Capitolo 1: La seconda Adunata

"Odeon, Obbuan, si stanno svegliando", sussurrò la voce di una donna vicino a Rhadamantis e Myokas, l’uno sdraiato accanto all’altro. I due riconobbero Botan del Cancro, sacerdotessa d’oro di Atene.

"Quanto ho dormito stavolta?", domandò perplesso il judge di Wyburn, ricordando la battaglia con il centimane e la morte di Gordon del Minotauro, "Poco, spectre di Hades, soltanto un giorno", gli rispose Obbuan, ponendo le sue mani sul ventre del guerriero sdraiato.

Rhadamantis sentì nuova vita e una grande potenza rinascere in lui, "Non sei l’unico, spectre, ad essersi ripreso in poco tempo, tutti siete ormai in piedi, sia coloro che come te erano ancora degenti, sia i feriti tornati da lunghi viaggi. Purtroppo però ci sono dei caduti che più non torneranno fra noi", spiegò l’anghellos del Caduceo, allontanandosi dal judge.

"Quanti spectres sono caduti?", domandò Rhadamantis rialzandosi, "Credo sia più facile chiedere in quanti sopravviviamo", ribatté una seconda voce.

Il judge si voltò e vide Minosse seduto alla sua destra, "In quanti?", ripeté perplesso lo spectre di Wyburn, "Solo io, te e Lune", tagliò corto il guerriero del Grifone, "Ed Aiace?", balbettò il primo, "Caduto, per mano di una titana", rispose il secondo.

"Grazie, Odeon, hai curato anche l’egiziano?", domandò nel frattempo Myokas al suo vecchio compagno d’allenamenti, "Si, tutti voi siete stati curati", confermò il cavaliere del Leone, "da me, da Obbuan e da un aiuto esterno ed inaspettato", concluse il santo d’oro.

"Aiuto esterno?", domandò perplesso il cavaliere del Sagittario, "All’Adunata capirai", rispose semplicemente Odeon, con un sorriso sereno sul volto.

Anche Anhur di Selkit, guerriero egizio ed alleato dei cavalieri olimpici, si svegliò in uno dei soffici letti che i due guaritori avevano riservato a quell’alleato ferito.

"Dove mi trovo?", domandò "Queste sembrano essere le caverne dei fabbri di Efesto", gli rispose una voce nota.

Il cavaliere si voltò e vide alla sua destra Sed di Vepvet, con indosso alcuni vestiti egizi e la sua maschera integrale a forma di sciacallo, "Dove si trovano le tue vestigia?", fu la nuova domanda del comandante dei Pharaons.

"Quei fabbri hanno preso le nostre vestigia, oltre a quelle di tutti i cavalieri greci e degli altri loro alleati, così da poterle lavorare con non so quale dono di una divinità nordica", cercò di spiegare il guerriero dalla Maschera di Sciacallo.

"Perché gliele avete date?", tuonò Anhur, cercando di alzarsi, "Non prendetela con me, è stata Sekhmet, sembrerebbe aver sviluppato una certa fiducia verso questi cavalieri", spiegò Sed, "La fiducia e la stoltezza credo che siano due cose diverse", ribatté il Pharaon dello Scorpione, prima di alzarsi.

"Non dovresti alzarti così presto, guerriero egizio", esordì Obbuan, avvicinandosi ai due Pharaons, "Chi sei tu?", domandò Anhur, "Mi chiamo Obbuan, anghellos del Caduceo ed uno dei due uomini che ti hanno curato", si presentò il messaggero di Ermes.

"Bene, dottore, posso alzarmi?", lo schernì Anhur, "Sei ancora piuttosto debole, non so che scontro abbia tu avuto con Myokas, ma vi siete ridotti piuttosto male", ribatté l’Anghellos.

Il muscoloso egiziano non ascoltò il parere di Obbuan, "Sed, aiutami ad alzarmi", ordinò al Pharaon con la maschera: così Anhur si alzò in piedi ed insieme all’allievo di Anubi raggiunse la sala in cui Sekhmet dialogava con alcune guerriere.

Erano in quattro, una di esse, sia Anhur sia Sed la conoscevano, era Awyn.

Le altre due guerriere avevano vestigia diverse fra loro, una completamente bianche, l’altra con vestigia di variopinto colore e lunghi capelli violacei.

