Capitolo 16: I difensori dell’Egitto

La piramide, sfondo dello scontro, era di un colore nero e rubino insieme, sembrava quasi mimetizzarsi nella sabbia, che solo ora aveva concesso ai cavalieri di vederla. Un gigantesco occhio d’oro brillava come un sole al di sopra del grandioso palazzo funereo egizio.

"Chi sei tu, che hai osato eliminare il nostro nemico?", domandò innervosito Rabat di Perseo, mentre tutti gli altri cavalieri, eccetto Osol, ancora a terra, erano già pronti alla lotta.

"Mi chiamo Bes di Anukis, la dea cerbiatta", rivelò il guerriero egizio.

La figura si mostrò completamente ai cavalieri: era un ragazzino di appena 14 anni approssimativamente, la sua figura non era per nulla muscolosa, anzi, al quanto esile, elemento proprio della giovane età. Portava lunghi capelli corvini che scendevano intrecciati dietro la schiena. L’armatura di un colore molto scuro, quasi nero, si distingueva scarsamente dalla pelle abbronzata del giovane, i gambali, simili a zampe di cervo coprivano dalle ginocchia fino ai piedi, la cinta era costituita dalle altre zampe della dea cerbiatta. Le corna, al contrario, coprivano gli avambracci. Delle sottili spalliere nere che finivano con una forma triangolare sul petto e sulla schiena, costituivano il resto dell’armatura, poiché Bes non portava alcun elmo, ma una sottile corona che gli copriva semplicemente gli occhi con un vetro molto scuro.

"Tu saresti uno dei possenti difensori degli dei egizi, addestrato da una divinità?", domandò Rabat con chiaro tono di scherno.

"Si, sono stato addestrato dalla dea Iside in persona ed i miei poteri sono i più adatti per fermare la vostra avanzata prima ancora che arriviate nella sacra piramide di Ra", spiegò il giovane egiziano.

"Dove si trovano i tuoi compagni, cavaliere?", domandò Lorgash di Capricorn.

"Non sono un cavaliere, ma un Pharaons d’Egitto, uno dei sette custodi e guardiani. I miei compagni, che voi non incontrerete, sono rimasti a custodire gli altri corridoi della piramide", spiegò il giovane indispettito, "Quali corridoi?", incalzò Myokas di Sagitter.

"Questa magnifica piramide alle mie spalle, luogo in cui risiede il sommo Ra, è costituita da sette corridoi, tutti diretti alla sala centrale, ma ognuno custodito da uno di noi Pharaons. Il mio è quello sull’estrema destra, ma essendo il più adatto a combattere anche fuori della piramide, sono giunto qua da voi", sentenziò Bes, indicando lo splendido mausoleo piramidale.

"Cavalieri", esordì all’improvviso Rabat, "correte lungo i corridoi, lasciando libero quello sull’estrema destra, poiché quando avrò imparato l’educazione a questo moccioso, entrò nel cunicolo che lui dovrebbe custodire, portando con me Osol, feritosi per aiutarmi", sentenziò l’allievo di Shiryu.

"Come pensi che vi riescano?", domandò divertito il giovane, "Semplice, attaccandoti", sentenziò Rabat, saltando contro Bes.

"Forza, cavalieri, poiché già in altri tempi diversi eroi si sono divisi per raggiungere un bene comune", sentenziò il santo di Perseo, prima che i suoi sette compagni si dividessero dentro la piramide.

Ora i due nemici erano soli nel deserto con Osol ancora svenuto.

"Bene, moccioso, ora ti insegnerò l’educazione", sentenziò il santo d’argento, "Continui a chiamarmi moccioso del tutto ignaro di quale sia la mia potenza, non ti sembra di sottovalutarmi?", domandò il giovane, sollevando le mani al cielo, "Ma ben presto capirai quanto grande sia il tuo errare!", lo minacciò, scattando verso di lui.

Quando i due nemici erano ormai vicinissimi, le mani di Bes brillarono di una luce dorata, "Horn sand crash", tuonò il giovane egizio. Rabat vide dei corni di sabbia, scatenarsi su di lui e colpirlo in più punti, gettandolo dentro una duna con un ultimo diretto alla bocca dello stomaco.

