Capitolo 6: Scontro sul ponte arcobaleno

I cavalieri osservavano la divinità dinanzi a loro. Hemdall aveva lunghi capelli d’argento ed occhi violacei di colore intenso ed ardente. Indossava lunghe vesti verdi smeraldo ed aveva una sottile corazza marrone che gli copriva le spalle ed il ventre, medesime coperture proteggevano braccia e gambe. Impugnava un oggetto bianco, un corno, gigantesco e di magnifica fattura, sembrava provenire dalle zanne di un qualche animale antico, seppur era decorato in oro.

"Costui è Hemdall, custode del ponte Bifrost", balbettò Skinir sorpreso, "Ma dovrebbe essere morto", obbiettò Camus dell’Acquario.

"Silenzio, cavaliere d’Atena, non ti è concesso parlare. Vent’anni fa il nostro signore Odino, con il suo immenso spirito concesse l’armatura divina e la sacra spada ad un tuo simile, ma ora è diverso. Gli dei olimpici sono perduti, come molti dei nordici, ma noi che siamo ancora qui, e specialmente io che difendo il valico fra l’Asgard di Midgard e la vera Asgard", esordì la divinità dagli occhi ardenti, "non possiamo cadere, quindi affrontatemi, anche tutti insieme, non vi lascerò passare", tuonò il dio.

Nessuno si mosse, Aiace avrebbe voluto attaccare la divinità che appariva avversa, ma il braccio di Reptile lo fermò, "Non muoverti, judge della Garuda, malgrado la tua forza e potenza, questa è una lotta in cui nessuno di noi può intervenire, è una lotta fra popoli del Nord", affermò il mariner dell’Anaconda.

Aiace osservò lo sgorbio alleato e ne capì le parole profonde, quindi accettò il consiglio, rimanendo indietro. Medesimo discorso valse per Golia e per Camus, che malgrado fosse asgardiano, era stato etichettato dal dio come "Cavaliere d’Atena".

"Se nessuno vuole fare la prima mossa, inizierò io", esordì Hemdall, sollevando il corno al di sopra della testa e lanciando un fendente contro il suolo.

La neve si sollevò, come una valanga che vola verso il cielo, "Che divina potenza, un muro di neve simile ad una valanga ci corre contro", osservò Golia stupefatto, "Non ricordi le parole del nostro maestro Tige?", gli domandò Reptile, "Lo scudo più potente è quello che colpisce e distrugge per difendere", rispose il santo del Toro, rimanendo stupito dalla veridicità delle parole sentite anni addietro.

"Ametist shield", urlò una voce nella confusione.

Pochi secondi e della valanga non rimase che un muro d’ametista, che andò quasi subito in frantumi, ponendo il cavaliere di Megrez solo davanti al nemico.

"Bifrost", sussurrò Helyss, ora appoggiata nella neve, poco distante dal punto in cui il dio e l’uomo si osservavano.

"Tranquilla, pelle azzurra, nessuno mi ucciderà così facilmente, nemmeno il sommo dio Hemdall", esordì il cavaliere del Nord.

"Non devi preoccuparti di Hemdall, cavaliere, ma di me dopo che mi hai chiamato <pelle azzurra>", tuonò la sacerdotessa guerriero, cercando di mettersi seduta.

"Una volta ti ho detto che il vero colore del tuo viso è migliore di quello della maschera azzurra, ma non mi hai voluto ascoltare", scherzò il fratello di Alberich, lasciando Helyss senza parole.

Solo tre persone nel gruppo potevano conoscere il valore di quelle parole, che lasciavano intendere che Helyss fosse stata vista senza maschera da Bifrost.

"Tu ti chiami come il ponte che custodisco?", domandò Hemdall, riportando tutti alla triste e dura realtà presente.

"Si, divino custode e devo chiederti il permesso di oltrepassare il varco da te difeso, poiché noi guerrieri di Asgard ed i nostri cinque compagni non siamo nemici dei figli d’Odino rinati o sopravvissuti", supplicò il god warrior di Megrez.

"Alzati, ragazzo, poiché non sarà con le preghiere che mi piegherai, ma con una vittoria sul mio corno, l’unica arma che userò contro voi, semplici umani", ordinò Hemdall, preparandosi a lanciare un nuovo attacco.

