CAPITOLO DICIOTTESIMO: TRA DEI E CORAGGIO.

Nel frattempo, mentre Alcione e la Terza Legione erano giunti ai confini del Deserto dei Cavalieri, alla ricerca della Lama degli Spiriti, in Grecia gli Heroes di Ercole stavano fronteggiando i Kouroi e i servitori di Era su ben tre fronti, a cui presto si sarebbe aggiunto il quarto, ed ultimo. Uno di questi fronti era rappresentato dalla città di Argo, la cui fortezza sulla collina di Larissa era stata distrutta, completamente travolta dalle piogge torrenziali di Austro, Vento del Sud, uno dei quattro figli di Eos. Questi, in piedi sui resti di un edificio crollato, schiacciato dall’impeto dell’acquazzone, osservava la distruzione attorno a sé, fiero di quel temporale divino che aveva scaricato sugli uomini mortali, tenendo fede al mito, che lo vedeva portatore di piogge. Suo fratello, Borea, il Vento del Nord, era invece rimasto in cima alla collina, tra le macerie del palazzo ove Didone aveva vissuto negli ultimi secoli, in solitudine, ma con il cuore sempre dedito ad Era. E forse anche ad Enea.

"Quello stupido di Austro si comporta sempre come un ragazzino!" –Esclamò l’altero Dio, avanzando nel fango e nelle acque stagnanti che scorrevano attorno a sé, cercando il suo avversario. –"Non ha la maturità degna di un Dio, il superbo atteggiarsi al di sopra delle umane genti! Non possiede la freddezza necessaria per portare a compimento una battaglia!"

"E tu invece, Borea, la possiedi?" –Domandò una decisa voce maschile.

Di fronte al Dio, ricoperto dalla sua Armatura, si ergeva Agamennone del Leone di Nemea, secondo ufficiale della Quarta Legione e capitano provvisorio di quella spedizione ad Argo, che aveva preso una piega inaspettata. –"La nostra missione era soltanto quella di abbattere il Kouros! L’intervento di così potenti Divinità non era stato calcolato!" –Rifletté Agamennone, realizzando che comunque non aveva alternativa alcuna. Combattere, e quindi morire, o morire ugualmente. La furia di Borea non avrebbe risparmiato nessuno.

"Io non sono un monello come Austro!" –Precisò Borea, sogghignando ed espandendo il proprio cosmo. –"Lui è uno sciocco distruttore, io sono un preciso calcolatore, una perfetta macchina da guerra! Freddo e spietato al punto giusto!" –Commentò, mentre una luce azzurra riempiva l’intero spazio attorno ai due contendenti. L’acqua stagnante si congelò all’istante, fondendosi con il fango e i resti dell’edificio crollato, fino a creare un’unica indistinta massa di gelo, all’interno della quale anche Agamennone venne imprigionato per buona parte delle sue gambe.

"Ehi! Che succede?" –Esclamò l’Hero, cercando di muoversi, senza riuscire a spostare le gambe, prigioniero di quella massa di sporca acqua congelata, dove finora aveva sguazzato, seppur difficilmente.

"Come ti ho detto, io so calcolare ogni possibilità in una guerra! E non c’è vittoria più facile che quella contro un avversario che non può muoversi!" –Sogghignò Borea, aumentando il proprio potere di glaciazione e concentrandolo sul corpo di Agamennone. –"Presto sarai completamente ricoperto dal ghiaccio! E non da un ghiaccio qualunque, ma dal gelo che ho generato io, il Vento del Nord, con il mio freddo cosmo! Lo stesso gelo di cui gli uomini hanno timore, perché annienta le loro coltivazioni, rende inabitabili le abitazioni e talvolta uccide!" –Sibilò Borea, mentre Agamennone, per quanto si dibattesse, venne ricoperto progressivamente da uno strato di gelo che si faceva sempre più consistente, sempre più robusto, fino a diventare una rozza statua di ghiaccio, priva di qualsiasi colore. –"Eccoti! Guarda, Austro! Guarda come si porta a compimento una battaglia! Senza tutto il chiasso che tu vai producendo!" –Commentò, all’udire le grida disperate del popolino che sui versanti di Larissa cercava di fuggire alle torrenziali piogge del Vento del Sud.

