Capitolo 14: Gelido cosmo e calde emozioni

I due nemici si osservavano, i loro cosmi gelidi producevano scintille ogni qualvolta entravano in contatto fra loro, mentre tutto intorno a loro si copriva sempre di più di neve e ghiaccio.

Nuovamente Belenos aveva aperto le braccia al di sopra del proprio capo e stavolta Camus aveva iniziato a concentrare il suo cosmo intorno a se.

"Questo sarà un vero attacco, cavaliere, preparati", esclamò il Tree Monk, espandendo il proprio gelido cosmo.

Sembrò quasi che delle nuvole si accumulassero alle spalle dello sciamano celtico, nuvole pronte a scatenarsi contro il santo dell’Acquario.

"Tempesta di Neve", urlò allora il guerriero della Noce, scatenando il proprio attacco.

Una fortissima tormenta di neve scaturì dalle spalle di Belenos, oltrepassando colui che l’aveva richiamata e dirigendosi verso il suo nemico.

Camus fece appena in tempo ad alzare le proprie difese, "Kolito", esclamò, sollevando gli anelli di ghiaccio intorno al proprio corpo, come unica difesa all’attacco nemico.

L’impatto fra la tecnica offensiva e la barriera difensiva fu fragoroso, un vento potentissimo scosse i capelli di Belenos e gettò a terra i cavalieri che osservavano lo scontro, Camus stesso fu spinto al suolo dall’impatto, un sottile strato di neve copriva le sue vestigia.

"Sono ancora pari", affermò Golia, che osservava lo scontro vicino a Freiyr, nelle posizioni meno riparate.

"Che intendi dire?", domandò con freddezza Belenos, "Che non hai osservato i tuoi capelli, avversario", rispose Camus rialzandosi.

Il santo d’oro era coperto di neve, ma gli fu facile scrollarsi di dosso la bianca copertura, non altrettanto facile fu per lui reggersi in piedi per la furia con cui si erano scontrati i due colpi.

Belenos dal canto suo notò con sorpresa che i suoi capelli erano diventati di ghiaccio all’estremità più bassa.

"Hai subito il colpo, ma allo stesso tempo con quella difesa resistente sei riuscito a restituirmi parte dell’attacco, complimenti", affermò lo sciamano della Noce.

"Inoltre ho scoperto il limite dei tuoi colpi", aggiunse seriamente Camus, "Che intendi dire?", esclamò il nemico, apparendo sorpreso.

"I nostri colpi si muovono tutti sulle energie fredde, che tendono a fermare, o almeno rallentare l’atomo, ma mentre io produco con il mio cosmo un vento gelido e dei cristalli di ghiaccio, tu sai sviluppare solo neve, meno compatta e quindi meno letale della mia tecnica", spiegò il santo dell’Acquario, preparandosi ad un nuovo attacco.

"Te ne prego, non mostrare alcuna pietà verso di me, come non ne ho mostrata io adesso", ribatté con gentilezza Belenos, il cui tono era ritornato gelido.

"Questa è la tecnica base che mio padre trasmise a tutti i suoi allievi", esclamò Camus, preparando il colpo che si scatena come la neve siberiana, "Diamond Dust", esclamò subito dopo, scatenando la Polvere di Diamanti.

Belenos sollevò di scatto le braccia, creando un freddo vortice d’energia a propria difesa, cercando di deviare l’attacco nemico, che nelle sue diverse forme aveva già superato molte difese persino più potenti di quella del Druido maestro nelle Energie fredde.

Difatti il Tree Monk della Noce fu scagliato al suolo con le spalliere congelate per il colpo del suo avversario.

Il guerriero celtico si rialzò quasi subito, ma nell’osservare le proprie spalliere rimase stupito egli stesso dall’effetto dell’attacco.

"Ti devo ringraziare, cavaliere", esclamò allora Belenos, sorprendendo tutti i presenti, "Erano ormai anni che ero riuscito a congelare quasi completamente i miei sentimenti, aveva dimenticato la tristezza, la rabbia, il dolore, la gioia, la paura, lo stupore, la curiosità e tutte le altre emozioni che di norma guidano i cuori. Solo la completa fede in Dagda e nell’ordine di cui ero membro mi facevano andare avanti, guidandomi lungo la strada delle energie fredde, ma ora che ti affronto, si risvegliano in me tutti i sentimenti.

Lo stupore, dinanzi al tuo potere, così vicino allo zero assoluto, la rabbia perché non riesco a produrti dei danni pari a quelli che tu mi fai, la curiosità di scoprire quanta differenza ci sia fra le nostre tecniche, il dolore, perché sono cosciente che uno di noi due non sopravvivrà a questa lotta, ma allo stesso tempo la gioia, perché finalmente ho trovato un avversario capace di scuotere il mio gelido cosmo", spiegò il Tree Monk della Noce con un gioioso sorriso sul volto.

