CAPITOLO DECIMO: SOTTO IL CIELO DI ARGO.

Ai piedi della cittadina di Argo, uno dei luoghi sacri ad Era per eccellenza, un gruppo di Heroes della Quarta Legione, guidati dal secondo di Nestore, Agamennone del Leone, stava resistendo disperatamente agli assalti di un Kouros immenso. Riunitisi tra di loro, Agamennone, Niobe del Falco, Argo del Cane, Gleno di Regula e Neleo del Dorado avevano creato una cupola di energia per proteggersi dai colpi devastanti del Gigante di Pietra, ma mantenere tale barriera costava loro troppa energia.

"Non possiamo rimanere inermi in difesa!" –Esclamò Agamennone, concentrando il cosmo sul braccio destro. –"Dobbiamo lanciarci all’attacco, o non ne usciremo mai!"

"Temo che i nostri poteri offensivi siano piuttosto limitati!" –Commentò saggiamente Niobe, Sacerdotessa del Falco. –"Tu soltanto possiedi un manufatto di origine divina in grado di far breccia nella protezione del Kouros! Noi ti siamo soltanto di impiccio!"

"Nessun compagno è mai di impiccio all’altro!" –Rispose Agamennone con un sorriso. –"Siamo tutti parte dello stesso gruppo! Viviamo tutti nello stesso respiro!" –Aggiunse, mentre fulmini incandescenti gli avvolgevano il pugno destro, guizzando incessantemente, di fronte agli occhi affascinati dei giovani Gleno e Argo. –"Togliete la barriera, adesso! Consuma troppa energia!" –Non aggiunse altro e scattò avanti, da solo, attirando l’attenzione del colosso di pietra, che smise di battere le proprie immense braccia sulla cupola che proteggeva gli Heroes.

"Dobbiamo aiutarlo!" –Esclamarono Gleno e Argo, eccitati. Ma Niobe li frenò, pregandoli di essere prudenti.

"Fermatevi! Non ricordate le parole di Agamennone? Siamo tutti parte dello stesso gruppo! Perciò dobbiamo aiutarci a vicenda, non intralciarci!" –Esclamò Niobe, prima di sollevare lo sguardo verso il cielo, affiancata da Neleo del Dorado.

Agamennone era balzato in alto, afferrando un dito del colosso di pietra e usandolo come leva per saltare ancora più in alto, fino a portarsi di fronte al viso del Kouros, con il braccio destro carico di energia cosmica, dalle sembianze di un gigantesco artiglio incandescente. Lo stesso artiglio che Ercole aveva tranciato dal corpo esanime del Leone di Nemea.

"Cadi!!!" – Gridò Agamennone, puntando verso l’occhio ferito in precedenza. Ma il Gigante, aspettandosi un attacco simile, si era premunito, sollevando il braccio sinistro e parando con quello l’assalto energetico dell’Hero, che fu comunque potente al punto da incendiargli una mano, avvolgendola nelle sue folgori.

Il Kouros emise tremendi suoni di morte, colpendo violentemente Agamennone con un braccio e scaraventandolo in basso. Niobe, vedendo il compagno in difficoltà, spalancò le decoratissime ali della sua Armatura e spiccò il volo, raggiungendolo prima che toccasse terra, per quanto l’impatto l’avesse fatta ondeggiare un poco.

Argo, Gleno e Neleo concentrarono i loro cosmi sul palmo della mano, creando sfere di energia incandescente che diressero contro il volto del Kouros, per distrarlo, permettendo così a Niobe e Agamennone di planare a terra e mettersi in salvo. Ma non appena fecero per spostarsi, per evitare l’affondo del Gigante di Pietra, i tre compagni si accorsero improvvisamente di non riuscire più a muoversi, di essere letteralmente murati al terreno da un robusto strato di un materiale che, per quanto fosse scuro, era molto simile al ghiaccio.