Borea diede le spalle alla statua di Agamennone, dopo averla sfiorata con un braccio e aver constatato la sua solidità, per incamminarsi verso il luogo della battaglia. Avrebbe posto termine ai giochi di Austro, congelando anche i rimanenti Heroes e incitando il fratello a volare via, verso Tirinto, dove Eolo e i loro fratelli già assediavano la fortezza di Ercole. Spalancò le ali arcobaleno della sua corazza, ma prima di spiccare in volo fu distratto da un leggero rumore. Un tintinnio quasi.

"Cos’è stato?" –Si disse il Dio, abbracciando con lo sguardo l’intera sommità di Larissa, senza trovare nessun essere animato. Fece per voltarsi ma lo udì di nuovo, questa volta più chiaramente. E comprese da dove proveniva. Dalla statua di ghiaccio di Agamennone. Avvicinandosi ad essa, con sguardo stupefatto, Borea realizzò che la statua stava vibrando, sempre più incessantemente, e i cristalli di ghiaccio che la componevano stavano schiantandosi uno a uno. –"Non può essere!! Sei ancora vivo?!" –Domandò Borea, sgranando gli occhi a tale visione. Agamennone stava cercando di distruggere il rozzo sarcofago di ghiaccio dall’interno. –"Rinuncia, sciocco! Non riuscirai mai in tale impresa! Non riuscirai a distruggere un manufatto divino!" –Gridò, ma la sua voce venne sovrastata dalla violenta esplosione del cosmo del Leone di Nemea, che scaraventò Borea indietro di qualche metro, fino a farlo schiantare contro un muro, abbattendolo, mentre Agamennone, circondato da folgori incandescenti, emergeva a fatica dal bozzolo di ghiaccio.

"Non sei un così valido stratega, Borea!" –Commentò l’Hero, muovendo a fatica una gamba avanti, per uscire dalla conca dove era stato bloccato. –"Dovresti sincerarti dell’effettiva morte del tuo avversario prima di abbandonare il campo di battaglia! Non vorrai che si dica che sei un codardo!"

"Stupido presuntuoso!" –Gridò Borea, balzando in aria con le ali aperte della sua corazza. –"Non so come tu abbia fatto, né quale artificio tu abbia messo in opera, ma ti assicuro che hai soltanto ritardato l’inevitabile!" –E aumentò il suo cosmo, creando una violenta tempesta di aria fredda, che soffiava impetuosa da Nord, travolgendo l’intera sommità di Larissa. Agamennone chinò gli occhi, cercando di proteggersi con la mano sinistra, mentre cristalli di ghiaccio aderivano progressivamente alla sua pelle e alla sua corazza. –"Vento del Nord!!! Spazzalo via!!!" –Gridò Borea, alimentando l’impetuoso uragano, che travolse Agamennone, sollevandolo a gran forza e facendolo turbinare in un mulinello di energia congelante, prima che si schiantasse al suolo, sul terreno ghiacciato.

Borea planò, ergendosi a poca distanza dallo sconfitto Hero del Leone, soddisfatto del proprio successo. Se anche aveva commesso un errore, in precedenza, questo secondo attacco aveva spento ogni velleità offensiva nel proprio avversario, lasciandolo unico ed incontrastato signore della battaglia. Sorrise, prima che un rantolo attirasse la sua attenzione. La mano di Agamennone, tremante, apparve sulla cima della conca in cui si era schiantato, precedendo il corpo del giovane Hero, che a fatica cercava di rimettersi in piedi. L’armatura del Leone di Nemea era in parte danneggiata e sul suo volto regnavano i segni della stanchezza, ma Agamennone era deciso a non lasciarsi abbattere e a cercare di reagire.

"Ancora non dormi? Ancora non accetti il silenzio immortale del mio mondo di ghiaccio? Avresti potuto soffrire meno, ragazzo!" –Esclamò Borea, che stava iniziando ad agitarsi di fronte a tanta ostinata caparbietà. –"Amo combattere! Ma soprattutto amo le battaglie che si concludono in fretta, con la mia vittoria, non gli scontri che Austro mette in scena ogni volta, devastando tutto sul proprio cammino e amando giocare al famelico gatto che prova gioia nel torturare i topolini!"

