CAPITOLO DICIASSETTESIMO: CADE, L’ULTIMO PETALO.

A Tebe, in Beozia, di fronte alla residenza degli Heroes, Argo, il Sommo Sacerdote di Era, suo fidato braccio destro e armato, stava massacrando i guerrieri del Dio dell’Onestà, senza nemmeno impegnarsi più di tanto, poiché, convinto dell’indiscutibile superiorità degli Dei sulla feccia umana, riteneva poco opportuno degnarli di eccessiva considerazione. Così aveva annientato Sileo del Giglio e Ermione del Girasole con un solo dito, e con lo stesso dito aveva abbattuto il Comandante della Quinta Legione, Tereo di Amanita, sbattendolo contro la scalinata della reggia un tempo appartenuta ad Ercole in persona. Adesso stava fissando, con i suoi inespressivi occhi verdi, i due ragazzi intervenuti per proteggere il loro Comandante, nonostante, secondo Argo, egli non meritasse protezione alcuna, essendo stato perfettamente incapace di proteggere i soldati della sua Legione. Costoro erano Eco della Margherita, che aveva addormentato il Gigante Panoptes con l’armonioso canto della sua voce, e Eumolpo della Spiga, che aveva trafitto con le sue spighe argentate i cento occhi chiusi della creatura deforme, abbattendola, di fronte agli occhi sinceramente stupiti del Sacerdote di Era.

"Eumolpo!" –Lo chiamò Eco, espandendo il proprio cosmo. –"Con lui non possiamo esitare! Hai visto come ha fatto fuori Sileo ed Ermione! Non abbiamo speranze! Ma dobbiamo tentare comunque!" –Esclamò il ragazzo, mentre il cosmo che albergava nel suo petto esplodeva in un canto melodioso, creando l’armoniosa immagine di un bel campo soleggiato, costellato di migliaia di margherite in fiore. –"Canto della Margherita!"

"Spighe d’Argento!" –Gli andò dietro il compagno, mentre tutto attorno a sé comparivano migliaia di spighe di energia cosmica, che l’Hero diresse verso Argo a guisa di frecce incandescenti.

"Umpf! Mi offendete!" –Esclamò Argo, sdegnato. Ma, per quanto odiasse ritenerlo possibile, dovette ammettere di aver subito un rallentamento nelle proprie azioni, come se realmente il canto intonato da Eco avesse prodotto in lui un rilassamento, come se il canto avesse riportato alla mente del Sacerdote di Era ricordi dispersi nel labirinto del tempo che l’uomo aveva sommerso sotto secoli di polvere e di fedele servilismo ad Era. –"Credere che possa essere raggiunto da un simile attacco, che a malapena supera la velocità del suono, significa sottovalutare a pieno i poteri di colui che avete di fronte!" –Sentenziò Argo, sollevando la mano sinistra e mostrando il palmo aperto, su cui l’assalto energetico combinato di Eco e di Eumolpo si infranse. –"Significa dimenticare chi sono! Il Sommo Sacerdote di Era! Argo il Grande!" –Gridò, lasciando che l’assalto vorticasse sul palmo della sua mano, prima di prenderne il controllo e rinviarlo indietro, per travolgere i due ragazzi. –"Secondo soltanto alla Regina degli Dei, di cui sono il più fidato consigliere e stratega! La Bocca di Era! È così che anche potete considerarmi! Messaggero tra la terra e il cielo sono io!!!" –Gridò, quasi stesse delirando.

"Ora!!!" –Gridarono insieme Eco ed Eumolpo, mentre la tempesta di energia veniva rinviata contro di loro. E i loro cosmi uniti crearono una cupola difensiva su cui si schiantò l’assalto del Sacerdote di Era, il cui unico effetto fu di spingere indietro i ragazzi di qualche metro, incrinando in parte le loro corazze.

"Avete unito i cosmi per contenere il mio attacco!" –Commentò Argo, interessato. –"Per questo motivo, poiché sapevate che sarei rimasto immune al Canto della Margherita e alle Spighe d’Argento, e che ve le avrei rimandate contro, avete impresso una forza minore al vostro primo assalto, per conservare le forze per la difesa, per non essere travolti! Bravi, sì! Me ne compiaccio!" –Sentenziò Argo, prima di avanzare a passo minaccioso verso i due. –"Ma adesso cosa farete? Come riuscirete a difendervi dagli assalti che verranno? Se con un palmo soltanto ho respinto il vostro attacco congiunto, e con un dito ho massacrato i vostri sterili compagni, cosa farete adesso per impedire a me di massacrare anche voi?" –E nel dir questo sollevò il braccio sinistro, puntando tre dita verso i due Heroes, con un sorriso sardonico sul volto.