"Cosa diavolo è questa roba?" –Gridò Gleno di Regula, non riuscendo a muovere le gambe, completamente ricoperte da scuro ghiaccio che lo bloccava al suolo.

"È freddo! E lo sento penetrarmi dentro, ghiacciare le mie vene fino al collo!" –Gli fece eco Argo del Cane, in preda al panico, mentre una risata sottile e beffarda emergeva da dietro di loro.

Un uomo si fece avanti sghignazzando, camminando al loro fianco fino a portarsi di fronte ai tre Heroes paralizzati, fino a permettere loro di vederlo in faccia. Una faccia nota, ma con un ghigno che mai avrebbero creduto di vedervi.

"Tindaro di Cigno Nero!" –Esclamò Argo, osservando il compagno con rabbia. –"Cosa stai facendo? Perché usi i tuoi poteri per fermare i nostri movimenti?"

"Mi pare ovvio!" –Rispose l’Hero che fino a quel momento era rimasto in disparte. –"Accelero la vostra inesorabile fine! Conciati in quello stato, quanto credete di resistere? Il Kouros vi schiaccerà all’istante!" –Aggiunse Tindaro, prima di voltarsi verso il cielo e scagliare un raggio di energia verso una gamba del Gigante, il quale, avvedutosi di lui, si gettò nella sua direzione, travolgendo tutto ciò che incontrava lungo il cammino. –"Vogliate scusarmi!" –Esclamò il Cigno Nero, voltandosi verso i tre Heroes e spalancando le ali della sua corazza. –"Ma non resterò qua a farmi schiacciare insieme a voi!" –E li superò, volando sopra di loro.

"Maledizioneee!!" –Gridò Gleno, in preda al panico, mentre l’amico Argo lo incitava a non arrendersi, a bruciare il cosmo al massimo, sì da renderlo incandescente e in grado di sciogliere il ghiaccio che li imprigionava. –"Non ce la faremo mai, Argo!!"

"Tappatevi gli orecchi!" –Esclamò infine Neleo, sorprendendoli entrambi.

Argo e Gleno si voltarono verso il loro compagno e lo trovarono intento, con l’unico braccio ancora libero dalla morsa del ghiaccio scuro, a soffiare dentro uno strano oggetto, che a prima vista sembrò loro una conchiglia. Una splendida conchiglia intarsiata, dalla forma di cornucopia, la quale poco dopo emanò un suono acuto, quasi un fischio potentissimo, la cui intensità fece vibrare il ghiaccio che li imprigionava, mandandolo in frantumi e permettendo ai tre compagni di liberarsi proprio mentre il Kouros piombava su di loro.

Lo smottamento del terreno fece rotolare Argo e Gleno per qualche metro, ma subito i due giovani amici si rialzarono, tenendosi l’un l’altro e fuggendo via, mentre il Kouros percuoteva il suolo con violenti pugni. In aiuto dei due compagni giunsero Niobe e Agamennone, piombando dall’alto sulla testa del Gigante di Pietra. Grazie alla Sacerdotessa del Falco infatti, Agamennone poté arrivare fino al cranio del Kouros senza da lui essere visto, ed affondare nel lobo sinistro del suo orecchio il suo distruttivo artiglio carico di energia cosmica.

"Con lo stesso artiglio mortale con cui Ercole tagliò l’indistruttibile pelle del Leone di Nemea, così io, adesso, Agamennone del Leone, lacero la tua indistruttibile corazza, Gigante! Torna al sonno eterno! Ritorna pietra!" –Gridò Agamennone, scaricando all’interno del Kouros una devastante energia cosmica, al punto da farlo vibrare interamente, mentre sprazzi di energia e folgori lo percorrevano, schizzando fuori da crepe che comparivano sul suo corpo. Pochi attimi più tardi, a causa dell’enorme pressione che Agamennone aveva infuso nel suo corpo, il Kouros implose, frantumandosi in migliaia di pezzi di pietra grezza, che piovvero a terra, insieme al corpo stanco dell’eroe, che Niobe riuscì a fatica a recuperare in volo, prima di essere colpita da qualche frammento di pietra e cadere rovinosamente a terra.

