Capitolo 33: Tutti da Dagda

Myokas e gli altri cavalieri d’oro correvano lungo la barriera d’alberi.

Il santo del Sagittario osservava con attenzione i suoi cinque compagni di battaglia e non gli fu difficile intuire quali ferite li rallentassero e rendessero più deboli.

Odeon, malgrado avesse lottato per prima con un semplice soldato dell’armata celtica, era ancora stanco, il suo cosmo dorato non lo aveva aiutato a recuperare le forze, poiché più volte si era impegnato a curare gli altri cavalieri. Myokas lo conosceva fin da piccolo e sapeva quanto egli fosse generoso e pronto a sacrificarsi per il prossimo.

Ryo di Libra, invece, si era ripreso abbastanza bene dallo scontro con il Tree Monk armato di scudo e clava, ma, malgrado questo, il santo della Nona Casa aveva notato come i suoi riflessi non fossero ancora tornati al massimo delle loro prestazioni.

C’era poi Lorgash, ferito e stremato, le cure di Odeon avevano fermato le emoraggie e curato le sue ferite, ma il cavaliere di Capricorn era stato semplicemente salvato da morte certa, non rinvigorito per il lungo ed estenuante scontro con Nuada.

Vi erano poi i due santi d’argento, entrambi pieni di esuberanza e pronti a grandi duelli, ma di certo troppo deboli per Dagda e soprattutto per il dio olimpico che si nascondeva nelle acque, spacciandosi per Mannanon, il signore degli Abissi celtico.

Mancava inoltre Botan, la sacerdotessa guerriero della Quarta Casa, che i cavalieri avevano lasciato indietro per combattere con la Tree Monk. Di lei, Myokas non percepiva nemmeno il cosmo ormai, stranamente sembrava scomparsa nel nulla, proprio come la sua avversaria.

Quando la barriera di alberi finì, i sei santi di Atena videro il loro nemico, il famigerato comandante dei Tree Monk, Dagda, ma notarono anche i loro sette alleati: i mariners ed i tre santi di Atena loro compagni, tutti a terra, svenuti e feriti.

"Odeon, occupati di loro, mentre voi, cavalieri d’argento, difendete Lorgash", ordinò immediatamente Myokas, sperando che i suoi compagni di battaglia capissero per quale motivo egli avesse detto ciò.

Solo il cavaliere della Bilancia e quello del Sagittario avanzarono verso il comandante dell’esercito nemico, "Dunque voi siete i santi d’oro provenienti da Atene?", domandò appena li vide avanzare il Tree Monk.

"Si, siamo i santi del Grande Tempio sacri ad Atena e tu devi essere Dagda, comandante dei guerrieri celtici", ribatté allora Myokas.

"Esatto, sono Dagda del Faggio", si presentò il dorato comandante.

In quel momento, l’aria vibrò a causa di un’esplosione cosmica, "Ogma", balbettò il guerriero celtico, mentre i suoi occhi diventavano vitrei per il dolore della morte di un amico.

La morte di Skinir e del suo maestro fu percepita anche da Gwyddyon, Rhiannon e Taranis, ancora intenti a discutere.

I due guerrieri, però, non appena sentirono il cosmo del grande sciamano spegnersi non poterono più attendere, si alzarono di scatto, pronti ad intervenire di nuovo nella battaglia.

"Maestro, non possiamo più attendere, soprattutto se ciò che lei suppone è vero. Tutti noi abbiamo rischiato la vita ed il nostro grande comandante la rischia ancora solo per un dio olimpico? Ciò non è accettabile, non possiamo più attendere", ripeté per la seconda volta la guerriera del Fico, richiamando con un gesto il suo destriero, mentre Taranis riprendeva le proprie armi.

"Siamo rimasti solo in 5, ma qui su Tir Na Nog restiamo solo noi tre ed il nostro grande comandante, fortunatamente Ilew è già in salvo nella dimensione degli uomini che a noi dovrebbe essere naturale", affermò Gwyddyon alzandosi, "e non voglio la nostra morte, ma temo che se qualcun altro non si sacrificherà in questa battaglia non ne vedrete mai la fine", concluse lo sciamano cieco.

"Che intende maestro?", domandò allora Rhiannon, notando quell’ultimo verbo rivolto solo a loro due.

"Cerchi di fuoco", urlò allora il Tree Monk del Tiglio, bloccando ambedue i guerrieri con la sua tecnica infuocata.

"Sciamano!", tuonò infuriato Taranis, divincolandosi il più possibile dalla presa, "Non vi preoccupate, ragazzi, questa tecnica non vi ucciderà, servirà soltanto a tenervi fermi il tempo sufficiente perché possa raggiungere Dagda e cercare di spiegargli la verità. Che almeno voi possiate raccontare, insieme al nostro comandante, la vera e nobile storia dei Tree Monks ingannati e desiderosi di vendicarsi", spiegò semplicemente Gwyddyon, prima di allontanarsi di corsa.