Eco ed Eumolpo avrebbero voluto reagire, avrebbero voluto lanciarsi contro il Sacerdote, per vendicare i compagni caduti, ma sentirono di non riuscire a muovere nemmeno un muscolo, inchiodati a terra, terrorizzati dalla punta dei piedi al ciuffo più esterno dei propri capelli da un sentimento così potente che mai avevano percepito prima. Una paura che assalì entrambi nel profondo, trascinando le loro anime, smunte e pallide, verso la Bocca di Ade.

"Dita del Cielo!" –Gridò Argo, concentrando il cosmo sul pollice, sull’indice e sul medio, prima di rilasciarlo sotto forma di una potentissima bomba di luce. L’attacco distruttivo raggiunse Eco ed Eumolpo, danneggiandoli però solo di striscio, poiché, sorprendendo i tre contendenti, un uomo si era posto di fronte ai due ragazzi, proteggendoli con il suo scudo, rivestito di una scintillante energia cosmica: Tereo di Amanita.

"Comandante!!!" –Urlarono Eco ed Eumolpo, prima di venire spinti via dal contraccolpo, lasciando Tereo, da solo, a crollare inerme di fronte al Sacerdote di Era.

L’attacco di Argo, che Tereo aveva subito da così vicino, per proteggere i suoi ragazzi, aveva distrutto il suo bracciale a forma di scudo e gran parte della corazza di Amanita, facendo addirittura esplodere qualche vena all’interno del corpo dell’uomo, che ora giaceva sanguinante ai piedi del suo carnefice, per niente turbato dal suo intervento. Quasi eccitato dall’odore aspro del sudore di Tereo, dal sapore del sangue che colava sul selciato polveroso, Argo abbassò il braccio, osservando l’uomo che, respirando a fatica, cercava di rimettersi in piedi, per opporsi nuovamente a lui. Divertito, il Sacerdote di Era gli domandò perché era intervenuto, perché si era esposto a un attacco così diretto, che poteva essere soltanto mortale.

"Dovresti saperlo, servitore di Era! Perché tu me lo hai ricordato poc’anzi!" –Esclamò Tereo, fissando dritto negli occhi Argo. –"Non mi hai forse chiesto se avevo lottato per onorare il mio Dio? Non mi hai forse rimproverato per essermi lasciato andare, cadendo a terra come un soldato qualunque, anziché ergermi a difesa della Legione da me guidata, come un capitano rimane sulla nave mentre affonda? Ebbene, eccomi! Io onoro sempre i miei giuramenti! Ho promesso ad Ercole di combattere per lui e per i suoi ideali, e adesso sono qua, a difendere i miei compagni! Forse la mia vita durerà meno dello sbocciare di un fiore, ma che importa se potrò dire di averla intensamente vissuta!"

"Le tue parole rendono onore al tuo grado, Comandante della Quinta Legione!" –Disse Argo, con tono solenne. –"E non esistono parole migliori per rispondere che farti strada verso la battaglia, dove incontrerai la morte che tanto brami! Perché a nient’altro può andare incontro chi osa rivolgere i pugni verso il cielo!" –Esclamò Argo, espandendo il proprio cosmo, che lo avvolse interamente, in un turbinar di stelle, prima di sollevare il braccio destro e volgere il palmo verso Tereo.

Una devastante onda di energia annientò la distanza che separava i due contendenti, travolgendo il Comandante della Quinta Legione, che venne scaraventato indietro, fino a schiantarsi contro le colonne del pronao della residenza degli Heroes, abbattendone un paio con vigore, di fronte agli occhi sconcertati di Eco e di Eumolpo, che subito si rimisero in piedi per correre a sincerarsi delle sue condizioni. Ma non appena i loro piedi sfiorarono la scalinata di marmo, che conduceva all’ingresso del palazzo, vennero scaraventati a terra da un violento cosmo, la cui aggressività esteriore era superiore persino a quella di Argo. Quando i due si rialzarono, boccheggiando a fatica, furono sorpresi di trovare Partenope del Melograno di fronte a loro, in piedi qualche gradino sopra i due ragazzi, che li fissava con un ghigno perverso, mentre con la mano destra carezzava la collana di perle che portava attorno al collo.

"Partenope!!!" –Gridarono i due ragazzi. –"Perché ci fermi? Dobbiamo correre ad aiutare Tereo!"


