CAPITOLO QUINDICESIMO: L’EMISSARIO DEL CIELO.

Kyros del Pavone, uno dei tre Emissari di Era, i cui poteri erano superiori persino a quelli dei sei Comandanti delle Legioni di Ercole, a causa delle sfumature divine di cui Era lo aveva intriso, era in piedi su una sporgenza rocciosa, in una terrazza pianeggiante tra le montagne dello Jamir. Di fronte a lui, Gerione del Calamaro piangeva la morte del suo compagno, Eretteo della Foca, terzo Hero caduto in quella spedizione così lontana dalle loro calde terre di origine, dopo Galena del Pesce Angelo, morto nel Sentiero del Silenzio, a causa del tradimento di Lica della Seppia, e Ettore della Gonostoma, annientato da Kyros poco prima, senza che egli avesse potuto impedirlo.

"Un’altra morte si è consumata di fronte ai miei occhi, ed io, attonito spettatore, nuovamente impotente per evitarla!" –Commentò tristemente Gerione, mentre le lacrime gli solcavano il volto. –"Se Alcione fosse stata qua, avrebbe saputo come affrontare questo avversario! Lei ha avuto fiducia in me, ma io l’ho tradita! Non valgo molto come condottiero se non sono capace di proteggere i guerrieri che per me hanno dato la vita!"

"Non colpevolizzarti!" –La voce profonda e sincera di Proteus della Razza lo rincuorò all’istante, aiutando il capitano a rialzarsi. Proteus era un amico di vecchia data, suo compagno di addestramento durante gli anni in cui aveva imparato a prendere confidenza con il cosmo dentro di sé. Greco di origine, di famiglia ricca, Proteus non aveva mai amato il vile denaro, preferendo dedicare la vita a qualcosa che lo rendesse migliore, che lo gratificasse maggiormente. Per questo aveva deciso di unirsi agli Heroes di Ercole, contando molto sulla sua notevole forza fisica. Fin da subito, Proteus era divenuto amico di Gerione, inizialmente non troppo inserito a causa delle sue origini diverse, essendo cretese. Ma a Proteus le differenze di provenienza, come quelle di ceto sociale, non interessavano affatto. Per lui contavano soltanto la fiducia reciproca e la dedizione alla causa, doti che ammirava tantissimo in Gerione. Ed infatti, quando Ercole formò le sei Legioni di Heroes, fece espressa richiesta per essere affidato alla Terza, per poter rimanere a fianco del compagno, per poter servire e proteggere il suo capitano.

"Abbiamo fatto quello che abbiamo potuto!" –Commentò Proteus, invitando Gerione a mantenere la calma e la lucidità.

"Avremmo dovuto fare di più!" –Rispose Gerione, sbuffando.

"Avremmo potuto fare molte cose, Gerione, anche rimanere a Creta a combattere nascosti una guerra a cui non abbiamo mai saputo imprimere una svolta decisiva!" –Rispose Proteus, con sincerità. –"Ma adesso siamo qua, sul tetto del mondo, a lottare per la vita o per la morte di fronte ad un nemico incredibilmente potente, la cui forza sbaraglierebbe in un lampo le flotte ottomane che infestano la tua amata isola! Cosa vuoi fare? Rimpiangere ciò che non è stato fatto o reagire, come hai sempre fatto in questi anni? Non sono stato al tuo fianco per vederti gettare via i tuoi ideali e la tua fede, ma per sperare di poter essere così fortunato da riceverne un po’ anch’io!" –Concluse Proteus, allungando una mano verso di lui.

Gerione sorrise, stringendo con forza la mano dell’amico, prima di voltarsi verso Kyros, in cima alla sporgenza rocciosa, e fissarlo con uno sguardo carico di determinazione e di compassione, ma privo di odio, di cui era invece imbevuto quello dell’Emissario. Kyros non disse niente, puntando nuovamente l’indice destro contro Gerione, che fece un rapido cenno a Proteus e agli altri di rimanere indietro. Avrebbe concluso lui il combattimento con Kyros, in un modo o nell’altro.

"La fine che meriti!" –Tuonò Kyros, liberando una violenta bomba di luce, che esplose contro Gerione, che fu abile a ricreare rapidamente la difesa circolare con la sua Frusta, attutendo in parte il colpo ma venendo comunque spinto indietro, con l’Armatura danneggiata.