"Voi due siete gli unici in grado di resistere qualche minuto contro di me?", domandò Dagda del Faggio, ancora fermo dinanzi a Myokas e Ryo, "Si, ma vorremmo evitarlo", rispose proprio il santo della Bilancia.

"Inutili parole, cavaliere d’oro, il mio cuore è ormai spezzato, non proverò più pietà verso i miei nemici, come quell’essere vile che si è appena spento non ha provato verso il mio venerabile amico e maestro, Ogma del Frassino", replicò seccamente il comandante dei Tree Monk.

"Le tue parole sono vuote come la tua conoscenza", replicò Ryo, "non sai cosa è accaduto su quel campo di battaglia dove anche un nostro amico ha perso la vita in battaglia, inoltre il dio che difendi non è una divinità celtica, bensì un antico essere proveniente dalla Grecia, solo Egli è meritevole del titolo di vile", replicò seccamente il cavaliere d’oro della Bilancia.

"Pesanti parole le tue, guerriero di Atene", sentenziò infuriato Dagda, "Lo so e me ne dispiace, ma la presenza di quell’essere mi ricorda Urano, l’Ancestrale divinità, che portò tanta guerra e distruzione", esclamò il figlio di Shiryu, preparandosi allo scontro.

"Cavaliere della Bilancia, lascialo a me", s’intromise Myokas, ponendosi dinanzi al parigrado, "Non posso, questo è il mio scontro, amico mio", esclamò il santo di Libra, espandendo il proprio cosmo.

"Rozan Hyakuryuha", invocò il santo di Libra, scatenando la tecnica che già era propria di Dauko, il maestro di suo padre.

Dagda si mosse alla velocità della luce ed evitò con grande maestria i cento draghi furenti, "Probabilmente, se non ti fossi impegnato in altri scontri mi avresti dato maggiori difficoltà, ma adesso sei solo uno sconfitto", sentenziò il comandante dei Tree Monk, colpendo alla schiena il santo di Libra, che volò verso il Lago dove era nascosta la divinità olimpica.

Il santo della Bilancia, indebolito dal passato scontro e con i riflessi meno attivi del solito, fu travolto dall’attacco nemico e volò fin sul bordo del Lago, dove l’entità cosmica si manifestò in un immenso campo d’energia, travolgendo Ryo e rilanciandolo indietro svenuto.

"Resti ancora tu", minacciò Dagda, rivolgendosi a Myokas.

Una volta morto Ogma del Frassino, i cinque guerrieri intrappolati nei suoi sigilli erano stati liberati dal mistico potere delle sue runes.

Ci vollero alcuni secondi affinché Camus, Golia, Bifrost, Helyss e Zadra ricordassero gli avvenimenti a cui avevano assistito passivamente, ma quando si ripresero completamente, scoprirono che vi era una nuova statua vivente dinanzi a loro, il Re Freiyr, intrappolato nella sua stessa disperazione, era ancora fermo dinanzi al foro lasciato dai due combattenti.

"Maestà", esclamò Bifrost, cercando di scuotere il suo sovrano.

"Cugino, svegliati, ti prego", supplicò Camus dell’Acquario, scotendo il figlio di Siegfried ed Hilde, ma ambedue i richiami sembravano inutili, parole gettate al vento, mentre il god warrior di Dubhe rimaneva fermo, in silenzio, perso con lo sguardo nel vuoto.

"Qui è tutto inutile, che facciamo?", domandò allora Golia del Toro, che aveva percepito i cosmi dei suoi compagni espandersi per lo scontro con Dagda, "Che intendi dire, cavaliere?", domandò perplessa Zadra dello Scultore, "Semplicemente, sacerdotessa guerriero, che non possiamo restare tutti qui fermi, dobbiamo aiutare Odeon e gli altri cavalieri contro quell’unico nemico", spiegò seccamente il santo d’oro.

"Vorresti lasciare qui il Re di Asgard?", domandò innervosita la giovane sacerdotessa dai lunghi capelli rossi, "So che è orribile a proporsi, nemmeno io vorrei dirlo, ma se restiamo qui a preoccuparci di Freiyr, tutti i nostri compagni cadranno per mano di quel dio e del suo seguace", rispose con tono sconsolato il cavaliere del Toro.

"Purtroppo, amico mio, hai ragione su tutto, eccetto che per una cosa: né Dagda, né nessuno degli altri Tree Monks era un seguace di quel dio olimpico, eccetto forse Arawn, il tuo avversario", concordò Camus, osservando il cavaliere di Dubhe, ancora immobile ed in silenzio.

"Voi andate avanti se volete", esordì Zadra, "io resterò qui, sperando che il re si risvegli. Sono una sacerdotessa di Atena, ma prima di tutto sono una donna di Asgard, non potrei abbandonare il mio Re", sentenziò semplicemente.

"Sorella, se vuoi resterò qui con te", la rassicurò Helyss, appoggiando una mano sulla spalla della Malefica Scultrice.

"Lasciate provare me, piuttosto che restare qui ad attendere", propose Bifrost, sedendosi dinanzi al Re che seguiva fedelmente.