"Invece dovrai cambiare la tua strategia, Vento del Nord!" –Commentò Agamennone, tossendo. –"Perché non avrai vittoria facile con me! Te lo assicurooo!" –Ma non riuscì a terminare la frase che Borea saltò avanti, afferrando il ragazzo per il collo e trascinandolo indietro, fino a farlo schiantare contro una colonna e a fargli sbattere duramente schiena e testa.

"Bastaaa!!!" –Gridò Borea, lasciando la presa sul guerriero, che si accasciò a terra, sputando sangue, con numerose crepe sull’Armatura. Borea lo osservò un momento, preso dall’istinto di sfondargli la schiena con un pugno secco e mortale. Ma si trattenne, poiché non era quello il genere di battaglia che adorava. E perché, in fondo, quel mortale che aveva l’ardire di resistergli e di tenergli testa, anche solo a parole, lo affascinava. –"Sai qual è la cosa che maggiormente mi sorprende? Più della tua stessa resistenza? La resistenza della tua Armatura!" –Esclamò Borea, camminando attorno ad Agamennone, fino a portarsi di fronte a lui, ancora accasciato a terra. –"Non deve essere un’Armatura come tutte le altre, non è vero? Hai subito due miei attacchi potentissimi, carichi di un’energia congelante capace di paralizzare un’Armatura d’Oro! E ancora la tua corazza non cede, per quanto disseminata di crepe e incrinature! Perché? Dimmi! Come può una creazione umana resistere al potere di un Dio?!"

"Non solo mani umane hanno forgiato questa Armatura, Vento del Nord!" –Spiegò Agamennone, cercando di rimettersi in piedi. –"Tutte le nostre Armature degli Eroi sono state forgiate da Ercole in persona, nelle grandi fucine di Tirinto, aiutato da Druso di Anteus, fabbro ufficiale del suo esercito, utilizzando una lega di orialcon, polvere di stelle, xantos e un quarto materiale che nessun’altra corazza terrestre possiede! Poiché questo minerale è un frammento della Glory di Ercole!"

"La Glory di Ercole?! La mitica Veste Divina del figlio di Zeus?!" –Esclamò Borea, facendo un passo indietro, tanta era l’autorità che lui stesso sembrava ritrovare in quelle parole, in quell’immagine. Ercole ricoperto dalla sua Veste Divina, la Glory, con in mano la Clava avvolta in una luccicante polvere di stelle.

"Egli ha ceduto un frammento della sua Glory a tutti noi, i suoi novanta Heroes, mescolandolo all’orialcon, alla polvere di stelle e allo xantos! Tale lega è stata poi lavorata con il materiale principale delle nostre corazze, che fosse il bronzo, l’argento o l’oro, in relazione al grado raggiunto!" –Spiegò Agamennone, ormai solidamente in piedi. –"Ogni Legione di Heroes è suddivisa in tre gradi, molto simili a quelli in cui sono divisi i Cavalieri di Athena: Oro, Argento e Bronzo, seppure le nostre corazze possiedano una resistenza maggiore, dovuta alla presenza del frammento di Glory, che le rende proiettate verso l’essere Armature Divine!"

"Capisco bene!" –Commentò Borea. –"Per questo la tua Armatura, verosimilmente resistente quanto una d’oro, ha resistito ai miei attacchi! Per questo non si è schiantata, distruggendosi come ogni altro elemento attorno a noi, durante la tempesta di ghiaccio che ti ha ricoperto e travolto!"

"Per questo…" –Sorrise Agamennone, iniziando a bruciare il suo cosmo. –"E per un altro motivo! Poiché io, unico tra i novanta Heroes di Ercole, ho ricevuto un dono dal Dio! Un manufatto divino che mi ha permesso di abbattere persino uno dei Kouroi!"

"Cosa?!? Impossibile?! I Kouroi sono animati dal Divino Cosmo di Era! Sconfiggerli significherebbe…" –Borea indietreggiò di un passo, atterrito dal cosmo incandescente che sorgeva da Agamennone. –"Sconfiggerli significherebbe possedere un potere tale da ferire persino un Dio!!!"