Il dio mosse il bianco oggetto da sinistra verso destra, contro il corpo di Bifrost, ma questi non rimase fermo ad attendere, "Hororo Ken", urlò, mentre la bellissima spada d’ametista si materializzava nella sua mano destra, bloccando il fendente della divinità.

Bifrost fu però sbalzato indietro e costretto ad indietreggiare, "Sei veloce, umano, ma non credere che questo ti salverà, anche senza utilizzare il mio divino cosmo posso superarti per potenza, ricordalo", avvisò la divinità.

"Non posso essere sconfitto così facilmente", tuonò Bifrost, saltando contro il nemico, cercando di colpirlo con un fendente dall’alto verso il basso.

Hemdall appoggiò l’estremità concava del corno a terra, quindi sollevando per l’imboccatura lo mosse contro Bifrost.

La spada d’ametista ed il corno bianco si incontrarono a mezz’aria, ma la forza del dio nordico era superiore, anche fisicamente, quindi il guerriero del casato di Megres volò a terra, quasi vicino ai suoi compagni con la spada in frantumi.

"Non correte a soccorrerlo", ordinò il dio nordico ai cavalieri di Asgard, "egli ha osato sfidare un dio a cui aveva votato se stesso, deve avere il coraggio di rialzarsi e continuare la sfida anche se disarmato", sentenziò il custode del ponte arcobaleno.

"Sbagli, sommo Hemdall, se mi ritieni sconfitto solo perché la spada d’ametista è andata distrutta", ribatté Bifrost, sollevandosi, "la spada di mio fratello Alberich, dotata del fuoco del Meriggio, dono di Hagen era unica ed una volta distrutta nessuno poté ricostruirla, ma la mia è diversa, poiché nasce dal cosmo che emano e non morirà finché io stesso non perderò la vita", tuonò il god warrior, materializzando nuovamente la sua violacea arma.

"Sono lieto di vederti pronto a combattere ancora, ma se speri di sconfiggermi con la semplice spada, fai un errore di valutazione, malgrado tu sia riuscito a scheggiare il mio bianco corno", esordì il dio, osservando un piccolo graffio sull’oggetto che diede inizio al Ragnarok, "Solo Loki, prima di te, aveva potuto danneggiarlo, seppur in maniera più vistosa", ricordò Hemdall.

Lo sguardo del dio si fece cupo, poi lui stesso cercò di cambiare argomento, "Non hai altre tecniche per fronteggiarmi?", domandò al guerriero di Asgard.

"La teca d’ametista non riuscirebbe a sconfiggerti, se veramente il tuo cosmo è ampio che dici, né potrei richiamare le anime della natura per fronteggiare un dio, sarebbe un atto sacrilego. Mi rimane il colpo più potente che si possa portare con una spada, ma non voglio ucciderti, né ferirti gravemente", rispose Bifrost.

"Ragazzo, sei intelligente, ma nobile di sentimenti, temo che non potrai sconfiggermi e nemmeno produrre un secondo taglio sul mio corno", ribatté il dio, prima di lanciarsi in un nuovo attacco.

Il cavaliere di Megrez parò un primo colpo portato con il corno e quindi un secondo, poi barcollò indietro investito dal terzo movimento del bianco oggetto.

"Bifrost, ricordi il potere che prima hai percepito in te?", urlò Freiyr, "Quando hai scheggiato il bianco corno era padrone del settimo senso, è stato un attimo, ma vi sei riuscito. Recupera quell’attimo, cavaliere", ordinò il figlio di Siegfried e futuro re.

Bifrost ricordò la sensazione di pochi secondi prima, quando si sentì quasi sconfitto da un singolo colpo ed allora la sua mente corse indietro alla fanciullezza, gli screzi con il fratello molto più grande Alberich ed il dispiacere per la sua morte, oltre alla vergogna per ciò che si diceva di lui. Ricordò gli anni precedenti l’addestramento in cui ad Asgard viveva in pace, facendo amicizia con i figli di altre famiglie nobiliari, come Helyss.

Subito dopo gli tornarono alla mente gli anni dell’addestramento, in Cina con l’assassino di suo fratello, il quale gli mostrò la via per utilizzare in modo puro la spada e le anime della natura. Fu il santo del Dragone a mostrargli quale fosse il bene e come Alberich non fosse completamente malvagio.

