Capitolo 16: Maestri d’arme

Il generale dei mari ed i due santi d’argento osservarono con occhi tristi il lungo corteo funebre che i vari animali compirono intorno al cadavere del defunto guerriero scozzese del Melo.

"Adesso, andiamo, cavalieri, un lungo scontro ancora ci attende", esordì l’oracolo di Nettuno.

"Anche Cernunnos è caduto", sussurrò l’immensa figura lungo la radura.

"Rhiannon, resta lontana e non intervenire nel mio scontro con questi santi d’Atena, due nostri compagni di battaglia devono essere vendicati ed io mi prenderò questo diritto e dovere", esclamò l’immane Taranis, togliendosi il lungo mantello argenteo.


I cavalieri d’oro rimasti insieme, avanzavano lungo la radura centrale, decisi a raggiungere il prima possibile Dagda ed il dio che lo comandava.

"Guardate, cavalieri", esordì all’improvviso Daidaros di Cefeo, uno dei due santi d’argento che avanzava con i custodi dorati.

"Chi è mai costui?", domandò Myokas di Sagitter, quando ormai i cavalieri erano abbastanza vicini al nemico per poterne distinguere persino i più piccoli particolari delle sue vestigia.

Era un’immensa armatura d’argento, sembrava fatta a maglie, che coprivano interamente il corpo, all’altezza dell’addome, del collo e nello spazio fra cinta e ginocchia. Oltre a questo stretto legame di maglie argentee, vi erano delle coperture più possenti, per difendere le parti vitali del corpo.

Un pettorale, tutt’uno con le spalliere, brillava di luce cinerea, simboleggiante un albero, i cui rami coprivano le spalle, il tronco e l’intero petto.

I gambali ed i pettorali, invece, ricordavano arti di un feroce cane, che si concludevano in possenti artigli, che seguivano, sulle mani, le dita, mentre sulle gambe erano semplicemente rappresentati.

L’elmo, invece, era integrale, copriva il volto con una sottile serie di maglie, lasciando vedere solo i neri occhi, mentre i capelli uscivano solo a ciocche, di colore argenteo anch’essi.

La cosa che però maggiormente colpì i cavalieri era la presenza di ben quattro armi sulla sua armatura.

Una frusta era legata alla sua cinta, anch’essa argentea, la cui impugnatura rappresentava una testa di cane, un dobermann.

Una sfera chiodata era agganciata alla gamba destra, insieme all’impugnatura, rappresentante un albero.

Un gigantesco scudo troneggiava sulla sua schiena, di cui però i cavalieri non poterono ancora distinguere alcun dettaglio.

Infine, una splendente clava era agganciata alla gamba sinistra del misterioso nemico.

"Fatevi avanti, soldati ellenici, vi farò vedere quale potenza provenga dalle terre di Scozia. Sono Taranis del Nocciolo, signore delle Battaglie", si presentò il Tree Monk, impugnando la sfera chiodata.

"Lasciatelo a me", esordì Lorgash di Capricorn, scatenandosi in un attacco, "Ecco, guerriero celtico, preparati a subire l’immensa potenza della Spada Sacra di Atena, l’Excalibur", esclamò il cavaliere d’oro, lanciandosi in cielo e scagliando un singolo temibile fendente contro l’immane nemico.

Taranis fu velocissimo: si voltò di spalle ed evitò il colpo, sollevando subito dopo lo scudo con la mano libera e colpendo così il santo d’oro con l’arma difensiva.

Il santo della Decima Casa fu sbalzato indietro, "Ti prego, non tentarmi con un attacco così misero", lo derise il guerriero celtico, mostrando l’immane scudo d’argento, su cui era stilizzato un gigantesco e possente cane nero.

"Lascialo a me, amico mio", esordì Myokas, gettandosi con tutto il corpo contro il nemico, il quale lo evitò con un abile movimento.

"Sei mio", affermò soddisfatto il Tree Monk del Nocciolo, roteando la sfera chiodata sopra la propria testa, "Non proprio", ribatté una voce alle sue spalle.

