QUARTO CAPITOLO: RESISTENZA DISPERATA.

Giasone del Cavallo era rimasto in disparte per tutta la durata del primo assalto, con le braccia incrociate al petto e i lunghi capelli color mogano che gli coprivano in parte gli occhi, ad osservare il suo comandante, Nestore dell’Orso, esperta guida della Quarta Legione di Ercole, e i suoi compagni lanciarsi contro il Gigante di Pietra che minacciava la città di Micene. Li aveva visti schiantarsi contro la nuda roccia di cui il Kouros era composto, mentre i loro colpi segreti, pur lanciati con violenza e tenacia, scivolavano via, incapaci di penetrare quella sottile ma profonda barriera di energia divina che avvolgeva il colosso, antico guardiano del Tempio di Era.

"C’è un Cosmo Divino che protegge questo Kouros!" –Mormorò Giasone del Cavallo, fermo a una decina di metri dall’alto Gigante. –"La Regina degli Dei non ha risvegliato soltanto gli ancestrali custodi dei suoi Heraion, non ha soltanto dato loro la vita, soffiando con il suo alito sulle immobili costole di questi colossi, ma ha immesso in loro una parte del suo Cosmo, rendendoli forti e resistenti, capaci di sopportare qualsiasi attacco! Se anche gli altri Kouroi dispongono di tale invisibile protezione, un’ardua lotta attende Agamennone e gli altri Heroes!" –Rifletté il taciturno guerriero, mentre il Gigante distruggeva il terreno sotto i suoi piedi, creando ampie fenditure dove precipitarono i suoi compagni, Priamo della Lucertola e Asterione della Giraffa, lasciando il loro Comandante, Nestore dell’Orso, da solo di fronte al colosso, schiacciato da cumuli di terra ed alberi che il Kouros aveva scagliato contro di lui. –"Comandante!" –Gridò Giasone, attirando deliberatamente l’attenzione del Gigante di Pietra. –"Sono con te!" –E accese il suo cosmo, di scarlatti bagliori, lanciandosi in una rapida corsa attorno all’immenso corpo del Kouros.

Nestore lo osservò, liberandosi a fatica dal mucchio di terra e pietra franata su di lui, e gli parve davvero di osservare un cavallo, un magnifico destriero dal manto infuocato, che sfrecciava veloce come il vento attorno al colosso di pietra, il quale cercava di fermare i suoi movimenti, di afferrarlo, di schiacciarlo, di colpirlo, mancandolo sempre, essendo Giasone troppo veloce per poter essere raggiunto. Dopo pochi minuti, il Gigante, infuriato per non riuscire a bloccare quel piccolo moscerino che ronzava ai suoi piedi, e disorientato, quasi stordito, dal suo continuo procedere circolarmente, iniziò a barcollare, gemendo sinistramente.

"Ora!" –Gridò Giasone, fermandosi di scatto e concentrando il cosmo sulla mano destra. Nestore fece altrettanto, e così pure Teseo del Camaleonte, ricomparso a fianco del suo Comandante, dirigendo tre rapidi assalti energetici contro il Kouros, colpendolo ripetutamente e spingendolo indietro, fino a farlo schiantare a terra, con un boato fragoroso che fece tremare l’intera collina e la vallata circostante.

Lo schianto aprì nuove fenditure nel terreno, ma Nestore e Teseo furono abili a mettersi in salvo, raggiungendo Giasone ed iniziando a salire i dolci pendii della collina di Micene. Presto vennero raggiunti da Priamo e da Asterione, riusciti a risalire dalla fossa in cui erano precipitati in precedenza, sia pure con fatica e qualche ammaccatura.

"Si rialzerà tra breve!" –Commentò Giasone, osservando l’immenso corpo del Gigante giù lungo disteso.

"E a quanto pare non siamo in grado di sconfiggerlo!" –Rifletté Nestore, con un profondo dispiacere. Ercole gli aveva affidato questa missione, confidando in lui, perché proteggesse gli abitanti di Micene e distruggesse il Gigante. Se la seconda impresa sembrava per il momento lontana anni luce, questo non doveva dirsi della prima. –"Raggiungiamo Micene! Non possiamo annientare questo Kouros, ma possiamo impedirgli di portare guerra e distruzione nella città!"