"Hai congelato i tuoi sentimenti?", ripeté sorpresa Helyss.

"Si, sacerdotessa d’argento, è una lezione che anche mio padre cercò di trasmettermi", gli rispose allora Camus dell’Acquario.

"Più volte mi ripeté di congelare i sentimenti, l’unica via che avevo per raggiungere lo zero assoluto, che lui aveva scoperto proprio nello scontro con uno dei suoi maestri, il passato Camus di Acquarius", iniziò a ricordare il santo dell’Undicesima Casa.

"Ogni volta chiedevo a mio padre come fosse possibile che un uomo congelasse i propri sentimenti, poiché anche se riuscivo a disinteressarmi dei miei amici, non avrei mai potuto abbandonare lui, né mia madre, né mio fratello", affermò il santo d’oro in lacrime, " ma fu proprio durante una di queste mie continue domande che il grande santo del Cigno che avevo per padre mi spiegò quale fosse la realtà", aggiunse il figlio di Hyoga.

"Non si doveva sviluppare disinteresse verso il prossimo, ma proprio l’amore estremo che si provava verso le persone care, o verso gli amici deve aiutare a diventare più freddi. Maggiore era l’amore nel proprio cuore, più grande doveva essere la propria concentrazione in battaglia, poiché si doveva essere coscienti che solo in questo modo si sarebbero potuti aiutare i propri cari.

Mio padre mi raccontò come l’affetto per il suo maestro lo avesse portato a controllare inconsciamente lo zero assoluto, che poi riuscì a possedere in pieno durante lo scontro con l’amico di un tempo, Isaac di Kraken, verso cui provava l’affetto fraterno che era proprio di due giovani cresciuti condividendo ogni fatica, ma anche un grande odio, poiché egli aveva tradito Atena e quindi il loro maestro.

Ma fu proprio l’unione di questi due sentimenti a portarlo a sublimare ogni emozione in quella battaglia ed a controllarsi anche nelle successive in cui affrontò gli spectres di Hades prima ed i titani di Urano poi, fino a sacrificare la vita per la Giustizia", ricordò il santo dell’Acquario, ormai in lacrime.

"Doveva essere un grande uomo tuo padre, cavaliere", si complimentò Belenos, stupefatto dalle parole dell’avversario, "e proprio in rispetto di questo tuo racconto, ti dirò che provo anche paura", concluse il Tree Monk della Noce.

"Paura?", ripeté sorpreso Bifrost di Megrez, "Si, cavalieri, non per la mia vita, la donerei a Dagda anche dieci volte se mi fosse possibile, ma per l’ambiente che ci circonda, che so essere danneggiato dai miei colpi quanto lo è da quelli del mio nobile avversario. Inoltre ora sarò costretto ad utilizzare la mia tecnica migliore proprio perché so che nessun altro colpo ha effetto su di te, santo dell’Acquario", concluse il guerriero celtico.

"Ebbene", esordì allora Camus, "se tu utilizzerai la tua tecnica migliore contro di me, allora anche io farò lo stesso con te, ti mostrerò l’esecuzione dell’aurora, il colpo più potente che un maestro delle energie fredde poté mai avere e che ricevetti come eredità da mio padre, insieme a tutto il resto", concluse il santo d’oro.

Belenos sollevò le braccia al di sopra del corpo, aprendole al cielo, come per voler sorreggere qualcosa, mentre Camus congiunse le proprie braccia al di sopra della testa, pronto a scatenare quel colpo che tante volte i maestri delle energie fredde avevano usato.

"Golia", esclamò all’improvviso il santo dell’Acquario rivolgendosi al suo parigrado, "solleva le tue difese, poiché tutti voi potreste essere in pericolo dinanzi a questi colpi", ordinò il figlio di Hyoga.

"Si, amico mio", ribatté il santo del Toro, sollevando dinanzi a se ed agli spettatori il "Biggest wall".

Belenos iniziò a recitare degli antichi versi in lingua celtica, "Richiama gli spiriti dei venti del Nord", affermò stupefatto Skinir, "erano anni che non osservavo queste tecniche degli sciamani", concluse.

Mentre pronunciava quelle parole, l’armatura di Belenos divenne lentamente sempre più azzurra, perdendo completamente i bagliori verdi che la caratterizzavano.

"Ora le sue stesse vestigia contengono l’energia gelida del suo cosmo", rifletté stupefatto Camus, che attendeva il momento opportuno per attaccare.

"Great Winter", esclamò allora il Tree Monk della Noce.

Una fortissima folata d’energia gelida fuoriuscì dalle mani aperte al cielo e come una cupola si gettò sull’intero ambiente circostante. Quest’energia sembrava non avere fine, più ne scaturiva dal corpo di Belenos, maggiore era il colore delle sue vestigia, che si accendevano di una luce azzurra molto potente.