"E tale potere alberga nel mio braccio, Borea, e adesso te lo dimostrerò!!!" –Gridò Agamennone, mentre folgori incandescenti, dorate e azzurre, circondavano il braccio destro dell’Hero di Ercole, mentre si lanciava avanti con forza. –"Artiglio del Leone di Nemea!!!" –Gridò, mentre una cometa di infuocata energia cosmica, avvolta in scintillanti fulmini, sfrecciava nell’aria, diretta verso Borea, il quale, troppo tardi se ne avvide e non riuscì a volare via, per evitarla. Poté soltanto muovere le braccia davanti a sé, con i palmi rivolti verso l’esterno, e creare un muro di ghiaccio su cui lasciar infrangere l’attacco di Agamennone.

"Non basterà!" –Tuonò Agamennone, rinnovando l’assalto. Le folgori incandescenti stridettero sulla barriera protettiva di Borea, schiantandola dopo poco, mentre il Dio veniva scaraventato indietro dal contraccolpo. Quando si rimise in piedi, trovò Agamennone che avanzava verso di lui, mentre il braccio destro era illuminato da una vivida luce, carica di riflessi divini.

"L’Artiglio del Leone di Nemea!!! La mitica bestia uccisa da Ercole! Si diceva che la sua pelle fosse invulnerabile e che soltanto usando un suo stesso artiglio Ercole sia riuscito a tagliarla!" –Commentò stranito Borea, mentre Agamennone avanzava ancora, incurante delle proprie ferite.

"E tale pelle ricopre adesso la mia corazza, rendendola più resistente di qualsiasi altra Armatura degli Eroi!" –Sentenziò Agamennone, portando nuovamente il braccio destro avanti e liberando un nuovo assalto. Borea quella volta fu lesto a saltare in alto, sollevandosi in cielo grazie alle ali della sua Armatura, mentre l’attacco di Agamennone distruggeva resti dell’edificio crollato, frantumando terra e roccia.

"Quale potenza!" –Commentò Borea, atterrando dall’altro lato della sommità. –"In lui rivive il mito del Leone di Nemea! Lo stesso ardore, la stessa invincibile forza!" –Quindi espanse nuovamente il proprio cosmo, creando un’impetuosa tempesta di gelo, che diresse contro l’Hero di Ercole. –"Vento del Nord!!! Spazzalo via!!!"

"Questa volta.. non sarà sufficiente!" –Gridò Agamennone, bruciando il proprio cosmo. Fulmini azzurri e dorati lacerarono l’aria, schizzando attraverso il freddo vento del nord, ma soltanto pochi di essi riuscirono a passarvi attraverso. –"Il potere di Borea è grande! Riesce persino a congelare i miei attacchi energetici! Dovrò mettere tutto me stesso in questa battaglia! Bruciare il mio cosmo più di quanto abbia mai fatto prima!" –Rifletté Agamennone, portando il cosmo ai limiti estremi e caricando nuovamente, nel mezzo del turbine di energia glaciale, l’Artiglio del Leone di Nemea.

Borea, con gli occhi aperti, vide l’Hero di Ercole portare nuovamente avanti il braccio destro, ma la maggior parte dei suoi fulmini azzurri e dorati venne congelata, sconfitta dal freddo potere del Vento del Nord. Alcuni però, contrariamente alle sue aspettative, superarono lo scoglio e schizzarono verso di lui, con le loro zanne affilate, pronti per ghermirlo, proprio mentre Agamennone veniva sollevato dall’impetuosa tempesta e scaraventato lontano, con l’Armatura superficialmente ricoperta di ghiaccio. Borea mosse le mani avanti a sé, per ricreare il muro di ghiaccio, ma venne anticipato e i fulmini lo raggiunsero all’altezza della spalla destra, stridendo contro la sua Veste Divina e raggiungendo la carne in profondità, facendolo urlare di dolore.

"Maledizione!" –Commentò Borea, poggiando un ginocchio a terra e tastandosi la spalla dolorante. –"La corazza è intatta ma sento la pelle come se esplodesse! Tutto il mio corpo è percorso da fitte allucinanti, che mi stordiscono e mi fanno tremare! Come è riuscito a superare la mia barriera?"