"Sembra che tu non riesca a fare meglio!" –Commentò Gerione con un sorriso sardonico, rialzandosi e sputando sangue. – "È tutto questo il tuo potere? Nessuno dei tuoi attacchi sembra decisivo! O forse ad un uomo come te non è concesso disporre dell’immenso potere degli Dei?" – Lo provocò Gerione, scatenando l’immediata ira di Kyros, che espanse a dismisura il suo cosmo, concentrandolo sulle dita della mano destra.

"Se un dito non è stato sufficiente per mandarti all’Inferno, eccotene tre! Siano per te la barca che ti condurrà al di là dell’Acheronte, stupido mortale! Dita del Cielo!!!" –E liberò un potere tre volte superiore a quello che aveva colpito Gerione ed Eretteo in precedenza. Gerione, per niente intimorito, scattò avanti, come se avesse intuito le intenzioni dell’Emissario di Era.

"Frusta del Tuono! Colpisci!" –Gridò, lanciando la propria Frusta, che risplendette di bagliori incandescenti, avvolta in un nugolo di saette luminose che squarciarono l’aria nella vallata del Jamir.

"Incredibile!" –Mormorò Proteus della Razza, riparando Arsinoe dello Scoiattolo con il suo corpo. –"Quale maestria! Gerione ha diviso in due l’attacco energetico di Kyros, tranciandolo con le folgori della propria frusta, che hanno proceduto in linea spezzata fino a raggiungere il braccio dell’Emissario di Era e a colpirlo!!!"

Ed infatti Kyros venne ferito al braccio destro, teso per aver lanciato le Dita del Cielo, da un secco colpo di Frusta tuonante, che distrusse il bracciale della sua Armatura, graffiando la sua pelle e facendogli provare, per la prima volta dopo molti secoli ormai, dolore. Ma anche Gerione non uscì indenne dallo scontro, venendo raggiunto di sbieco dall’onda d’urto provocata dall’aver separato in due l’attacco di Kyros, che strusciò su ambo i suoi lati, sfrecciando verso l’esterno, e distrusse parte dei suoi coprispalla, facendolo accasciare al suolo dolorante.

"Stento a credere ai miei occhi!" –Commentò Kyros, alla vista del bracciale distrutto e del sangue che colava lungo il suo braccio destro. –"Quest’uomo… questo misero uomo, rozzo Cavaliere di una Divinità inferiore, non soltanto è riuscito a ferirmi, ma ha anche risvegliato in me una sensazione assopita! Una sensazione nota, che avevo dimenticato! Il dolore!"

"Esatto, Kyros!" –Esclamò Gerione, rialzandosi. –"Ti mostrerò quanto ancora sei uomo e quanto niente di divino tu possegga! Nemmeno un attacco che possa fregiarsi di tale nome!"

"Bastaaaa!!!" –Gridò Kyros, puntando le dita della mano destra contro Gerione e liberando un potentissimo assalto, superiore persino alle Dita del Cielo scagliate poco prima. La terra tremò, venendo scavata in profondità dall’onda d’urto dell’attacco, ma Gerione, incrociando le braccia di fronte a sé e caricandole del suo cosmo color verde smeraldo, riuscì a contenere l’impatto distruttivo dell’assalto, venendo spinto indietro, scavando solchi nel terreno. Esausto, Gerione cadde a terra, sbattendo le ginocchia sul terreno scavato, ansimando a fatica, con le braccia in fiamme e l’Armatura seriamente danneggiata, di fronte agli occhi sempre più increduli di Kyros, la cui natura divina egli stesso non riusciva più a percepire, quasi fosse scomparsa, travolta dalle parole di Gerione, più che dai suoi stessi attacchi.

E allora, come un lampo nel cielo sereno, Kyros realizzò. Che forse, quell’aura divina di cui credeva di essere circondato, quel senso di superiorità che aveva sempre creduto di poter manifestare ostentatamente, non era mai esistito. E che egli, come lo scontro con Gerione aveva dimostrato, era soltanto un uomo. Semplicemente un uomo. E niente di più. Quella era la sua natura, la madre che lo aveva generato, e per quanto egli avesse messo la sua vita nelle mani di Era, come di una qualsiasi altra Divinità che lo avesse scelto nelle sue fila, non poteva negare ciò che era stato un tempo. Ciò che, alla fin fine, le ferite subite nello scontro con Gerione avevano richiamato alla sua mente. Memorie sepolte dalla polvere del tempo. Odori e sapori che aveva dimenticato.

