CAPITOLO VENTITREESIMO: RITROVARSI

Nesso del Pesce Soldato stava correndo verso Tirinto, con la Lama degli Spiriti che pendeva alla cintura della sua corazza, seguito da Argo del Cane, un giovane della Quarta Legione, che portava sulle spalle il corpo debole e ferito di Gleno di Regula, il suo più caro amico, massacrato da Austro, Vento del Sud, a Larissa. Nesso procedeva spedito, sfrecciando ad una velocità superiore a quella del suo parigrado, e Argo faticava a tenere il passo. Quando tentò di dirgli di proseguire senza di lui, portando la sacra arma ad Ercole, Nesso gli fece cenno di zittirsi. Aveva già dovuto abbandonare il Comandante Alcione e i compagni della sua Legione, reprimendo le lacrime al pensiero di quell’arrivederci, e non aveva alcuna intenzione di lasciare anche lui da solo.

La loro conversazione fu interrotta da un fischio, che fendette l’aria del pomeriggio greco. Un suono pallido e stridente, trasportato dal vento, che smuoveva i fili di erba dei campi ove Nesso e Argo stavano correndo. Ai due Heroes parve di udire il suono provocato da un bambino che suonava per la prima volta la cetra.

"Da questa parte!" –Esclamò Nesso, tendendo i sensi ed ascoltando il vento, da cui riuscì a comprendere da dove provenisse il suono: da una radura poco distante. Incitò Argo a proseguire, facendo attenzione, poiché, considerando i tradimenti che già si erano consumati nella giornata, avrebbero potuto cadere dentro una trappola. E non potevano assolutamente permettersi di sbagliare. –"Non adesso! A un passo dalla meta!" –Avrebbero probabilmente voluto ignorare quel suono, ma era dovere di ogni uomo, prima ancora che di ogni Cavaliere, verificare che non vi fosse qualcuno bisognoso di aiuto. E quel suono sembrava proprio una richiesta disperata.

Quando giunsero nella radura, Nesso e Argo sgranarono gli occhi di fronte alla devastazione che si apriva attorno a loro. Al di là della prima cerchia di alberi, che aveva a loro nascosto lo strazio retrostante, il bosco sembrava essere stato annientato completamente. Alberi abbattuti, fosse profonde nel terreno, emblemi di una lotta continua marchiavano a fuoco il terreno, segno evidente di una battaglia che si era consumata da non molto tempo, e del passaggio dei Giganti di Pietra di Era. Con circospezione, Nesso e Argo ispezionarono il terreno, facendo attenzione a non cadere nelle fosse che periodicamente si aprivano sul suolo, finché non trovarono una distesa di corpi sparsi, massacrati con brutalità e ferocia.

"Ma questo…" –Commentò Nesso, voltando un cadavere e riconoscendo il volto pieno di ferite di Mentore della Stella Marina, uno degli Heroes della Sesta Legione. –"Mentore! Amico mio! Correvamo spesso sulle spiagge attorno a Nauplia, tuffandoci ad osservare i fondali costellati di conchiglie e di animaletti marini!" –Ricordò l’Hero del Pesce Soldato, mentre un filo di lacrime gli rigava il volto.

Poco più avanti, Argo rinvenne i corpi di Lisitea del Pesce Vampiro e di Tespio dello Scudo, con il braccio sinistro distrutto e lo scudo annientato. Per ultimo trovò un quarto corpo, ma inizialmente non riuscì a ricordare chi fosse, poiché all’uomo era stata strappata la testa, e l’armatura che indossava era stata praticamente distrutta.

Perseo della Testa di Medusa!" –Esclamò Nesso, avvicinandosi. –"Riconosco il bracciale sinistro con il volto di donna!"

"Dunque questo è quel che rimane della Sesta Legione!" –Commentò Argo, continuando a guardarsi intorno, con circospezione ed interesse.