I capelli di Camus furono scossi dal potentissimo vento, ma il cavaliere d’oro non si fermò, "Aurora execution", urlò mentre la sua voce sembrava soffocata dalla terribile bufera.

I due colpi si scagliarono l’uno contro l’altro, la temibile furia dell’Inverno congelò gli alberi intorno al santo dell’Acquario, producendo però degli effetti persino sul figlio di Hyoga, mentre lo scorrere delle Acque Sacre viaggiò determinato ed impetuoso verso il Tree Monk della Noce, colpendolo in pieno stomaco.

I cavalieri di Asgard, le due sacerdotesse e lo stesso Golia non riuscirono a distinguere nitidamente quale dei due avesse avuto la meglio in quella terribile tormenta di ghiaccio e gelo, finché la neve e l’aria condensata non iniziarono a sparire, solo allora il campo di battaglia si aprì di nuovo ai loro occhi.

Entrambi i maestri delle energie fredde erano a terra, Camus si era schiantato contro un albero di Noce, distruggendolo, mentre quelli che lo circondavano erano stati uccisi dal cambiamento di temperatura, allo stesso tempo, anche Belenos era a terra, con il volto nella neve, intorno a lui pezzi di ghiaccio che fino a poco prima erano alberi.

Passarono alcuni secondi interminabili, in cui Golia non ebbe il coraggio di calare il proprio muro difensivo, poiché temeva di scoprire che il suo parigrado ed amico Camus fosse caduto in quella battaglia, ma un movimento convulso del braccio del cavaliere d’oro fece svanire questa paura dalla mente del Custode della Seconda Casa.

Il santo dell’Acquario si alzò in piedi, aveva diverse ferite sul corpo, le vestigia, però, erano integre ed illese.

Subito Golia fu vicino a lui, per soccorrerlo e permettergli di rimanere in piedi, "Grazie, amico mio", disse semplicemente il figlio di Hyoga.

"Tutto bene, principe Camus?", domandò Bifrost, avvicinandosi con le due sacerdotesse, "Si, penso di essermi inclinato qualche costola per la potenza della tormenta di neve che ha scatenato, ma sopravvivrò", rispose il santo d’oro, "piuttosto", disse poi, "cugino, permettimi di passare qualche giorno da te quando tutto ciò finirà, devo fare visita alla mia famiglia", chiese con le lacrime agli occhi.

"Si, cugino mio, certo", rispose con un sorriso triste Freiyr di Dubhe, cosciente di quanto quello scontro avesse cambiato Camus, che da tempo ormai non visitava i sepolcri dei propri parenti.

"Aspetta cavaliere", esordì allora Belenos, rialzandosi, "il nostro scontro non è finito", affermò, voltando le spalle ai suoi nemici.

"O forse si? Chissà, la natura che tanto desideravo difendere è stata distrutta proprio dal mio cosmo, inoltre la vita che potevo dare al mio comandante, Dagda, la luce che ci guida, è ormai giunta alla fine, dunque cadrò in questo luogo sacro? Purtroppo non ho nemmeno potuto dire addio a Gwyddyon, o agli altri", sussurrò il guerriero celtico, cadendo indietro, così da mostrare il proprio corpo ai nemici.

Le vestigia della Noce erano andate in pezzi all’altezza del ventre e del petto, permettendo al colpo di Camus di congelare completamente quella parte del corpo dell’avversario, il quale spirò sul suolo innevato su cui aveva combattuto e riscoperto i sentimenti.

Il santo dell’Acquario si avvicinò a lui e gli chiuse gentilmente gli occhi, "Eri un grande guerriero, spero che il tuo comandante lo sapesse" furono le uniche parole che il cavaliere d’oro poté dire, prima di scoppiare in un pianto, per la caduta di un nemico così simile a lui.

"Belenos", esclamò una figura a cavallo, "Si, Rhiannon, temo che uno di noi sia caduto in questa battaglia contro i guerrieri provenienti dalla Grecia, sarà mio dovere vendicarlo", esclamò il possente Taranis, seduto alle spalle della cavallerizza sul suo magnifico destriero.

"Fermati qui", ordinò poi lo scozzese, "Vedo nitidamente delle figure dalle armature dorate, andrò loro incontro a piedi, tu resta sul tuo destriero ad attendere me, o qualche avversario fuggiasco", propose il possente guerriero.

"Si, Taranis, ma spero di non sentire spegnersi anche il cosmo di Cernunnos nel frattempo", rifletté la donna a cavallo, nascosta da un mantello argenteo, proprio come il suo parigrado.

Nello stesso tempo, i generali dei mari, accompagnati da tre cavalieri d’Atena si immettevano nel cuore di una foresta.

"Qualcosa ci segue", ripeté più volte Reptile dell’Anaconda, trovando sempre Tok’ra di Virgo concorde con la sua teoria.