Capitolo 14: L’assalto

Il rumore dei martelli assordava Rhadamantis, "Ma perché fanno tutto questo chiasso?", si domandava nervoso il judge di Wyburn, costretto a rimanere nelle caverne dei fabbri insieme ai feriti, lui però non si sentiva tale, anzi desiderava alzarsi ed andare a combattere.

"Spectre di Wyburn, la pregherei di non muoversi, la sua ferita è rimarginata, ma uno sforzo eccessivo potrebbe facilmente riaprirla", gli obbiettò Odeon di Leo, che insieme a Botan di Cancer si occupava dei feriti.

"I vostri predecessori non erano due deboli inetti come voi", sentenziò lo spectre, rivolgendosi ai due gold saints, i quali non gli risposero.

"Noto che la voglia di combattere ti rende persino maleducato nei confronti di chi ti ha salvato la vita", obbiettò Hyoga di Cignus, appena entrato nell’ala adibita ad infermeria.

I due combattenti della passata guerra sacra si studiavano con odio reciproco, non era difficile, nemmeno per uno spettatore estraneo, notare il rancore che condividevano l’uno per l’altro.

"I cavalieri sono partiti da ore, quei cinque lavoratori di metallo sono di là che riparano armature ed io devo stare qui con un mio seguace ferito e con altri quattro combattenti dalle scarse capacità, perché dovrei ringraziarvi, santo del Cigno?", domandò beffardo Rhadamantis, sollevandosi in piedi dinanzi al santo divino.

"Scusate", li interruppe una voce alle loro spalle.

I due, come anche i cavalieri d’oro, si voltarono, era Shuren della Corona, "Comandante degli spectres di Hades, la tua surplice è riparata", disse semplicemente l’Astro di Apollo.

Rhadamantis evitò Hyoga e si diresse verso l’uscita della stanza, seguendo il comandante dei guerrieri di Apollo. Il cavaliere del Cigno li seguì.

"Shuren, ora quali armature vi restano da riparare?", domandò Hyoga, camminando accanto all’Astro della Corona.

"Zadra e Fasolt si occupano tuttora delle vestigia del Pellicano, mentre io e Sial inizieremo tra poco a riparare l’armatura del Cervo sacro ad Artemide. Nifer, invece, ha già riparato le mie vestigia e quelle sue e del fratello, ora deve riparare l’armatura dell’Unicorno di Jabu", rispose il giovane comandante, enumerando le armature con le dita.

"Questo Nifer di Arge è veramente portentoso", affermò Rhadamantis, "ha riparato da solo due armature d’oro, oltre alle tre di cui hai parlato tu, adesso si occuperà persino di un cloth di bronzo, senza l’aiuto di nessuno", rifletté con tono d’ammirazione verso l’abile comandante dei fabbri.

"Egli è il nuovo grande Fabbro di Efesto, a lui sono state tramandate tutte le tecniche migliori, conosce ogni segreto dei metalli e delle armature, solo Kiki, Neleo e Osol, quando collaboravano, riuscivano a superarlo per perfezione", raccontò il giovane dai lunghi capelli rossi.

"I feriti come stanno?", domandò poi l’Astro, "Direi abbastanza bene, Odeon ha curato sia Clio, tua compagna d’arme, sia il giovane Rume e la possente Merope con abilità, ma il più grave resta Jabu, che malgrado ieri si sia alzato per l’Assemblea, non ha molte forze in corpo. Non dimentichiamoci poi di Gordon, tuo seguace, Rhadamantis, il quale ha ormai perso mobilità in tutto l’avambraccio, malgrado non voglia che ciò si noti", rispose con freddezza Hyoga.

"Si, cavaliere, avevo già notato da solo la gravità di tale ferita che egli ha subito per difendermi", ribatté seccamente lo spectre di Wyburn.

I tre entrarono nella fucina, dove l’aria calda era quasi insostenibile per chi non vi fosse abituato.