Un nuovo suono attirò l’attenzione dei due ragazzi, che attraversarono una fila di alberi abbattuti, per imbattersi nel corpo stanco di un uomo che a stento era riuscito ad appoggiarsi ad un tronco. Era Lino di Orfeo, il musico di Ercole, che ancora stringeva in mano quel che rimaneva della sua cetra: due pezzi di metallo uniti da un’unica corda. E aggrappandosi a quell’ultimo filo di speranza, Lino aveva continuato a suonare.

"Le mie preghiere sono state esaudite! Nesso del Pesce Soldato! Argo del Cane! Riconosco le vostre voci!" –Esclamò Lino, mentre i due ragazzi si inginocchiavano su di lui, per sincerarsi delle sue condizioni. Decisamente terribili.

"Lino ma tu… non vedi?!" –Disse Argo, con un groppo al cuore, notando che il cantore aveva due profonde ferite sugli occhi, da cui sangue era uscito per molte ore, fino a raggrumarsi tutto intorno, conferendo un aspetto infernale a colui che un tempo era stato un avvenente musico.

"Purtroppo no, amici miei!" –Tossì Lino, parlando a fatica. –"Ificle! È stato Ificle della Clava! Si è ribellato all’autorità di Chirone del Centauro e assieme a Dinaste, Lamia e Efestione ha massacrato gli Heroes suoi compagni!"

"Ificle!!! Dunque altro sangue di eroi è stato versato!" –Rifletté amaramente Nesso, prima che Lino, con un alito di voce, li pregasse di salvare il loro Comandante.

"Chirone è ancora vivo! Dovete salvarlo! La sua anima.. il suo spirito.. prigioniero.." –Mormorò Lino, prima di crollare esanime a terra, indicando un punto imprecisato della radura.

Con tristezza, Nesso ed Argo seguirono la direzione della sua mano, fino a ritrovarsi di fronte la tela di un quadro. Un magnifico quadro raffigurante un paesaggio boscoso, simile a quello che un tempo sorgeva in quel luogo, con cascate e alberi frondosi. Argo si chiese immediatamente cosa ci facesse un quadro in quel luogo, ma Nesso parve non ascoltarlo, intento ad osservare con attenzione il paesaggio riprodotto. Il suo sguardo fu attratto da un gruppo di figure presenti al centro della raffigurazione, piccole se paragonate alle dimensioni del quadro, che superava i due metri di altezza e i quattro di larghezza, e si stupì nel riflettere che pochi attimi prima gli era parso che fossero sulla destra.

"Guarda!" –Esclamò Nesso, indicando le figure al centro del dipinto. –"Si muovono!" –E Argo dovette dargli ragione, avvicinando il viso alla tela per osservare meglio. Ma bastò che il ragazzo sfiorasse soltanto leggermente la superficie della tela che essa si increspò, distorcendo lo spazio, mentre la robusta mano di un Gigante di Pietra usciva da essa, afferrando Argo in una stretta morsa e trascinandolo all’interno del quadro, tra le grida impaurite del ragazzo.

Gleno di Regula, sulle spalle di Argo, cadde a terra, borbottando qualcosa di incerto, ancora febbricitante e molto debole, mentre Nesso balzò immediatamente all’indietro, per evitare di essere afferrato. Prima che la mano del Gigante di Pietra rientrasse all’interno del dipinto, Nesso caricò l’arpione del bracciale sinistro, scagliandolo contro di essa e lasciando che la fune si arrotolasse intorno ad un dito. Vi fu un violento strattone e anche Nesso venne attirato all’interno del dipinto, ritrovandosi sospeso, grazie al cavo della sua corazza, alla mano di un Kouros, che avanzava nel bosco circostante distruggendo ogni cosa.

Delle grida improvvise attirarono la sua attenzione e Nesso, voltandosi verso il basso, vide Chirone del Centauro e altri Heroes della Sesta Legione che lo chiamavano, stando attenti a non essere schiacciati dalla corpulenta massa del Gigante di Pietra. Nesso non riusciva a comprendere dove si trovasse, cosa fosse quel mondo fittizio, così simile al proprio, in cui era precipitato, ma sentì le grida di Argo, stretto dalla violenza del pugno del Kouroi, e decise di agire.