"Capitano!!! Agamennone!!!" –Gridarono Argo e Gleno, correndo verso i due compagni, per sincerarsi delle condizioni dell’Hero del Leone. Si chinarono su di loro, aiutando Niobe a rimettersi in piedi, ed osservarono il volto pallido di Agamennone. Era bianco e pareva febbricitante. Per far esplodere il Gigante, una creatura immensa e sorretta dal Divino Cosmo di Era, Agamennone aveva dovuto imprimere all’Artiglio del Leone di Nemea tutta la sua energia cosmica, trovandosi adesso completamente svuotato. –"Sta male! Dobbiamo fare qualcosa per aiutarlo!"

"Ehi…" –Balbettò Agamennone, tossendo. –"Visto che roba? Ce l’abbiamo fatta, amici!" –Aggiunse, rivolgendosi ai suoi due giovani ammiratori, adesso inginocchiati accanto a lui, con gli occhi gonfi di lacrime, per tutte le emozioni provate.

"Vi salveremo, capitano!" –Esclamò Argo, proponendo a Niobe di condurre Agamennone fino alla città di Argo, per medicarlo e farlo riposare un po’.

Niobe non seppe cosa rispondere, troppo inesperta per prendere decisioni di quel genere. Fino a quel momento aveva obbedito silenziosamente alle disposizioni del suo Comandante, Nestore, e della Consigliera di Ercole, Penelope, e non si era mai trovata a dover compiere una scelta del genere. Gli ordini ricevuti erano di distruggere il Kouros e tornare immediatamente a Tirinto, ma Agamennone non era in condizioni di spostarsi e se non lo avessero medicato in fretta sarebbe potuto peggiorare.

Che fare?! Mormorò Niobe. Seguire il dovere o aiutare un compagno, che è per me anche un amico? Non ebbe tempo di rispondersi che dovette sollevare il capo, distratta da un’aria gelida che aveva iniziato a spirare sull’intera radura circostante.

"Voi non andrete da nessuna parte! Morirete qua, ibernati per sempre nel silenzio del mio oscuro mondo di gelo!" –Esclamò Tindaro di Cigno Nero, ergendosi a pochi metri da loro.

La sua Armatura, da sempre caratterizzata da toni più scuri rispetto a quelle degli altri Heroes, riluceva sinistramente, di un bagliore tenebroso che niente aveva da invidiare a quello della notte. Il suo cosmo, dal chiaro potere congelante, aveva invaso tutto lo spazio attorno ai quattro compagni riuniti, creando una fredda corrente di aria ghiacciata capace di limitare i movimenti umani.

"Ancora tu?!" –Ringhiarono Argo e Gleno. –"Si può sapere cosa vuoi? Già prima hai tentato di ucciderci! Cosa diavolo ti è preso, Tindaro?"

"Cigno Nero!" –Esclamò Niobe, cercando di richiamare a sé un po’ di autorità. –"Questo è un atto esplicito di tradimento! Ercole ne sarà informato e prenderà seri provvedimenti!"

"Ahah! Vorrei proprio sapere come! Dato che sto per trasformare tutti voi in silenti statue di ghiaccio!" –Esclamò con un perfido sogghigno Cigno Nero, aumentando l’intensità della corrente ghiacciata che soffiava attorno a loro.

Argo e Gleno si scambiarono una rapida occhiata, prima di lanciarsi avanti, con il pugno carico di energia cosmica, ma un’improvvisa raffica di vento li spinse indietro, scaraventandoli a terra con forza, di fronte allo sguardo divertito dell’Hero traditore.