"Moccioso, sei più forte di quanto immaginassi", si congratulò Rabat, rialzandosi con una lieve ferita allo stomaco, "ma adesso prova ad evitare il mio attacco!", urlò prima di scatenare gli "Occhi della Medusa", che volarono contro il giovane egiziano, il quale non si mosse nemmeno di un passo.

Bes era fermo, sembrava attendere il colpo, ma all’improvviso un muro di sabbia si alzò coprendo il Pharaon ed impedendo che egli fosse pietrificato.

"Mi deludi, eppure sei uno dei famosi santi di Atena, dovresti essere capace di grandi imprese, ma finora non sei riuscito nemmeno a sfiorarmi", sentenziò divertito il guerriero egizio, "Ti ricordo, ragazzino, che ho permesso ai miei compagni di sorpassarti", lo schernì Rabat.

Bes fu chiaramente innervosito da quelle parole, "Ora basta giocare, sei troppo grande per queste cose, giusto vecchio?", ribatté indispettito il giovane egiziano, quindi scattò contro il nemico utilizzando nuovamente il suo colpo, "Horn sand crash".

Rabat si mosse alla sua massima velocità, prese lo scudo, nuovamente appoggiato alla schiena, e con esso parò i colpi del guerriero di Anukis, "Scudo della Medusa", urlò poi, preparandosi a colpire il nemico.

Non appena Bes sentì il nome della tecnica ed intravide l’arma difensiva del nemico, saltò al di sopra del Silver saint, atterrando alle sue spalle, al sicuro dallo sguardo di Medusa.

"So perfettamente della leggenda di Perseo e Medusa, ma non so come tu abbia fatto a parare il mio attacco", affermò Bes, senza voltarsi verso il cavaliere d’argento.

"Ragazzino, le mie esperienze sul campo di battaglia risalgono ad una settimana fa, ma il mio grande maestro, Shiryu di Dragon, mi ha raccontato del suo primo scontro con colui che fu il nostro gran sacerdote, Seiya di Pegasus e di quella il difetto del fulmine", spiegò semplicemente, con fare superbo, Rabat, mostrando le spalle alle spalle del nemico.

"Il difetto del fulmine?", domandò Bes, "Si, così almeno ho soprannominato il difetto che aveva allora la tecnica del santo di Pegaso, cioè di raggiungere la velocità del suono con solo alcuni dei suoi cento pugni, medesimo problema che hai tu. I corni di sabbia che mi lanci contro sono in maggioranza lenti, ma se non pongo attenzione nel parare quei quattro o cinque che raggiungono la velocità del suono, rischio di essere colpito da tutti e cento gli attacchi", rispose il cavaliere d’argento.

"Sembrerebbe dunque che mi trovi in svantaggio dinanzi a te, cavaliere di Perseo", affermò divertito il giovane egiziano, "Si, soprattutto perché un tuo piede è pietrificato", ribatté con lo stesso tono di voce Rabat. "Me ne ero già accorto, grazie della puntualizzazione, ma ora proverai che il giovane Bes, allievo di Iside, pronto a sacrificare la vita per lei e per l’Egitto, non si lascia sconfiggere così facilmente", sentenziò il ragazzino, voltandosi verso Rabat, che già lo guardava in tono di sfida.

Il cosmo del guerriero di Anukis diventò dorato, mentre egli sollevava le mani al cielo, "Venite a me, sabbie millenarie d’Egitto", invocò il ragazzo, "Sand storm", tuonò poi mentre una feroce tempesta di sabbia scuoteva l’intera area circostante.

Gli occhi di Rabat si riempirono di preoccupazione, prima che il cavaliere scattasse all’indietro verso il fabbro ancora svenuto e sanguinante, "Corre a proteggere il suo compagno", affermò stupito e con una certa ammirazione Bes. "Ora, moccioso, proverai la massima tecnica che il mio maestro mi ha trasmesso", minacciò Rabat, mentre la feroce tempesta gli correva addosso.

Lo scudo divenne una spada ed egli la sollevò sopra il suo capo, "Ryutsuisen", tuonò il santo di Perseo, cercando di tagliare a metà la tempesta.

