalia ed aveva affrontato Phantom dell’Eridano Celeste dietro al Tempio del Sole, Castalia e Phoenix, che aveva vinto Issione dopo aver scoperto la tremenda verità sul suo conto, raggiunsero gli amici.

Nella Sala del Trono i dodici Cavalieri (Sirio, Cristal, Libra, Castalia, Ioria, Phoenix, Tisifone, Phantom, Andromeda, Mur, Scorpio e Virgo) e le due Divinità superstiti, Ermes e Artemide, affrontarono Flegias, accusandolo di aver sedotto Zeus, inquinando la sua mente con malefici consigli, ed attribuendogli la colpa della guerra scoppiata contro Atena. Dal canto suo Flegias tenne loro abilmente testa, prima di scomparire misteriosamente, lasciando i presenti attoniti, di fronte ad una barriera cosmica formata dai cosmi delle Divinità uccise. Una barriera che proteggeva la parte ultima dell’Olimpo ed impediva ai Cavalieri di raggiungere la Torre del Fulmine, ai piedi della quale Pegasus stava già combattendo.

Il ragazzo infatti aveva ricevuto istruzioni da due pastori riguardo una via segreta per raggiungere la vetta dell’Olimpo, una via che passava proprio attraverso la montagna. Pegasus l’aveva seguita ed era giunto ai piedi della Torre del Fulmine, tentando di liberare Isabel, ma l’improvviso arrivo di Zeus aveva determinato l’inizio del loro scontro, che sembrava volgere a sfavore del ragazzo. Presto fortunatamente anche Sirio e gli altri Cavalieri giunsero ad aiutare Pegasus, e Ermes e Artemide chiesero al Dio spiegazioni sui figli di Ares. Ma la risposta di Zeus tolse loro ogni dubbio.

"Il sacrificio degli Dei si è reso necessario!" –Commentò infine. –"La loro energia è stata per me fonte di nutrimento, permettendomi di erigere una barriera capace di ritardare l’avvento dei Cavalieri di Atena. E liberandomi inoltre da scomodi rivali."

"Come?!" –Chiese Ermes, non comprendendo realmente le parole del Dio.

Ma questi più non parlò, limitandosi a scagliare folgori incandescenti contro Ermes e Artemide, che furono travolti e scaraventati lontano, mentre il Dio sogghignava maliziosamente. Un enorme cosmo esplose poco dopo, invadendo l’intero spiazzo ai piedi della Torre Bianca; un’immensa massa di energia che aveva nell’uomo di fronte a loro il suo baricentro. Incredibilmente le sue forme mutarono, cambiando aspetto e rivelando un viso che alcuni tra i presenti già conoscevano, mentre sopra di lui apparve la sua vera Veste Divina, che si scompose e andò a ricoprire il corpo della possente Divinità. Crono, figlio di Gea e di Urano e Signore del Tempo. In mezzo allo stupore dei presenti apparve nuovamente Flegias, colui che aveva liberato Crono dopo la sconfitta inflittagli dai Cavalieri d’Oro otto anni prima ed aveva complottato il piano per sbarazzarsi contemporaneamente di Atena e di Zeus.

"Flegias giunse sull’Olimpo, facendosi accogliere da quel vecchio citrullo di Zeus e ottenendo presto i suoi favori!" –Raccontò Crono. –"Ma io giunsi con lui, sotto forma di spirito, nascosto nel suo cuore malato, e pronto a portare la distruzione sul Monte Sacro! Fu facile prendere Zeus di sorpresa, travolgerlo con un attacco congiunto, al quale parteciparono anche i figli di Ares, Phobos e Deimos! E il suo corpo venne risucchiato in un’altra dimensione, grazie al mio Strappo nel Cielo! In quel momento, Flegias, forte di un potere che non avrei mai sospettato che possedesse, innalzò lo Scudo di Ares, il mistico sigillo che avrebbe dovuto raccogliere tutte le energie del Monte Sacro e convogliarle verso la Pietra Nera, oscuro talismano di ignota origine che mise al mio collo, nascondendo il tutto da una fitta coltre di scure nuvole, in grado di limitare anche le capacità sensoriali degli abitanti dell’Olimpo!"