"Non dovremmo condurlo via da qui? Se raggiungiamo Micene porteremo il Gigante con noi e…" –Ribatté Giasone, ma la sua voce fu sovrastata da un terribile urlo, un lamento infinito che proveniva dalla carcassa del Gigante di Pietra, il quale, smuovendo pericolosamente il terreno, si rimise in piedi, agitandosi come una furia.

Sollevò il piede sinistro e lo sbatté nuovamente a terra, creando una profonda faglia che si diresse verso gli Heroes, obbligandoli a separarsi e a scattare in direzioni diverse. Nel farlo però, i guerrieri non prestarono attenzione al Kouros, che si piegò su di loro, colpendoli con le proprie robuste mani. Priamo ed Asterione vennero afferrati e stretti in un’opprimente mossa, schiacciati dall’insostenibile pressione del Kouros, abbandonandosi a selvagge grida di dolore.

"Priamo! Asterione!" –Gridò Nestore, con rabbia, per non essere in grado di uscire da quella disastrosa situazione.

"Sono perduti!" –Commentò amaramente Giasone del Cavallo.

"No! Se lottiamo per liberarli!" –Rispose deciso Nestore, bruciando il proprio cosmo, molto di più di quanto avesse fatto finora, di fronte agli occhi stupiti di Teseo e, per quanto non lo desse a vedere, dello stesso Giasone. Un’aura di luce azzurra circondò il Comandante della Quarta Legione, espandendosi a dismisura, e all’interno di quest’aura Teseo e Giasone poterono vedere la sagoma di Nestore crescere progressivamente, come se cercasse di inseguire quell’alone di luce che continuamente si allontanava, che continuamente si faceva più grande, fino a divenire immenso, alto e robusto, proprio come il Gigante di Pietra. –"Ursus arctos middendorffi!" –Gridò Nestore, mentre la luce calava leggermente di intensità, rivelando la sua nuova forma: quella di un immenso guerriero, che si stagliava contro il sole, dal volto e dalla corporatura simile ad un orso bruno.

"Eccolo, dunque!" –Commentò Teseo del Camaleonte, osservando con ammirazione il proprio Comandante. –"Il sopito potere dell’Orso che Nestore ha acquisito dopo anni di addestramento fisico e meditazione, nelle foreste assieme ad Ercole! L’Ursus arctos middendorffi, detto anche Orso Kodiak, è il più grande carnivoro esistente! E in Nestore rivive quell’imponente specie!"

Senz’altro aspettare, Nestore si lanciò contro il Gigante di Pietra, scagliandogli un violento pugno sul volto, che lo fece barcollare di lato e perdere la presa, permettendo a Priamo e ad Asterione di uscire dalla sua stretta e ricadere, seppur malamente, a terra. Un secondo colpo lo raggiunse sull’altro lato del volto roccioso, spingendolo nell’altra direzione, ma Nestore non riuscì a colpirlo nuovamente che dovette fronteggiare la ripresa del Gigante, che si gettò contro il Comandante di Ercole afferrandolo per i fianchi e sbattendolo a terra, montando sopra di lui. I due colossi si affrontarono duramente, rotolando per diversi chilometri sul terreno, travolgendo tutto ciò che incontravano sul loro cammino, alberi e costruzioni sporadiche, facendo tremare l’intera vallata.

Teseo, nel frattempo, aiutò Priamo e Asterione a rimettersi in piedi e propose a Giasone di correre a Micene, per tranquillizzare gli abitanti e, eventualmente, aiutarli a fuggire, a trovare un riparo nascosto in cui rimanere finché la minaccia dei Kouroi non fosse stata sventata. A malincuore, i quattro Heroes abbandonarono il loro Comandante, consapevoli comunque di non essere in grado di portargli aiuto. Contro quel colosso di pietra, sorretto da Cosmo Divino, i loro colpi segreti non avevano alcuna efficacia.