Taranis si voltò di scatto, appena in tempo per vedere una dorata catena che deviava la sua arma, gettandola a terra.

"Andate, amici miei, a lui penserò io, che siano le armi d’oro della Bilancia ad affrontare le armi d’argento del Nocciolo", ordinò Ryo di Libra, figlio di Shiryu.

"Un cavaliere ellenico con delle armi? Che bella sorpresa", affermò piacevolmente il guerriero celtico, riprendendo la sfera chiodata.

"Ardua sarà per te la lotta, Tree Monk, poiché sei sono le armi della Bilancia sacra ad Atena, mentre tu ne hai solo quattro", esclamò il figlio di Sirio, mentre i suoi parigrado ed i due Silver saints oltrepassavano il nemico.

"In verità sono cinque, ma temo abbiate ritenuto gli artigli delle semplici decorazioni, vero? Comunque non preoccuparti per me, ma per te ed i tuoi compagni, che ben presto incontreranno la morte a cavallo", ribatté semplicemente Taranis, ricominciando a roteare l’arma raccolta.

Ryo impugnò i dorati nunchaku della Bilancia, l’arma più appropriata, a suo parere, per quel primo scontro.

La sfera chiodata continuò a roteare sopra il capo del Tree Monk, sempre più vorticosamente; allo stesso tempo, il santo di Libra continuò a muovere con agilità sempre maggiore le due catene d’oro da un braccio all’altro.

"Prendi, cavaliere", urlò Taranis, scagliando la sfera contro il nemico.

Ryo fu più veloce del guerriero celtico e con un salto evitò il colpo, per poi scatenare, mentre ancora era in aria, un attacco con il proprio nunchaku, che investì in pieno l’arma chiodata, frantumandola.

Il guerriero celtico gettò a terra l’arma ormai inutile, "I miei complimenti, è difficile frantumare una delle 5 armi del Nocciolo, finora solo Nuada e Dagda vi erano riusciti a danneggiarle, ma mai nessuno le aveva distrutte. Non sei un nemico da niente", si congratulò il guerriero, che sembrava sorridere sotto la maschera di maglie.

"Ora, però, dovrò mostrarti l’abilità del Signore delle Guerre", aggiunse il guerriero celtico, impugnando la frusta.

"Bene", ribatté il santo della Bilancia, ricominciando a roteare i nunchaku.

Fu ancora una volta Taranis ad attaccare per primo, schioccando la sua seconda arma, ed ancora una volta, con un veloce movimento Ryo evitò l’attacco, per poi colpire con la propria arma dorata.

"Mai usare la stessa tecnica due volte", sembrò sussurrare il Tree Monk del Nocciolo, prima di fare un gesto velocissimo con il braccio sinistro, quello con cui impugnava la frusta.

L’arma danzò sinuosamente verso l’alto, legandosi intorno ai twin rod e gettandoli a terra.

Il santo di Libra fu stupito da quei movimenti veloci ed efficaci, in pochi fino ad allora erano riusciti a batterlo nell’uso delle armi.

"Non restare impalato come un allocco, cavaliere d’oro, non penso che tu ti saresti fatto battere facilmente da un colpo già visto", esordì divertito il guerriero celtico, "ora impugna un’altra arma, sono curioso di vedere quali abilità hai ancora da mostrarmi, siete abili voi cavalieri, almeno mi pare", lo sfidò il Tree Monk.

"Bene, guerriero di Scozia, ora ti mostrerò la seconda arma della Bilancia, il Tridente", ribatté il figlio di Sirio, mostrando la lunga lancia con tre punte.

I due nemici si studiarono per alcuni secondi, questo attacco sarebbe stato velocissimo, un solo colpo, il più veloce a vibrarlo, a quella distanza, sarebbe stato il vincitore, una lancia contro una frusta a poco meno di cinque passi di distanza.

I due nemici si guardarono negli occhi, studiandosi, finché non si mossero entrambi, contemporaneamente.

