Capitolo 19: Abbracciare il destino

"In dieci hanno varcato il regno dei Morti egizi, ma adesso solo in sette mi sono presentano come nemici, eppure voi, che fin qui siete sopravvissuti, dovreste aver capito quale grande potere abbiamo noi seguaci di Urano, ormai non più distinti in comandanti, ma in dei servitori", esordì l’ultimo titano rimasto a fermare gli spectres ed i guerrieri egiziani.

"Suppongo che solo i due ancora illesi saranno i miei avversari", affermò con voce cupa e profonda il nemico, "Ebbene mi presento, sono Oberon, divinità nordica, un tempo, ed ora seguace di Urano e suo dio dell’Oltretomba, dopo aver ucciso Hades", concluse freddamente l’Oscuro titano.

"Tu sei l’assassino del signor Hades? Bene, preparati a pagare, vile eretico", ringhiò Rhadamantis, avanzando verso il nemico, "Aspetta, judge di Wyburn, ti darò una mano in questa battaglia", esordì Anhur, avanzando insieme al comandante degli spectres.

"Greatest caution", urlò all’improvviso Rhadamantis, senza attendere il comandante dei Pharaons, e scatenando il proprio vortice di fuoco contro l’assassino di Hades.

"Specchio Nero", affermò freddamente il titano Oscuro, sollevando le sue invincibili difese.

Come già era avvenuto a Hades, anche il suo servitore vide il proprio attacco tornare verso di lui, "Spostati, spectre", ordinò Anhur di Selkit, ponendosi dinanzi all’alleato e deviando il colpo con le chele, che gli proteggevano le braccia.

"Hai ottime difese, titano, ma non pensare che ciò ti aiuterà, nessun attacco ha mai superato prima d’ora le chele di Selkit che mi coprono le braccia", esordì il Pharaon, preparandosi ad entrare nello scontro.

"Guerriero egizio, ti ringrazio, ma questa è una mia battaglia", ribatté Rhadamantis, tirando indietro Anhur, ma il Pharaon si voltò verso lo spectre, gli sorrise da sotto la maschera che ne copriva gli occhi, quindi lo colpì allo stomaco con un diretto, "Mi dispiace, judge di Wyburn, ma chi fra noi deve cadere cercando i punti deboli del nemico sono io", spiegò il guerriero egiziano, mentre l’alleato lentamente sveniva.

Anhur sorrise al nemico, "Affronti la morte con un sorriso, bene, sono lieto di averti incontrato", affermò cupamente Oberon, rimasto fino ad allora silenzioso, "Non cerco la morte, ma come mi insegnò il grande Horus, non la si deve nemmeno fuggire, se arriva affrontala con coraggio", spiegò l’egiziano, "Per queste sagge parole ti ucciderò senza farti soffrire", spiegò serenamente il titano, "Preferisco vivere", ribatté il Pharaon di Selkit, preparandosi alla battaglia.

Oberon scosse la testa, "Stupidi umani", sussurrò cupamente.

"Vocina bassa, preparati a subire la cuspide di Selkit", esordì beffardo Anhur, "Black fire needle", urlò poi, "Specchio Nero", ribatté il titano freddamente e cupamente, alzando le difese oscure, che deviarono l’attacco dell’egiziano.

Anhur rimase stupito dalla potenza della difesa nemica, ma non fu colpito, poiché riuscì a muovere le braccia abbastanza velocemente da deviare i colpi del nemico con le chele.

"Rinunci?", domandò cupamente Oberon, "Mi dispiace, ma il volere del grande Ra è che noi Pharanos tentiamo di fermarvi", rispose il guerriero egizio, "e se non ci riesco con le tecniche di Selkit, allora utilizzerò un metodo più sbrigativo", sentenziò in seguito, gettandosi contro il nemico oscuro.

Una serie di pugni e calci partì dal possente comandante dei Pharaons, ma Oberon sembrò non subire nemmeno i colpi del guerriero egizio, "Faretra nera", sussurrò all’improvviso il titano Oscuro, mostrando l’arma che già aveva colpito Hades.

Oberon cercò di colpire Anhur con un veloce movimento dell’arma, ma il guerriero di Selkit sollevò le chele, così da parare il fendente dell’arma, "Sembrerebbe che negli scontri corpo a corpo ci eguagliamo", esclamò l’egiziano, scattando indietro.

Oberon non ribatté, ma una freccia apparve sul suo nero arco, il titano tese la corda e scoccò il dardo.

Anhur sollevò le chele a propria difesa, ma accadde qualcosa che non si sarebbe aspettato: l’armatura che copriva il braccio destro andò in pezzi, lasciando che la nera freccia perforasse l’arto del guerriero egizio.

"Non ti devi sorprendere che la chela di cui tanto ti vanti sia andata in pezzi, ma che il braccio sia ancora attaccato al corpo", spiegò freddamente Oberon, "questi neri dardi sono stati capaci di distruggere la spada di Hades, quindi il minimo è che ti frantumassero le vestigia.