Anche Nestore non incontrò miglior sorte, trovandosi in aperta difficoltà contro il Kouros, infiammato da ardore divino, che risaliva indietro nel tempo, agli albori dell’ostilità tra Era e Ercole, e che in lui rifluiva adesso, scorrendo dentro il suo corpo e incitandolo alla lotta. Dura e violenta, proprio come Era voleva che fosse. Il Kouros afferrò il cranio di Nestore e lo sbatté al suolo, schiacciandolo nel terreno, sprofondandolo con violenza, fino a spaccargli l’elmo protettivo, rivelando il suo viso solcato da leggera barba incolta. Nestore tentò di reagire, di liberarsi della presa del colosso, ma ben presto dovette ammettere di non essere in grado di porre termine a quello scontro. Ogni colpo che scagliava, ogni pugno o calcio che fosse, con il quale riusciva a raggiungere il bersaglio, non intaccava mai la superficie del Kouros, non produceva mai danno alcuno a quella levigata massa di pietra. E ciò era frustrante, quanto la consapevolezza di non avere altro modo, altre idee per bloccarlo.

"Se neppure l’immenso potere dell’Orso Kodiak riesce a vincere questo Gigante, temo che la città di Micene presto sarà in grave pericolo!" –Mormorò Nestore, lanciandosi nuovamente contro il Gigante, ma venendo bloccato da un pugno secco in pieno sterno, che sfondò il pettorale dell’Armatura dell’Orso, facendo colare sangue a terra.

L’assalto scaraventò Nestore indietro di parecchi metri, schiantandolo contro la collina di Micene, di fronte agli occhi attoniti e impauriti dei suoi Heroes, in piedi di fronte alle mura della città. Indebolito notevolmente, Nestore fu obbligato ad assumere nuovamente la sua forma normale, ritornando alle sue abituali dimensioni, privo di elmo e con lo sterno in fiamme per il cazzotto ricevuto. Cercò di rimettersi in piedi, mentre la tozza sagoma del Gigante di Pietra torreggiava su di lui, allungando le sue grosse mani per stritolarlo. Ma Priamo e Asterione lo anticiparono, lanciandosi contro di lui, con il cosmo acceso e ardente di energia cosmica, che diressero contro il Kouros sotto forma di violente sfere incandescenti. Ma il Gigante parò l’assalto, semplicemente spostando il braccio sinistro, quasi a usarlo come scudo, contro il quale rimbalzarono gli attacchi energetici dei due Heroes, prima di schiacciarli a terra con un secco colpo di mano, fracassando le loro corazze e ferendoli profondamente.

"Aaa.. Amici!" –Mormorò Nestore, rimessosi in piedi, prima che Teseo del Camaleonte comparisse nuovamente al suo fianco. –"Fai evacuare la città! Porta in salvo gli abitanti! Terrò impegnato questo mostro ancora per un po’!"

"Per portarli dove? Non vi è posto in cui possano fuggire!" –Rispose tristemente Teseo. –"E tu non sei in grado di continuare a combattere, Nestore!"

"Non da solo!" –Intervenne improvvisamente Giasone del Cavallo. –"Per quanto non ami la compagnia, in questa situazione di emergenza propongo di unire tutte le forze possibili! La protezione di Era forse non cederà, ma almeno moriremo con onore, nel tentativo di proteggere gli uomini, ad Ercole tanto cari!"

"A te non sono cari, Giasone?" –Domandò Nestore, incuriosito, prima di bruciare il proprio cosmo.

"Sono un Hero di Ercole, Nestore! Non devo necessariamente essere d’accordo con lui su tutto!" –Commentò l’Hero del Cavallo, espandendo il suo cosmo.

Lo stesso fece Teseo del Camaleonte, prima di unirsi ai due compagni e scagliare un violento fascio di energia diretto verso il volto del Kouros. L’attacco congiunto sembrò ottenere qualche risultato, spingendolo indietro tra spaventosi lamenti e obbligandolo a portarsi le mani al volto. Ma quando i tre compagni riprovarono, vennero scaraventati indietro da una violenta esplosione di energia. Qualcosa si era intromesso, intercettando il loro assalto e rinviandolo contro di loro.

