Capitolo 2: Il libro d’oro

Il mattino successivo tutti i cavalieri delle diverse divinità sopravvissuti si riunirono nella grande sala, dove era stato posto un gigantesco tavolo rotondo, con molte sedie intorno. Altrettante sedie, però, erano poste intorno ai due lati della sala.

Hyoga si avvicinò al tavolo e guardò i diversi convitati: mai tanti cavalieri di diverse divinità si erano trovati contemporaneamente in un solo luogo senza combattersi vicendevolmente e senza le loro armature.

"Cavalieri qui riuniti, vi presento Dafne, l’oracolo di Ermes, che parlerà dinanzi a tutti in quest’Assemblea, con lei, Tige, un tempio Guardian Goshasei del Pavone, sacro ad Era. Io e Jabu dell’Unicorno, unici due santi sopravvissuti dell’era passata, saremo con loro al di sopra delle parti, quindi non rappresenteremo nessuna delle categorie di guerrieri qui presenti", spiegò il cavaliere del Cigno Divino, "che i vari rappresentanti raggiungano il tavolo e si presentino a tutti", tuonò alla fine, mentre gli altri tre sopravvissuti delle guerre passate si avvicinavano a lui.

"Sono Rhadamantis di Wyburn, judge di Hades, signore dell’Oltretomba. Il Cielo furioso mi guida e le armate delle prigioni inferiori componevano il mio seguito. Rappresento i 7 spectres sopravvissuti su 108", si presentò il guerriero dalla nera surplice.

"Myokas è il mio nome ed il Sagittario la mia costellazione. Sono cavaliere d’oro in nome di Atena. Il defunto gran sacerdote Seiya del Divino Pegaso mi è stato maestro. Rappresento i 20 santi sopravvissuti sui 41 pronti a questa nuova battaglia, mi considero anche vostro rappresentante, supremo cavaliere del Cigno divino e santo dell’Unicorno", esordì Myokas, sedendo al posto dinanzi allo spectre.

"Il mio nome è Freiyr, figlio di Siegfried di Dubhe e Hilde di Polaris, primo erede al trono di Asgard e primo fra i cavalieri del Sacro Regno, rappresento i 5 sopravvissuti sugli 8 god warrior", si presentò il protetto di Odino, sedendosi accanto al Gold saint.

"Mi chiamo Neleo di Hammerfish, comandante dei mariners sacri a Nettuno. Il grande Fabbro fu il mio maestro e Kiki di Aries il mio miglior amico. Rappresento i 5 sopravvissuti sull’esercito di 77 guerrieri sacri al dio dei Mari", affermò subito dopo il generale degli Abissi, sedendosi vicino allo spectre.

"Adtula è il mio nome, il Leone il mio simbolo e la Spada l’Arma del mio sommo dio Ares, che ho il permesso di custodire. Rappresento i 2 bersekers sopravvissuti sui 400 che un tempo vi erano", affermò poi il custode della Spada di Ares, sedendosi accanto allo spectre.

"Il mio nome è Obbuan del Caduceo sacro al dio Ermes. Rappresento me stesso e Edoné, l’unica altra sopravvissuta dei 3 anghelloi del messaggero divino", si presentò il successore di Quiggon, sedendosi vicino ad Adtula.

"Io sono Nifer di Arge, primo fabbro di Efesto e rappresento me ed i miei due fratelli", si presentò l’abile guerriero del dio dei fabbri, sedendosi vicino a Neleo.

"Mi chiamo Noa dell’Otre, ebro del dio Dioniso e rappresentante per me ed Awyn, unici sopravvissuti dell’esercito di 75 uomini sacro alla nostra divinità", si presentò il seguace del dio del Vino, sedendosi vicino a Myokas.

"Io, invece, sono Shuren della Corona, uno dei due sopravvissuti fra gli Astri sacri al dio Apollo, un esercito di 44 guerrieri, uccisi dai titani", si presentò cupamente il seguace del dio Sole, sedendosi vicino all’ebro dell’Otre.

"Il mio nome è Merope del Cervo, sono la più anziana delle tre amazzoni sopravvissute, le nostre 41 sorelle sono morte durante l’attacco nemico", si presentò la guerriera dalle vestigia color cinereo.

"Sembrerebbe che io sia rimasto l’ultimo, essendo anche il più giovane. Mi presento, sono Rume del Pellicano, erede della città di Cartagine e minore fra i figli di Ikki, rappresento me ed i miei due sudditi e compagni d’arme, siamo gli unici sopravvissuti di un esercito di 100 uomini", spiegò infine il figlio del santo divino.