"Non credo vi sia occasione migliore per inaugurare la Lama degli Spiriti contro questi Giganti di Pietra!" –Esclamò Nesso, afferrando la Spada e sollevandola con la mano destra. Fece rientrare il cavo nel bracciale dell’Armatura, salendo in fretta verso il pugno del Kouroi, e quando vi giunse conficcò nel suo braccio, all’altezza del polso, la Lama degli Spiriti, infondendogli tutto il potere del suo cosmo.

D’istinto il Gigante si fermò, aprendo la mano destra e lasciando che Argo precipitasse al suolo, prima di esplodere in un violento grido, che risuonò per l’intero paesaggio del dipinto. Fece per battere le mani contro il petto, facendo barcollare Nesso che era appeso con un cavo ad un dito e dovette sganciare l’arpione e lanciarsi verso il basso, dove rotolò per qualche metro sul terreno erboso. Una mano amico gli si avvicinò per aiutarlo a rialzarsi. Era Chirone del Centauro, il fiero Comandante della Sesta Legione.

"È stato un onore assistere al tuo intervento, Nesso del Pesce Soldato!" –Esclamò l’uomo con risolutezza. –"Alcione della Piovra deve essere veramente fiera di averti nella sua Legione!" –Aggiunse, aiutando il ragazzo a rimettersi in piedi, prima di essere raggiunti dagli altri Heroes sopravvissuti della Sesta Legione, che portavano il corpo stanco di Argo, recuperato in tempo prima che venisse schiacciato dal Kouros. Costoro erano Diomede della Balestra, Aureliano del Pittore e Mistagogo di Tifone.

"Comandante!" –Esclamò Diomede della Balestra. –"È successo qualcosa al Kouros! Sembra spiazzato! Sembra non riconoscersi più!"

"Qualcuno vuole spiegarmi cosa sta accadendo? Tanto per cominciare… dove siamo?" –Domandò Nesso, stranito da quella situazione confusa.

"In un dipinto di Aureliano!" –Esclamò Chirone, indicando il pittore della corte di Tirinto. –"Siamo stati ingannati da Ificle della Clava e dai suoi compagni che ci hanno rinchiuso qua dentro, privandoci della via di uscita!" –Rispose Chirone, prima di raccontare a Nesso e ad Argo il piano astuto che avevano ideato per eliminare la minaccia dei Kouroi. –"Dato che non potevamo distruggerli, abbiamo pensato di renderli inoffensivi! Così avevo chiesto ad Aureliano di dipingere un immenso paesaggio, identico a quello in cui ci trovavamo questa mattina, che avremmo usato come sfondo verso cui attirare i Kouroi! Una volta rinchiusi all’interno del dipinto, essi sarebbero stati prigionieri per sempre!"

"Ma non ci saremmo mai aspettati il tradimento di Ificle e dei suoi compari!" –Intervenne Diomede della Balestra. –"Ci hanno lasciato a marcire all’interno di questo dipinto, condannandoci ad una prigionia perpetua!"

"Se ho ben capito, siamo destinati a rimanere per sempre qua dentro?!" –Domandò Nesso. –"Non vi è modo per aprire il portale che ci riconduca in Grecia?!"

"Non dall’interno! I miei quadri sono realizzati per non essere modificabili da chi viene intrappolato dentro di essi; soltanto dall’esterno è possibile aprire la porta!" –Spiegò Aureliano. –"Ma la nostra prigionia non è destinata a durare ancora per lungo! Il Kouros ci annienterà prima o poi, poiché non possiamo distruggerlo e lo spazio di movimento del quadro va restringendosi sempre di più! Tra poco sentiremo l’aria mancarci e allora invocheremo la morte gettandoci sotto i piedi di quel colosso!"