"La fretta ti ha tradito, figlio di Eos!" –Esclamò Agamennone, rialzandosi. Aveva numerosi lividi sul corpo e una guancia gonfia, per le percosse subite fino a quel momento, ma nel suo sguardo brillava una vivida luce di vittoria. –"Avresti potuto saltare via, ed evitare i miei fulmini azzurri, ma hai voluto esagerare, ricreando la barriera di ghiaccio, mentre eri ancora intento a lanciare il Vento del Nord! Nessuno può controllare due colpi energetici contemporaneamente, soprattutto uno di attacco e uno di difesa! L’eccessiva fiducia nelle tue capacità ti ha tradito!"

È vero! Ringhiò Borea, rimettendosi in piedi, per quanto la spalla sembrasse esplodergli dal dolore. Ma non è stata volontà di trionfo, la mia! No! Quando ho visto i fulmini scagliarsi contro di me, come zanne acuminate di una bestia del Mondo Antico, ho provato un brivido per la prima volta! Una paura sopita che mai avevo sperimentato prima! È stato come se le mie gambe si fossero bloccate, incapaci di balzare in alto ed evitare l’assalto, e non ho potuto far altro che muovere le braccia, sperando disperatamente di poter contenere quell’attacco! Se Agamennone non fosse stato travolto dal Vento del Nord, se fosse stato libero di agire, i fulmini azzurri e dorati del suo cosmo mi avrebbero trafitto il cuore! Rifletté Borea, con una crescente agitazione nell’animo.

"È tempo di mettere fine a questa battaglia! I miei compagni mi aspettano! Tirinto è sotto assedio! Riesco a udire da qui le grida dei miei fratelli che lottano disperatamente per proteggere la nostra città, e tutto quello che per gli uomini rappresenta! Un paradiso sulla Terra!" –Esclamò Agamennone, avanzando verso Borea, un po’ barcollando. –"Cedi il passo, figlio di Eos, o il Vento del Nord più non soffierà!"

"Adesso sei tu ad avere eccessiva fiducia nelle tue capacità! Il fatto di avermi colpito una volta non significa che tu possa farlo di nuovo, né che io non riuscirò a renderti inerme!" –Esclamò Borea, ritrovando il sorriso superbo sulle labbra. Sollevò il braccio destro, evocando una fredda corrente di ghiaccio, con cui congelò ogni cosa nello spazio attorno ai due contendenti. –"Se davvero la resistenza della tua corazza è superiore a quella di un’Armatura d’Oro, io saprò comunque congelarla! Scenderò oltre i limiti cui finora sono giunto, per dimostrarti che niente che esiste al mondo può sfuggire alla Volontà Divina! Che il Dio tutto ha creato e il Dio tutto distrugge!"

A quelle parole, Agamennone sentì un brivido e realizzò che lo strato di ghiaccio che Borea aveva creato stava diventando sempre più consistente, avanzando ad una velocità maggiore rispetto a quella dei suoi attacchi precedenti. Il cosmo freddo di Borea esplose nel giro di un istante, diventando un vento così impetuoso e così glaciale al punto da congelare ogni cosa fosse loro attorno, trasformando la sommità di Larissa in una terra priva di vita. I due rivali si scambiarono un’ultima occhiata, prima di lanciarsi l’uno contro l’altro.

"Artiglio del Leone di Nemea! Raggiungi il cuore del figlio di Eos!" –Esclamò Agamennone, il cui cosmo era dominato da fulmini azzurri e dorati.

"Che il possente Vento del Nord si abbatta su quest’Hero, trasformandolo in una statua di ghiaccio eterno!" –Gridò Borea, aumentando l’intensità della tempesta di gelo.

Lo scontro tra i due poteri generò una violenta esplosione, al punto da spaccare in due la sommità della collina e scaraventare entrambi indietro, tra le folgori dilanianti e il freddo gelo che penetravano dentro di loro. Quando tutto si calmò, il paesaggio apparve completamente bianco, quasi fosse una distesa siberiana, avvolta da un perenne turbinare di vento freddo. Le cronache raccontano che per decenni la vita non tornò a Larissa, poiché il freddo pungente e i fulmini infuocati avevano distrutto completamente il terreno, rendendolo sterile. Borea era disteso a terra, il corpo interamente percorso da fulmini azzurri e dorati, che stridevano sulla sua Veste Divina, lacerando la sua carne fino in profondità. Rantolò sul terreno ghiacciato per qualche metro, cercando un appiglio per rimettersi in piedi, ma non vi era più niente, poiché tutto era stato distrutto. Si voltò quindi, verso il cielo grigio sovrastante Argo e non vide niente, sentì soltanto un tremendo dolore. Le zanne incandescenti del Leone di Nemea avevano sfondato la sua corazza, raggiungendolo al cuore, dilaniando le sue membra con le proprie folgori energetiche. Mormorò qualcosa, parole indistinte che il Vento del Nord portò via, prima di chiudere gli occhi, con il sorriso sulle labbra, soddisfatto per essere stato sconfitto da un uomo che, seppur mortale, e come tale disprezzabile, aveva meritato tutta la sua stima.