Il gruppo si sedette intorno al tavolo, "Cavalieri, vi ringrazio di essere qui riuniti ad ascoltarmi, sono qui fra voi per raccontarvi tutto sul motivo della mia scomparsa una settimana fa ed un possibile metodo per sconfiggere il nostro nemico, colui che ha ucciso gli dei", esordì Dafne, lasciando ammutoliti tutti i presenti.

"Quando il dio Ermes mi avvisò del pericolo imminente, all’alba del suo ultimo giorno di vita, egli mi disse di ricercare presso i resti della defunta città di Troia un libro d’oro; quindi decisi di partire, seguendo il suo ordine, senza parlarne con nessuno dei miei tre sudditi e senza affidarmi alle difese di nessuno, eccetto l’uomo a cui ho dato la mia vita, Tige, che malgrado abbia visto morire un amico nella città di Ilio, ha deciso di seguirmi.

Trovammo il libro quando ormai stava tramontando, poi decidemmo di dirigerci al mio tempio", raccontò l’oracolo, prendendo un oggetto da una borsa vicina.

Tutti furono stupiti nel vedere un gigantesco libro dalla fodera d’oro. Sul frontale dell’oggetto vi era rappresentato il simbolo zodiacale dei pesci, mentre sul retro, alcuni poterono notare il simbolo di una divinità, "Atena", balbettò Rhadamantis con un leggero disgusto.

"Esatto, spectre, hai ragione, questo è il simbolo della dea della Giustizia, ma ascolta la storia di qualcuno che probabilmente hai conosciuto in una delle tue vite passate", concordò Dafne.

"L’autore di questo libro era un cavaliere d’oro di Atena, il suo simbolo guida erano i Pesci, il nome, quello della stella portante della dodicesima costellazione: Pisces.

Questo cavaliere è vissuto centinaia di anni fa, un tempo ha combattuto contro Hades durante la terza guerra sacra che avvenne fra le due divinità", esordì Dafne.

"La terza guerra? A quando risale?", domandò Myokas, "Cavaliere, considera che quella a cui ha partecipato il tuo maestro è stata la nona guerra sacra fra i nostri due eserciti", rispose Rhadamantis.

"Costui era un cavaliere d’oro durante quella battaglia e fu uno dei cinque sopravvissuti dell’armata di Atena", esordì Dafne, "ho letto l’introduzione, dove racconta la sua storia e ve la posso riassumere piuttosto semplicemente", spiegò.

"Era un cavaliere d’oro piuttosto abile e la dea della Giustizia gli diede il dono del Misopethamenos, lo stesso che fu dato a Dauko di Libra durante l’ultima guerra sacra. Egli fu consacrato come custode delle anime maligne, ma mentre le osservava e sorvegliava, il suo maggiore interesse fu di informarsi ed enumerare le diverse battaglie dell’era mitologica. Da ciò che scrive, probabilmente Pisces morì durante la quarta guerra contro Hades, che si svolse nella città di Troia, data l’alleanza fra il dio dell’Ade ed Ares", raccontò l’oracolo.

"A noi interessano questi suoi racconti sulle battaglie mitologiche, giusto?", domandò Neleo, "Si, mariner di Hammerfish, vi tradurrò i passi per noi importanti", rispose la bellissima donna dai capelli rossi.

"Quest’opera è scritta in un greco antico, ma tanto ben strutturato grammaticalmente da essermi del tutto chiaro e dalla facile traduzione", esordì prima di sfogliare le prime pagine l’oracolo.

"In un tempo antico, quando ancora la storia era mito, gli dei non permettevano che gli uomini combattessero per loro, non per amore di essi, ma perché li ritenevano troppo inferiori di grado e di natura. Solo ad un uomo fu concesso già allora di combattere le guerre sacre: Ercole, semidio nato dall’amore illegittimo del dio Zeus.

Durante questa lunga era di guerre fra dei, le prime quattro si svilupparono per il dominio sul mondo.

In principio il mondo era nel caos, cosa su cui concordano tutte le religioni, ma questo caos aveva una natura divina: era prodotto dalla guerra fra le prime due entità immortali presenti. Queste due entità, rappresentanti rispettivamente il Cielo ed il Mare, combattevano per potersi congiungere alla terza entità primordiale, custode della Terra. Questa dea era bella ed impareggiabile agli occhi dei due dei maschi e solo attraverso uno scontro serrato uno di loro avrebbe potuto averla.