Dei sei cunicoli liberi, Argo di Calamary aveva scelto quello sull’estrema sinistra, che lentamente, ma inesorabilmente si era spinto sempre più a sinistra, come deviando nelle profondità del deserto. Il generale dei mari non gradiva tutta la sabbia vista fino ad allora, e provò un immenso sollievo nel notare la semplicità delle pietre che costituivano il corridoio, né sentì disgusto per la sottile fanghiglia che calpestava ad ogni passo, avanzando dentro la lunga ed oscura strada. Una gioia immensa, invece, si dipinse sul volto del custode della colonna de Sud Pacifico, nel notare l’acqua che lentamente aumentava di livello quando era ormai arrivato a metà del corridoio.

Quando ormai Argo si trovava con l’acqua fino alla cinta, sentì una risata stridula sbarrargli la strada.

Osservando attentamente dinanzi a se, il mariner notò che l’acqua nel corridoio aumentava improvvisamente ed impetuosamente, "Un’ondata?", si domandò perplesso Argo, prima che l’acqua lo investisse, nascondendo la sua figura a chiunque fosse nel corridoio.

"Povero cavaliere greco, affogare in Egitto non è di certo ciò che ci si aspetta", disse una voce cupa, prima di scoppiare in una risata.

"In effetti, mio misterioso nemico, è difficile, soprattutto per un generale dei Mari di Nettuno", affermò divertito Argo, uscendo dall’acqua fino a metà del suo petto.

"Davvero? Sei uno dei generali di Nettuno, quale onore", ribatté la voce. In quel momento Argo vide uno strano riflesso nero uscire dall’acqua dinanzi a lui.

Una figura si alzò dinanzi a lui, uno dei Pharaons. L’altezza del nuovo nemico era quasi pari a quella del mariner, come la prestanza fisica. Argo vide solo la parte superiore dell’armatura, ma gli fu facile capire che rappresentava una specie di rana, o qualcosa di simile, poiché le coperture per le esili braccia ed i guanti finivano in squame, mentre le spalliere e la copertura per il corpo erano costituite da delle sfere sovrapposte. Una maschera, simile al volto di una rana, copriva completamente il volto del guerriero, lasciando intravedere solo i capelli biondi ed occhi neri.

"Sono Knuhum, generale, il dio Rana Heket mi protegge con le vestigia che lo rappresentano, mentre il sommo dio Api mi ha addestrato per anni", sentenziò il giovane guerriero egiziano.

"Ora vediamo quanto sei bravo a combattere in acqua, generale", lo sfidò beffardo Knuhum.

Il pharaon saltò in aria, "Incredibilmente agile per avere i piedi in acqua", esordì Argo stupefatto, riuscendo finalmente a vedere le integrali vestigia del nemico, che per tutto il corpo continuavano come squame semisferiche.

"Frog torpedo", tuonò Knuhum, roteando contro il nemico. Lo stupore del mariner per l’agilità e la velocità con cui roteava il suo nemico, svanirono in fretta, per dare spazio alla determinazione con cui il successore di Io di Scylla sollevò il braccio sinistro, "Rolling defense", urlò Argo.

Un primo calcio dell’egiziano riuscì a sfiorare la scale di Calamary, ma i movimenti successivi del guerriero di Heket furono fermati dalle possenti fruste del mariner, che scagliò a terra il suo nemico, tramortito.

"Ora, rospetto, è il mio turno di attaccare", sentenziò Argo, sollevando le sue fruste, "Calamary whips", tuonò il mariner, lanciando due colpi di frusta contro il nemico.

Knuhum si mostrò ancora più veloce di prima, evitando l’attacco e spostandosi alle spalle del guerriero di Nettuno, "Non offendere il dio Heket, blasfemo", sentenziò il Pharaon, "Frog torpedo", tuonò in seguito, colpendo alla schiena Argo, che cadde a terra ferito.

"Non osare parlar male della mia armatura e della divinità che rappresento, poiché se non fosse per Heket che custodisce le acque del Nilo, il limo che prima calpestavi non esisterebbe", sentenziò con tono orgoglioso Knuhum, "Tu credi che siccome l’acqua dà la vita, tu che rappresenti una divinità acquatica hai qualche valore particolare?", domandò divertito Argo, rialzandosi a fatica, "No, generale, ma il mio potere e la mia agilità mi permettono di combattere nell’acqua, unico fra i Pharaons, nemmeno il possente comandante della nostra armata, o la custode di Ra, possono vantare tale potere", ribatté il guerriero egiziano.