Una lenta neve iniziò a cadere sull’intero colle di Larissa, fino ai pendii meridionali, dove Austro, impegnato duramente in battaglia, comprese che il fratello era morto. E lo rimproverò per essersi fatto sconfiggere da così deboli umani. La neve raggiunse anche il volto di Agamennone, accasciato a terra, in un avvallamento del terreno, con l’Armatura ghiacciata in più punti e numerosi lividi sul corpo. Fece per muoversi ma non appena tentò di alzarsi, la corazza del Leone di Nemea andò in frantumi, lasciandolo nudo, al freddo Vento del Nord. Borea, si disse, aveva pareggiato i conti.

"Che stupido, mio fratello!" –Esclamò Austro, Vento del Sud, aprendo una mano e lasciando che un fiocco di neve vi si posasse. –"Farsi sconfiggere da esseri così inferiori! Tutta la sua boria non è servita a niente, a quanto vedo!" – E volse lo sguardo a terra, dove un gruppo di quattro Heroes di Ercole cercava affannosamente di opporsi allo strapotere del figlio di Eos.

Costoro erano Niobe, Sacerdotessa del Falco, e i due giovani che Agamennone le aveva affidato, Argo del Cane e Gleno di Regula, feriti in varie parte del corpo dagli attacchi dei Kouroi e dei Quattro Venti. L’unico che ancora osava ergersi di fronte al Vento del Sud, nel tentativo di proteggere i propri compagni, era Neleo del Dorado, i cui poteri attingevano alle profondità oceaniche e ben potevano permettersi di contrastare le torrenziali piogge di Austro.

"Ancora mi guardi, Eroe?!" –Lo derise Austro con disprezzo, prima di balzare a terra e calpestare con rabbia la conchiglia dorata che era riuscito a strappare a Neleo poco prima. –"Senza di essa, che poteri hai? Quale controllo riuscirai ad avere sulle mie acque?! Nessuno! E la furia di questo temporale si abbatterà su di te!" –Esclamò Austro, sollevando entrambe le braccia in alto mentre il cielo plumbeo sopra Larissa era squarciato da guizzanti saette e una continua e martellante pioggia cadeva senza sosta. –"Piogge torrenziali! Mondate questa terra dagli uomini!" –Gridò Austro, dirigendo un violento acquazzone contro Neleo, il quale socchiuse gli occhi per un momento, concentrando il proprio cosmo, cercando di entrare in intimità con l’acqua che lo circondava, con l’elemento su cui poteva esercitare il maggiore controllo.

Per un momento le Piogge torrenziali di Austro parvero fermarsi, esitare di fronte ad un potere così simile, così familiare, come l’energia degli abissi che Neleo stava evocando. Ma la collera di Austro e la sua foga ebbero il sopravvento e l’impetuosa tempesta di acqua scrosciante e di energia cosmica si abbatté sull’Hero del Dorado, che rimase là, in piedi senza muoversi, come il capitano di una nave in naufragio ancora ritto a prua, incurante della marea montante. Quando fu completamente investito e circondato dalle acque, l’Hero del Dorado spalancò gli occhi, liberando tutto il cosmo che portava dentro.

"Impeto delle Correnti!" –Gridò, sollevando immense colonne di acqua, che vorticarono attorno al suo corpo, roteando furiosamente, prima di dirigersi, ad un cenno dell’Hero, verso il figlio di Eos, travolgendolo con i loro poderosi flutti.