"Ehi!" –Esclamò Nesso. –"Un po’ di contegno! Siamo pur sempre guerrieri di Ercole! Il problema del Kouros consideriamolo già risolto! Essendo stato colpito dalla Lama degli Spiriti, l’essenza divina che lo ricopriva dovrebbe essere stata assorbita! Adesso è soltanto un insieme di pietra!"

"La Lama degli Spiriti?!" –Ripeté Chirone, interessato. Quindi, dando fiducia al ragazzo, ordinò a Diomede di scagliare due potenti frecce di energia verso il collo del Gigante, per verificare la sua resistenza. Diomede caricò la sua balestra e mirò all’attaccatura tra collo e spalle, centrando in pieno il bersaglio e facendo esplodere la testa del Gigante, che andò in mille frammenti di roccia, di fronte allo sguardo esultante degli Heroes.

"Meraviglioso!" –Commentò Diomede, prima di caricare nuovamente la sua balestra, mirando questa volta al cuore del colosso, con un colpo che lo distrusse completamente, lasciando soltanto un insieme confuso di ciottoli e pietrisco e risolvendo la prima parte del problema.

"Occupiamoci del seguito, adesso!" –Esclamò Nesso, che non voleva affatto perdersi d’animo. Tirinto era vicina e non poteva credere che la sua strada potesse terminare lì, in quell’angusto spazio che andava restringendosi ogni minuto di più. Presto la tela sarebbe divenuta troppo piccola per contenerli tutti, e le energie dei loro cosmi, collidendo tra di loro, avrebbero generato una potente esplosione, disintegrando il quadro e tutti i suoi abitanti.

"Non possiamo aprire la porta! Non sappiamo neppure dove si trovi!" –Spiegò Aureliano, mentre Nesso conferiva con Argo del Cane, esponendogli la sua idea. L’unica possibilità che avevano per uscire da quel dipinto era aprire il portale dall’esterno e vi era un solo uomo, in quel momento, così vicino alla tela da poter udire le loro grida, da poter percepire la voce di un amico attraverso il cosmo.

"Gleno di Regula giace riverso al suolo, fuori da questa tela!" –Esclamò Nesso, mentre Argo si allontanava di qualche metro dal gruppo di Heroes, per concentrare i sensi ed entrare in meditazione. –"Non è cosciente, anzi, temo che le sue speranze di sopravvivenza siano inferiori alle nostre di uscire da questa gabbia!" –Ironizzò il ragazzo, prima di voltarsi verso Argo e fissarlo, senza proferire parola.

Diomede fece per brontolare, ritenendo quella soluzione sciocca e futile per poter funzionare. Ma il severo sguardo di Chirone lo zittì, ricordandogli di non avere alternative. Affidarsi al sogno di un ragazzo, in grado di richiamare la moribonda attenzione dell’amico e spingerlo ad allungare una mano avanti, lasciandola sporgere nella tela, era l’unica possibilità di salvezza offerta loro.

Argo si era seduto qualche metro avanti a loro, concentrando i sensi ed espandendo il proprio cosmo, giovane e fresco, ancora carico di sogni e belle speranze, molto diverso dai cosmi maturi di Chirone e dei suoi Heroes, uomini certamente dediti al bene, ma con una maggiore esperienza alle spalle, sia in battaglia che nella vita, che aveva ucciso parte dei loro sogni, rendendoli a tratti un po’ cinici e poco idealisti. Argo lasciò che il cosmo lo portasse via, che lo cullasse, aprendogli le porte di un mondo lontano e distante, dove aveva trascorso molto tempo da bambino, assieme all’amico Gleno, un luogo esistente soltanto nella loro mente dove i sogni diventavano realtà. Quell’isola felice dove Argo e Gleno erano cresciuti.