Ripercorse tutto ciò con il pensiero e trovò la ragione per cui non voleva morire, solo per quella ragione aveva raggiunto il settimo senso per pochi secondi.

"Quale miracolo, il tuo cosmo finalmente si espande", lo schernì Hemdall per nulla preoccupato dalla potenza che si stava risvegliando nel suo nemico.

"Ora, sommo custode del ponte arcobaleno, dovrò danneggiare di nuovo il tuo corno, ma ti prego, dopo cedi il passo, o dovremo rischiare le nostre vite in questa battaglia", supplicò il cavaliere di Asgard, il cui cosmo era ormai pari a quello di Freiyr o di un santo d’oro, nemmeno Gutrun era giunta a tale potenza.

Bifrost si lanciò contro Hemdall, movendo la spada d’ametista da destra verso sinistra; il dio del nord si difese con un movimento contrario del bianco corno da lui custodito.

Le due armi si fermarono a vicenda, nessuno dei due avversari sembrava pronto a lasciare la presa, né ad arrendersi, "Sai mi ricorda l’ultimo mio scontro", sussurrò il dio, mentre la sua forza era pari al cosmo del guerriero asgardiano.

Gli occhi di Hemdall si accesero di una luce intensissima, prima che il suo cosmo spingesse via Bifrost. Il cavaliere poté fermarsi solo conficcando la spada d’ametista nel terreno nevoso.

"Hai nuovamente scheggiato il mio corno, un taglio abbastanza profondo stavolta", si congratulò il dio nordico, indicando un danno, non grave, ma vistoso al bianco strumento.

"Non vi concederò di passare per questo, ma ti permetto di farmi una domanda, di qualsiasi genere, sono saggio e prevedo il futuro, seppur questo è soggetto a variabili, posso dirti qualsiasi cosa, ma non farti passare, è mio dovere impedirtelo", spiegò il dio nordico.

"Se mi concedi qualsiasi domanda, ebbene, sommo Hemdall, voglio chiederti come sei riuscito a tornare dal Ragnarok, dove eri caduto insieme al tuo avversario Loki e perché il dio Odino non è di nuovo su questo piano?", domandò Bifrost, reggendosi sulla sua spada.

"Una triste storia mi chiedi di raccontarti, ma ciò che ti ho detto sarà fatto, come segno di rispetto, per un morituro", esordì Hemdall.

"Dopo il Ragnarok, Balder il giusto e suo fratello furono resuscitati, ma insieme a loro i figli di Thor chiesero di dare la vita affinché lo stesso dio del Tuono e del Fulmine potesse tornare sul nostro piano. Questo Odino lo concesse. Il signore degli Asi, infatti, era morto, ma il suo spirito restava ancora sul nostro piano, pronto a valicare le porte del regno dei morti. Urano non aveva ancora ripreso il suo potere, quindi non poté riassorbire in sé l’essenza di Odino", spiegò Hemdall, "Riassorbire l’essenza di Odino", ripeté disgustato Camus.

"Si, principe asgardiano, Urano ruba le anime, le essenze, immortali delle divinità da cui riceve giovinezza e potenza infinita, tale da fargli governare il mondo intero", si interruppe Hemdall, per rispondere al figlio di Hyoga.

"Io sono stato riportato in vita come premio per la mia lealtà ad Odino, ma per me non fu un dono ritornare ad Asgard, dopo essermi macchiato di aver dato inizio all’ultima guerra. Sono di nuovo qui, però, quindi compierò ancora il mio dovere, finché il destino non vorrà riprendere il mio corpo in cielo. Solo persone degne valicheranno questo ponte e tu non ti sei ancora dimostrato tale", urlò infine Hemdall, sfidando Bifrost a farsi avanti.

I due sfidanti si scontrarono a pochi passi dal potente arcobaleno, il cosmo del god warrior riuscì ancora una volta a confrontarsi con la forza fisica del custode divino.

"Bifrost non mollare", urlò all’improvviso Helyss alle spalle del guerriero del Nord, "No, non mollo", ribatté il fratello di Alberich espandendo ancora di più il suo cosmo, così da far barcollare indietro il dio del nord.