Ma Partenope non li degnò neppure di uno sguardo, sputando loro in faccia mentre scendeva con superbia gli ultimi gradini della scalinata, fino a portarsi di fronte al Sacerdote di Era, che lo osservava con rinnovata attenzione.

"Salute a te, Sommo Argo!" –Esclamò Partenope, inginocchiandosi davanti al Sacerdote. –"L’antica residenza di Ercole è nostra, adesso! Tutti gli Heroes che la proteggevano sono stati sconfitti e puniti per la loro debolezza, che li ha resi sciocchi contadini anziché esperti guerrieri!"

"Partenope!!!" –Gridarono Eco ed Eumolpo. –"Che stai dicendo? Ti sei alleato con il nemico?!"

"Nemico?!" –Ridacchiò Partenope tre sé, prima di rialzarsi e voltarsi verso i due ragazzi, gettando loro un oggetto che finora aveva stretto nella mano sinistra, senza che nessuno vi prestasse troppa attenzione, a causa della noncuranza con cui l’uomo l’aveva trattato fino ad allora. –"Era è la mia Signora! Da tempi immemori sono suo fedele servitore, il primo tra gli Emissari della Dea!" –Aggiunse, tirando un’occhiata di superiorità verso Argo, che non disse niente, limitandosi a spostare lo sguardo sull’oggetto che Partenope aveva gettato ai piedi di Eco ed Eumolpo. Una testa d’uomo, trinciata all’altezza del collo.

"Ma… ma questo è…!!!" –La voce di Eco sembrava il grido di un’oca in punto di morte adesso, così lontana dall’incantevole melodia che aveva addormentato il Gigante e incantato persino il Sacerdote di Era. –"Liriope!!!" –Gridò, riconoscendo il volto di un compagno, l’Hero del Narciso, barbaramente assassinato.

"Liriope del Narciso è caduto pochi attimi fa, stritolato dalle piante a me così fedeli! E come lui sono caduti Ila del Tulipano ed Eurialo dell’Iris!" –Precisò Partenope, con voce fredda e distaccata; prima di cambiare il tono, aggiungendo una sfumatura di perverso divertimento. –"Avreste dovuto sentire le loro grida! Hanno gemuto come donne in calore!"

"Lurido bastardo! Come hai potuto venderti ad Era?" –Esclamò Eumolpo pieno di rabbia, facendo avvampare il proprio cosmo. –"Niente mi delude più di un traditore, di un fratello che, per brama di gloria o di eternità, rinnega i propri ideali, sollevando il gladio contro la gola dei suoi compagni! Hai tradito la nostra Legione, Partenope! Hai tradito la nostra confraternita, la città perfetta che con tanto amore avevamo costruito!"

"Finiscila con questa lagna, sciocco!" –Lo derise Partenope. –"Non ho bisogno né di gloria né di eternità, perché già le possiedo da anni! Da quando Era, riconoscendo in me l’uomo adatto per guidare le sue armate Divine, mi sollevò dalla mia polvere di umana tristezza, ammantandomi di una nuova vita, una vita dedita al culto di Era! E proprio per servirla le proposi il più ardito dei piani: inserire delle spie, degli uomini fedeli all’Olimpo, nelle Legioni di Ercole, per poterle un giorno sollevare contro lo stesso Dio! Così, dall’interno della fortezza di Tirinto, ho tessuto in silenzio la mia tela, allargando il campo dei miei alleati fino ad inquinare le limpide acque di tutte le Legioni! Probabilmente, in questo stesso momento, mentre il pallido sole di Tebe scalda il mio volto, i vostri compagni sono stati tutti uccisi, massacrati da coloro con cui avevano combattuto fino ad allora fianco a fianco! Com’è difficile colpire un uomo che regge una spada, parandosi dietro uno scudo! Ma com’è facile, ooh, sì, è proprio facile, ferirlo al cuore, trapassandogli la schiena, ove egli non guarda!"

"Neppure il più viscido dei serpenti avrebbe potuto concepire un tale abominio, Partenope! Non sei degno di essere uno degli Heroes di Ercole! Non sei degno di indossare l’Armatura degli Eroi! Sei soltanto un codardo, un lurido vigliacco che non ha esitato a distruggere un sogno pur di contentare i capricci di una Divinità assassina! Il sogno di Ercole di portare pace e onestà nel mondo!"