La frusta volò sinuosa verso la sua preda, mentre il tridente camminò dritto per la propria strada, finché non avvenne l’inaspettato, l’arma d’oro deviò il suo tragitto, per conficcarsi al centro delle spire prodotte dall’attacco nemico.

Con dei veloci movimenti del polso, Ryo legò intorno alla propria arma la frusta d’argento, che poi tirò a se con una facilità estrema, lasciando nuovamente il nemico disarmato.

"Siamo più abili di quanto tu possa pensare", esclamò il santo d’oro.

"Al contrario, speravo in una tale abilità", esclamò Taranis, "maggiore è la forza del mio avversario, più io mi mostro determinato, ben presto finiremo le armi e se ciò accadrà il vero scontro si scatenerà in tutta la sua furia", spiegò il Tree Monk, sfidando il nemico con un movimento della mano destra: era il turno degli artigli.

Ryo sorrise al nemico e posò il tridente sulla schiena, "Non userò due volte la stessa arma, poiché ho potuto notare che la tua sicurezza in battaglia non è data da eccessiva spacconeria, ma abilità", spiegò il santo d’oro, "quindi che siano le lance bracciali a sconfiggere i tuoi artigli d’argento", lo sfidò, impugnando i tonfars.

Nuovamente i due si studiarono, ma stavolta nessuno si mosse, sembrò, anzi, che il tempo intorno a loro fosse fermo ad osservarli, per non interrompere il silenzio che li circondava.

I due, essendo abili guerrieri, sapevano come il minimo movimento, o anche la più misera incertezza avrebbe determinato un punto verso uno di loro in quello che era uno scontro con armi a breve gittata.

A chi li osservava, sarebbe sembrato che l’uno cercava nell’altro un segno d’approvazione per attaccare, finché ambedue non si scatenarono in un velocissimo attacco.

La lancia bracciale destra corse come una lama contro il capo del nemico, ma l’artiglio sinistro d’argento si alzò in tempo, bloccando l’arma nemica e costringendo il braccio di Ryo a piegarsi lievemente su di se.

L’artiglio destro calò anch’esso contro il capo del suo nemico, come una mannaia, ma stavolta fu la quella sinistra ad alzarsi per difendere il capo del suo proprietario.

I due nemici erano incredibilmente vicini l’uno all’altro, le loro braccia erano piegate in una grande prova di forza, fra i dorati tonfars e le argentee protuberanze delle mani, che si confrontavano, lasciando che tutti i muscoli dei loro padroni si tendessero all’inverosimile.

Nuovamente gli occhi di Taranis trasmisero gioia al suo nemico, quando questi scattò come un lampo, calando il capo contro quello del santo d’oro. Ryo, però, non rimase immobile, e, nel tentativo di evitare l’attacco nemico, si spinse indietro con tutto il corpo, colpendo con un calcio al fianco il Tree Monk.

Sembrava quasi una buffa danza quella che i due condividevano, finché il figlio di Shiryu non cadde a terra, sbalzato, perdendo l’elmo ed il Signore delle Guerre non indietreggiò, piegandosi su un lato.

Taranis scoppiò a ridere, "Ti devo fare i miei complimenti, cavaliere", si congratulò il Tree Monk del Nocciolo, prima di ritirare gli artigli ed impugnare lo scudo, "ma temo che lo scontro si concluderà qui, mai nessuno ha sconfitto lo scudo con l’effigie del mio clan".

"Vedremo", esclamò Ryo, posando le due barre gemellari ed impugnando gli scudi rotanti.

"Fatti sotto", lo sfidò Taranis, "Non ho bisogno di attaccare per primo stavolta", concluse il Tree Monk.

Il figlio di Shiryu mosse i dischi rotanti, scatenandoli contro il nemico, ma il guerriero celtico con un singolo scatto riuscì ad evitare il colpo con un singolo movimento dello scudo, che deviò ambedue le dorate armi difensive.

Il guerriero del Nocciolo prese quindi l’iniziativa, caricando con lo scudo il santo d’oro, che non poté fare altro, se non sollevare i propri scudi dorati per difendersi.