E così fu. Vinse il dio del Cielo, che rinchiuse il suo avversario, l’arcaico dio del Mare, in un luogo ameno ed ignoto a coloro da cui ho tratto le mie fonti.

Questa divinità del Cielo prese nome Urano, mentre la divinità della Terra si fece chiamare Gea. Dall’amore fra le due divinità, nacquero diversi esseri dalla natura divina, fra questi posso con sicurezza elencare: i titani, i centimani, i giganti, divisi in due specie, quelli di ghiaccio e quelli del sud del Mondo, gli Asi, gli dei antropomorfi e le pure entità spirituali.

Tutti questi figli si sparsero per il mondo, governando le diverse terre in vece del loro unico padre, ma un giorno uno di loro, Crono, dio e fratello di molti titani, attaccò ed evirò il padre, lasciando ferito e rinchiuso in una conca",

"Da questo luogo Urano è scappato?", domandò Merope, interrompendo la lettura, "Abbi pazienza, amazzone, non è ancora finito", rispose gentilmente Dafne, prima di riprendere la lettura.

"Crono prese il potere sulle terre calde bagnate dal Mediterraneo, agli Asi ed ai giganti di Ghiaccio concesse le gelide terre del Nord, ad una pura entità, permise di governare sull’Oriente del Mondo, mentre ad un altro dio, che come lui aveva aspetto antropomorfo, diede il controllo delle terre coperte dalla Grande Sabbia. Agli altri dei, concesse altre terre, solo i titani, i centimani ed i giganti del sud del Mondo, rimasero con lui.

Crono si unì in amore con la madre, da cui ebbe diversi figli, tutti dei, che divorava di continuo, solo l’ultimo nato, Zeus, si salvò da questa fine. Cresciuto, Zeus uccise il padre con la stessa falce che aveva ferito ed imprigionato Urano secoli prima.

Ciò che Zeus non sapeva era che proprio quella falce impediva ad Urano la fuga dalla prigione datagli in tempi remoti, dopo essere stato evirato.

Urano si liberò e tutti i titani, i centimani ed i giganti si unirono a lui per la riconquista del mondo divino.

Gli uomini parlano di quel periodo come la prima grande guerra fra dei.

Zeus ed i suoi figli combatterono le tre razze seguaci di Urano e dopo un’estenuate susseguirsi di battaglia li vinsero, ma rimaneva il più terribile di tutti da combattere: la divinità del Cielo.

Il padre degli dei olimpici chiese allora aiuto ai diversi signori delle terre lontane e tre accolsero la sua richiesta: Odino, Signore degli Asi, che regnava sulle fredde lande di Asgard; Ra, dio delle terre coperte dalla Grande Sabbia e signore di alcuni dei dal corpo di animali; infine Brama, maggiore di tre dei nati dal puro spirito divino d’Oriente.

Queste quattro divinità ordinarono ai migliori fra i loro figli di tenere occupato il dio Urano nella terra di Grecia, a…."

"Perché ti sei fermata?", chiese Obbuan con molto rispetto, "Perché non si legge il nome della città", rispose lei, prima di continuare.

"I quattro dei incisero i Simboli del comando, un rituale antico, che mai più fu fatto, di cui non so molto, ma che permise al corpo di Urano ed alle anime dei suoi servitori di essere rinchiusi dentro il Tartaro da un potere che si poteva spezzare solo con la morte della maggioranza dei suoi fautori: Zeus, Odino, Ra, Brama, Hades, Anubi, Loki e Visnù"

"Questo spiega molte cose", esordì Freiyr alzandosi in piedi, "il sommo dio degli Asi,Odino, e lo scaltro Loki sono morti durante il Ragnarok ed i loro corpi non sono tornati alla vita mortale", spiegò il principe di Asgard.

"Anche Brama si dice che sia morto", concordò Obbuan, "Per quel che riguarda il mio sire Hades, tutti sappiamo chi lo ha già ucciso una volta, permettendo che questa difesa contro Urano si spezzasse, giusto Hyoga?", concluse Rhadamantis con tono beffardo.

"Esattamente cavalieri, sono stati tutti questi dei uccisi, o morti per altre cause a permettere ad Urano di tornare", spiegò Dafne.

"Vi sono però dei sopravvissuti nelle diverse famiglie divine", aggiunse poi l’oracolo, cercando di dare speranza ad i suoi interlocutori.