Ma Flegias tradì il patto con Crono, togliendo la pietra nera dal suo collo, recuperando l’energia immagazzinata da essa e fuggendo via. Virgo si precipitò quindi sulle sue tracce, lasciando Mur e gli altri a combattere con Crono. Lo scontro fu tremendo e persino le Armi di Libra sembrarono inefficaci, ma in quel momento di disperazione Pegasus e i suoi quattro compagni, memori delle battaglie precedenti per salvare l’umanità, bruciarono al massimo i loro cosmi, riuscendo a ferire il Dio. Il ritorno di Zeus, e di Era, sua moglie, al suo fianco, invertì le sorti della battaglia e Crono venne risucchiato dal suo stesso Strappo del Cielo, ponendo fine a quell’atroce guerra, completamente sbagliata. Zeus, onorato di aver combattuto al fianco di uomini nobili, e dispiaciuto per la morte dei suoi Cavalieri Celesti e delle Divinità a lui fedeli, usò il suo potere per far risorgere l’Olimpo, per riportarlo agli antichi fasti, grazie all’aiuto di Ermes, Phantom e dei Cavalieri di Atena.

Ma la pace era lunga a venire, poiché Flegias altro progettava da tempo. Aveva usato infatti il potere della Pietra Nera per far tornare suo padre, Ares, Dio della Guerra, e i suoi due fratelli sulla Terra, risvegliando il possente esercito dei Bersekers, in cui molti altri figli di Ares militavano. La guerra che ne seguì fu altamente violenta, combattuta con tattiche sleali e con tutte le oscure energie che la Pietra Nera poteva mettere a disposizione di Ares e dei suoi figli. Il Grande Tempio di Atena venne occupato; Ban, Geki, Lupo e Aspides massacrati; soltanto Asher si salvò, grazie a Kiki che lo teletrasportò sull’Olimpo, dove riferirono tutto a Zeus e ai Cavalieri di Atena, che lì si erano fermati per rimarginare le loro ferite.

Senza esitazione, Pegasus, Sirio, Phoenix e Andromeda si lanciarono in una nuova avventura, per riprendere possesso del Grande Tempio che ad Atena apparteneva e che Ares aveva infangato. Efesto, sopravvissuto come Demetra, Castore, Polluce e Ganimede al massacro dei figli di Ares, riparò le Armature Divine con il mithril, rendendole più resistenti, desideroso di vendetta nei confronti dei figli di Ares che avevano ucciso la sua bella Afrodite. Arrivati al Grande Tempio, Pegasus e gli altri trovarono le teste di Ban e gli altri affisse su picche insanguinate, e non poterono trattenere le lacrime di fronte a tale orribile spettacolo. Flegias apparve in un turbine di demoniache fiamme, spiegando loro che Ares li stava aspettando alla Tredicesima Casa, insieme a persone a loro care. Il sospetto che Ares avesse rapito, e forse ferito, Fiore di Luna, Nemes e Patricia fece adirare ed inquietare Pegasus e gli altri, ma Phoenix li pregò di mantenere la calma, per quanto difficile ciò potesse essere. Detto questo i quattro amici si lanciarono in una nuova Corsa attraverso le Dodici Case dello Zodiaco.

Come Eracle nel mito, così Pegasus e i suoi compagni furono costretti ad affrontare Dodici Fatiche. Alla prima Casa trovarono l’Idra di Lerna, che impegnò in combattimento Phoenix e Andromeda, mentre Sirio sconfiggeva il Guerriero dell’Idra di Lerna. Alla seconda Casa Pegasus vinse facilmente il Leone di Nemea e il corrispondente Guerriero, venendo però fermato alla Terza dagli inganni della Cerva di Cerinea. Fu Phoenix ad affrontarla e a vincerla, grazie all’aiuto del vecchio amico Morfeo, prigioniero insieme alle altre divinità uccise in qualche lontano limbo sconosciuto. Alla Quarta Casa Andromeda sconfisse il Guerriero del Cinghiale di Erimanto, mentre alla Quinta Sirio fu duramente provato dal confronto con Diomede, uno dei figli di Ares, potente guerriero e spietato. Alla Sesta Casa i Cavalieri incontrarono un’inaspettata difficoltà a causa dei subdoli trucchi fangosi di Augia, ma in loro soccorso arrivò Cristal, che sconfisse il Guerriero di Ares, permettendo agli amici di raggiungere la Palude di Stinfalo, alla Settima Casa. Là Andromeda fu gravemente ferito dal Custode, il Guerriero di Stinfalo, ma riuscì comunque a vincerlo. All’Ottava Casa Pegasus ebbe ragione del Guerriero del Toro di Creta, mentre alla Nona Phoenix conobbe la Regina delle Amazzoni, Ippolita, una donna non troppo convinta di combattere, ma obbligata per la riconoscenza che la legava ad Ares, che si era offerto di far risorgere Themiskyra, l’antica città delle Amazzoni sul Mar Nero. Phoenix riuscì a vincerla e a darle una nuova ragione per combattere, e per unirsi a loro.