"Combatterò!" –Esclamò Kyros, respirando affannosamente. –"Combatterò per dimostrare la mia natura divina! La superiorità della natura divina sulla sporca ed effimera vacuità dell’essere umano!"

"Ed io ti combatterò per dimostrarti quanto ardore, quanto coraggio, quanta emozione può esistere nell’animo di un uomo! E farò provare a te, che hai dimenticato cosa significa essere mortali, il significato della mia scelta!" –Commentò Gerione, rialzandosi per l’ultimo scontro. –"Ti farò sentire cosa è realmente il dolore!"

"Vieni avanti, uomo! Kyros del Pavone non ti teme!" –Gridò Kyros come un forsennato, aprendo la splendida ruota di piume della sua corazza. Migliaia di occhi puntarono Gerione, fendendo l’aria con i loro raggi energetici. –"Non temo nessuno io! Neppure Dio! Occhi del Pavone! Massacrate quel viscido insetto! Riducetelo simile a larva, affinché possa strisciare sul terreno, implorando la pietà divina!"

Migliaia e migliaia di raggi di energia cosmica sfrecciarono nell’aria, dirigendosi su Gerione, che cercava di difendersi con la propria Frusta, facendola roteare circolarmente attorno a sé. Ma la violenza dell’attacco fu tale da distruggerla in parte, aprendo dei vuoti nella sua barriera, così da permettere a numerosi fasci di energia, che sfrecciavano alla velocità della luce, di penetrare all’interno e ferire Gerione.

"Non posso restare passivo!" –Mormorò Gerione, ripensando a quanto aveva lottato per tutti quegli anni. Al sogno che lo aveva dominato in tutte le sue notti. Riportare la libertà a Creta, alla sua gente, a coloro che credevano in lui. E se fosse morto adesso avrebbe deluso le speranze di quegli uomini oppressi, le speranze di un popolo che vedeva in lui e in Alcione il loro re e la loro regina. –"Per la mia reginaaaa!!!" –Gridò Gerione, bruciando al massimo il proprio cosmo.

Si lanciò avanti, abbandonando la posizione di difesa, sfrecciando come un fulmine nella fitta pioggia di raggi energetici che piovevano su di lui, schivando la maggior parte di quelli letali e lasciando inevitabilmente che altri lo colpissero. Sui fianchi, sulle spalle, sulle braccia ancora doloranti. Ma niente riuscì a farlo desistere dal suo assalto. Quando giunse ai piedi della sporgenza rocciosa, balzò in alto, aprendo il braccio destro e srotolando la Frusta del Tuono, mentre l’aria sfrigolava attorno a sé, carica di fulmini verdi. Kyros, che ben si aspettava un attacco di quel genere, sogghignò, sollevando la mano destra e liberando una potente onda energetica da distanza ravvicinata, con l’intento di annientare il capitano della Terza Legione, come aveva fatto con Ettore della Gonostoma in precedenza. Ma Gerione fu più astuto dell’Emissario, buttandosi subito verso il basso, come aveva programmato, e lanciando la frusta in quella direzione, in modo che schizzasse sul terreno di fronte a Kyros, spaccando un po’ di rocce e sollevando pietre e polvere, dirette verso gli occhi dell’Emissario di Era, che fu obbligato a coprirsi gli occhi, accecato.

"Ora!!!" –Esclamò Gerione, lanciando nuovamente la Frusta del Tuono, mentre stava ricadendo verso terra. La Frusta si attorcigliò attorno alla gamba destra di Kyros, stringendolo con forza, emettendo violente scintille energetiche, mentre un secco strattone tirava l’Emissario di Era avanti, fino a fargli sbattere la testa sul suolo e cadere giù dalla sporgenza rocciosa, schiantandosi malamente a terra, vicino a Gerione. –"Questo è il luogo adatto a te! A terra, dove stanno gli uomini! Lascia che siano le aquile a volare in alto, fin dove regnano gli Dei! Tu, che di divino hai solo un titolo ricevuto in dono da una Regina malvagia, non disprezzare il suolo sul quale cammini ma sentiti onorato di far parte di questa splendida natura!"