Quando la burrasca cessò, Neleo si accasciò al suolo fangoso di Larissa, respirando affannosamente per lo sforzo sostenuto. Aveva lividi su tutto il corpo, per le scosse ricevute dalle folgori di Austro, e aveva dato fondo a tutto il suo cosmo per riuscire a prendere il controllo dell’enorme massa di acqua che il Dio gli aveva rivolto contro.

"Se non l’ho sconfitto adesso…" –Mormorò Neleo, prima che i suoi pensieri fossero interrotti da un’acuta voce, quasi uno strillo, che risuonò sul basso versante di Larissa. Austro, Vento del Sud, si era appena rimesso in piedi e, a parte qualche ammaccatura sulla Veste Divina e chiazze di fango, sembrava non aver subito nessun danno apparente.

"Sei riuscito nell’impossibile, guerriero di Ercole!" –Esclamò Austro, avanzando verso Neleo, con ponderatezza, un passo dopo l’altro. –"Hai colpito un Dio e lo hai sbattuto con la faccia nel fango!" –Aggiunse, fissando l’Hero, in ginocchio di fronte a lui, con uno sguardo deciso. Prima di scoppiare a ridere freneticamente. –"Ah ah ah! Non mi divertivo così dai tempi del mito, lo ammetto! E per ringraziarti di avermi fatto sorridere, ti concederò di scendere per sempre nei silenti abissi che tanto ami! Ti ci condurrò io stesso, sopra i fluenti cavalloni delle mie acque!" –Esclamò Austro, mentre una violenta tempesta di pioggia ed energia ricominciò a soffiare attorno a loro. –"Fai buon viaggio, Eroe!" –Ironizzò il Dio, prima di scaricare l’immenso potenziale del suo cosmo su Neleo.

Ma inaspettatamente il corpo stanco di Neleo fu circondato da una barriera di energia cosmica, dal vivo colore argenteo, la cui esistenza sorprese persino lo stesso Hero di Ercole. Austro brontolò tra sé, prima di vedere i tre guerrieri sopravvissuti, Argo del Cane, Gleno di Regula e Niobe del Falco, rimettersi in piedi e lanciarsi verso di lui.

"Neleo ci ha protetto fino ad ora! Adesso sta a noi proteggere lui!" –Gridò il coraggioso Gleno di Regula. –"Insieme, amici!" –E scattò avanti, concentrando il cosmo in una sfera di infuocata energia, seguito da Argo e da Niobe.

Ma Austro non si lasciò affatto intimorire, deviando l’impetuoso attacco di energia acquatica e travolgendo con esso i tre Eroi, che si ritrovarono scaraventati lontano, fino a sbattere contro i ruderi degli edifici di Larissa, tra i frammenti insanguinati delle loro Armature.

"Vi ho concesso di vivere fino ad adesso! Non fatemi pentire di un mio stesso gesto!" –Esclamò Austro, prima di posare nuovamente lo sguardo su Neleo del Dorado, il quale, approfittando di quei momenti di distrazione di Austro, era riuscito a rimettersi in piedi e ad espandere il proprio cosmo, dal colore verde-azzurro, come il mare. –"Addio, Guerriero del Dorado! Possa il tuo spirito trovare la via per l’oceano che tanto ami! Folgori di Austro, strappategli il cuore!" – Gridò il Dio, caricando il braccio di folgori incandescenti.

Neleo tentò di difendersi con un vortice di energia acquatica, ma riuscì soltanto a limitare l’impatto del colpo di Austro, la cui potenza offensiva era così grande da trapassare ogni difesa e distruggere la sua Armatura, facendo a pezzi anche la sua carne. L’Hero del Dorado, che aveva lottato contro il traditore Tindaro del Cigno Nero, che aveva protetto i suoi compagni dall’impazzita furia di Austro, che aveva fronteggiato fino all’ultimo il suo avversario divino, era infine crollato, vinto da un potere infinitamente superiore alle proprie possibilità. Austro osservò la carcassa di Neleo senza provar alcuna compassione per lui. Non era certo la sua prima vittima, ma l’ultima di una lunga serie di stragi feroci a cui spesso il Dio, il più instabile psicologicamente dei quattro fratelli, si abbandonava.