"Onestà vuoi, Eco?" –Ironizzò Partenope, sollevando il braccio destro al cielo. –"Allora la avrai! Ti massacrerò! E aggiungerò la tua testa, pallido trofeo che misera soddisfazione recherà al mio animo, alle conquiste di questa guerra! Preparati, uomo, perché adesso taglierò lo stelo della tua vita!" –E fece apparire un fiore di melograno sul palmo della mano destra.

"Non te lo permetterò!" –Gridò Eumolpo della Spiga, lanciandosi avanti, dirigendo migliaia di spighe cariche di energia cosmica contro Partenope. –"Spighe d’Argento, trafiggete il suo cuore malato!" –Ma non appena si mosse, il fiore di melograno fluttuò nell’aria, superando indenne la fitta pioggia di spighe energetiche e posandosi sul petto di Eumolpo, proprio all’altezza del cuore. –"Ma.. cosa?!" –Esclamò il ragazzo, mentre il fiore di melograno distruggeva la bianca corazza protettiva della Spiga, avvinghiandosi al cuore posto sotto di essa.

"Eumolpo!!! Dei dell’Olimpo, è terribile!" –Esclamò Eco, disperato, osservando il compagno crollare a terra, mentre cercava di strappar via il fiore di melograno dal suo cuore. Ma ogni volta che lo sfiorava, il fiore si moltiplicava, avvinghiandosi ad un nuovo organo del corpo di Eumolpo, fino a divorarlo completamente, lasciando soltanto una vuota carcassa priva di qualsiasi forma di vita.

"Che atrocità!" –Commentò Argo, finora rimasto in disparte, alle spalle di Partenope, che sembrava voler concludere la missione da solo, vanagloriandosene poi con Era.

"Non approvi i miei metodi, Sommo Sacerdote?!" –Ironizzò Partenope, senza nascondere il tono malizioso con cui accentò la parola "sommo". Quasi a voler ricordare ad Argo che tale titolo non gli spettava. Che sarebbe stato più giusto, e più opportuno, concederlo a lui, a Partenope del Melograno, l’uomo adatto per dominare il mondo in vece di Era.

Per quanto entrambi fossero servitori della Regina dell’Olimpo, tra Argo e Partenope non era mai corso buon sangue, essenzialmente a causa dell’eccessiva superbia che lo spietato Emissario del Melograno non aveva mai imparato a dominare. Un istinto di sopraffazione del più forte sul più debole che Partenope aveva assurto come filosofia di vita, anche nei suoi rapporti con gli altri Emissari di Era, Boopis e Kyros, e con i Sommi Sacerdoti: Argo e Didone. Per Partenope, l’Oracolo era soltanto un ruffiano, disposto a trascorrere un’eternità a strusciarsi alla lunga veste di Era, per rimanere al suo fianco e mantenere il suo ruolo, mentre la Regina Fenicia, per quanto fosse una bellissima donna e suscitasse gli appetiti sessuali dell’Emissario, che più volte aveva sognato di possederla, non era adatta per guidare un esercito, troppo sentimentale, troppo passionale, semplicemente troppo donna. Ma vi era un altro motivo di contrasto tra Partenope e Argo, che avrebbe potuto, in futuro, compromettere l’ascesa dell’Emissario del Melograno al trono dell’Oracolo di Era: un ostacolo rappresentato da Kyros del Pavone, allievo di Argo e sua stessa e mortale nemesi. Kyros era stato addestrato da Argo stesso, diventando una sua perfetta copia, freddo e distaccato, sdegnoso e superbo come il Sacerdote di Era, carico dello stesso profondo odio degli uomini. Per quegli stessi uomini di cui Argo e Kyros avevano fatto parte un tempo, prima di rinnegare le loro stesse origini.

Ma Partenope era diverso. Egli infatti sapeva di essere un uomo e non aveva mai rinnegato la sua natura mortale e terrena, neppure quando Era aveva elevato lui, Kyros e Boopis al rango di Emissari Divini, facendone la guardia scelta della Regina dell’Olimpo, caricando il loro cosmo, già potente di suo, di sottili sfumature divine.

"Sarebbe sciocco rinnegare quello che sono e che mi ha permesso di arrivare fin qua!" –Ripeteva frequentemente Partenope, criticando Kyros, che ormai si considerava un Dio. –"Poiché in battaglia siamo mortali come gli altri uomini! No, io non rinnegherò le mie origini, ma saprò sfruttarle a mio piacimento, per dominare gli altri uomini, a me inferiori, e per portarli alla guerra totale, ad uno stato di guerra di tutti contro tutti!"