"Puah! Fetidi discorsi di un alito che presto non soffierà più!" –Esclamò Kyros, rialzandosi prontamente e concentrando il proprio cosmo sulle dita della mano destra. –"Dita del Cielo!" – Tuonò, dirigendo il potente assalto verso Gerione, che non rimase inerme ad attenderlo, ma balzò in alto, caricando la sua Frusta di tutto il suo cosmo.

"Tentacoli predatori!" –Gridò Gerione, lanciando la Frusta avanti, la quale si moltiplicò in centinaia e centinaia di altri scudisci, carichi di sfolgorante energia cosmica.

Il contraccolpo tra i due poteri spinse entrambi i contendenti indietro di parecchi metri, sollevando un’immensa nube di polvere e pietrisco. Tossendo, Kyros si rimise in piedi, certo di aver finalmente vinto, di aver superato quel nemico così a lui palesemente inferiore, per quanto lo avesse fatto dannare. Gerione si contorse un poco, reprimendo un gemito a fatica, prima di riuscire a rimettersi in piedi, di fronte agli occhi increduli di Kyros del Pavone.

"Perché ti rialzi, zotico? Perché non ti abbandoni alla terra da cui sei nato?" –Domandò l’Emissario, indispettito da quell’infinita impertinenza dell’Hero del Calamaro. –"Guardati! Sei tutto sporco, la tua Armatura cade a pezzi, il sangue sgorga copioso dalle tue ferite, e ancora osi sollevare il tuo sguardo ostile su di me?"

"Non c’è odio nel mio sguardo, Kyros! Affatto! C’è soltanto pena!" –Commentò Gerione, riprendendo fiato. –"Pena per un uomo che non ha capito i suoi simili, e soprattutto che non ha capito se stesso!"

"Umpf! Non sapevo che foste anche ironici, voi Heroes di Ercole?!" –Ridacchiò Kyros tra sé. Ma nel sollevare il braccio, per portarsi la mano alla bocca, fu costretto a reprimere un conato improvviso, che gli salì dallo stomaco, facendolo tossire duramente. –"Che.. che succede?!" –Gridò, ed osservò la sua Armatura.

All’altezza dello stomaco comparvero delle crepe che prima non aveva visto. Delle crepe che mandarono in frantumi poco dopo la corazza divina del Pavone in ben tre punti. I punti in cui le Fruste del Calamaro avevano raggiunto il loro bersaglio.

"Tre soltanto!" –Commentò Gerione. –"Delle centinaia di migliaia di fruste che ti ho lanciato contro, solo tre sono riuscite a ferirti! Complimenti, Pavone del Cielo, i tuoi poteri sono davvero grandi! Ho dato fondo a tutte le mie energie e non sono riuscito che a procurarti tre miseri graffi!" –Ironizzò l’Hero, accasciandosi al suolo, privo ormai di forze.

"Tre fruste?!" –Ripeté l’Emissario di Era. –"Tre graffi?!" –E guardò d’istinto il bracciale destro della sua corazza, distrutto durante un attacco precedente. Si toccò il viso, sentendo il sangue coagulato sulla guancia destra. E urlò, maledicendo il nome di Gerione e di tutti gli Heroes, per aver osato incrinare la sua perfezione celeste. Sollevò il braccio, concentrando il cosmo sulle dita della mano destra e caricò nuovamente il proprio colpo segreto.

"Smettila, bastardo!" –Gridò Proteus della Razza, correndo in avanti, seguito da Nesso del Pesce Soldato e da Arsinoe dello Scoiattolo. –"Vuoi colpire un indifeso? Che razza di Cavaliere sei? Non hai onore né vergogna? Sei tu la vera feccia!!!"

"Taceteeee!!!" –Esplose Kyros, dirigendo le Dita del Cielo verso i tre Heroes di Ercole, che vennero travolti, inglobati nelle potenti bombe di luce, e scaraventati indietro, con le Armature danneggiate. –"Io non tollero essere interrotto! Io detesto essere interrotto!!!" –Gridò nuovamente, in preda ad un raptus isterico. –"Punirò quest’uomo! E punirò voi! Rendervi simili a larve non sarà sufficiente! No, non mi basta più adesso! Annienterò le vostre carni con le mie stesse mani!" –Esclamò, caricando nuovamente le dita della mano destra.