"Morite adesso, ma non siate tristi! Ercole e i vostri compagni presto verranno in Ade a farvi compagnia!" –Gridò, lasciando esplodere il proprio cosmo. –"Bufera Nera!" –E diresse contro di loro una violenta tempesta di fredda energia, che travolse i guerrieri di Ercole, ricoprendo lentamente i loro corpi di uno strato di ghiaccio, scuro come la notte, sempre più consistente.

"Maledizione!" –Brontolò Argo, dimenandosi per non lasciarsi sommergere dalla bufera di ghiaccio. –"Io odio il freddo!" –Ed espanse il suo cosmo, accendendolo di fiammeggianti bagliori, che non riuscirono però a frenare l’avanzata della bufera di gelo nero.

Improvvisamente un suono acuto risuonò nell’aria, disturbando l’udito di tutti i presenti e costringendo Tindaro ad interrompere il proprio attacco e a voltarsi verso destra. Tra i ciottoli di pietra crollata a terra, avanzava un uomo, ricoperto dalla propria Armatura rosa e verde, con un mantello lungo la schiena: Neleo del Dorado, Hero di Ercole.

"Neleo! Credevo che il Gigante ti avesse schiacciato!" –Commentò Tindaro, un po’ stupito.

"Ero volutamente rimasto in disparte per capire le tue mosse, Cigno Nero! E pare che per un traditore come te i fatti contino più di mille parole!" –Rispose acidamente Neleo, con lo sguardo ancora nascosto dall’elmo e dalla folta falda di capelli. –"Se tuttavia perseguirai nel tuo sovversivo progetto, mi vedrò costretto a combatterti! Qui ed ora! Perché il tempo stringe e non possiamo perderne altro!"

"Bene, Neleo! Vedo che anche tu non ami perderti in troppi discorsi! Ti stimo per questo!" –Scoppiò a ridere Cigno Nero. –"Scriverò personalmente l’epitaffio sulla tua tomba! Bufera Nera!" –Aggiunse Tindaro, liberando una possente tempesta di congelante energia contro l’Hero del Dorado.

"Attento Neleo!" –Esclamarono Argo e Gleno, preoccupati per l’amico. Ma questi non sembrò scomporsi minimamente al freddo sopraggiungere della nera bufera di energia. Sollevò il braccio destro, portando alla bocca l’oggetto che teneva con sé, una meravigliosa conchiglia di madreperla, e sembrò che vi soffiasse dentro. Ma Argo e gli altri non udirono alcun suono. Dopo poco però si accorsero che la tempesta di nera energia stava diminuendo di intensità, convergendo bruscamente verso l’altra apertura, quella maggiore, della conica conchiglia di Neleo, venendo risucchiata al suo interno.

"Che cosa?!" –Sgranò gli occhi incredulo Cigno Nero, allo scomparire della propria bufera di congelante energia nera.

Neleo non disse niente, limitandosi a fissarlo finalmente con i suoi occhi, dal colore verde mare, e a soffiare nella conchiglia con forza. Immediatamente, l’intera tempesta di fredda energia oscura fuoriuscì, dirigendosi verso Tindaro con un’enorme carica aggressiva, travolgendolo e scaraventandolo molti metri indietro, fino a farlo schiantare al suolo, con l’elmo frantumato e numerose crepe sulla corazza, coperta da un consistente strato di ghiaccio scuro.

"Non può essere!" –Gridò Tindaro, rimettendosi in piedi. –"Mi hai rinviato contro la mia stesa tempesta nera, potenziandola con il tuo cosmo! È stato come ricevere un doppio assalto nello stesso momento! Come hai fatto? Come?!"

"Risiede nelle profondità dell’Oceano il segreto del mio trionfo su di te, Cigno Nero!" –Commentò pacatamente Neleo, prima di rivolgersi a Niobe. –"Conduci Argo e Gleno nella città! Là troverete certamente cure per Agamennone! E non appena riuscirà a muoversi, correte via! Tirinto ha bisogno dell’aiuto di tutti voi!"