Gli ostacoli maggiori arrivarono alle ultime tre Case: alla Decima, custodita dal Gigante Gerione, Pegasus e i suoi quattro amici, stanchi per aver combattuto nelle nove ore precedenti, non riuscirono ad andare oltre. Ma in loro aiuto giunsero Scorpio e Libra, e fu proprio quest’ultimo, insieme al discepolo ed amico Sirio il Dragone, ad affrontare e vincere Gerione. All’Undicesima, il Giardino delle Esperidi, Scorpio abbatté Licaone, mentre Cristal fu duramente stremato dallo scontro con il possente serpente Ladone. In tale battaglia ricevette l’aiuto del Cavaliere di Scorpio, ma entrambi ne uscirono molto deboli, esposti alla mercè del rinnovato assalto di Flegias. Il figlio di Ares arrivò con il suo cosmo demoniaco ed uccise Scorpio, trafiggendo il suo cranio con la Spada Infuocata. Cristal tentò di vendicarlo ma troppo debole sarebbe morto se Sirio e Dauko non fossero intervenuti per salvarlo. Lo scontro tra Flegias e i tre Cavalieri, che usarono persino il colpo proibito, l’Urlo di Atena, distrusse parte della Collina della Divinità, lasciando i Cavalieri deboli e riversi al suolo, insicuri sulla sorte del loro nemico, che sembrava veramente immortale.

Alla Dodicesima Casa intanto Phoenix affrontava Deimos, Demonizzazione del Terrore, aiutato da Ippolita, che non esitò a ribellarsi ad Ares per salvare l’uomo che aveva risvegliato la sua vera essenza di donna, facendole capire cosa le mancava: l’amore. Deimos la uccise con lo Strage di Spirito e Phoenix furioso lo massacrò. Fuori dalla Tredicesima Casa Andromeda affrontò e vinse, con grande fatica, l’ultimo figlio di Ares: Phobos, Divinizzazione della Paura, mentre Pegasus raggiungeva quelle che un tempo erano le Stanze del Grande Sacerdote per affrontare Ares. Lo scontro tra i due fu tremendo, la furia battagliera del Dio della Guerra era altissima e fu necessario l’intervento di tutti i quattro amici, e di Dauko di Libra, per riuscire a contrastarla. Improvvisamente però, nel pieno dello scontro, un fascio di luce nera, proveniente dal soffitto distrutto, investì Ares in pieno e subito, all’interno del raggio di luce, la figura del Dio iniziò a scomparire, venendone assorbita, davanti agli occhi sgranati dei Cavalieri di Atena. Istintivamente si voltarono verso l’ingresso della Tredicesima Casa, e là, tra le rovine del Tempio, Flegias, il Rosso Fuoco sogghignava loro con perfidia e violenza. Si tastò il collo, sfiorando con le dita una pietra nera che indossava, prima che un’abbagliante luce, nera come la notte, lo avvolgesse.

"L’apocalisse sta per arrivare! E tutti voi sarete travolti!" – E scomparve, lasciando i Cavalieri stupefatti e sconvolti. All'improvviso, mentre Pegasus e gli altri si chiedevano cosa stesse accadendo, Dauko, disteso in terra vicino a loro, iniziò ad avere violente convulsioni, quasi spasmi irrefrenabili.

"L’ombra!!! La grande ombra… sta scendendo su di noi! Ci oscurerà!!! L’eclissi, il Sole, tutto si spegnerà quando calerà l’inverno!!!" –Esclamò Dauko, smaniando convulsamente, di fronte agli occhi preoccupati dei cinque amici.