Ma prima che potesse muoversi, venne schiacciato al suolo da una forza improvvisa. Schiacciato al suolo e avvolto in una nera spirale, la cui potenza fisica era terribilmente opprimente e difficile da sopportare, soprattutto per un fisico come il suo, logorato dallo sforzo sostenuto nella battaglia contro Gerione. Quando riuscì a vedere nuovamente, quando le tenebre che lo avevano avvolto parvero scomparire, notò soltanto la roccia contro cui stava per sbattere malamente la testa. Si schiantò nella parete rocciosa con forza, sbattendo il naso e ricadendo a terra, tra i detriti e i frammenti della sua Armatura crepata in più punti.

"Spero tu non abbia niente in contrario se mi unisco ai giochi!" –Esclamò una decisa voce di donna. –"Dal momento che stai massacrando la Legione di cui sono il Comandante!"

"A.. Alcione…" –Momorò Gerione, troppo debole per aggiungere altro.

"Ogni distinzione viene abolita di fronte alla morte!" –Esclamò Kyros, rimettendosi in piedi, e toccandosi il naso rotto, da cui fiotti di sangue uscivano copiosi. –"Perciò, semplici soldati o supremi comandanti vengono tutti destinati all’oblio! E tu, gambe lunghe, non fai certo eccezione!"

"Invece di guardare le mie gambe, difenditi!" –Esclamò la donna. –"Perché Alcione della Piovra non avrà pietà alcuna di un uomo che ha rinnegato se stesso e la sua gente, invece di vivere una vita insieme agli altri!"

Kyros la guardò e dovette ammettere che era una splendida donna. Alta e slanciata, ricoperta da una scura Armatura i cui colori e le cui sembianze non potevano far altro che richiamare le pericolose profondità degli abissi oceanici, ove ignote creature riposavano tra i silenzi di quei fondali. Attaccati ai bracciali dell’Armatura vi erano lunghi tentacoli scuri, con robuste ventose, che ciondolavano e che, Kyros suppose, erano le armi con cui l’Hero l’aveva immobilizzato poc’anzi.

"Vivo la mia vita per me stesso, e di questo sono sazio!" –Rispose Kyros, aprendo nuovamente la coda del Pavone alle sue spalle. Qualche piuma era stata distrutta dall’attacco di Gerione, ma la composizione era ugualmente magnifica, al punto da attirare l’attenzione di Alcione, che per un momento ne rimase affascinata. –"Occhi del Pavone! Trafiggetele il cuore!" –E subito migliaia di raggi energetici partirono dagli occhi delle piume del Pavone, diretti verso Alcione, la quale non rimase ad attendere di essere bucherellata, ma sfrecciò nella fitta pioggia, prima di balzare in alto e piombare su Kyros con i tentacoli sfoderati.

L’impatto fu disastroso e Kyros fu spinto a terra, mentre i tentacoli della Piovra Nera lo stritolavano con forza, schiantando la sua corazza in più punti, distruggendo la ruota di cui tanto era andato fiero e sbattendolo continuamente a terra. Quando Alcione allentò la presa, della splendida Armatura Divina era rimasto ben poco. Tutte le decorazioni e i copriarti erano stati distrutti e il corpo centrale era crepato in più punti, da cui traboccante fuoriusciva il sangue dalle ferite interne. Alcione non provò per Kyros alcun dispiacere, alcuna compassione, guardandolo trascinarsi per qualche passo ancora, mentre l’uomo che era in lui finalmente aveva ripreso coscienza di sé. Coscienza del proprio essere fragile, del proprio essere mortale. Spirò così, Kyros del Pavone, tra il delirio di aver perso la propria natura divina e il terribile dubbio di non averla mai posseduta.

"Gerione!" –Esclamò Alcione, correndo a sincerarsi delle condizioni dell’amico. –"Ti ha conciato per bene, eh?!" –Gli sorrise, aiutandolo a rimettersi in piedi.