"E tu?!" –Balbettò Niobe con un filo di voce, mentre Argo e Gleno sollevavano il corpo stanco del loro capitano.

"Affronterò quest’uomo, condannandolo per il suo tradimento! E se le stelle lo vorranno ci incontreremo ancora prima della fine di questa guerra!" –Esclamò Neleo, mettendosi in posizione di attacco, di fronte al suo rivale.

"D’accordo!" –Annuì Niobe, facendo cenno ai ragazzi di incamminarsi lungo la collina. –"Ma tieni bene a mente ciò che hai detto! Tirinto ha bisogno anche di te!" –Aggiunse con un sorriso, prima di correre via con Argo e Gleno.

"Tirinto cadrà sotto i colpi dei Kouroi di Era e voi cadrete con essa!" –Esclamò Tindaro, gettando via l’elmo danneggiato della sua corazza e pulendosi con la mano il labbro inferiore sanguinante.

"Perché odi così tanto Ercole? Cosa ti ha fatto? Cosa ti ha spinto a tradirlo, volgendo i tuoi colpi contro i tuoi stessi compagni?" –Chiese Neleo, mantenendo lo sguardo fisso su di lui.

"Ercole è soltanto un cialtrone, un nulla se paragonato alla celeste gloria divina! Era farà di me uno dei reggenti di questo mondo che si appresta a conquistare ed io finalmente avrò la mia vendetta!" –Tuonò Tindaro, bruciando il proprio cosmo, freddo ed oscuro.

"Quale vendetta?" – Domandò Neleo, sollevando le braccia in posizione difensiva.

"Quella verso Atena, ed Ercole suo amico e difensore!" –Rispose Tindaro, ricordando la peggior umiliazione della sua vita. –"Sette anni fa mi recai in Siberia, nelle fredde terre della Russia orientale, dove il sole è talmente lontano che soltanto una manciata di raggi riesce a raggiungerti! Volevo diventare Cavaliere e sapevo che là, tra le eterne cime ghiacciate, era conservata un’Armatura di Bronzo di Athena, quella del Cigno, che da secoli nessuno aveva indossato! Ma quell’onore, quel privilegio, che avevo rivendicato per me, per me soltanto, mi fu negato! Quel bastardo, quel cane che avrebbe dovuto addestrarmi mi cacciò, apostrofandomi in malo modo! "Non si diventa Cavalieri per gloria o per cercare la fama, ma perché Athena e la sete di giustizia albergano nei nostri cuori!" mi disse, quel debosciato! Sorrido ogni giorno al pensiero che sia morto nell’ultima Guerra Sacra, e come vedi non ricordo neppure il suo nome, tanto inutile ed insignificante era la sua presenza nel mondo!"

"Se di un Cavaliere di Athena si trattava, allora la sua presenza era oltremodo utile! Fondamentale la definirei, per garantire l’equilibrio su questa Terra ed impedire l’avvento di un’epoca di ombra!" –Precisò Neleo.

"Vedi! Anche tu ragioni come quel bastardo! Anche tu mi irriti con i tuoi sciocchi sentimentalismi!" –Gridò Tindaro, aumentando il proprio cosmo. –"Ma io sono diventato Cavaliere ugualmente, ho ottenuto comunque l’Armatura, nell’unico luogo sulla Terra dove non bisogna sudare troppo per averla! È sufficiente disporre di un potere così vasto da sopraffare i propri avversari! Sull’Isola della Regina Nera!"

"Sull’Isola Nera?!" –Sgranò gli occhi Tindaro, stupefatto ed un po’ spaventato. In quel momento le vestigia del Cigno Nero brillarono di un’oscura luce di morte, la cui intensità aumentò progressivamente fino ad intingere l’intera corazza di un colore scuro come la notte.