Aggrappandosi a quel ricordo, Argo cercò l’amico, chiamandolo a gran voce, espandendo il proprio cosmo, fino a sfiorare i limiti dell’universo, perdendosi nel tempo e nello spazio, inseguendo il ricordo di ciò che erano stati, le esperienze che avevano vissuto insieme, i sorrisi e gli sguardi che li avevano legati fin dall’infanzia. Perché tutto questo non finisca, Gleno, amico mio, ho bisogno di te! Mormorò Argo, dando fondo a tutte le risorse del suo cosmo, bruciandolo come mai aveva fatto prima. Come mai aveva avuto occasione, o motivazione, per farlo. D’un tratto, proprio quando credette di non farcela più, di non riuscire a vincere la distorsione spaziotemporale che li separava, Argo sentì una voce chiamarlo, dapprima debolmente poi con maggiore intensità, finché non udì chiaramente la voce di Gleno, che lo cercava a sua volta. L’amico, febbricitante di fronte alla tela di Aureliano, aveva sentito il cosmo di Argo chiamarlo da lontano e, quasi delirante, aveva allungato la mano avanti, mentre stava scomparendo, per afferrarlo, per trattenerlo a sé, per non lasciare che i ricordi che li avevano legati per tutta la vita scomparissero nel nulla.

"Guardate!" –Esclamò Diomede, dotato della miglior vista tra gli Heroes presenti. E tutti sollevarono lo sguardo verso un punto imprecisato sopra la testa, ove apparve, quasi strappando il cielo, un braccio teso. –"L’uscita! Eccola!"

Nesso corse avanti, lanciò un rampino verso il cielo, mirando alla fessura, seppur piccola, che si era aperta attorno al braccio di Gleno, afferrò Argo per un braccio, stringendolo a sé, e poi si lasciò sollevare dall’arpione, conficcatosi probabilmente in qualche albero della circostante radura. Chirone, Diomede, Aureliano e Mistagogo vennero sollevati da una tromba d’aria generata dall’Hero di Tifone, raggiungendo la fessura e gettandovisi dentro, ritrovandosi immediatamente nella radura, accanto a Nesso e ad Argo, chino sul sofferente corpo di Gleno.

"Grazie!" –Esclamò con fermezza Chirone del Centauro, rivolgendosi ad Argo, che quasi non riuscì a udirlo, soffocato dalle lacrime per la salute precaria dell’amico, il cui volto era sempre più pallido ed emaciato.

Nesso fece per dire qualcosa, forse che avrebbero dovuto correre a Tirinto, per consegnare ad Ercole la Lama degli Spiriti, ma si sentì incapace di parlare in quel momento. Anche Chirone e i suoi, piuttosto schivi e burberi di natura, chinarono il capo, in segno di rispetto verso i due ragazzi che li avevano salvati. Così diversi da loro, così fragili, così bambini, così ancora umani.

"Io… devo andare!" –Esclamò infine Nesso a bassa voce, obbligando Argo a sollevare lo sguardo, rivelando due occhi luccicanti di lacrime. Chirone del Centauro annuì silenziosamente ma prima che potesse ordinare ai suoi Heroes di mettersi in marcia, un potentissimo cosmo invase l’intera radura, presentandosi sotto forma di striature di energia dal colore violaceo che lambivano i piedi dei guerrieri presenti.

"A chi appartiene questo cosmo così vasto? Così ostile?!" –Borbottò Diomede della Balestra, guardandosi attorno.

"Così familiare?!" –Aggiunse Chirone, fendendo l’aria con i suoi ben affinati sensi.

Prima che potessero riconoscere il cosmo che aveva iniziato ad aggredirli, notarono un fiore di melograno fluttuare nell’aria e posizionarsi proprio ai piedi di Diomede della Balestra, che lo osservò con occhi sgranati. Chirone non fece in tempo ad avvertirlo del pericolo, riconoscendo il fiore che si era conficcato nel terreno, che il suolo vibrò e un’immensa pianta, dalle radici lunghe e sinuose, simili a verdeggianti liane, emerse dalla terra, avvinghiandosi con rabbia e violenza attorno al corpo di Diomede, che si dimenò a più non posso per liberarsi da quella stretta sempre più pressante.