Nel frattempo, mentre i Cavalieri combattevano al Grande Tempio, il grosso dell’esercito di Ares marciava sull’Olimpo, guidato da Phobos e Deimos e dagli altri figli bastardi del Dio della Guerra. Orribili mostri furono risvegliati, vecchi fantasmi tornarono a muoversi tra le ombre del mondo, assalendo lo splendore del Monte Sacro, alla cui difesa si riunirono tutti i Cavalieri e le Divinità sopravvissute: Giasone e i Dioscuri, aiutati da Demetra, Dea delle Coltivazioni, fermarono Kampe, terribile bestia che aveva sgominato i Giganti di Pietra, abbattendo il Cancello dell’Olimpo. Stanchi e stremati i Dioscuri vennero attaccati da Cicno, Brigante di Anime, e solo l’intervento di Mur li salvò. Giasone fu costretto ad affrontare due vecchi compagni, figli di Ares, con cui aveva veleggiato verso la Colchide, Ascalafo del Mazzafrusto e Ialmeno dell’Anfesibena, il cui odio per l’antico amico era stato alimentato e incrementato da Ares, e la sua antica amante, Medea, ma riuscì a salvarsi, aiutato da Phantom. Ares risvegliò persino Tifone, incaricando Flegias di liberarlo dalla prigionia dell’Etna, e Zeus, per contrastarlo, fu costretto a risvegliare i tre Ecatonchiri, Gige, Cotto e Briareo, pregandoli di difendere l’Olimpo. Tutti e tre crollarono, come molti Cavalieri Celesti e tutti i bersekers, e la battaglia finale si combatté sulla cima dell’Olimpo tra Tifone e tutti i Cavalieri e le Divinità sopravvissute: Mur, Kiki, Asher, Tisifone, Artemide, Ermes, Euro, Efesto, Atena, Ganimede, Phantom e Zeus, al cui fianco comparve l’Ultima Legione.

Secoli prima infatti, dopo la Guerra di Britannia, Zeus aveva ottenuto il permesso dal Signore dell’Isola Sacra di nascondere una Legione di Cavalieri Celesti a Glastonbury, con il compito di difendere l’Isola, rafforzando l’alleanza con Avalon, e al tempo stesso per prepararsi in gran segreto all’ultima guerra. Ascanio del Pendragon, antico allievo del Maestro dei Cinque Picchi, fu nominato tredici anni prima Comandante dell’Ultima Legione e fu lui a guidare l’esercito alla difesa dell’Olimpo, dopo essere stato contattato da Phantom, su incarico di Zeus.

Ma Ascanio non fu l’unico nuovo personaggio che i Cavalieri di Atena conobbero in questa guerra. In aiuto della giustizia intervenne anche Reis, Cavaliere delle Stelle, Custode della Spada di Luce, uno dei sacri talismani del Mondo Antico, che aiutò Ioria nello scontro con la terribile Enio, Dea della Strage, dopo che il Cavaliere di Leo era stato massacrato da Ares per salvare Virgo. E questo fece riflettere Castalia sui sentimenti che provava per Ioria e su quelli che il ragazzo sembrava provare per Reis, una donna che quattordici anni prima gli aveva salvato la vita nella Guerra d’Egitto. Un misterioso aiuto lo ricevette anche Cristal, quando venne assalito da un gruppo di bersekers in Siberia, guidati da Enio, incaricati di cercare Jacov e far uscire il Cigno allo scoperto. L’aiuto di un uomo rivestito da una splendida armatura azzurra, dall’aria regale, quasi angelica.

Infine, mentre la Grande Guerra era in corso al Grande Tempio e sull’Olimpo, una pattuglia di bersekers venne incaricata di rapire Nemes, Sacerdotessa del Camaleonte, e Patricia, sorella di Pegasus, ma in aiuto della ragazze intervenne un misterioso Cavaliere, ricoperto da una lucente armatura dorata, che eliminò in un colpo solo i guerrieri di Ares, portando al sicuro le due, nascondendole in una caverna sotterranea insieme a Fiore di Luna. In quel luogo, celato agli occhi degli Dei e dei Cavalieri, rimasero al sicuro dalle mire assassine del Dio della Guerra, fino al termine della stessa, in cui furono riportate alle rispettive abitazioni.

Una porta si aprì lentamente nella caverna sotterranea e lo spostamento d’aria fece oscillare la debole fiamma della candela sulla scrivania, interrompendo il viaggio nel passato dell’Antico Saggio.

"State ancora scrivendo, venerabile Saggio?" –Domandò una giovane voce maschile, avvicinandosi allo scrittoio.

"Proprio così, Jonathan!" –Rispose l’uomo. –"Non voglio che le memorie di questi tempi vadano perdute! Ma che diventino cronaca di ciò che è stato, affinché coloro che verranno dopo di noi sappiano cosa è accaduto!"

"Voi…" –Mormorò Jonathan. –"Credete davvero che ci sarà qualcuno… dopo di noi?"

L’anziano Saggio non rispose, tastandosi la lunga barba bianca. Spostò lo sguardo sulla pergamena scritta finora, sulle antiche rune usate per narrare quello che accadde, sul sigillo a forma di A che sovrastava la pagina, e sospirò.