E così aveva fatto, scendendo sulla Terra e facendo richiesta per essere ammesso nelle Legioni di Ercole, limitando al massimo le sfumature del suo cosmo cariche di ambizione e mostrandosi, di fronte al Dio, generoso e onesto, come Ercole pretendeva che i propri Heroes fossero. Lo stesso Dio lo aveva personalmente scelto per aiutare Tereo a Tebe, conscio che, considerando la scarsa propensione alla battaglia dell’Hero di Amanita e dei suoi compagni, Tereo avrebbe potuto aver bisogno di una mano forte, in caso di un conflitto. Ma neppure lo stesso Ercole, il cui unico difetto era stato l’eccessivo amore e la fiducia che aveva dimostrato verso i suoi Heroes, aveva potuto prevedere che una tale serpe venisse covata in seno di uno dei suoi guerrieri più forti e su cui faceva maggiore affidamento.

"Adesso quel momento è giunto! Marcerò su Tirinto, guidando gli Shadow Heroes, gli Eroi silenziosi che hanno vissuto per anni nell’ombra, attendendo il giorno in cui, da me esortati, avrebbero ribaltato l’idealistico regime di Ercole, per dominare la Terra imponendo le loro condizioni! Gli uomini non vanno aiutati, vanno semplicemente usati! Ah ah ah!" –Sghignazzò Partenope come un pazzo.

"Il dominio sulla Terra sarà imposto in nome di Era!" –Precisò Argo, pungente. –"Non dimenticarlo, Partenope! Era ti ha messo sul trono ed Era saprà farti cadere se non onorerai i patti!"

"Non ho bisogno delle tue puntualizzazioni, predicatore errante! Resta indietro, e osserva come porrò fine all’esistenza di questo ridicolo manipolo di briganti! Tutto ciò che resta della Legione dei Fiori verrà estirpato da me, con un solo gesto della mano!" –Gridò Partenope, sollevando un nuovo fiore di melograno e caricandolo di tutto il suo cosmo.

Il fiore volteggiò nell’aria, conficcandosi nel suolo, proprio ai piedi di Eco, che subito sentì la terra tremare sotto di sé. Fece per balzare indietro, ma venne afferrato in volo da una moltitudine di fili verdi, resistenti come marmo, che sgorgavano dal terreno, anticipando l’uscita di uno splendida pianta di melograno, alta e maestosa, ma terribile al tempo stesso. Il colore del frutto era stranamente bianco e Eco trasalì, intuendo il modo in cui Partenope lo avrebbe colorato.

"Con il rosso del tuo sangue! Ah ah ah!" –E aumentò la presa sul corpo di Eco, che si dibatteva, espandendo il proprio cosmo, nel tentativo di liberarsi da quella stretta mortale. Ma falliva continuamente, mentre gli stretti lacci, carichi di energia cosmica, stridevano sulla sua corazza, schiantandola in più punti e lacerando la sua pelle. –"Reagire è inutile! È mio il cosmo di cui il Melograno Assassino è impregnato! Ed è come se tu, stupido bamboccio, stessi lottando contro di me! Contro di me capisci? Che speranze ha un contadino come te, che ha trascorso gli anni del suo addestramento a cantare in un campo di margherite, contro un guerriero mio pari? Nessuna!!! Perciò muori!" –Gridò Partenope, stringendo la presa sul corpo di Eco, che venne lacerato dalle mortali strette del melograno assassino e trinciato in tanti pezzi, che sanguinarono copiosamente sul terreno, mentre la pianta sembrava goderne, abbeverandosi a tale demoniaca fonte.

"Sei soddisfatto, adesso?" –Esclamò Argo, osservando l’accecante bagliore del cosmo di Partenope placarsi progressivamente.

"Non ancora!" –Rispose questi, senza degnare di eccessivo interesse il Sacerdote, sollevando lo sguardo verso l’ingresso della residenza degli Heroes, dove Tereo di Amanita stava rimettendosi lentamente in piedi. Era ferito gravemente, con la corazza distrutta in più punti, privo dello scudo difensivo e dei compagni che lo avevano protetto fino ad allora. Perché erano morti tutti.

Tereo, rialzatosi, abbassò il capo con un sospiro, percependo con chiarezza la scomparsa di tutti i cosmi degli Heroes della Quinta Legione, la Legione dei Fiori, come la aveva ribattezzata affettuosamente. Ila del Tulipano, Eco della Margherita, Eumolpo della Spiga, Ermione del Girasole, Sileo del Giglio, Eurialo dell’Iris, Liriope del Narciso, Kore del Cipresso. Tutti erano stati annientati e del loro cosmo non rimaneva che un pallido ricordo, una luce che baluginava fievole nel cuore del Comandante che non aveva saputo proteggerli. Dell’uomo che, così si sentiva Tereo, non aveva saputo guidarli alla vittoria, e alla salvezza.