"Adesso avrò la mia vendetta, dimostrando al Cavaliere di Aquarius, ad Athena, sua protettrice, e ad Ercole, sciocco idealista che con Athena va a braccetto, la mia superiorità, la superiorità di un uomo che non ha bisogno di stupidi ideali di giustizia in cui credere, né di recalcitranti maestri non in grado di insegnare ad aumentare il proprio potenziale cosmico! Non ho bisogno di nessuno, io, tanto meno di te!" –Esclamò Tindaro, chinandosi e poggiando il palmo destro sul terreno, infondendovi tutto il suo congelante potere oscuro. La terra si ricoprì istantaneamente di ghiaccio nero, che corse rapido verso Neleo, immobilizzando le sue gambe e iniziando a ricoprirlo, sovrastando la sua rosata Armatura e limitando i suoi movimenti.

"Cosa suonerai adesso, stupido pescatore di conchiglie?! A quale arcano potere ti appellerai per sconfiggere il mio gelo portatore di morte?!" –Lo derise Tindaro, osservando l’Hero venire completamente ricoperto da ghiaccio, dalle striature oscure come la notte. –"Come vedi, anche senza un maestro, ho saputo trovare la via per plasmare il mio cosmo! La via per la vittoria!"

"Interessante punto di vista!" –Esclamò Neleo, da sotto lo strato di ghiaccio. –"Dovremmo parlarne… un giorno! Qualora tu riuscissi a sopravvivere al nostro scontro!"

"Che cosa? Hai ancora fiato per sciocchi sermoni, Dorado?" –Domandò Tindaro, prima di sentire il ghiaccio che aveva creato, l’immensa massa scura che lo separava da Neleo, integrandolo al suo interno, vibrare. Subito dopo, un lampo di luce squarciò l’oscuro strato di ghiaccio che aveva ricoperto la parte superiore del corpo dell’Hero di Ercole, permettendogli di liberare il viso e le proprie braccia, cariche di energia cosmica. Senz’altro aggiungere, Neleo conficcò il braccio destro nella massa indistinta di ghiaccio, di fronte agli occhi attoniti del suo avversario, scaricando in essa tutto il suo cosmo, profondo come l’oceano.

"Risiede nelle profondità dell’oceano il segreto del mio potere!" –Ripeté Neleo, sollevando lo sguardo verso l’incredulo Tindaro. –"Nel profondo dell’oceano, dove l’acqua è fredda e scura, proprio come questo ghiaccio, ma splendida e pulita al tempo stesso! Renderò lo splendore a questo ghiaccio che hai sporcato, Cigno Nero, riportandolo al suo stato iniziale!"

"Che cosa? Cosa vuoi fare?!" –Domandò Tindaro, digrignando i denti ed osservando il cosmo di Neleo fluire nella massa indistinta di ghiaccio che li circondava, scintillante come un fiume di luce.

"Il ghiaccio altro non è che acqua solidificata! E dell’acqua, io che attingo i miei poteri all’oceano, sono signore e padrone!" –Commentò Neleo, prima di estrarre con un gesto deciso il braccio. Improvvisamente l’intera massa di ghiaccio si illuminò e immense colonne di acqua si sollevarono verso il cielo, turbinando in aria sottoforma di affascinanti pesci. –"Hai sporcato quest’acqua, Cigno Nero, adesso io le renderò la sua linda immagine, liberandola dalla tua oscurità! Impeto delle Correnti!" –Gridò Neleo, e tutto il ghiaccio si sciolse completamente, assumendo la forma di potenti colonne di acqua che si abbatterono su Tindaro, travolgendolo.

L’Hero ribelle tentò di congelare l’acqua che era attorno a lui, l’acqua che lo sballottava continuamente, fermando il movimento dei suoi atomi, ma non vi riuscì, percependo una forza profonda che impediva al suo potere oscuro di aderire. Una forza che traeva origine dallo splendore dell’oceano.