"A.. Alcione.. La Lama?!" –Domandò Gerione, mentre anche Arsinoe, Nesso e gli altri si avvicinavano ai due Heroes. Alcione annuì con il capo, rincuorando lo spirito dei guerrieri sopravvissuti, e ordinò loro di stringere i denti e resistere alle sofferenze, perché avrebbero dovuto mettersi subito in cammino e la via del ritorno era altrettanto irta di pericoli quanto quella dell’andata. Non fecero in tempo a muovere qualche passo che una donna si mise di fronte a loro, sbarrandogli la strada.

"Dove avete intenzione di andare?" –Domandò la donna la cui Armatura rappresentava la Grande Vacca, uno dei simboli sacri ad Era, nonché appellativo con cui la Dea era spesso conosciuta. –"Non vi sarete dimenticati di me?!"

"Vista la fine che ha fatto il tuo compagno, avresti dovuto ringraziarci per non averti riservato la stessa!" –Commentò acidamente Alcione.

"Io non sono superba come Kyros, sappiatelo!" –Rispose la donna, il cui cosmo vasto ma tranquillo era diverso dall’ostentata superiorità dell’Emissario del Pavone. –"Ho imparato da tempo a conoscere gli uomini e, per quanto gli disprezzi, ammetto la mia umanità! Ma questa, ormai, è tale soltanto fisicamente! A livello interiore non è più!"

"Chi sei?" –Domandò Alcione, pregando gli Heroes di scansarsi.

"Boopis è il mio nome, la Grande Vacca!" –Commentò la donna, gettando via il mantello fermato dietro i coprispalla della sua Armatura. Non era molto alta, anzi la sua statura era inferiore a quella di un ragazzo come Nesso, e il suo fisico non era elegante, ma piuttosto tozzo, come il profilo di una contadina che trascorre lunghe giornate negli orti.

"Boopis?! Non è un appellativo che si usa per indicare Era?!" –Commentò Alcione.

"Esattamente! Boopis deriva dal greco "dall’occhio di bovino", in quanto Era, come Grande Dea Madre, è associata agli armenti, alle mandrie di bestiame da lei difese e sotto la cui protezione crescono! Scelsi questo nome in suo onore, quando mi sollevò dalla mia triste condizione di mortale e mi elevò all’Olimpo, insignendomi del titolo di Emissario di Era, un privilegio che, in millenni di storia del mondo, è toccato soltanto a due uomini, e a me, una donna!"

"È così meritevole di disprezzo l’essere umani?!" –Domandò Alcione, che non riusciva a capire l’odio che questi Emissari, che si ritenevano superiori, sia come forza che soprattutto come personalità, provavano nei confronti del genere umano. –"Cosa ti hanno fatto gli uomini di così sbagliato per destinare loro tutto questo odio? Per combattere al servizio di una Dea che vuole estirpare il genere umano e i pochi eroi che lo difendono?"

Boopis non rispose, colpita dalla domanda del Comandante della Terza Legione. Una domanda inaspettata e carica di tristezza. Sospirò per un momento, prima di invitare Alcione a consegnare la Lama degli Spiriti. Quello era il suo compito, non iniziare una conversazione che, tra l’altro, non aveva alcuna voglia di sostenere.

"Spiacente, ma la Lama degli Spiriti serve ad altro che alla vostra ben misera ambizione!" –Commentò Alcione, mostrando la Spada, riposta in uno splendido fodero intarsiato, che aveva finora nascosto tra le pieghe del lungo mantello nero. Quindi, vedendo che Boopis non accennava alcun movimento, né per avanzare né per farsi da parte, la allungò a Nesso, porgendogliela con un sorriso. –"Porta la Lama degli Spiriti a Tirinto!" –Ordinò, di fronte agli occhi sgranati del giovane Hero. –"Ma non abusare del suo potere, o ti divorerà! Il Venerabile Saggio che me la ha affidata è stato chiaro al riguardo! La Lama, oltre che assorbire il cosmo di colui dentro al quale è infilzata, attira a sé anche qualcosa di chi la impugna!"

"Io.. io.." –Nesso esitò per un momento, non comprendendo le intenzioni del suo Comandante. –"Ma… non torneremo insieme?!"