Hemdall mosse due passi indietro nella neve, ma il terzo fu un passo nel vuoto, che portò ambedue gli avversari a perdere l’equilibrio, cadendo nel baratro.

"No, Bifrost", urlarono tutti spaventati.

I cavalieri corsero subito verso il burrone e videro i due contendenti appesi nel vuoto. Bifrost aveva conficcato la spada nella nera roccia della collina, mentre con l’altra mano sosteneva il suo avversario.

"Lasciami andare, cavaliere", urlò Hemdall, "sono un dio, mi è facile risalire, tu invece morirai se non usi ambedue le mani", spiegò la divinità.

"No, sommo Hemdall, non ho mai avuto intenzione di ferirti, nemmeno minimamente", ribatté il cavaliere del Nord, "Intanto hai prodotto una terza scheggiatura al mio corno", lo schernì in risposta il dio.

Hemdall lasciò la presa e si gettò nel vuoto, "Non posso lasciarti morire, sommo Hemdall", urlò Bifrost, gettandosi verso il dio, nello stupore generale.

I due corpi scomparvero nel vuoto.

Tutti erano come paralizzati dal dolore, Helyss cadde in ginocchio e come lei gli asgardiani presenti, finché un’esplosione cosmica inaudita non rapì le loro menti.

Hemdall apparve sul ponte arcobaleno, Bifrost era accanto a lui.

"Credevi che sarei voluto morire così?", chiese il dio, "Il mio cosmo ci ha riportati qui, volevo solo vedere fin dove arrivava la tua fede e la tua stupidità", spiegò la divinità.

"Ora andate", ordinò la divinità, oltrepassando il gruppo di cavalieri.

"Ci lasci passare?", domandò Freiyr perplesso, "Si, ciò che volevo lo ho ottenuto", rispose Hemdall.

"Cosa volevi, sommo custode del ponte?", chiese stupito Bifrost.

"Sai perché ti è stato dato questo nome, cavaliere di Asgard?", domandò il dio al suo avversario, senza rispondere alla sua domanda.

"Mia madre mi ha detto che vide l’arcobaleno quasi entrare nella stanza in cui mi stava partorendo", rispose il god warrior, "mi ha dato per questo motivo il nome del sacro ponte".

"Si, so perfettamente il motivo, sono stato io a condurre un’immagine di Bifrost fin nella stanza dove tu sei nato", ribatté sorridente Hemdall, il suo sguardo era diverso, era quieto e preoccupato insieme, percepiva un pericolo lontano.

"Perché lo hai fatto?", affermò stupito Bifrost, "Ho una speranza, che l’uomo del casato Megres di cui parla un’antica leggenda sia proprio tu", esordì il dio.

"Quale leggenda?", ribatté Helyss, incuriosita dal discorso, "Una leggenda secondo cui il mio casato salverà Asgard da un nemico futuro, seppur non si sa se sia solo un vaniloquio di qualche mio vecchio antenato un po’ pazzo", spiegò Bifrost.

"Credo che sia tu quell’uomo, cavaliere, per questo ho sempre seguito i tuoi movimenti ed ora ho deciso di agire, affinché tu scoprissi il cosmo ultimo e lo potessi utilizzare non casualmente, ma coscientemente", spiegò il dio, avvicinandosi al god warrior.

"Sono pur sempre Hemdall, il protettore di Bifrost", affermò la divinità, appoggiando la mano destra sulla spalla del guerriero di Megrez. I due avversari di pochi minuti prima si sorrisero.

"Ora andate, i titani si avvicinano, dovete sbrigarvi. Thor e Balder vi aspettano, se vorranno, scoprirete ciò che vi interessa, nel frattempo, io impedirò che quei pagliacci dalle armature bianche varchino il sacro ponte", ordinò il divino custode.

"Dove sono?", domandò Camus, mentre Aiace e Reptile aprivano la strada lungo il ponte.

"Vedo una prima fila di guerrieri a meno di mezz’ora, ma il grosso dei nemici si trova ad un’ora da qui, dovrete sbrigarvi, non so quanto ci vorrà per interloquire con i due figli di Odino", queste furono le ultime parole che il dio Hemdall rivolse al cavaliere dell’Acquario, prima che anche lui oltrepassasse il ponte Bifrost, chiudendo la fila di cavalieri diretti ad Asgard, il regno degli dei.