Voi stupidi mortali, inconsapevoli della fievole vita, correte avanti ed indietro, agitandovi nella speranza di sconfiggere la morte, o almeno di allontanarla, quando non capite che l’unica certezza per qualsiasi essere, persino per le divinità, è morire, neppure Hades, signore della Morte, è riuscito a scappare al suo terribile abbraccio", affermò cupamente il titano Oscuro.

"Anche tu sei pronto ad abbracciare la morte?", esordì all’improvviso una voce alle spalle di Anhur, "Certo, tutti debbono accettare questa realtà", rispose freddamente il titano.

"Bene, allora, preparati ad accogliere questo tuo credo", ringhiò Rhadamantis, rialzatosi in piedi, "Non credere che i tuoi pugni, guerriero egizio, siano sufficienti contro la mia surplice, rinata con il sangue di Hemdall", esclamò quietamente il judge di Wyburn, alzandosi in piedi

"Sangue divino, ecco cosa ha salvato il tuo braccio, cavaliere", esordì Oberon, riflettendo, "Ma ora che so ciò non vi permetterò di salvarvi di nuovo", spiegò l’Oscuro titano, nascondendo la faretra.

"Silenzio, assassino", ribatté Rhadamantis, scatenando di nuovo il proprio colpo, la "Greatest caution".

Ancora una volta, il titano deviò l’attacco nemico contro colui che lo aveva scatenato, ma stavolta lo spectre evitò il proprio colpo con un salto, arrivando dinanzi al servitore di Urano.

La maschera funebre che copriva il volto di Oberon brillò di una luce quasi nera, "Oscuro Signore", invocò la voce, ancora più gelida e distante, del comandante di 1° grado.

Rhadamantis si sentì paralizzare, una fortissima corrente sembrava scorrere nel suo corpo, cercando di fuoriuscire dalla sua bocca, lo spectre cercò in tutti i modi di fermare quella potente energia, che lo dilaniava dall’interno, ma all’improvviso la forza gli venne meno ed egli si sentì cadere.

"Che cosa sono quelli?", urlò stupefatto Anhur, il cui braccio destro sanguinava copiosamente, anche Oberon emise un urlo stupefatto nel notare che il suo colpo era stato parato da qualcosa.

Circa cento piccole fiammette roteavano a spirale fra Rhadamantis ed il suo avversario, "Che cosa ci fanno queste anime qui dinanzi?", balbettò l’Oscuro titano, "Sono le anime dei nostri soldati, Aiace le guida", esclamò stupefatto, fra le lacrime, Minosse, "Persino sotto questa forma combattono?" balbettò Sekhmet, osservando stupefatta lo scorrere della battaglia.

Il judge di Wyburn si era intanto ripreso e delle lacrime scorrevano sulle sue guance, "Tu parli di abbracciare la morte, titano, ma in questa settimana ho potuto osservare molti uomini capaci di vincere, abbracciando il loro destino di esseri mortali", esordì lo spectre.

"Queen di Arlune, Valentine, Shilthead, Gordon, Lune, Fregias e tutti gli altri spectres caduti in questa settimana di battaglie, tutti erano certi del loro destino, sono secoli che noi guerrieri di Hades rinasciamo per poi cadere, ogni volta sempre più speranzosi di vincere contro i sacri guerrieri di Atena, però, in questa mia nuova vita ho potuto scoprire il sacrificio, qualcosa di cui finora ero inconsapevole.

I santi di Atena sono pronti a grandi sacrifici, un uomo me lo insegnò vent’anni fa, Kanon di Gemini era il suo nome ed egli mi sconfisse, sacrificando la vita.

Quando tornai in vita, un mese fa, durante tutto il periodo in cui organizzai le armate delle Prigioni profonde, durante la battaglia in cui i miei fidati soldati diedero la vita per salvarmi, durante lo scontro nelle fucine dei fabbri, per tutto questo tempo mi fu difficile capire la vera natura del sacrificio.

Il significato di questo gesto me lo ha spiegato proprio un santo d’oro, il cavaliere del Leone, e tu parli del destino di morire? Il vero destino è l’uomo a crearselo, sacrificando volontariamente la vita per vincere una battaglia, o più semplicemente per aiutare i propri compagni.

Osserva queste anime che ruotano fra di noi, essi erano spectres, 106 anime sono qui fra noi, pronte a rischiare anche l’immortale memoria che Hades ci concesse nella notte dei tempi, solo per me, che fui, sono e sarò uno dei loro comandanti", Rhadamantis strinse la presa sulle braccia dell’Oscuro titano, "Ma come possono essere qui?", si ripeté Oberon.

"Qualcuno, servo di Urano, mi ha spiegato che l’Oltretomba è un’unica dimensione, aperta su diversi piani, ebbene questi grandi guerrieri sacri a Hades, le cui anime sono protette dal suo potere immortale sono riuscite a raggiungerci e proteggermi", spiegò il comandante degli spectres.

"Puoi anche avere tutti gli aiuti che vuoi, mortale, ma non mi batterai, poiché la tua energia cosmica è fievole", esordì quietamente Oberon, "Al contrario, c’è un abisso fra me e te ed una motivazione su tutte spiega perché tu non mi batterai mai", ribatté Rhadamantis.