"Diomede!!" –Gridò Mistagogo, avanzando verso la pianta, per estirparla con violenza. Afferrò una liana che roteava in aria, iniziando a tirare con tutta la forza che aveva in corpo, per strappar via quella pianta bastarda dal suolo, ma per quanta forza il gigantesco Hero mostrasse non riuscì a smuovere il melograno neppure di un centimetro.

"Non è certamente un potere che può esser vinto da mani indegne come le vostre!" –Esclamò una voce, mentre una figura, rivestita da un’Armatura blu notte, appariva al centro della radura, completamente avvolta nel suo cosmo incandescente. Chirone lo riconobbe all’istante, trovando conferma ai propri sospetti. Quell’uomo era Partenope del Melograno, ufficialmente uno degli Heroes più fedeli ad Ercole.

"Partenope!!!" –Esclamò Chirone, avanzando verso di lui. –"Libera immediatamente Diomede!"

"E perché dovrei farlo? Per condannarlo ad una morte violenta, come quella che potrebbe spettarvi in battaglia? Non è forse meglio abbandonarsi e lasciarsi stringere in un fatale abbraccio dal mio Melograno Assassino, dalla splendida creatura che io, Partenope, per Era ho ideato?!" –Sogghignò Partenope, con il suo tono di voce superbo e al tempo stesso un po’ pazzo.

"Melograno Assassino?! Hai dunque tradito anche tu la causa del tuo Signore?" –Domandò Nesso, furibondo.

"Per essere precisi, io non ho tradito nessuna causa, anzi, ho felicemente sposato la mia anni addietro, quando iniziai ad ordire le trame di questo complotto, per massacrare le Legioni di Ercole dall’interno!" –Esclamò Partenope, raccontando a Chirone e agli altri il piano da lui intessuto. –"Mi stavo dirigendo verso Tirinto, per assistere al crollo della Reggia, quando ho sentito i vostri cosmi apparire in questa sterile radura! E affinché la mia missione possa dirsi conclusa, e il mio sogno di dominio realizzarsi, non devono rimanervi superstiti! No! Questa non sarà una guerra tra stati sovrani, in cui al termine della stessa i prigionieri verranno restituiti e i confini stabiliti a tavolino! Questa guerra non vedrà alcun prigioniero né alcun superstite, tranne coloro che la vinceranno!" –E aumentò la stretta sul Melograno Assassino, i cui fusti nodosi stritolarono maggiormente il corpo stanco di Diomede della Balestra. Nesso fece per intervenire, ma Chirone lo fermò, incitandolo ad andarsene.

"Tu e i tuoi amici avete già fatto anche troppo per noi!" –Esclamò Chirone, dando le spalle al ragazzo. –"Vattene adesso! Hai una missione più importante di cui occuparti, poiché da essa dipendono molte vite, tra cui quella del nostro Signore!"

"Ma…" –Nesso fece per replicare ma Mistagogo di Tifone gli si parò davanti, con aria minacciosa.

"Questa è una guerra, ragazzo, e i "ma" non sono ammessi!" –Quindi gli voltò le spalle, affiancando il suo Comandante, pronti per lanciarsi contro Partenope.


Nesso strinse i pugni, inspirando profondamente, prima di dare l’ultimo saluto ad Argo e a Gleno e sfrecciare via, tra gli alberi abbattuti della radura, diretto verso Tirinto. Alla vista della Lama che pendeva dalla sua cintura, Partenope si infiammò, lanciandosi al suo inseguimento. Con il cosmo, evocò migliaia di Melograni Assassini, facendoli fluttuare nell’aria, dirigendoli verso il corpo di Nesso, per fermarne l’avanzata, ma il ragazzo fu abile a difendersi, creando delle frecce di energia acquatica, sempre continuando a correre via, che scagliò contro i melograni di Partenope, distruggendoli tutti.