Neleo portò nuovamente la propria conchiglia alla bocca e, aspirando dolcemente, generò un mulinello di aria che aspirò le immense colonne di acqua, dalla sinuosa forma di guizzanti serpenti, al suo interno, prima di rilasciarle con forza, e con maggior impeto, trasformate in un gigantesco gorgo che travolse Tindaro, risucchiandolo al suo interno, in un vortice continuo ed inesauribile. Quando la potenza del gorgo oceanico defluì, Cigno Nero venne scaraventato a terra, con la corazza in frantumi, assieme a tutti i suoi sogni di gloria. Neleo gli si avvicinò, fermandolo a terra con mano decisa, per chiedergli ulteriori informazioni.

"Quanti altri?" –Domandò, con voce seria e preoccupata. –"Quanti altri, oltre a te, hanno venduto la loro anima ad Era?"

"Eheheh.. perché non lo chiedi alle profondità del tuo oceano!" –Sghignazzò Tindaro, prima di tossire violentemente e sputare sangue e bava.

"Tindaro!! Ercole deve aspettarsi altri tradimenti? O sei soltanto tu la serpe annidata nel suo seno?" –Lo scosse Neleo, chino su di lui. Ma Tindaro non rispose, sollevando il braccio destro ed afferrando quello dell’Hero con cui lo stava stringendo. Con le ultime forze che gli rimasero, Cigno Nero sprigionò un violento cosmo congelante, ghiacciando il polso dell’Hero del Dorado, fino a strappargli una smorfia di dolore.

"Ho vinto comunque!" –Esclamò, prima di spirare, mentre Neleo, tastandosi il braccio dolorante, si rimetteva in piedi, riflettendo con preoccupazione.

"Ercole è in pericolo! Dobbiamo rientrare a Tirinto quanto prima!" –Convenne, sollevando lo sguardo verso le mura di Argo, all’interno delle quali Niobe, Argo e Gleno avevano trovato riparo, portando seco il corpo stanco di Agamennone.

I tre Heroes avevano infatti raggiunto il kastro, sulla sommità della collina di Larissa, alla ricerca di cure per Agamennone. Nonostante indossassero armature, gli Heroes non erano certo una novità agli occhi degli abitanti di quella zona, poiché da molti anni ormai, da quando Ercole aveva riportato a nuova vita la splendida Tirinto, vi erano fitti rapporti di scambi di prodotti agricoli e commerciali tra la città-fortezza del Dio e le cittadine circostanti, rinfrancate dalla presenza di così valenti e coraggiosi combattenti che vegliavano su di loro. Pur tuttavia, l’accoglienza che Niobe e gli altri ricevettero quella mattina, dagli abitanti rifugiati nel kastro, sembrò loro molto tiepida, troppo tiepida se commisurata al rischio che avevano corso per frenare l’avanzata distruttiva del Kouros.

"Che strano!" –Mormorò Argo, entrando dal grande portone all’interno della fortezza medievale, circondata da mura merlate, e guardandosi intorno. –"La gente è nascosta nelle case e nei rifugi e tutti sembrano guardarci con sospetto! Quasi come fosse colpa nostra delle loro disgrazie!"

"Prudenza, amici!" –Commentò Niobe a bassa voce, continuando a camminare per la fortezza, che si snodava a cerchi concentrici verso la sommità. –"Ercole ha sempre visto di cattivo occhio questa erma residenza! La leggenda racconta che in cima alla collina vi dimori una strega, bandita dalle città per aver esercitato i suoi oscuri poteri, portando ovunque siccità e pestilenze! Non credo molto alle leggende folkloristiche, ma credo ai miei sensi! Ed essi mi dicono di stare in guardia! Questo non è un ambiente a noi favorevole!"