Austro adorava volare, solcando il cielo spalancando le ali della sua Veste Divina, ma era ben consapevole che tale capacità gli era concessa soltanto in virtù della corazza che aveva indosso. Senza di essa, il Dio, come pure Eolo e i suoi fratelli, avrebbero soltanto potuto levitare, volteggiare un poco nell’aria, senza eccedere, poiché lo sforzo sarebbe risultato eccessivo e sfiancante. Per questo odiava gli uccelli e tutte le forme di vita che, seppure inferiori, seppure effimere e mortali, avevano ricevuto tale dono dal Dio creatore. E spesso, nelle sue cavalcate attraverso le nuvole, gridava disperandosi per non poter essere come loro, e mentre si lamentava scaricava fulmini e tempeste sul mare e sulla terra sottostante, liberando scroscianti piogge torrenziali che rendevano ardua la navigazione e travolgevano uomini ed edifici.

Un gemito distrasse la sua attenzione. Si incamminò verso un mucchio di macerie dove, tra l’acqua stagnante e il fango, scorse il corpo stanco di un Hero di Ercole, lo stesso che aveva osato sfidare Borea nella sala del palazzo di Didone: Gleno di Regula. Non troppo stupito da tale ostinato attaccamento alla vita, Austro lo afferrò per un braccio e lo sollevò, sbatacchiandolo a terra come un cencio. Il ragazzo era pallido in volto, con i capelli sporchi e strappati e l’Armatura, già di per sé poco coprente, gravemente danneggiata. Alla mano destra mancavano un paio di dita, che Borea gli aveva mozzato tirandolo fuori con forza dalla gabbia energetica di Didone. Austro sogghignò, mentre il suo braccio destro veniva circondato di incandescenti folgori.

"Borea si è divertito a lungo con te, ragazzino! Sei stato il suo passatempo più di quanto tu lo sia stato per me! E non è bello che un morto abbia goduto più di chi ancora è vivo!" –Esclamò Austro, con occhi deliranti, mentre la sua mano destra sfiorava il pettorale dell’Armatura di Regula. Immediatamente una scarica di energia percorse l’intero corpo del ragazzo, strappandogli un urlo tale da squarciare l’aria stagnante di quel giorno, mentre la corazza dell’Eroe cedeva, schiantandosi in più punti. Austro continuò il suo gioco per qualche minuto, osservando il ragazzo contorcersi dal dolore, mentre le folgori penetravano dentro di lui, dilaniando le sue vene e i suoi organi dall’interno. Infine lo afferrò con il braccio sinistro, pronto per lanciarlo in aria e distruggere quell’inutile carcassa umana con un ultimo colpo, ma quando fece per muoversi fu distratto da una voce squillante.

"Frecce del Mare!" –Esclamò un ragazzo, mentre una miriade di frecce azzurre, simili a dardi composti d’acqua, sfrecciò nel cielo plumbeo, trafiggendo Austro in varie parti del suo corpo. Immediatamente il Dio gettò a terra il corpo inerme di Gleno, voltandosi esterrefatto. Il suo corpo, nei punti in cui non era protetto dall’Armatura, che erano effettivamente pochi, era stato trapassando da sottili raggi di energia, simili ad aghi, e al suo interno, dove era stato ferito, stava avvenendo un mutamento. Per un momento parve ad Austro che tutto il suo sangue stesse gorgogliando, che si stesse muovendo, quasi all’impazzata, obbligando il Dio a portarsi le mani alla testa e a gettarsi avanti, in preda ad un improvviso attacco di pazzia.

Un attimo dopo, un ragazzo balzò sopra di lui, avvinghiandosi alla sua schiena e sollevando una lama, che rischiarò l’aria per un momento, prima di conficcarsi nel corpo del Vento del Sud. Austro gridò, mentre l’affilata lama penetrava nella sua schiena fino a spuntare dal basso ventre, prosciugando ogni goccia del suo prezioso cosmo, ogni stilla della sua linfa vitale. Delirante, e incredulo, per essere stato privato del suo bene più prezioso, Austro si accasciò a terra prima di implodere e scaraventare indietro colui che lo aveva colpito.

Nesso del Pesce Soldato, Hero di Ercole della Legione del Mare, balzò agilmente sui resti di un edificio crollato, contemplando l’operato della Lama degli Spiriti. Annuì con il capo, senza troppa felicità, mentre il corpo delirante di Austro esplodeva e il cielo sopra Larissa parve sgombrarsi finalmente di nuvole.