"Che vuoi dire?", domandò il titano, lasciando traspirare lo stupore nella sua voce, "Io Rhadamantis di Wyburn, comandante superiore delle prigioni profonde non sarò mai battuto definitivamente da un servitore di Urano, in nove reincarnazioni solo i santi d’oro di Atena sono riusciti a sconfiggermi e tu, non sei uno di loro", urlò furiosamente lo spectre, colpendo con un diretto al volto Oberon.

L’Oscuro titano barcollò indietro, lasciando la presa sul guerriero di Hades, una crepa apparve sulla maschera funebre del nemico, che andò subito dopo in pezzi, mostrando il volto dilaniato dell’assassino di Hades, ora ferito e quasi certamente sconfitto.

"Sembrerebbe che anche tu sia arrivato vicino alla morte", esordì beffardo Jenghis dell’Avvoltoio, "Questi sono i segni della mia sottomissione ad Urano ed al supremo comandante delle armate dei titani", spiegò Oberon, la cui voce sembrava più sottile e calda senza la maschera.

"Vent’anni fa incontrai il supremo comandante dei titani, egli mi sfidò per fare di me una sua vittima ed i miei poteri di allora, di misera divinità nordica, non mi aiutarono in quella battaglia, dove i feroci colpi del titano mi produssero questi segni sul volto, ma egli non mi uccise, poiché sentì quelle parole che voi criticate, anzi mi disse che avrebbe fatto di me un comandante dell’esercito di Urano", raccontò Oberon, "Dunque per una sconfitta hai accettato di tradire le divinità nordiche in favore di Urano?", ribatté Sekhmet.

"No, donna, accettai di seguire l’antico dio perché tutte le divinità gli sono figlie, quindi lo seguii con piacere, essendo lui il vero padre di tutti gli dei e l’unico ad avere in mano i destini di tutti", rispose seccamente l’assassino di Hades.

"Mi sembra di avertelo già spiegato, titano, solo noi decidiamo il nostro destino", esordì Rhadamantis, ponendosi dinanzi al nemico, "Alza le tue difese, perché ora subirai il mio colpo", lo sfidò lo spectre.

"Non hai ancora capito che lo scontro finisce così? Tu non puoi battermi, lo <Specchio Nero> te lo impedirebbe, ed io non posso rubare la tua anima, ma ho ancora un’arma", spiegò il titano, sollevando la "Faretra Nera", "No, mi dispiace contraddirti, Oberon, ma la ferita sul mio braccio mostra che nessuna difesa è invalicabile", ribatté Anhur, avvicinandosi al judge di Wyburn.

"Se non ti dispiace, combattiamo insieme", propose il Pharaon di Selkit, "Va bene", accettò Rhadamantis.

I due guerrieri dalle scure vestigia si prepararono all’attacco, "Greatest caution", invocò il comandante degli spectres di Hades, "Furia Guerriera", aggiunse il comandante dei Pharaons di Ra.

I due vortici di fuoco volarono verso l’Oscuro titano, "Specchio Nero", invocò quietamente il nemico, alzando le sue difese.

I colpi cozzarono contro la potente difesa, sembrò quasi che dovessero tornare indietro, decretando la morte dei loro creatori, ma accade qualcosa, mentre Anhur e Rhadamantis espandevano i loro cosmi: le 106 anime brillarono di una luce più intensa e con loro anche diversi fuochi fatui si animarono nell’Oltretomba egizio.

"Le anime degli spectres soccorrono Rhadamantis", esordì Minosse, congiungendo il proprio cosmo a quello del suo parigrado, "Gli spiriti dei morti", esclamò stupefatto Sed, rialzandosi, "sono tutti pronti a soccorrere Anhur e lo fanno", affermò stupefatto.

I cosmi dei due comandanti furono supportati da centinaia di cosmi di esseri morti negli anni ed insieme riuscirono a distruggere lo specchio di Oberon, colpendo in pieno il titano.

L’oscuro guerriero volò in aria, per poi ricadere a terra fra le fiamme dei colpi nemici.

Quando l’incendio si placò, le vestigia di titanio erano ormai in cenere ed anche il corpo dilaniato di Oberon era ormai incenerito.

"Ora, Sed, inizia il rito di Ra", ordinò Anhur, appoggiandosi a Rhadamantis, "Siamo stati bravi, vero spectre?", domandò poi, "Si, te la sei cavata, egiziano", concordò il judge di Wyburn, rilassandosi dopo la battaglia, "Anche tu, ormai inizio ad apprezzarvi, guerrieri greci, tu e Myokas mi avete dimostrato che non siete tutti degli effeminati artisti che combattono di rado", affermò soddisfatto il comandante dei Pharaons.

Mentre i due guerrieri dalle nere vestigia scherzavano, quasi dimenticandosi della battaglia appena combattuta, Sed di Vepvet innalzava arcani e poco suadenti versi nell’antica lingua dei faraoni con voce maestosa e superba, richiamando a se il rito della Non Morte.