Capitolo 13: Muri offensivi e difensivi

Un gruppo di nove persone era riunito dinanzi alla sponda di un fiume, circondato da un gran muro d’alberi, "I cavalieri sono riusciti quindi a superare i messaggeri ed i soldati, non sono così deboli come pensavamo", rifletté un uomo coperto da un mantello, che portava una spada alla cinta.

"Non lo pensavamo per niente, Nuada", ribatté una figura nascosta da un saio bianco, che si rivelò essere Arawn, per i suoi occhi rossi come il sangue, "Piuttosto, dove sono Belenos e Cernunnos?", incalzò lo sciamano dallo sguardo temibile.

"Suppongo che siano rimasti nelle due zone in cui erano in quest’Isola, quindi saranno i più fortunati, poiché incontreranno per primi i nostri nemici", ribatté l’immensa figura nascosta dal mantello argenteo che si ergeva accanto allo spadaccino.

"Tranquillo, Taranis, avrai anche tu la possibilità di combattere", esclamò allora Arawn, "poiché vorrei proporre al nostro saggio comandante Dagda di dividerci in tre schieramenti", spiegò lo sciamano.

"Che intendi dire?", incalzò il comandante dei guerrieri celtici, "Semplice, mio signore", esordì il Tree Monk dagli occhi rossi, "Belenos, Cernunnos ed uno dei formidabili guerrieri qui presenti costituiranno la prima difesa, poi gli altri guerrieri si disporranno sulla strada principale, mentre noi quattro sciamani restanti ci divideremo sui due lati, in coppie, per attaccare nel modo migliore questi nostri avversari", propose Arawn.

Tutti guardarono lo sciamano e solo Ogma sembrò perplesso da questo piano, ma, proprio quando stava per esporre le sue obbiezioni, Dagda parlò: "Mi sembra un buon piano", affermò con tono un po’ dubbioso il comandante dei monaci degli Alberi, "non credi, Ogma, amico mio?", domandò poi.

"Chi sono io per oppormi a voi, mio signore", rispose diplomaticamente l’anziano sciamano, chinando il capo.

"Bene, allora ci divideremo così come ha proposto Arawn", ordinò Dagda, "Se posso aggiungere un’altra cosa, mio signore, proporrei che siano Ogma, Gwyddyon e Nuada le ultime tre difese del muro posto a sua protezione, mio comandante", aggiunse lo sciamano dagli occhi rosso sangue.

Nuovamente la proposta fu accettata.

"Macha, vai lungo la strada dei grandi alberi, io seguirò a ritroso il corso del fiume che bagna questo lago sacro", ordinò poi Arawn alla sua allieva.

"Rhiannon, mi accompagni dai nostri nemici?", chiese nel frattempo Taranis alla guerriera a cavallo, la quale accettò.

"Io, Nuada, li attenderò dove gli alberi sono più spessi lungo la strada", affermò infine l’altra guerriera, Ceridwen, allontanandosi lungo la strada con gli altri guerrieri.

Nessuno si accorse del brillare delle acque in cui rimaneva nascosto il dio che li guidava.

Il gruppo di santi di Atena, Generali dei Mari e guerrieri di Asgard raggiunse una strada incredibilmente grande.

Sembrava un corridoio simile a quello che avevano appena oltrepassato, ma si espandeva per una grandezza dieci volte maggiore dell’altro, di cui gli alberi sembravano le mura, apparentemente inespugnabili.

"Credo sia saggio dividersi", esclamò allora Neleo di Hammerfish, "Lo pensi davvero, generale?", incalzò Myokas di Sagitter, "Si, cavaliere d’oro, poiché tre spedizioni hanno più possibilità di distruggere una singola difesa, con tre attacchi in punti di versi, piuttosto che con un unico attacco frontale", spiegò il comandante supremo dell’armata di Nettuno.

"Concordo anch’io con la proposta del Generale di Hammerfish", esordì allora Freiyr, re di Asgard.

I cavalieri d’oro si scambiarono degli sguardi veloci, "Si, ci divideremo in dei gruppi, va bene", esclamò Camus dell’Acquario, "Però è meglio che alcuni di noi si uniscano ai vostri", concluse il santo dell’Undicesima casa.

"Lo avrei suggerito anche io, cugino, difatti fra voi i cavalieri d’argento sono tutti stanchi, o feriti, mentre sia Bifrost sia Argo hanno riportato delle lievi ferite, oltre ad Odeon, che non gli permetteranno degli scontri al massimo delle loro potenzialità", rifletté il figlio di Siegfried, concordando con il santo d’oro suo parente.