"Perdonatemi!" –Commentò Tereo, mentre le lacrime gli rigavano il volto. –"Perdonatemi amici miei! Ho creduto che fosse possibile vivere in un mondo senza guerre, dove regnassero pace e giustizia, dove gli uomini potessero vivere in concordia, pacificandosi gli uni con gli altri, privi di brama e di potere, e per questo motivo non mi sono preoccupato eccessivamente di addestrarvi in battaglia, di allenare il vostro cosmo affinché potesse servirvi per offendere, ma solo per recare sollievo alle povere genti! Ma ho errato, me ne rendo conto! A causa mia, della mia incompetenza, della mia incapacità di agire, di comportarmi come un vero Eroe avrebbe dovuto fare, vi ho condannato a morire, tra indicibili tormenti, privandovi della possibilità di salvezza!" –Pianse Tereo, fissando i resti dei corpi dei suoi compagni, abbandonati sul selciato antistante. –"Possiate perdonarmi, amici miei, e accogliermi nel Paradiso dei Cavalieri senza rimorsi!"

"Quale Paradiso? Tu, stupido inetto, non avrai dimora alcuna dopo la morte, ma resterai per sempre confinato nel limbo! Non ti sarà concessa pace, perché niente di eroico ed onorevole hai compiuto in vita, né per la Legione che avevi giurato di guidare, né per il Dio a cui ti eri inginocchiato servilmente! E allo stesso modo non ti sarà concessa la sofferenza eterna, poiché non vi sono motivi per farti precipitare all’Inferno! Non avrai né bene né male, perché nella vita non hai saputo scegliere, perché nella vita non hai mai saputo osare, rimanendo sempre in disparte, incapace di una qualsiasi azione incisiva!" –Lo condannò aspramente Partenope, incamminandosi a passo lento lungo la scalinata. –"Soffrirai per l’eternità di fronte alle rive dell’Acheronte, insieme agli ignavi tuoi compagni, gli inutili e gli indolenti, coloro che hanno sprecato la vita, troppo deboli per fare del bene, troppo forti per fare del male! I peccatori "che mai fur vivi", come li definì l’Alighieri Dante! E tu, che non ti sei mai apertamente schierato, sarai condannato a tale eterna prigionia!" –E sollevò al cielo un fiore di melograno, che risplendette come un lampo nel cielo di Tebe. –"Vagherai per sempre nel limbo, scivolando a tratti verso l’Acheronte, per provare anche solo una volta le pene dell’Inferno, sperando di incontrarvi una seconda morte! Ma non ti sarà concesso! Ti arrampicherai sulle irte scogliere del limbo, alla ricerca di una luce lontana, per uscire da quella gabbia, in cui con la tua indolenza ti ha rinchiuso, ed accedere al Paradiso! Ma ugualmente non ti sarà concesso!" –Partenope sbuffò, ironizzando con noncuranza. –"Ho disprezzo di te, Tereo di Amanita! Ti ho osservato per anni e non ho mai trovato niente di interessante in te, niente per cui valga la pena lottare e soffrire, niente che valga la pena di ammirare, come si dovrebbe osannare un Comandante, né credo vi abbiano trovato alcunché gli Heroes che hai condannato a morte!"

"Ti.. ti sbagli! Amavo i miei compagni, e loro avevano fiducia in me!" –Pianse Tereo, stringendo i pugni per il dolore. E per la verità pungente delle parole di Partenope.

"Così tanta fiducia che hanno preferito morire piuttosto che continuare a vivere insieme a te, al fianco di un uomo che non è mai esistito, di un guerriero soltanto di nome, privo delle qualità necessarie per comandare una Legione! E non è certamente un caso che io, Partenope, uno dei tre Emissari di Era, abbia scelto la Quinta Legione, guidata dal più ingenuo tra i Sei Comandanti di Ercole, per iniziare a tessere la mia tela!" –Esclamò l’Emissario del Melograno, fiero del suo trionfo, fisico e morale. –"Muori adesso, e scendi nel Limbo ove soggiornerai per l’eternità, inseguendo un sogno che non sei stato in grado di vivere da vivo!" –E puntò contro Tereo il fiore di melograno, che brillò di luce intensa, prima di fluttuare nell’aria e dirigersi verso l’Hero di Amanita, il quale scattò rapidamente di lato, per evitarlo.