"Nobile re Hyoga", disse Zadra e poi Fasolt salutò quello che per lui era un padre putativo, inginocchiandosi dinanzi al santo, non appena lo videro.

"Alzati, cavalieri, qui non sono un reggente, ma semplicemente il santo del Cigno, come tu Zadra lo sei dello Scultore e tu Fasolt della stella Merak", gli disse con gentilezza il cavaliere d’Atena.

"Hyoga, Rhadamantis, benvenuti fra noi", li salutò Nifer di Arge, facendosi avanti, "Sial, porta qui la surplice riparata", ordinò al fratello.

Il fabbro di Sterope apparve, trainante uno strano carrello decorato con teste di ciclopi. Sul carrello le vestigia nere raffiguranti la terribile e possente Viverna.

Rhadamantis espanse il suo cosmo oscuro e l’armatura si ricompose in pochi attimi sul corpo del judge.

"Sembra addirittura più potente", balbettò lo spectre, "Non so molto della sua potenza originaria, ma ti posso assicurare che è di certo ora le tue vestigia sono molto più resistenti", gli spiegò Nifer con un sorriso beffardo.

"Grazie, fabbro di Efesto", disse Rhadamantis con estrema gentilezza, chinando il capo in senso di rispetto.

Un rumore disturbò le parole del judge. Un tonfo ed un suono simile ad una frana. "Cosa succede?", si chiese Fasolt, "Temo di saperlo, figliolo", gli rispose cupamente Hyoga, scattando fuori della fucina.

"Siete dunque giunti fin qui, vili esseri", tuonò disgustata la voce del santo divino.

"Diamond Dust", sentirono urlare i cavalieri nella fucina e quelli nell’infermeria.

Rhadamantis fu il primo a scattare fuori, poi Odeon di Leo, ed entrambi videro decine di guerrieri titani entrati di prepotenza nelle caverne segrete dei fabbri.

Venti degli invasori era già a terra senza vita per l’estremo potere dello Zero Assoluto, che il santo del Cigno aveva scatenato contro di loro, ma altrettanti nemici stavano tuttora entrando dal foro nel muro.

"Potrò provare la potenza della mia rinata armatura", si disse Rhadamantis, incredibilmente desideroso di vendetta, "Si, generale, ed io ti aiuterò", ribatté Odeon, che malgrado disprezzasse le battaglie era desideroso di giustizia.

"Greatest Caution", tuonò lo spectre, "Lighting Plasma", aggiunse il gold saint, i due colpi polverizzarono un’altra ventina di invasori, ma altrettanti si diressero verso la fucina ed un numero ancora maggiore verso l’infermeria.

"Voi due, correte ad aiutare Botan", ordinò Hyoga, "io mi occuperò di bloccare l’entrata della caverna", affermò correndo via.

"State attenti", aggiunse quando ormai era lontano diversi passi, "sento due cosmi maligni e potenti avvicinarsi", sentenziò il santo divino, prima di scomparire nel cunicolo fatto dai guerrieri titani.

"E la fucina?", domandò Odeon, correndo insieme a Rhadamantis, "Non penso ci sia bisogno di difendere i fabbri", gli rispose divertito lo spectre.

I cinque fabbri si videro dinanzi una trentina di guerrieri titani, tutti piuttosto minacciosi, ma nessuno di loro indietreggiò.

"Lasciate a me queste marmaglia di pezzenti, ho dei conti da regolare", sentenziò innervosita Zadra, "Grande Scalpello", tuonò poi, colpendo uno di essi ed atterrandolo.

I guerrieri titani, che fino ad allora erano rimasti sulla porta della grande fucina, si gettarono all’interno della sala, oltrepassando il cadavere di uno di loro.

Fasolt e Shuren si guardarono, "Invochiamo la tecnica che fu del nostro maestro, il grande Fabbro di Efesto", urlarono contemporaneamente i due, "Volcano’s explosion", urlò l’Astro di Apollo, "Volcano freezing", coordinò il god warrior.