"Dunque, ognuna di voi porta la maschera per motivazioni diverse?", domandò Awyn della Vite alle sue tre interlocutrici.

"Si, presso noi sacerdotesse guerriere la maschera è un simbolo di forza, la nostra rinuncia alla femminilità, malgrado sia io sia mia sorella abbiamo perfezionato le maschere, così da renderle quasi identiche ai nostri volti", spiegò Helyss del Pittore.

"No, per noi amazzoni è diverso, la maschera è il simbolo della nostra potenza, solo le comandanti del nostro esercito possono indossare maschere", spiegò Elettra del Cavallo.

"La maschera per me, unica donna fra i Pharaons, non è né un simbolo di potenza, né di virilità, semplicemente quasi tutte le nostre armature sono caratterizzate da maschere di questo tipo", spiegò Sekhmet, seduta in maniera felina, all’improvviso, però, Anhur e Sed richiamarono la loro compagna d’arme, per poterle parlare.

"Dimmi, comandante?", domandò la guerriera di Bastet, "Perché hai dato le nostre armature ai guerrieri olimpici?", tuonò Anhur, "I fabbri di Efesto si occuperanno di ripararle e rinforzarle", spiegò Sekhmet.

Un cosmo impetuoso e violento riempì la stanza, ammutolendo i tre Pharaons, "Se non ti fidi dei nostri abili seguaci del Grande Fabbro, nobile guerriero egiziano, allora potrai vedere tu stesso le loro capacità, poiché dopo l’Adunata vi ridaranno le armature", esordì un uomo di circa quarant’anni con una profonda cicatrice sul volto.

"Chi è costui?", balbettò stupito Anhur, "Mi chiamo Ikki e sono il santo della Fenice Divina", si presentò il bronze saint, "Vi prego di seguirmi, mancate solo voi e pochi altri per l’adunanza", concluse uno dei due ultimi cavalieri divini.

I tre guerrieri egizi entrarono in una grande sala, alla fine del lungo corridoio centrale che caratterizzava quella grotta.

Lì, i tre, trovarono decine di giovani di diverse età, ognuno seduto in un punto diverso intorno ad un immenso tavolo rotondo e tutti senza armatura.

"Prego, Anhur, accomodati qui", lo invitò Myokas di Sagitter, seduto accanto ad un guerriero monco.

"Costui è Neleo di Hammerfish, comandante dei Mariners di Nettuno", affermò il santo d’oro, presentando il fabbro al Pharaon, "mentre lui è Anhur di Selkit, comandante dell’armata egizia sacra al dio Ra", concluse Myokas.

Quando la sala si riempì, tutti videro entrare Hyoga, Ikki ed una fanciulla, le uniche tre persone con armature indosso.

La ragazza aveva lunghi capelli biondi ed occhi rossi come il fuoco. Le sue vestigia ricordavano sotto molti aspetti quelli del Cavaliere della Fornace, ma allo stesso tempo erano diverse, poiché i gambali si slanciavano con eleganza lungo le sinuose forme della fanciulla di circa 15 anni. La copertura del corpo si allungava lungo la sua figura come una fiamma, che iniziando dalla cinta arrivava fino alle spalle. Le difese per le braccia erano simili a quelle delle gambe, mentre sulla testa portava una corona, anch’essa rossa e dorata. Un lungo mantello del medesimo colore le copriva la schiena.

"Cavalieri, vi prego, presentatevi", esordì Hyoga del Cigno Divino.

"Il mio nome è Myokas, cavaliere d’oro del Sagittario e rappresentante dei santi d’Atena, rimasti in 19, considerando anche voi due, venerabili cavalieri divini", si presentò l’allievo maggiore di Seiya.

"Io sono Neleo di Hammerfish, comandante degli ultimi 4 mariners di Nettuno rimasti", esordì il fabbro dal martello d’oro.

"Sono Freiyr di Dubhe, principe ereditario e primo cavaliere di Asgard, comando gli ultimi 4 god warriors ancora in campo", si presentò il figlio di Siegfried e Hilde.

"Adtula del Leone, custode della Spada, è il mio nome, insieme a Jenghis dell’Avvoltoio siamo gli unici due bersekers sopravvissuti", si presentò il custode dell’Arma di Ares.