Quando la luce calò d’intensità e i tre Heroes riuscirono a rimettersi in piedi, notarono con sgomento una donna sospesa in cielo di fronte a loro. Rivestita dalla sua Veste Divina, risplendente di sette colori, il cui riflesso pareva continuamente cambiare sotto i raggi del sole, Iris, Dea dell’Arcobaleno era comparsa sul campo di battaglia, con un’espressione determinata nel volto. Non era più la timida Messaggera della Regina degli Dei, che aveva accolto Ercole, Nestore e Penelope sull’Olimpo, adesso era una combattente, un’ardita guerriera, che prontamente rivolse il palmo verso i Guerrieri di Ercole, schiacciandoli a terra con il suo potere.

"Agonizzate, compagni di un traditore! Rantolate al suolo come lucertole! È la vostra punizione per aver scelto di servire un uomo che ha abbandonato la sua essenza divina, offendendo la suprema Signora del Cielo!" –Esclamò Iris, premendo i tre Heros a terra, con imponenti di onde di luce, dai colori dell’arcobaleno.

"I… Iris…" –Mormorò Nestore, tentando di liberarsi da quella pressione devastante che stava frantumando le loro armature.

"Non agitatevi! Il vostro compito ormai è finito!" –Esclamò Iris. –"Vi farò un ultimo regalo! Osservate, dal fango in cui siete sprofondati, la distruzione di Micene, opera del Guardiano del Tempio di Era!" –Aggiunse, mentre il Kouros si incamminava verso la cittadina, col fine di annientarla.

Nestore, alla vista di quello spettacolo, reagì d’istinto, bruciando al massimo il proprio cosmo, facendolo infiammare come una stella, per liberarsi dall’invisibile pressione di Iris. Vi riuscì e mutò nuovamente forma, richiamando il potere dell’Orso Kodiak e aumentando a dismisura le proprie dimensioni, fino a diventare un immenso guerriero che si lanciò contro il Kouros, gettandolo a terra, lungo il fianco devastato della collina di Micene.

Iris, a tale vista, concentrò il cosmo, dai variopinti colori dell’arcobaleno, sul palmo della mano destra, ma prima che potesse dirigere il suo attacco contro Nestore, venne afferrata per la caviglia sinistra da una lunga frusta carica di energia cosmica e tirata a terra, con un brusco strattone. Teseo del Camaleonte infatti aveva snodato la sua arma da battaglia e l’aveva prontamente diretta verso la Dea, cogliendola di sorpresa, e tirandola verso il suolo, proprio mentre Giasone del Cavallo, dal cosmo ardente come quello di un possente stallone spagnolo, si lanciava contro di lei, balzando in aria ed eseguendo una splendida piroetta, fino a schiantarsi a piedi uniti contro il petto della Messaggera degli Dei. In quel momento, Teseo lasciò la presa della frusta e la Dea venne scaraventata indietro dal violento assalto di Giasone, schiantandosi sul terreno devastato.

Gli Heroes non ebbero però il tempo di gioire perché la loro avversaria si rialzò immediatamente, adirata come non mai per essere stata atterrata. Scosse la polvere dalla propria corazza, si tastò il petto, sentendolo ancora caldo, tanta era la potenza cosmica che Giasone aveva liberato nel suo attacco, ed infine sollevò lo sguardo verso i due guerrieri, in piedi una decina di metri sopra di lei. Bastò quello sguardo, a Teseo e Giasone, per rimanere immobili, bloccati da un’invisibile pressione che fermò ogni loro movimento, facendo vibrare tutto il loro corpo e le loro Armature.

"Onde dell’Iride!" –Esclamò la Dea greca, mentre onde di energia, dai sette colori dell’arcobaleno, scrosciavano sul terreno, investendo in pieno i Guerrieri di Ercole con la loro infinita potenza.

Teseo, Giasone e Priamo ed Asterione, appena rialzatisi, vennero letteralmente immersi in quel flusso potente di energia, caldo e rassicurante da un certo punto di vista, e freddo e glaciale, odorante di morte, da un altro. Tremarono, impauriti fino alla punta dei piedi da un potere così penetrante e al tempo stesso così mutevole, e sembrò loro di affogare in quel flusso continuo, in quelle onde di energia multicolore che Iris dirigeva contro di loro.

"Provate sui vostri corpi l’infinito potere dell’Arcobaleno!" –Tuonò Iris, spingendo il palmo destro avanti, ricreando il moto, quasi ondoso, dei flussi di energia multicolore, che nuovamente travolsero i guerrieri di Ercole.