Le due ondate di energia infuocata investirono ben venti di quei trenta guerrieri, che caddero a terra morti per diverse e lente agonie.

Gli ultimi nove guerrieri titani si gettarono contro i cinque, "Martello di Titanio", urlò Sial, colpendo alcuni mortalmente, "Grande Scalpello", ripeté Zadra, completando l’eliminazione dei loro nemici.

Hyoga si trovò da solo, dinanzi a ben trenta guerrieri titani, "Poveri pazzi", si disse il santo divino, "ora proverete la danza del Cigno!", urlò, rivolgendosi a loro, "Aurora Thunder Attack", tuonò, scatenando la possente "Aurora del Nord", con ridusse a semplici ghiaccioli il suo gruppo di nemici, "Ora mostratevi voi due, forza!", sentenziò il cavaliere del Cigno, rivolgendosi all’oscurità, da cui quattro occhi, due bianchi e due verdi, brillarono nel nero ambiente.

Gli ultimi venti guerrieri titani, si trovarono intrappolati in temibile morsa: dinanzi a loro Botan di Cancer e Rume del Pellicano, alzatosi e pronto a combattere, seppur senza armatura, dietro, Oden di Leo e Rhadamantis di Wyburn.

"Running claws", tuonò il successore di Aioria, investendo in pieno sette dei suoi nemici, che uccise sul colpo.

"Cancer light", aggiunse Botan, uccidendone altrettanti con il colpo imparato dalla sua defunta insegnante Shaina dell’Ofiuco.

Gli ultimi guerrieri titani si allontanarono da Rhadamantis che si ergeva minaccioso dinanzi alla porta, "Last scream", tuonò alle loro spalle una voce, polverizzandoli tutti.

"Questo era per i miei genitori, immondi esseri", sentenziò Rume, figlio di Ikki, che lui non sapeva essere ancora vivo.

"Mi hai tolto il divertimento, ragazzino", disse infastidito il judge di Wyburn, prima di avvicinarsi a Gordon, ancora privo di sensi.

"Temo di no, spectre", ribatté Odeon, quando tutti i cavalieri presenti nelle caverne percepirono due potentissimi cosmi invadere la zona.

"Chi siete voi due? Non vi conosco, ma sembrate parigrado di Belinda, la vile assassina", esordì Hyoga, pronto a combattere con i due nuovi arrivati.

"Sembri potente, cavaliere, ma non lo sei abbastanza per entrambi, quindi rimarrò solo io a farti compagnia, mentre mio fratello eliminerà le pulci nascoste", esordì una voce cupa, "in ogni caso, non siamo titani", sentenziò la voce, prima che una potentissima folata di vento investisse il santo divino del Cigno, facendolo barcollare indietro di alcuni passi.

"Vai ora, fratello", ordinò la cupa voce. Crystal vide semplicemente una figura vestita di una grigia armatura passargli accanto ad una velocità pari a quella della luce, per poi introdursi nella caverna.

"Di chi è quel cosmo?", si domandò Fasolt, sentendo una potentissima energia passare al varco della fucina, "Hundred claws", urlò una voce al di fuori della porta, "Wall fog", tuonò di scatto Nifer, creando una sottile barriera di nebbia, che riuscì appena ad evitare che tutti loro morissero, "Restate dove siete, mi occuperò prima dei feriti", sussurrò una voce piuttosto sibillina, prima di scomparire nel nulla.

La figura scattò nell’infermeria, "Chi sei?", urlò Rhadamantis, il primo a notare l’oscuro guerriero dall’armatura grigia.

"Se non siete titani, chi siete?", domandò Hyoga, rialzandosi, "Sono Gige di Zin, uno dei tre potenti Centimani", disse il guerriero, mostrandosi al santo divino.

"Mi chiamo Cotto di Benehomoth, centimane e vostro boia", sentenziò il secondo dei due fratelli, dinanzi ai cavalieri nell’infermeria.

Un nuovo scontro stava per cominciare in quel luogo nascosto.