Il fiore si piantò allora nel terreno, scuotendolo con vigore, prima di far sorgere una nuova pianta di melograno, dalle lunghe radici nodose, come quella che aveva stritolato Eco. Immediatamente, robusti filamenti verdi si arrotolarono attorno al corpo di Tereo di Amanita, che non cercò neppure di opporre resistenza, straziando le sue carni e penetrando all’interno di quell’involucro privo di ambizioni e di ardore. Partenope rimase in disparte, ad osservare la facilità estrema con cui il Melograno Assassino, da lui evocato, dilaniava il corpo inerme di Tereo, senza che questi reagisse in alcun modo, neppure dimenandosi.

"Un Comandante del tuo livello, che, almeno formalmente, possiede lo stesso cosmo di Alcione della Piovra e di Marcantonio dello Specchio, dovrebbe essere in grado di reagire! Dovrebbe essere in grado di concentrare il cosmo e farlo esplodere, per liberarsi da questa effimera, seppur sanguinaria, prigionia!" –Commentò acidamente l’Emissario di Era, prima di intuire le motivazioni di Tereo. –"Vuoi suicidarti?! È questo che vuoi realmente? Versare il tuo sangue come pagamento per gli Heroes morti a causa della tua incompetenza, a causa del mancato addestramento che hai dato loro?! Sei patetico, Tereo, e vali meno di un fiore estinto! La tua morte non riporterà in vita i tuoi compagni, né aiuterà Ercole a vincere questa guerra contro Era, o i poveri uomini dei bassifondi, che tanto adori e ove hai sprecato il tuo tempo, a vivere una vita migliore! La tua morte sarà soltanto macchiata dal segno dell’infamia e dalla mancanza di lode!" –E Partenope, a quelle parole, strinse la presa sul corpo di Tereo, mentre i verdi fusti della pianta strusciavano taglienti come lame sugli arti dell’uomo, producendo vasti tagli, da cui copioso grondava il sangue.

"Il sangue che cola fuori dalle tue ferite verrà assorbito dallo sterile suolo dell’Antinferno! E mescolandosi al fango delle rive dell’Acheronte costituirà il letto ove riposerai per l’eternità, fino a fonderti in quella stessa melma putrida di cui il tuo animo è imbevuto!" –Esclamò Partenope, mentre le piante tagliavano le dita di Tereo, strappandogli grida di dolore. –"Cibo per vermi diverrai, e le carogne infami, che si annidano sulle rive del lamentoso fiume, pasteggeranno ogni giorno con una parte di te, fino a svuotarti completamente, a renderti un infimo scheletro destinato a non trovare mai riposo alcuno!"

"Perdonami Ercole!" –Mormorò Tereo, con il viso rigato dalle lacrime. –"Perdonami per non aver saputo essere l’uomo capace di guidare al meglio la Legione dei Fiori, per non aver saputo essere l’eroe nel quale avevi riposto fiducia! Ho errato, e me ne dolgo! Accetta la mia vita in cambio, prendila in segno di riscatto per gli errori commessi e per il sangue che altri hanno versato a causa mia! Questa sofferenza io la merito, per la mia indolenza, per il gran rifiuto nel combattere che ho sempre dimostrato! E merito anche la fine che Partenope mi ha predetto! Ma vi amo ancora, come il giorno in cui mi nominaste vostro Hero, come il giorno in cui vi promisi di tenere alto un titolo che, adesso, sprofonderà con me nel fango dell’ignavia!" –Tereo socchiuse gli occhi, mentre le morse dei verdi fili del Melograno Assassino si chiudevano su di lui, penetrando all’interno del suo corpo e strappandogli gli organi vitali. –"Perdonatemi, per non aver saputo essere uomo!"

Vi fu uno schianto e la testa di Tereo rotolò di lato, lungo tutta la scalinata antistante la residenza degli Heroes di Tebe, giungendo fino ai piedi di Argo, il Sacerdote di Era, rimasto impassibile ad osservare l’intera scena. Non disse niente, limitandosi a volgere le spalle a Partenope, chiedendogli se adesso potessero considerare chiusa la loro missione.

"Ho ucciso personalmente sette Heroes, compreso il Comandante! Uniti ai due Heroes da voi massacrati, e agli Shadow Heroes raggiungiamo un totale di dodici! Gli altri tre dovrebbero essere stati uccisi da Xenodicea e da Pericle!" –Spiegò Partenope, ridiscendendo la scalinata, fino a raggiungere la testa mozzata di Tereo.