Priamo tentò di reagire ma Iris lo fulminò con una potente onda di energia, disintegrando la sua corazza e il corpo al di sotto di essa, di fronte agli occhi attoniti dei suoi compagni. Asterione, in lacrime nell’osservare l’amico trucidato così selvaggiamente, cercò di muoversi, di lanciarsi avanti ma si accorse di non riuscire neppure a muoversi, tanto potente era il flusso di energia in cui era immerso. Tentò di urlare, ma le parole gli morirono in bocca; cercò di bruciare il proprio cosmo, ma si accorse che ancora non bastava per uscire da quella tenaglia divina. E allora comprese, mentre un sorriso di beatitudine compariva sul suo volto. Era un Hero anche lui, come Priamo, il suo vecchio amico d’infanzia, e anche se non possedeva la forza di Nestore, i poteri mimetici di Teseo o l’abilità di Giasone aveva comunque un grande cuore volto al servizio di Ercole e della giustizia.

"Cercate di liberarvi adesso! E dite ad Ercole di perdonarmi!" –Mormorò Asterione, espandendo il suo cosmo al massimo. –"Aaaaah!!!" –Gridò, mentre l’energia ardeva come fiamma astrale tutto intorno a lui. –"Per Ercoleee!" –E si lanciò avanti, contro la Messaggera degli Dei, facendo esplodere tutto il cosmo che portava dentro.

Lo scontro tra i due poteri generò un’esplosione di luce accecante, che scaraventò Teseo e Giasone indietro, danneggiando notevolmente le loro corazze e crepando il terreno in più punti. Quando l’Hero del Cavallo riuscì a rimettersi in piedi, toccandosi la testa dolorante, comprese che anche di Asterione della Giraffa non era rimasto niente. Neppure le ceneri. Un urlo spaventoso distrasse i suoi pensieri, riportandolo sulla guerra in corso e anticipando il crollo di Nestore dell’Orso sul fianco della collina. Esausto, con numerosi lividi sul viso e sulle braccia, il Comandante della Quarta Legione dovette assumere nuovamente il proprio aspetto, incapace di continuare ad utilizzare il potere dell’Ursus arctos middendorffi, che troppa energia gli richiedeva. Il Kouros era ancora di fronte a lui, con la sua immensa superficie pietrosa nient’affatto scalfita.

"È inutile!" –Rantolò Nestore sul terreno, sputando sangue. –"Questo nemico, protetto da cosmo divino, è al di là delle mie possibilità!" –Dovette ammettere amaramente, venendo raggiunto da Giasone, che allungò una mano per aiutarlo a rialzarsi.

"Se ti vedesse Chirone adesso, avrebbe materiale per sbeffeggiarti fino alla prossima Guerra Sacra!" –Esclamò Giasone, con un certo sarcasmo, prima di accennare un sorriso.

"Se usciremo vivi da qui, sarò ben lieto di rivedere persino quell’odioso sbruffone!" –Commentò Nestore, mentre l’ombra del Kouros si allungava sopra di loro.

Improvvisamente una luce comparve nel cielo, interponendosi al Gigante e ai due Heroes, che ne rimasero profondamente abbagliati. E subito la luce si sdoppiò, moltiplicandosi in sette fasci di energia, ognuno con un proprio colore, i sette colori dell’arcobaleno, che piombarono sui due guerrieri, accecandoli con il loro intenso bagliore.

"Prigionia dell’Arcobaleno!" –Gridò Iris, sospesa a mezz’aria di fronte ai due guerrieri. Un possente iride sfrecciò nell’aria, avvolgendo Giasone e Nestore e stringendoli con forza al suo interno, in una stretta energetica che rendeva loro impossibile qualsiasi movimento. –"Un gradito regalo sarete per la mia sovrana!" –Commentò la Messaggera, scendendo sopra gli Heroes e osservando le loro facce sporche e unte di sangue. –"Un bene da barattare con Ercole in caso di bisogno! In fondo, per uccidervi, c’è tutto il tempo che vogliamo! Ah ah ah!" –E rise di gusto, con un sorriso che era più di scherno che non di reale malvagità. –"Adesso andiamo, Kouros! Abbiamo ottenuto ciò che volevamo! E forse anche qualcosa in più!" –E si incamminò verso il cielo, scivolando leggiadra su un arcobaleno dagli scintillanti colori.