"Tu vai! E voi scortatelo! Ercole vi sta aspettando! Io vi raggiungerò dopo aver sconfitto Boopis!" –Spiegò Alcione, mettendo la Lama nelle mani di Nesso e allontanandosi dal gruppetto, fino a portarsi di fronte a Boopis.

"Ercole aspetta anche te!" –Esclamò Nesso, con voce decisa. –"Gliela porteremo insieme!"

Alcione sorrise, felice nell’udire le ingenue parole dell’Hero del Pesce Soldato. Parole che, lo sapeva, provenivano dal cuore. Fissò uno ad uno gli otto Heroes sopravvissuti, prima di bruciare il suo cosmo al massimo e lanciarsi avanti, verso l’Emissario di Era. I tentacoli oscuri sfrecciarono nell’aria e, nonostante Boopis si fosse scansata di lato, per evitarli, la raggiunsero comunque, afferrandola per le gambe, arrotolandosi attorno al suo corpo, stritolandola con forza. Approfittando di quel momento, Proteus della Razza, che aveva preso il comando della piccola pattuglia di Heroes rimasti, in quanto amico e aiutante di Gerione, incitò i guerrieri a correre via, rispettando gli ordini di Alcione. Seppur titubanti, Arsinoe, Nesso, Pasifae, Gerione e gli altri tre lo seguirono, sfrecciando via lungo il sentiero ripido, lasciandosi alle spalle la pianeggiante distesa dove i cosmi di Alcione e di Boopis esplosero poco dopo.

Con un gesto brusco, Boopis si liberò dei tentacoli della donna, rotolando sul terreno fino a rimettersi in piedi. Alcione non parve affatto sorpresa.

"Perché li hai lasciati passare?" –Domandò, diffidente. –"Non era la Lama degli Spiriti il tuo obiettivo?"

"Il primo obiettivo!" –Precisò la donna. –"Ma Era è stata molto chiara anche su un secondo punto! Sterminare tutti gli Heroes di Ercole! Ed io non ho intenzione di deluderla!"

"Mi dispiace tradire le tue aspettative, giovane Vacca, ma credo proprio tu abbia fallito! Otto Heroes stanno correndo verso la Grecia e con loro viaggia la Lama degli Spiriti e tu, che avresti dovuto recuperarla, sei impegnata in battaglia con me! Anche se tu riuscissi a vincermi, sarei pur sempre un magro bottino!"

"Non sminuire le tue possibilità, Alcione della Piovra!" –Sentenziò Boopis, con sguardo deciso. –"Né le mie!" –E nel dir questo espanse il proprio cosmo, invadendo l’intera vallata, scendendo nei profondi abissi del Jamir e risalendo fino alle alte vette innevate, di fronte agli occhi, per la prima volta atterriti, di Alcione.

Cosa sta facendo? Si chiese la Comandante della Terza Legione. Sta espandendo il suo cosmo, ma non percepisco nessun istinto offensivo in lei! Come può essere? Se non sta attaccando me, allora cosa sta facendo? Perché non riesco a sentire in lei una presenza nemica? Le confuse domande di Alcione affollarono la sua mente per qualche secondo, mentre il cosmo di Boopis, calmo e rilassante, scivolava lungo le eterne vallate dello Jamir, quasi fosse un torrente in piena. La Vacca socchiuse leggermente gli occhi, fino ad entrare in intima connessione con la natura, come era nelle funzioni di Era, la Grande Dea Madre, prima che l’intera vallata venisse scossa da un violento terremoto. Uno smottamento così potente da far franare parte delle montagne ai lati del piccolo terrazzo naturale ove Alcione e Boopis erano ferme.

"Che succede? Che stai facendo?" –Gridò Alcione, iniziando a sentirsi inquieta, profondamente inquieta.

"Non ti ho forse rivelato il mio nome, Alcione della Piovra? Non ti ho forse spiegato il motivo che mi ha spinto a scegliere l’epiteto di Era che più mi si addiceva? La nostra Dea non è soltanto la moglie di quel villano di Zeus, quel freddo amante che da anni non riscalda più il cuore della nostra Regina! Ma è anche la Grande Dea Madre, principio generatore di tutte le cose, signora della terra e delle messi, benedizione della fertilità! A lei sono consacrati gli armenti e i campi di frumento, i vigneti e i raccolti abbondanti! È lei la Dea Madre, invocata in ogni cultura, in qualsiasi epoca storica, poiché è l’unica Dea portatrice di vita che gli uomini non potranno fare a meno di adorare sempre!"