"Frecce del Mare!" –Gridò Nesso, prima che l’imperiosa voce di Chirone e di Mistagogo lo sovrastasse.

"Yaaah!!!" –Gridarono i due robusti Heroes, lanciandosi avanti, con il cosmo acceso intorno ai loro corpi e fasci di energia che continuamente dirigevano contro Partenope, che fu costretto ad interrompere l’attacco e a lasciar andare Nesso.

Aureliano del Pittore si chinò su Argo, pregandolo di rimanere indietro, perché ancora troppo debole, prima di correre ad aiutare Diomede, sempre intrappolato in quel groviglio selvaggio di liane. Aureliano cercò di strappar via le radici o quanto meno di tagliarle, ma la furia del Melograno Assassino sembrava veramente incontenibile, obbligando entrambi gli Heroes ad un colossale sforzo. Diomede espanse il proprio cosmo, concentrando un mucchio di frecce di energia sul braccio destro, dirigendole nel groviglio intricato di liane che lo avvolgeva, trinciandone qualcuna e riuscendo a liberare un braccio e parte dell’anca. Ripeté l’operazione un paio di volte, fino ad essere completamente libero.

"Al cuore! Mira al cuore!" –Lo incitò Aureliano, che adesso stava fronteggiando lui stesso la marea montante di liane selvatiche, che stavano cercando di stritolargli una gamba.

Diomede concentrò tutto il cosmo in un’unica freccia energetica, mirando con attenzione al centro del fiore, dove i petali si univano gli uni agli altri, dove la vita del Melograno pulsava con violenza. Quindi la scoccò, osservandola con soddisfazione mentre si conficcava al centro della corolla, annientando la pianta carnivora pochi istanti più tardi e permettendo ad Aureliano di liberarsi.

"Un punto a nostro favore!" –Esclamò Diomede, avanzando, seppur a fatica, verso il centro della radura, dove Chirone e Mistagogo stavano affrontando Partenope del Melograno. Le ferite provocategli dalle strette della pianta gli dolevano e avevano crepato parte della sua corazza, ma Diomede strinse comunque i denti, unendo il suo cosmo a quello dei suoi compagni.

"Siamo in quattro, Partenope!" –Affermò Chirone con voce ferma, puntando il dito contro l’Hero traditore. –"E tu sei da solo! Come è giusto che tu sia, nella tua fangosa solitudine!"

"Foste anche in cento per me non fa alcuna differenza!" –Rise Partenope di gusto, espandendo il proprio cosmo, che si diffuse attorno a sé sotto forma di cerchi concentrici di energia dal colore violaceo. –"A Tebe, quest’oggi, ho massacrato sette vostri compagni, compreso l’uomo che si faceva chiamare Comandante!"

"Tereo è caduto?!" –Esclamò Chirone, sinceramente sorpreso. Non aveva mai avuto eccessiva simpatia per Tereo del Fungo, né per gli altri Heroes della Quinta Legione, considerandoli, forse con disprezzo, dei giardinieri e dei contadini, piuttosto che dei guerrieri. Ma se Ercole aveva avuto fiducia in loro, conferendo a Tereo il titolo di Comandante, allora queste potevano essere soltanto sue impressioni, rifletteva spesso l’Hero del Centauro.

"Avreste dovuto vederlo! Impotente e supplichevole! Mi ha implorato, quasi piangendo, di risparmiargli la vita, mentre la stretta morsa del mio Melograno Assassino si chiudeva sul suo collo, trinciandogli la testa seccamente!" –Esclamò Partenope, con voce soddisfatta.

"Questo è impossibile!" –Lo zittì Chirone. –"Tereo era un Hero, non un codardo! Non avrà mai supplicato la tua pietà, invocando piuttosto la morte!"

"Pare che le Moire lo abbiano accontentato!" –Sibilò Partenope, prima di sfiorare la collana di perle che portava attorno al collo. –"State attenti, che non accada anche a voi! Ih ih ih!"