"Sono Shuren della Corona ed insieme a Clio delle Muse, rappresentiamo gli unici Astri di Apollo ancora in vita", esordì il primo guerriero del dio Sole.

"Noi, Joen del Pavone e Connor del Falco, siamo gli unici due Goshasei rimasti, al servizio di Era e dei quattro membri della famiglia regnante di Cartagine ancora vivi", esclamarono all’unisono i due guerrieri sacri alla Regina degli dei.

"Io, Edoné del Flauto, allieva dell’oracolo di Tebe, Dafne, sono, insieme ad Obbuan del Caduceo, uno dei due Anghellos di Ermes rimasti", spiegò la messaggera di Ermes.

"Io, Nifer di Arge, sono uno degli ultimi due Fabbri di Efesto rimasto, insieme a mio fratello Sial di Sterope", si presentò l’abile lavoratore di metalli.

"Sono Awyn della Vite, unica rimasta fra gli ebri di Dioniso", affermò con tristezza l’ultima baccante.

"Sono Merope del Cervo, divenuta comandante delle ultime tre Amazzoni rimaste", si presentò la più muscolosa fra le seguaci di Artemide.

"Io, Rhadamantis di Wyburn, rappresento gli ultimi tre spectres rimasti in vita", affermò il judge di Hades.

"Il mio nome è Anhur di Selkit, provengo dal lontano Egitto ed insieme a questi miei due guerrieri rappresentiamo l’alleanza tra il dio Ra, nostro signore, e voi cavalieri olimpici", esordì il comandante dei Pharaons.

"Noi siamo Suzaku e Seiryu, due dei tre Beast Keepers ancora vivi, inoltre siamo stati allievi di Ikki e Shiryu, e rappresentiamo l’alleanza tra Oriente e cultura greca", esordirono per ultimi i due guerrieri asiatici.

"Cavaliere del Cigno", affermò poi Rhadamantis, "Chi è quella ragazzina?", domandò, "E dove sono finite le nostre armature?", aggiunse Anhur, "Ma soprattutto, zio, come agiremo per eliminare completamente Urano?", continuò Freiyr.

"Tempo al tempo, cavalieri, ognuno di voi riceverà delle risposte alle proprie domande, ma prima, permetteteci di spiegarvi cosa è successo in questi due giorni", tagliò corto Ikki, prima di invitare la guerriera dalle rosse vestigia a sedersi alla destra di Hyoga.

Il santo del Cigno e quello della Fenice erano al centro degli sguardi, vicino a loro, i loro rispettivi figli: Esmeria, Kain ed Abel, per Ikki, e Camus per Hyoga, oltre alla misteriosa ospite.

"Ieri mattina voi tutti vi divideste in quattro gruppi, lasciando qui i più gravemente feriti. Ogni gruppo riuscì ad incontrare le divinità ricercate, ma allo stesso tempo avete scoperto che anche i titani cercavano queste divinità. Dopo diverse peripezie avete sconfitto tutti i titani che vi hanno affrontato, eccetto Bianca, l’unica ad essere sopravvissuta dei titani che Urano aveva mandato presso le diverse divinità.

Sembrerebbe che solo 12 dei suoi potentissimi seguaci siano rimasti all’Arcano Dio, ma malgrado ciò ricordiamo che fra loro vi sono i suoi titani più potenti, quindi non gioiamo eccessivamente", iniziò il santo della Fenice Divina.

"Ci puoi dire qualcosa che non sappiamo", lo schernì Minosse, ma Ikki lo ammutolì con uno sguardo.

"Ogni gruppo ha perso dei membri, ma allo stesso tempo avete trovato nuovi alleati: il dio Balder ad Asgard, Endimon, l’ultimo Pretorian a Cipro; i Pharons in Egitto; le Indù Army ed i Beast Keepers in Asia. Oltre a loro, avete trovato anche ciò che serve per l’antico rito del Comando e grazie agli oggetti che avete recuperato, potremo combattere e vincere Urano", sentenziò il cavaliere divino, colpendo il tavolo con un pugno.

"Bene, Ikki, ora parliamo di ciò che ancora non sapete, cavalieri", affermò freddamente Hyoga, invitando il suo amico a sedersi.

"Ascoltatemi attentamente, cavalieri", esordì il santo del Cigno, sorridendo ai suoi ascoltatori.