Il Gigante di Pietra, obbedendo agli ordini della Messaggera di Era, afferrò i due guerrieri, avvolti in fasci di energia luminosa, e la seguì, con passo greve e pesante, diretto verso l’Isola di Samo, dando le spalle a Micene e alla vallata devastata. Né Iris né il Kouros si accorsero di un uomo, col respiro affannato e numerose ferite sul corpo, che li osservava allontanarsi, appoggiato al tronco di un albero abbattuto. Era Teseo del Camaleonte, sfuggito alla cattura grazie ai propri poteri mimetici, che volse subito lo sguardo verso Tirinto, preparandosi per raggiungere il suo Signore.

Ercole, nel frattempo, era rinchiuso nel proprio studio, in cui aveva trascorso tutte le poche ore passate da quando aveva riunito gli Heroes nel grande piazzale di fronte al Palazzo Reale. Un paio di guerrieri avevano cercato di avvicinarlo, per elaborare con lui una strategia di difesa della fortezza, ma il Dio pareva non voler incontrare nessuno. Così, su suggerimento di Penelope del Serpente, Consigliera di Ercole e aiuto fidato di Nestore dell’Orso, erano stati il Comandante della Seconda Legione, Marcantonio dello Specchio, vecchio compagno e seguace del Dio, e il suo braccio destro, il generoso Polifemo del Ciclope, ad organizzare la difesa di Tirinto, disponendo tutti gli Heroes rimasti in posizioni ben stabilite. Per quanto egli avesse potere soltanto sui soldati della propria legione, tutti gli altri non furono affatto restii a seguirlo, conoscendo il suo valore e la sua abilità strategica. Inoltre Marcantonio era al momento l’unico, dei Comandanti delle sei Legioni di Ercole, presente a Tirinto.

"Adone sta combattendo contro i Kouroi a nord, mentre Chirone li tiene impegnati a sud! Nestore sta lottando duramente a Micene, e Tereo del Fungo è ancora a Tebe!" –Mormorò Penelope del Serpente, riflettendo assieme a Marcantonio sulla strategia difensiva da adottare. –"Mi chiedo soltanto dove sia finita Alcione!" –Aggiunse, incamminandosi verso l’interno della fortezza. –"Manca ormai da parecchio tempo, e con lei quasi tutti gli Heroes della Legione da lei comandata, la Terza! Che Ercole le abbia affidato un incarico particolare?!" –Si chiese, sollevando lo sguardo verso la terrazza del Dio ed incrociando, anche se solo per un momento, lo sguardo malinconico di Ercole, appoggiato alla grande terrazza panoramica.

Il Dio scostò immediatamente lo sguardo, sollevandosi e rientrando all’interno del proprio studio. Aveva seguito l’organizzazione della difesa dall’alto della sua terrazza, sorridendo compiaciuto nell’osservare Marcantonio, Polifemo e gli altri compagni lavorare alacremente, senza fermarsi un solo istante, felice di averli addestrati al meglio. Non aveva soltanto fatto di loro dei guerrieri, investendoli del titolo di Heroes, ma aveva forgiato anche il loro spirito, dando loro un motivo per cui vivere e combattere: un amore verso la giustizia e verso l’umanità che Ercole aveva infuso nei loro cuori. E di questo si rallegrò, rattristandosi al tempo stesso. E anche colpevolizzandosi.

Tirinto, la splendida Tirinto, che lui stesso con le sue robuste braccia aveva ricostruito, aiutato da Nestore, Marcantonio, Polifemo e altri ancora, guerrieri e compagni di avventure da molti anni ormai, da prima che il Dio riorganizzasse ufficialmente le sue truppe, suddividendole in sei Legioni e marchiando ognuna con un segno distintivo, presto sarebbe stata cinta d’assedio. Sarebbe stata stretta in una morsa spietata, dai sicari di Era, Giganti di Pietra o mostri mitologici di cui la Dea non avrebbe esitato a servirsi pur di raggiungere il suo scopo: l’annientamento di Ercole, il suo giurato nemico fin dai tempi del mito.