"La Dea Madre!" –Ripeté Alcione tra sé, prima di comprendere, e sgranare gli occhi terrorizzata. –"E come tale ha il potere su ogni espressione della natura!"

"Precisamente!" –Sorrise Boopis, mentre il suo cosmo si stringeva attorno ad Alcione, per chiudersi in un abbraccio di energia. –"La Dea Madre vive nella terra! La Dea Madre è la terra, unita ad essa da un legame eterno, per cui al movimento di una si muove anche l’altra!" –E mentre Boopis pronunciava queste parole, Alcione si sentì sollevata di qualche metro dal suolo, mentre la terra sotto i piedi aveva preso a roteare, trasformandosi in un mulinello di roccia e di energia, all’interno del quale la guerriera era stata rinchiusa, prima di essere scaraventata via.

Alcione riuscì ad atterrare in equilibrio sulle gambe, aiutandosi con i tentacoli della propria Armatura, ma dovette ammettere di aver sudato freddo. Era la prima volta, in trentasette anni, che incontrava un nemico che non sembrava affatto tale. Un nemico il cui cosmo non era ostile, ma in sintonia con la natura che la circondava, che pareva entrare dentro di essa, scuoterla fino in profondità, e sollevarla per difendere se stessa e la Dea, in un circolo chiuso, che Alcione non sapeva come spezzare. Fece per muovere un basso avanti, ma il terreno si aprì improvvisamente sotto i suoi piedi, e dovette usare i propri tentacoli per avvinghiarsi al bordo e per non precipitare nell’abisso, da cui una gelida aria soffiava impetuosa per poi trasformarsi in una fiamma ardente, le cui vampate lambivano le gambe di Alcione, che si risollevò in fretta, uscendo dalla fenditura.

"Che ne è stato dei miei compagni? Parla, Boopis!" –Domandò infine la Comandante.

"Non essere in pena per loro, Alcione! La natura sa essere caritatevole!" –Rispose la donna, ancora con gli occhi chiusi e il cosmo concentrato attorno a sé, in un’aura dal colore giallo e marrone. –"La valanga che li ha travolti non ha dato loro alcun dolore! Una prigionia eterna nei ghiacci eterni del Karakoram li attende! Dovresti essere felice per loro, per non doverli più vedere lottare, per non doverli più soffrire e sanguinare! Il riposo eterno hanno incontrato, qua, nelle vergini terre del tetto del mondo! Presto anche tu li raggiungerai, ed io recupererò la Lama degli Spiriti e tornerò dalla mia Dea per adorarla!"

Poco prima infatti, mentre il cosmo di Boopis penetrava nel profondo delle montagne del Karakoram, Nesso, Proteus e gli altri Heroes di Ercole stavano correndo lungo la disastrata mulattiera che li avrebbe condotti al Sentiero del Silenzio, per poi passare al di là di quelle catene eterne. Neppure cento metri prima dell’ingresso del Sentiero, il terreno iniziò a tremare sotto di loro, con vigore, al punto che la mulattiera franò in più punti, trascinando Gerione ed altri Heroes verso l’abisso, mentre cumuli di roccia franava su di loro. Proteus, ultimo degli Heroes a rimanere in piedi sul terreno, schiacciato contro la parete, sollevò lo sguardo verso l’alto, proprio mentre un’immensa slavina di neve e di roccia crollava su di lui, travolgendolo e precipitandolo a valle insieme a tutti gli altri Heroes. Dopodichè tornò il silenzio, come mai aveva regnato prima, e Boopis poté dirsi soddisfatta: aveva recuperato la Lama degli Spiriti e sgominato otto Heroes con un unico gesto. Ciò che Boopis non poté prevedere, né che fu in grado di vedere, fu un ragazzo emergere a fatica, tossendo e sputando, dall’ammasso di roccia e neve franata. Scavò nel terreno smosso aiutandosi con l’arma che stringeva in mano, ancora riposta nel fodero intarsiato. Nesso del Pesce Soldato era stato incaricato da Alcione di portare la Lama degli Spiriti ad Ercole e nessuna slavina al mondo avrebbe potuto fermarlo.