"Dovrebbero? In battaglia il condizionale non è consentito!" –Precisò Argo, continuando ad avanzare, voltandogli le spalle.

"Quando li ho lasciati stavano affrontando gli ultimi Heroes rimasti! Paride e Circe erano forse i migliori tra i guerrieri della Quinta Legione, e non erano tipi da lasciarsi vincere facilmente! Sarà stata una lotta molto dura, ma ho fiducia in Pericle e Xenodicea! Sono certo che li avranno sconfitti!" –Rispose Partenope, per la prima volta non troppo convinto delle proprie parole.

"Se così fosse, perché non sono qua? Perché non ci hanno raggiunto, per annunciare ad Era il nostro beneamato trionfo, come tu stesso avevi affermato?!" –Domandò Argo, prima di scomparire in un lampo di luce. Partenope fece per rispondere, ma realizzò che il Sacerdote era già arrivato a Samo, e lo maledisse, per l’eccessiva pressione di cui lo faceva carico in ogni missione.

Crede che sia un bambino? Sbuffò rabbioso Partenope. Ha fiducia soltanto nel suo Kyros! Ma presto gli farò cambiare idea! Oh, sì, quando Tirinto sarà caduta e con essa tutti gli Heroes e gli altri Emissari di Era, Argo dovrà ricredersi sulla mia potenza e, in un modo o nell’altro, cedermi il posto di Oracolo supremo, un titolo che ad un vetusto combattente come lui non può spettare più! Quindi corse via, sfrecciando lungo la scalinata della residenza degli Heroes e nei corridoi dell’edificio, fino a giungere ai giardini retrostanti. Trovò il cadavere di Kore del Cipresso, disteso sulla morbida erba del parco, quindi i corpi dilaniati di Eurialo dell’Iris e Liriope del Narciso, privo della testa. Ma non trovò altro e ciò lo fece insospettire.

Corse quindi fino alle serre, dove qualche ora prima avevano massacrato il Giardiniere di Ercole, Ila del Tulipano, e trovò i suoi resti gettati sbadatamente a terra, avvolti tra le pressanti spire del Melograno Assassino. Ma di Xenodicea e di Pericle non vi era traccia alcuna. Partenope perse quindi altro tempo a cercare una traccia alcuna, che indicasse cosa fosse accaduto nel seguito della battaglia, dopo che aveva lasciato i suoi due complici ed era corso nel piazzale antistante la residenza degli Heroes, per esprimere il suo trionfo su Argo, per aver concluso la missione. Adesso, a mente fredda, realizzò che forse aveva corso troppo, che avrebbe dovuto sbarazzarsi prima degli ultimi tre Heroes e poi correre a sbattere in faccia all’Oracolo il suo successo. Un gemito richiamò improvvisamente la sua attenzione, attirandolo verso uno spiazzo ai confini estremi del giardino, ove alberi erano stati recentemente abbattuti, probabilmente nel corso di uno scontro. Una voce sembrò chiamarlo.

"Pericle!!!" –Esclamò Partenope, riconoscendo il corpo ferito del compagno che lo aveva aiutato nel suo progetto sovversivo. –"Come hai potuto lasciarti sconfiggere? Erano solo tre ragazzini!" –Lo rimproverò Partenope, per nulla addolorato per la sorte del compagno, che giaceva a terra, con il corpo segnato da ferite e da tagli, uno dei quali lo aveva privato di un occhio. –"Dov’è Xenodicea? E dove sono gli Heroes mancanti? Li avete uccisi tutti?!" –Lo scosse Partenope, afferrando il corpulento guerriero per le spalle.

"A.. Tirinto!" –Mormorò a fatica Pericle dell’Abete, prima di spirare, privo ormai di forze.

Partenope lo gettò a terra, sfondandogli la cassa toracica con un pugno violento e tirandogli fuori il cuore. Rabbioso lo gettò via, facendone cibo per uno splendido esemplare dei suoi Melograni assassini. Pericle aveva fallito e Xenodicea della Ciliegia era scomparsa, lasciando tre Heroes della Quinta Legione liberi di rientrare a Tirinto ed informare Ercole. I suoi progetti dovevano essere necessariamente modificati, poiché, era ovvio, non poteva ritornare da Ercole presentandosi come unico superstite della strage di Tebe, come aveva ipotizzato in precedenza. Maledisse l’intera città, prima di scomparire in un turbinio di luce, maledicendo anche se stesso, che, tutto sommato, aveva fallito.