Non è per orgoglio che muovi le tue truppe contro Tirinto! Mormorò Ercole, in piedi, sulla porta del suo studio, mentre le tende di seta svolazzavano mosse dal vento del mattino. Non è il capriccio di una Divinità offesa! No, e lo sappiamo entrambi, Era! È la tua natura: gelosa e battagliera, pronta a sterminare un popolo intero, ad isterilire un giardino fiorito, se esso potesse allontanarti da Zeus! Se esso potesse dare qualcosa a Zeus che tu non sei in grado di dargli! Rifletté il Dio, accendendo il suo cosmo di bagliori dorati, simile a luce stellare che risplende nel profondo universo. Mi hai perseguitato per una vita intera! Hai scatenato su di me le ire di uomini e di Dei, obbligandomi ad inumane fatiche, condannandomi alla pazzia e alla morte, strappandomi l’unico vero amore che abbia mai avuto! E adesso, dopo due millenni e mezzo, ancora ti struggi inseguendo un fantasma? Ancora ti torturi l’animo, invidiosa di ciò che sono stato? Degli occhi con cui Zeus mi ha guardato, sollevandomi dalla mortale plebe e facendomi assurgere all’Olimpo, come suo figlio! Come un Dio?! Tuonò improvvisamente Ercole, e il suo cosmo crebbe, espandendosi a dismisura, allargandosi sull’intera Tirinto, venendo avvertito nitidamente da tutti i suoi Heroes, che ne furono rinfrancati e rasserenati. Perché sono un Dio, Era, ricordalo!!! Che tu voglia accettarlo o meno, hai sfidato un Dio! Non più un ragazzino, non più un uomo ambizioso desideroso di dimostrare al Padre di essere degno della sua fiducia! Ma un Dio dell’Olimpo, circondato da un esercito di guerrieri valorosi e leali, la cui forza e il cui coraggio mi riscaldano il cuore persino in questi momenti freddi! Non oserai levare un dito contro di loro, contro uomini a cui non sei degna neppure di lucidare gli stivali infangati dal duro lavoro, o incorrerai nella mia ira, Regina degli Dei!!!

La porta dello studio di Ercole cigolò lentamente, mentre leggeri passi femminili varcarono la soglia, entrando all’interno, attirando l’attenzione del Dio, che diminuì l’intensità del suo cosmo, rimanendone comunque avvolto. Sorrise, Ercole, osservando la snella figura di una donna avanzare verso di lui, con lunghi capelli castani leggermente mossi, ed un viso su cui spiccava uno splendido sorriso. Il sorriso di una donna rimasta in casa tutto il giorno ad aspettare l’uomo amato in trepidazione. Il sorriso di una donna che aveva pianto, e a lungo si era disperata, invocando gli Dei e chiedendo soltanto che l’amato potesse rientrare sano e salvo. Il sorriso di una donna che aveva ceduto al timore e alla gelosia. E aveva sbagliato.

"Mio Signore!" –Mormorò Penelope del Serpente, un po’ stranita dal trovarsi Ercole così vicino, così stretto al suo corpo, con le mani che le carezzavano i lunghi capelli lucenti e gli occhi che sembravano non staccarsi dalla sua maschera argentata. –"Ci sono delle notizie importanti!"

"Uh?!" –Balbettò Ercole, rendendosi conto di aver immaginato tutto. Di aver volato con la fantasia verso un tempo lontano. –"Scusami! È che… le somigli così tanto!" –Mormorò, allontanandosi da Penelope e girovagando per lo studio.

La Sacerdotessa del Serpente rimase per un momento interdetta, colpita dalle parole del suo Signore, e intuì che egli ancora soffriva per quella perdita che tanto le era costata. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, magari che il tempo avrebbe spazzato via ogni ricordo, ma realizzò che in quel caso, dopo duemila anni, ciò non era affatto accaduto.

"Quali notizie?" –La risvegliò Ercole. Ed ella le rispose con un leggero fischio da sotto la maschera.