L’aria che si respirava sotto il cielo di Larissa era molto pesante, resa greve da un sempre più consistente strato di nuvole che si andava ammassando sulla costa orientale del Peloponneso, falciando il sole di quel pallido mattino. Niobe, Argo e Gleno seguirono le guardie della fortezza per i vicoli del kastro, fino a giungere ad un edificio, sulla cima più alta del colle, presidiato da un buon numero di uomini armati.

"La Regina vi aspetta!" –Esclamò infine una guardia, fermandosi di fronte al portone d’ingresso. –"Ella sapeva che sareste giunti, e vi aspetta per conferire con voi!"

"Cerchiamo soltanto cure mediche per il nostro compagno, capitano! Non è nostro ardire disturbare oltre!" –Commentò Niobe, presa alla sprovvista, ma la guardia non aggiunse altro, facendo cenno ad altri soldati di aprire il portone d’ingresso.

Titubanti, Niobe, Argo e Gleno varcarono la soglia dell’edificio, mentre il pesante portone cigolava alle loro spalle, richiudendosi, e si ritrovarono in una vasta stanza scarsamente illuminata. Avanzarono a passo lento fino al centro del salone, mentre le loro ombre si allungavano sul pavimento decorato, rischiarato dalla debole luce di candelabri accesi, affissi alle pareti laterali. Si fermarono soltanto quando furono di fronte ad un palco, in cima al quale una donna, avvolta da lussuose vesti di colore verde, sedeva su un trono, mentre un braciere acceso crepitava al suo fianco.

"Vi aspettavo!" –Esclamò la donna, alzandosi in piedi e smuovendo, con il mantello, le fiammelle del braciere. –"Non siate timidi, avanzate! Al destino non si può certamente sfuggire!"


"Destino?!" –Balbettò Niobe, mentre Argo e Gleno, ai fianchi della sacerdotessa, si guardavano intorno con sospetto. Tutta quella situazione non piaceva loro affatto. Tutto quel silenzio. Tutta quella solitudine. Sembrava non vi fosse nessuno in quella stanza, nessuno in quell’ultima fortezza, tranne loro.

"E chi altri dovrebbe esserci?" –Domandò infine la donna, scendendo i gradini del palco fino a fermarsi sull’ultimo, leggermente sopra i suoi interlocutori. –"Non ho certo bisogno di guardie! So difendermi da sola dai malintenzionati!"

"Noi non siamo malintenzionati! Siamo Heroes di Ercole, in cerca di aiuto! Il nostro capitano, il valente Agamennone, ha bisogno di cure immediate!" –Esclamò Gleno agitatamente.

"Ma io so chi siete!" –Sorrise la donna, e a Gleno quel sorriso parve un sogghigno. –"Ma voi non sapete chi sono io! Ah ah ah!" –Ed esplose in una goffa risata, che echeggiò tra le mura del palazzo. –"E ciò mi è di enorme vantaggio! Perché altrimenti non sareste caduti in gabbia, come topi di fronte ad un gatto famelico!"

"Che cosa?!" –Gridarono i tre compagni, ma in quel momento la donna diede un colpo al braciere con il braccio destro, rovesciandolo rumorosamente a terra, mentre tutte le braci ardenti si spargevano sulla scalinata e sul pavimento. Con un altro gesto del braccio, la donna sollevò colonne di fiamme, che scivolarono a terra come serpi, circondando i quattro Heroes, rinchiudendoli in un muro di ardente energia.

"Che il fato si compia e che le mura in cui adesso siete rinchiusi diventino per voi un’inesorabile morsa capace di ardere i vostri miseri corpi e tramutarli in polvere!" –Esclamò la donna con enfasi, gettando via il soprabito che indossava e rivelando la vera veste che portava sotto: una Veste Divina, dagli scintillanti riflessi celesti. –"Siete stati sciocchi! Sciocchi ed avventati vi siete precipitati incontro al vostro destino! E sarò io a condannarvi a morte! Io, Didone, Regina di Cartagine e Somma Sacerdotessa di Era e a lei soltanto seconda!"