"Io, Kano e Real ci uniremo a voi, generali dei Mari", propose Tok’ra di Virgo, "Credo sia la cosa più saggia", affermò, "Va bene, cavaliere della Vergine", affermò Reptile dell’Anaconda. "Seguiremo la strada che si disperde fra gli alberi, se siete tutti d’accordo", esclamò allora Neleo, indicando il tragitto con il proprio martello d’oro.

"Va bene, noi cavalieri d’oro, invece, insieme a Daidaros e Rabat, seguiremo la strada principale, affrontando frontalmente il nemico", concordò Myokas di Sagitter.

"A noi, guerrieri di Asgard, quindi resta da seguire il corso del fiume", concluse Skinir, indicando un piccolo fiumiciattolo che sembrava aprirsi dalle querce alle loro spalle.

"Si, cavaliere di Alioth, ed io, Helyss e Zadra, saremo con voi lungo questa strada", rispose Camus dell’Acquario, "E vi sarò anche io", aggiunse Golia del Toro, memore della passata avventura con quelli stessi guerrieri, quando incontrò il grande dio Thor e si poté confrontare con lui, durante la guerra con i titani di Urano.

I tre gruppi si divisero.

Il gruppo di asgardiani a cui si era unito Golia iniziò a seguire lo scorrere del fiume, osservando l’ambiente intorno a loro che mutava lentamente, dapprima spazi aperti e pianeggianti, poi una grande serie di alberi di vario genere, dal fico al nocciolo, passando per molte specie arboree a cui si erano ispirate le armature dei dieci nemici già sconfitti.

All’improvviso, però, l’ambiente sembrò mutare del tutto, gettandoli in un cupo inverno, in cui solo degli alberi di noce sopravvivevano.

"Questo clima è normale qui?", domandò il santo del Toro, sorpreso della scomparsa di quella brezza primaverile che li aveva seguiti fino a quel punto, "Non penso, ma nemmeno gli alberi di Noce dovrebbero essere qui", rispose sorpreso Skinir di Alioth.

"Esatto, allievo di Ogma, hai perfettamente ragione, ma il mio cosmo riconosce e non attacca l’ambiente circostante, se non è necessario", rispose una figura, apparendo dalla folta foresta coperta di neve.

"Chi è là?", domandò Helyss del Pittore, preparandosi allo scontro.

"Uno dei dieci esoterici al servizio di Dagda il grande, precisamente uno sciamano", rispose il nemico, mostrandosi con il proprio saio bianco, che subito si tolse.

L’armatura era verde, quasi tendente al colore dell’acqua. I gambali pieni di angoli spigolosi coprivano dalle ginocchia fino ai piedi, la copertura per il petto e la cinta era un tutt’uno con la forma di un triangolo capovolto, apparentemente. Le spalliere simili a code di serpente, che poi si sviluppavano lungo le braccia, coprendole completamente, fino a raggiungere le mani, dove si distinguevano chiaramente le teste del rettile.

Aveva una corporatura piuttosto asciutta, simile a quella di molti altri cavalieri, non portava niente sulla testa per nascondere i lunghi capelli azzurri, o il volto, dove due occhi viola erano incastonati. Il viso era piuttosto semplice e gelido, nessun sentimento sembrava trasmettersi dal suo sguardo.

"Mi chiamo Belenos della Noce se è questo che volete sapere", aggiunse poi.

"Belenos", ripeté allora Camus dell’Acquario, "Si, cavaliere, perché? Tu chi sei?", domandò allora il Tree Monk.

"Camus dell’Acquario è il mio nome, cavaliere d’oro il mio titolo in battaglia, signore delle energie fredde è l’eredità che mi ha lasciato mio padre, Hyoga del Cigno", si presentò il santo di Atena.

"Saresti il signore delle energie fredde?", incalzò allora lo scozzese, "Si, e so che tu sei il druido capace di controllare questa medesima potenza, lo ha detto Kataga, il tuo allievo", ribatté il figlio di Crystal, "Esatto, Belenos della Noce, Druido e maestro delle Energie Fredde", ripeté il nemico.

"Cavalieri, fate tutti un passo indietro, questo sarà il mio scontro", esclamò allora il cavaliere d’oro.

I due nemici espansero i loro gelidi cosmi e tutti poterono percepire la fredda brezza che tempestava quella zona, Helyss e Zadra, ambedue ferite piuttosto gravemente, iniziarono persino a tremare per il cambiamento di clima, finché il cosmo di Freiyr non le circondò, riscaldando loro e gli altri osservatori dello scontro.

"Attaccami per primo, Tree Monk della Noce, poiché sono stato io a sfidarti, ti concedo questo diritto che la cavalleria impone", esordì Camus dell’Acquario, preparando le proprie difese.