"Vuoi spaventarci con i resoconti delle tue atrocità?! Non basterà a frenare la mia collera! Né il mio Tifone di Energia!!!" –Gridò Mistagogo, generando un violento mulinello di energia cosmica, che diresse contro Partenope, il quale cercò di evitarlo spostandosi lateralmente, ma poi, resosi conto che il Tifone seguiva ogni suo spostamento, decise di affrontarlo di petto, gettandovisi dentro, di fronte agli occhi stupefatti degli Heroes della Sesta Legione.

All’interno del mulinello, Partenope riuscì a non essere sollevato e presto ne prese incredibilmente il controllo, roteando attorno a sé la collana che portava al collo, fino a far calare d’intensità l’irrequieto vortice di energia, assorbendolo al suo interno.

"Incredibile!" –Commentò incredulo Mistagogo, mentre Partenope si avvicinava ai quattro guerrieri, sorridendo soddisfatto.

"Conoscete la leggenda del Melograno? Sapete perché questo fiore, così apparentemente insignificante, rispetto ad altri più nobili e profumati, come la rosa per esempio, è primo nel cuore di Era?" –Esclamò Partenope, narrando il mito che lo riguardava. –"Il melograno è una pianta originaria della Persia, ma esportata ben presto anche nel Mediterraneo! Nell'Antico Testamento viene utilizzato per indicare la femminilità, la fecondità e la prosperità! Esso è anche il segno della Benedizione divina, ricamata sulla veste per le funzioni sacre di Aronne e scolpita sui capitelli della reggia di Salomone! I cristiani la considerano una pianta proibita, perché secondo un'antica tradizione era il frutto che fu offerto dal serpente ad Eva nel Paradiso Terrestre! Ma anche per i suoi legami pagani! Nell’Antichità era infatti usuale il suo impiego in medicina, per le sue qualità disinfettanti e toniche!"

"Ma ciò che rende diabolicamente attraente questo fiore è il suo legame dualistico con la fertilità e la morte, intrinsecamente collegate! Nel mito greco infatti il melograno nasce da una morte, dal sangue di Dioniso, Dio del Vino e dell’Ebbrezza, ucciso dai Titani, dando il via ad una tradizione che si diffonde in ogni cultura! Numerosi e sorprendenti sono i significati che l’uomo ha attribuito nel tempo a questo frutto: dall’amore alla fecondità, dall’idea di rinascita a quella della concordia. Ancora una volta la scelta di un frutto o un albero come simbolo di sentimenti ed emozioni così grandi testimonia lo stretto rapporto tra l'uomo e la Natura, il bisogno di attribuire agli elementi vegetali che la Madre Terra ci dona i valori fondamentali per la vita di ogni essere umano! Alla Madre Terra, a colei che dona la vita! Alla Grande Vacca! A Era!" –Gridò Partenope, lasciando esplodere il suo cosmo con violenza. –"Annichilamento dell’Anima!!!" –E scosse la collana di perle sopra di sé, generando una devastante esplosione di energia che si diffuse a raggio attorno a sé, travolgendo in un attimo l’intera radura, sprofondandola in un universo di luce.

"Per Ercole!!! È un bagliore intensissimo!!!" –Gridarono Aureliano e Chirone, coprendosi il volto con un braccio per riparare lo sguardo da quell’accecante luce, che non riuscivano a comprendere da dove provenisse.

"Mi sento… svuotare…" –Mormorò Diomede, cercando di avanzare. Ma ad ogni passo la forza che aveva dentro sembrava scomparire un po’ di più, fino a piegarlo a terra, ginocchia sul suolo, prosciugato della sua essenza vitale. –"Devo… devo reagire!" –Si disse, sollevando il braccio destro e caricandolo di un paio di frecce energetiche, stringendo i denti per lo sforzo che solo un così semplice gesto pareva costargli. Le scagliò avanti, nel nulla luminoso che lo circondava, prima di crollare a terra sfinito.