La porta dello studio del Dio cigolò di nuovo, mentre il maggiordomo di Ercole, Artemidoro della Renna, faceva entrare un ragazzo sui diciotto anni scarsi, non troppo alto ma con un fisico ben definito: Nesso, del Pesce Soldato, Hero della Terza Legione, che si inginocchiò prontamente di fronte ad Ercole.

"Nesso ha importanti notizie che possono mutare il corso di questa battaglia!" –Commentò Penelope, ringraziando Artedmidoro, che si congedò con un inchino, e richiudendo in fretta la porta dietro di lui. Se Penelope avesse prestato attenzione al corridoio fuori dallo studio di Ercole, avrebbe visto un’ombra balzare lestamente all’indietro, incuneandosi in uno spazio cavo nella parete, dietro una colonna, per non essere vista.

"Maledizione!" –Mormorò una stridula voce di donna, incapace di ascoltare la conversazione in corso nello studio di Ercole. E si mosse per ridiscendere al piano di sotto, ma nel farlo si scontrò con un Guerriero dalla scura armatura: Dione del Toro.

"Non sai che è maleducazione ascoltare le conversazioni altrui?!" –Ironizzò l’uomo.

"Dione! Finiscila, stupido! E vieni con me!" –Esclamò la donna, afferrando il guerriero per un braccio e conducendolo in una sala laterale, scarsamente arredata e poco utilizzata per la sua scarsa luminosità. Era una sorta di magazzino, dove Ercole aveva accatastato mobili, libri, tappeti e altri oggetti, per farne in seguito una biblioteca privata. –"Ercole è a colloquio con la sua Consigliera! Ed è arrivato pure un ragazzetto! Non l’avevo mai visto prima! Chi è? E perché Ercole lo tiene in così grande considerazione?!"

"È Nesso del Pesce Soldato, uno degli Heroes di Alcione! È giovane, ma è con noi da parecchi mesi! Da prima che arrivassi tu!" –Rispose l’uomo . –"Ma non chiedermi il motivo del loro incontro, perché non conosco assolutamente i piani di Ercole!"

"E invece dovremmo scoprirlo, stupido! Per poter utilizzare le informazioni a nostro vantaggio!" –Esclamò la donna, schiaffeggiando il guerriero. –"Non dimenticare il patto che ci lega, Dione del Toro! Un patto di sangue! Da onorare fino alla morte!"

"Non ho dimenticato il mio giuramento, Opi!" –Commentò Dione.

"Ma non fai niente per prestargli fede!!" –Si infuriò Opi della Lepre, pur continuando a parlare a bassa voce. –"È nostro dovere mettere in atto ogni strategia possibile per danneggiare Ercole e i suoi Heroes! Solo in questo modo otterremo la ricompensa promessaci dalla Somma Era! Solo in questo modo usciremo a riveder le stelle!"

"Lo so!" –Commentò Dione, e alla donna parve cogliere un sospiro di tristezza in quelle sue brevi parole. –"Indagherò, se è soltanto questo che vuoi da me! E ti terrò informata!"

"Io voglio soltanto che tu sia più partecipe! La tua indolenza mi infastidisce, anzi mi disgusta! Ambisci soltanto alla ricompensa finale, lasciando però che siano gli altri a sporcarsi le mani!" –Lo rimproverò la donna. –"Ma tu farai la tua parte, proprio come me! E come tutti gli altri!" –Aggiunse, uscendo dalla sala in fretta.

Dione rimase ancora per pochi secondi, ad osservare le sue provocanti forme uscire dalla stanza e a riflettere sulle sue parole. Quindi si allontanò, senza curarsi troppo di guardarsi attorno. Forse, se lo avesse fatto, avrebbe notato, oltre ai mobili confusamente ammucchiati, ai tappeti persiani e ai libri e le pergamene, anche un uomo, seduto proprio su un tappeto, a gambe incrociate, nella posizione del loto. I lunghi capelli blu scuro gli scendevano sulle spalle, coprendo in parte il suo sguardo. Ma Tiresia dell’Altare, che trascorreva le giornate meditando, non aveva bisogno di occhi per vedere, soltanto di acuti sensi, con cui comprese che qualcosa di sospetto stava accadendo all’interno della stessa Tirinto.