Belenos, che aveva appena aperto le braccia al di sopra della propria testa, in una posizione molto simile all’<Aurora Borealis> dei custodi del Mare Artico, ma alle parole del nemico, cambiò posizione, quasi sorpreso dall’estremo atto di gentilezza.

"Ti ringrazio di questa cortesia, cavaliere, seppur temo che ti sarà fatale, ma per onorare la tua lealtà, non ti ucciderò, bensì ti rinchiuderò in una fredda bara di ghiaccio, attraverso il mio animale guida", spiegò Belenos, sollevando il braccio destro proprio al di sopra della propria testa e subito dopo chiuse il pugno sinistro sul polso destro, così da congiungere le due teste di serpente rappresentate sull’armatura.

"Glacial Nadredd", esclamò subito dopo il Tree Monk.

Camus fu sorpreso da ciò che vide: un gigantesco serpente d’energia fuoriuscì dalla mano destra, aperta verso il cielo e si gettò addosso al cavaliere d’oro, che riuscì ad evitarlo con un salto laterale, ma proprio in quel momento, un secondo serpente di ghiaccio fuoriuscì dal pugno sinistro chiuso, bloccando alle gambe il santo dell’Acquario.

In pochi secondi ambedue i rettili d’energia gelida si contorsero intorno al corpo del loro nemico, per poi congiungere le loro teste al di sopra dello stesso, così da rinchiuderlo in una bara di ghiaccio.

"Molto leale, ma purtroppo non altrettanto veloce", rifletté il guerriero celtico, oltrepassando la bara che aveva costruito per il nemico.

"Non sottovalutare un cavaliere d’oro, è un errore che in troppi fanno", lo avvisò Helyss del Pittore, "Inoltre non sei l’unico a saper creare delle bare", aggiunse Bifrost di Megrez, avvicinandosi alla sacerdotessa d’argento.

"Siete determinati, cavalieri invasori, vi faccio i miei complimenti", ribatté il nemico celtico, "ma pur di farvi diventare tutti delle statue di ghiaccio, vi devo fermare, poiché questo ordina il mio signore Dagda a cui ho giurato eterna fedeltà molti anni fa, come tutti i miei compagni ed amici", spiegò il Tree Monk della Noce.

"Tu hai amici?", domandò beffarda Zadra, "Si, per quanto può sembrare assurdo ho degli amici, Gwyddyon, che mi prese sotto la sua ala protettiva, aiutandomi a migliorare le mie capacità e conoscenze; Kataga, giovane coraggioso che da me volle imparare, ed in qualche modo anche gli altri li considero degli amici, malgrado, forse, non sia nella mia natura mostrarlo, come non ho mostrato il rispetto ed il rammarico che mi ha causato uccidere un nemico così leale e pieno d’onore", rispose freddamente Belenos, sorprendendo tutti i presenti.

"Dato che hai detto ciò, druido, ti chiedo di arrenderti", esordì allora una voce alle spalle del Tree Monk della Noce.

Un rumore scosse la zona, la bara di ghiaccio stava andando in frantumi per il cosmo di Camus, incredibilmente più freddo ed impetuoso della sua prigione.

"Forse nella Scozia quello che tu sai controllare è reputato gelo, ma per me, allenatomi e cresciuto ad Asgard è un vento autunnale", furono queste le prime parole del figlio di Hyoga, fuoriuscito dalla prigione dei serpenti di ghiaccio.

"Parole pesanti per un nemico che è riuscito a sopravvivere solo al più misero e meno doloroso dei miei colpi, soprattutto grazie a delle vestigia dotate di grandi poteri", ribatté Belenos, voltandosi verso il santo d’oro.

"Si, parole pesanti, ma scaturite dall’esperienza, che se non ti arrenderai dovrò mostrarti", esclamò in tutta risposta Camus.

"Forza, fammi vedere", lo sfidò allora il Tree Monk, senza scomporsi tanto.

Il gelido cosmo del santo d’oro s’espanse, circondando l’ambiente circostante, "Ice fist", esclamò allora il figlio di Hyoga, scomparendo dalla vista di tutto, per riapparire, pochi secondi dopo, alle spalle del nemico.

Belenos fu visibilmente sorpreso, le sue braccia erano completamente congelate, "Sei veloce, forte e determinato, inoltre sei riuscito ad avvicinarti allo zero assoluto, i miei complimenti, cavaliere", esclamò lo sciamano.

"Ti arrendi quindi?", incalzò allora Camus, voltandosi verso il nemico, "Al contrario, ti ringrazio, non avevo mai provato uno stupore ed allo stesso tempo una preoccupazione tale, ma ti prego non sottovalutarmi come ho fatto con te", esclamò allora Belenos, frantumando i due pezzi di ghiaccio con il proprio cosmo.

Il vero scontro doveva ancora iniziare fra i maestri delle energie fredde.