Ryo barcollò indietro, ma riuscì a non cadere a terra, quindi poté tentare un proprio attacco con i due scudi, gettandosi come una furia con il taglio dei dischi rotanti contro il nemico celtico.

L’impatto fu furente, ma oltre a scintille d’oro ed argento non accadde niente.

I due guerrieri continuarono a colpirsi con le due armi difensive per diverse volte, tentando cariche, tagli con gli scudi ed altri attacchi, che però, si deviavano vicendevolmente.

Dopo alcuni minuti, Ryo si allontanò dal nemico con un balzo, "Proporrei di rinunciare all’uso di queste armi, malgrado mi costi ammettere che lo scudo d’oro della Bilancia, che sconfisse le colonne dei Mari, non è capace di superare un altro semplice scudo", propose il santo di Atena.

Taranis lo osservò, poi guardò le loro armi, erano scheggiate a causa dei colpi subiti e dati, ma nessuno dei due avrebbe avuto la vittoria in mano in quel modo, allora fece qualcosa che il figlio di Sirio non si sarebbe aspettato.

Il Tree Monk conficcò lo scudo nel terreno e portò la mano destra al volto, togliendosi l’elmo, così da mostrare l’intero capo al nemico.

I capelli erano realmente d’argento, con riflessi azzurro mare, il volto era segnato da tre cicatrici, probabilmente effetto di innumerevoli battaglie, "Questo è il massimo segno di rispetto che posso concederti, solo dinanzi ad altre tre persone ho tolto la maschera durante una battaglia, i tre individui che mi hanno fatto queste cicatrici, ed uno di loro non si è potuto vantare di ciò", spiegò il guerriero celtico.

"Ricambio questo gesto di rispetto, poiché ben pochi cavalieri, dai tempi del mito, riuscirono a danneggiare le armi d’oro della Bilancia, sei abile, guerriero del Nocciolo, coraggioso e forte, quindi ti dimostro il rispetto che ho verso di te", esclamò il figlio di Shiryu.

"Bene, cavaliere d’oro, ora che abbiamo condiviso il comune rispetto, proverai l’arma migliore del Nocciolo, quella che ha ucciso l’uomo di questa cicatrice, e che mi ha portato alla pari nello scontro con Nuada, ma non mi ha fatto vincere con Dagda", spiegò il Tree Monk, sollevando una gigantesca clava d’argento, che impugnò con ambedue le mani.

Ryo notò che per la prima volta il cosmo del suo avversario si espandeva dinanzi a lui, era bianco e brillante, quasi come l’argento delle sue vestigia.

Allora il cavaliere si decise ed impugnò la spada d’oro, che il suo stesso padre gli aveva imparato ad utilizzare.

"Questa è dunque la tua arma migliore? Bene, che siano la Clava d’argento ed una bellissima Spada d’oro a decidere chi fra noi vincerà e chi per primo raggiungerà i tuoi compagni cavalieri", esclamò soddisfatto il guerriero celtico.

"Al contrario, come hai detto tu, appena finiremo le armi si passerà al vero scontro", ribatté Ryo, sollevando l’arma sopra il proprio capo e preparandosi ad un attacco base della tecnica della spada.

I due avversari si scambiarono un’occhiata, poi si gettarono l’uno contro l’altro e la lama dorata incontrò l’argenteo bastone, cozzando contro di questo.

Le due armi non si ruppero, ambedue i cavalieri cercarono di vincere la nuova prova di forza, mentre i loro cosmi iniziavano a risplendere di una luce accecante.

Dopo alcuni secondi, i due si allontanarono con dei balzi verso dietro.

Taranis pose la Clava orizzontalmente sulla sua destra, mentre Ryo sollevò la spada sopra il capo.

"Clava devastante", urlò il guerriero del Nocciolo, "Ryutsuisen", ribatté il santo della Bilancia.

I colpi dei due avversari si scatenarono in tutta la loro potenza.