"Se sei tanto agile e veloce in acqua, vediamo come eviti questo colpo", lo schernì Argo, chiaramente innervosito dal modo di fare del nemico.

"Tempest of whips", tuonò il generale, scatenando le cento fruste che costituiscono l’armatura del Calamaro.

Knuhum vide arrivare i primi colpi e riuscì persino ad evitarne alcuni, ma dinanzi alla feroce e continuata serie di attacchi con le fruste, persino l’agile guerriero egizio cadde a terra, ferito alle gambe ed al petto.

"Sei stato bravo, cavaliere di Nettuno, ma ora capirai quale enorme punizione ti deriverà da ciò", sentenziò l’egiziano, "Ora subirai il mio colpo migliore", minacciò.

"Furia del Nilo", urlò Knuhum, scatenando alle sue spalle una gigantesca corrente d’acqua e d’energia.

"Un colpo che fonde acqua ed energia cosmica, bene, risponderò di dovuto", sentenziò Argo, sollevando le mani sopra la testa, "Big tornado", urlò il mariner, scatenando il "Gorgo di Scilla" contro il nemico. Le due correnti energetiche si scontrarono a mezz’aria.

"Ryutsuisen", aveva urlato Rabat in risposta al "Sand storm" di Bes di Anukis.

Il fendente d’energia del santo di Perseo calò inesorabile sulla tempesta di sabbia, aprendola al centro, ma non riuscì a fermarne l’avanzata.

"Il suo colpo mi raggiungerà", urlò perplesso il giovane egiziano, notando che l’attacco di Rabat non si era ancora fermato.

I due cavalieri furono colpiti contemporaneamente: Rabat volò in aria, cadendo con la testa in una duna poco lontana, mentre Bes rimase fermo, come completamente pietrificato.

"Il braccio sinistro, la gamba, persino dall’occhio sinistro non riesco più a vedere", balbettò stupefatto il guerriero di Anukis, "però ho salvato l’Egitto", concluse.

Una figura si alzò all’improvviso dinanzi a lui, era Rabat, ferito quasi interamente e barcollante, il santo non si curò nemmeno del suo nemico, ma prese sulla spalla destra il corpo svenuto di Osol ed iniziò a camminare, a stento, verso l’entrata della piramide.

"Non mi finisci?", domandò Bes, mentre il nemico gli passava accanto, "Sei forte e coraggioso, moccioso, peccato che il tuo desiderio di sacrificarti per la patria non sia unito a del buon senso", lo derise il santo di Perseo, senza fermarsi dinanzi a lui, "la sabbia, elemento di cui fai abilmente uso, potrà curarti in poche ore", concluse il cavaliere d’argento.

"Tranquillo, Osol", bisbigliò poi Rabat, "forse Ra non potrà curarti, ma prima egli ci risponderà, prima potremo tornare indietro, da Odeon di Leo, l’abile guaritore", affermò il santo d’argento, rassicurando forse di più se stesso, che il fabbro svenuto.

Per le troppe ferite, Rabat cadde in ginocchio, "Aspetta stupido", affermò Bes, zoppicando verso il nemico e prendendo Osol con il braccio destro, "Sei offensivo e feroce, ma in te credo vi sia del bene e la dea Iside mi ha insegnato a fidarmi del mio istinto, quindi ti accompagnerò per parte del tragitto lungo il mio corridoio", spiegò il guerriero egizio, prima che i due avanzassero insieme al fabbro svenuto.

L’incontro delle due correnti d’energia frantumò il muro esterno del corridoio, riempiendo la stanza con le acque del Nilo. Passarono alcuni secondi prima che Argo si mostrasse nuovamente, potendo respirare a pieni polmoni, "Sei davvero duro, Knuhum", esordì il generale, appoggiando il corpo svenuto del nemico ad una parete, "spero che l’acqua che tanto ami non ti uccida, come non lo ho fatto io", si augurò il mariner, avanzando ancora lungo il corridoio pieno d’acqua e sporco di sangue.