Il god warrior di Megrez osservò lo sguardo vuoto del figlio di Siegfried, "Maestà, probabilmente lei mi sente, malgrado cerchi di non ascoltarmi, le mie parole non passeranno senza lasciare traccia nel suo spirito. So quanto fosse legato a Skinir, il suo più vecchio e leale amico, probabilmente il dolore che prova adesso è pari a quello che sentì quando sua madre, la veneranda Hilde, celebrante di Odino, fu uccisa dal titano di nome Thebe, ma allora lei non si spense così, anzi fu proprio il desiderio di vendicare sua madre ad alimentarla e fare di lei il grande Re che adesso è diventato.

L’ordine dei god warriors di Asgard è quasi caduto, è vero, Cetrydine, Yggdrasil, Fasolt ed adesso Skinir, sono tutti morti, ma si è chiesto per cosa hanno combattuto?", domandò Bifrost, a metà del suo discorso, "Hanno combattuto per lei, come me e come Gutrun, prima di ricevere il diritto di abbandonare la lotta. La prego, maestà, si risvegli, non può permettere che tutti i nostri compagni, dall’alto del Vahalla, pensino di essere caduti in vano, per un Re che non si dimostra degno della loro fede e fiducia. Si alzi, tutti noi abbiamo fiducia in lei, Odino e gli dei di Asgard le hanno dato la loro fiducia e l’invulnerabilità. Ora si alzi, mio signore, poiché è suo dovere alzarsi in piedi e combattere, per Asgard, Odino, Skinir, i compagni caduti, noi che siamo ancora qui e, perché no, per tutti i guerrieri celtici che quel vile essere olimpico ha sfruttato, proprio come aveva fatto Nettuno con vostra madre", tuonò alla fine il god warrior di Megrez.

Tutti erano stupiti da quelle parole, così profonde e sincere, sembrava quasi impossibile che il fratello di Bifrost avesse tentato di distruggere quel Regno che ora il giovane guerriero asgardiano stava salvando con le sue parole.

Freiyr cambiò lentamente sguardo, i suoi occhi non erano più vitrei, ma riprendevano lentamente spessore e determinazione, "Bifrost, grazie", sussurrò il Re, rialzandosi ed impugnando la propria Spada.

Camus sorrise, osservando il cugino che si rialzava, medesima cosa fece Golia, e Zadra e Helyss si scambiarono uno sguardo sotto le maschere.

"Andiamo amici, voglio incontrare questo Dagda", sentenziò Freiyr, i cui occhi sembravano pieni d’odio.

"Sarò io il tuo avversario, guerriero celtico", sentenziò Myokas, preparandosi a combattere.

"Leggo nei tuoi pensieri, cavaliere d’oro, so che sei quello meno ferito fra i miei avversari qui presenti, ma so anche che le tue doti di combattente sono danneggiate dal tuo scontro con Rhiannon, quindi fatti avanti, l’anima di Ogma chiede compagni nella morte", minacciò Dagda, preparandosi ad attaccare.

Il cosmo elettrico del santo del Sagittario esplose in tutta la sua potenza, mentre quello del Tree Monk del Faggio rimase quieto, fermo e con le braccia lungo il corpo.

"Sembra che tu non voglia prepararti allo scontro e le parole non ti toccano minimamente, quindi preparati a ricevere il mio colpo, comandante celtico", esclamò Myokas, espandendo maggiormente il proprio cosmo.

"Sono già pronto", rispose quietamente il grande guerriero di Scozia.

"Lo spero per te", esclamò l’allievo di Seiya, "Atomizer Thunder Volt", urlò poi il cavaliere d’oro, scatenando il proprio attacco elettrico.

Dagda alzò le braccia ed un gigantesco muro di luce psichica si parò fra lui e l’attacco del nemico. Chiudendo i pugni, il dorato comandante dei guerrieri celtici annullò l’attacco del santo d’Atene, "Ora attacco io", replicò Dagda, aprendo nuovamente i pugni.

Due luci dorate corsero verso l’allievo di Seiya, bloccandolo alle braccia ed alle gambe, "Rami del Faggio", invocò il Tree Monk, utilizzando la sua presa psichica contro il nemico.

Myokas urlò per il dolore della presa che subiva da parte dell’avversario, si sentì le carni dilaniarsi e le ossa frantumarsi sotto la presa psichica del Faggio.

Un’ondata d’energia esplose nelle vicinanze del Lago, "Odin’s sword", urlò una voce alla destra dei due combattenti, prima che un bagliore verde dilaniasse i rami psichici del Tree Monk del Faggio, liberando il Gold Saint.

"Dagda, non attaccare ancora i santi di Atena, poiché non sono loro i tuoi veri avversari, ma io", esclamò la voce che aveva pronunciato l’attacco.

"E chi saresti, invasore?", domandò freddamente il dorato comandante.

"Sono Freiyr di Dubhe, il Re di Asgard, giunto fin qui per vendicare Ogma e Skinir", si presentò il figlio di Siegfried, preparandosi allo scontro finale.