Capitolo 36: La rabbia dei due celtici

I cavalieri erano ora tutti riuniti intorno al loro vero nemico, Pontos, antica divinità delle Acque.

"Lasciate a noi, Tree Monks, il diritto del primo attacco", esordì allora Dagda, avanzando insieme a Gwyddyon contro il nemico.

"No", replicò all’improvviso Myokas di Sagitter, "Sarebbe un suicidio per voi due attaccare da soli un dio", spiegò.

Ma i due non lo ascoltarono e si gettarono con tutta la loro furia contro il dio Ancestrale.

"Unicorno di Luce", "Red Griffon", urlarono contemporaneamente, scatenando i loro due animali guida.

Pontos non faticò molto a parare quel colpo, alzò le braccia e due immensi muri d’acqua si posero fra lui e le bestie energetiche, tramutandole in fumo, così da renderle inoffensive.

"Patetici attacchi, propri di due burattini che cercano di tagliare i loro fili", sogghignò il dio, prima di espandere il suo immenso cosmo, "Pontos Outos", esclamò poi, aprendo le mani dinanzi ai due guerrieri celtici.

Due giganteschi vortici d’acqua si svilupparono dai palmi delle sue mani, dirigendosi verso i due avversari, ma lo sciamano del Tiglio si mosse velocemente e concentrandosi il più possibile espanse il proprio cosmo incendiario, annullando uno dei due vortici, ma subendo per intero la forza distruttiva del secondo, diretto contro di lui. Dagda, per questo sacrificio, si salvò dall’attacco nemico.

Il comandante dorato corse a soccorrere il cieco sciamano, "Tutto bene, amico mio?", domandò semplicemente, "Si, mio comandante, se lei non è ferito, io mi sento bene", rispose gioiosamente il Tree Monk rialzandosi.

"Guerrieri celtici, lasciate che vi aiutiamo in questo scontro", esclamò allora Tok’ra di Virgo, avanzando con i propri compagni, "No, santo d’oro", replicò immediatamente Gwyddyon, rialzandosi, "Voi avete perso due valenti membri, gli allievi di Ogma, ma fra noi Tree Monks morte e distruzione sono stati portati per mano di quest’essere che si vanta di essere un dio", spiegò lo sciamano cieco, "Non possiamo accettare ciò, dobbiamo compiere la vendetta che tanto ci aspetta", concluse Dagda, espandendo il proprio cosmo.

"Si, mio comandante, lei deve compiere la vendetta", replicò Gwyddyon, oltrepassando la propria guida dorata con uno scatto e gettandosi contro il dio Ancestrale.

"Cosa vorresti fare, cieco?", domandò infastidito Pontos, "Soltanto stancarti, per quanto mi sarà possibile", rispose seriamente il Tree Monk del Tiglio, saltando contro di lui, mentre disegnava nell’aria delle runes, "Magic Fire", invocò poi.

"Fuoco contro l’Acqua, ti si deve essere accecato anche il cervello, non sprecherò niente di più che questo mio colpo con te", sogghignò infastidito colui che rappresentava il Mare.

"Outos Pontos", invocò di nuovo la divinità, scatenando i due vortici d’acqua.

Stavolta però, con sua grande sorpresa, i due vortici furono assorbiti in un gigantesco vortice di fuoco, che li annullò, per poi dirigersi inesorabile verso colui che li aveva creati. Pontos fu assorbito nel vortice di fuoco, scomparendo al suo interno.

"Forse non sarò l’Uomo più vicino ad un dio, come il grande Shaka, né un maestro Sciamano, come l’uomo che mi ha addestrato, ma per la dorata guida di Scozia ti prometto, vile divinità, che proverai quale sia la mia furia, per mezzo di questo magico fuoco", minacciò Gwyddyon, mentre il vortice di fuoco roteava sempre più violentemente.

"Comandante Dagda, si prepari a combattere, poiché ben presto questo dio uscirà dalla trappola incendiaria che gli ho preparato ed allora non avrò più nessun’arma con cui confrontarmi con lui, quindi solo lei potrà vendicarci", affermò allora lo sciamano cieco, sorridendo a tutti i presenti.

"Allora accetti la Morte", esclamò una voce dal fuoco, "Soma Pontou", si sentì poi urlare dal centro delle fiamme.

Una gigantesca fontana d’acqua proruppe dal centro del vortice, fuoriuscendo al di sopra dello stesso e assorbendolo in se, come se fosse animata. Lentamente le fiamme furono abbassate e spente da quella fontana d’acqua, che prese poi l’aspetto del dio nemico.

"Per te, che hai osato infastidirmi, la morte sarebbe cosa troppo facile, dovrai soffrire, ti farò provare questo colpo che già ha spento il tuo fuoco", minacciò furioso il dio, prima di ripetere "Soma Pontou".

La figura del dio divenne nuovamente simile ad acqua ed investì in pieno Gwyddyon, frantumando le sue vestigia e producendo sul corpo diverse ferite.

L’ondata d’acqua, però, non sembrò soddisfatta e si gettò sul nemico, compiendo qualcosa di orribile e sorprendente allo stesso tempo.

Pontos, sotto forma d’acqua, penetrò una ferita sul braccio destro dello sciamano, il quale iniziò ad urlare dal dolore, mentre l’arto iniziava a gonfiarsi in modo innaturale, finché non esplose, lasciando fuoriuscire nuovamente il dio Ancestrale, che aveva ancora quella strana forma.

"Il corpo umano è fatto in maggioranza d’acqua, purtroppo per te, poiché io posso entrarvi a contatto attraverso una qualunque ferita, così da espandermi in te e distruggerti dall’interno", sogghignò la voce del dio, prima che questi violasse nuovamente il corpo di Gwyddyon, stavolta in più ferite contemporaneamente.

"Mio comandante, le dico addio, ci vendichi lei. Cavalieri di Atena e di Nettuno, è stato un grande onore per me conoscervi. Vi prego, voi tutti, abbiate cura dei due giovani che non ho fatto partecipare a questo ultimo scontro", urlò il Tree Monk del Tiglio, mentre il suo corpo andava in pezzi completamente.

Dagda non pianse a questa visione, il suo sguardo si spense, ma allo stesso tempo, degli occhi attenti avrebbero potuto notare l’odio che brillava nelle sue pupille accendersi ancora di più, bruciare quasi, come un tempo faceva il fiammeggiante cosmo di Gwyddyon del Tiglio, lo sciamano che Pontos aveva appena ucciso.

"Cavalieri, restate indietro", esclamò Dagda, mentre Pontos riprendeva la sua forma normale.

Il Tree Monk del Faggio corse incontro al nemico, "Il mio primo cavaliere", lo schernì il dio Ancestrale, "Come speri di attaccare il tuo divino Mannanon?", continuò con tono offensivo, il maligno essere, "Taci, vile", tuonò infuriato il dorato comandante.

Il cosmo di Dagda accecò i presenti, "Void Impact", invocò la guida celtica, scatenando il proprio attacco migliore.

"Per quanto tu sia potente come speri di colpire un dio?", domandò infastidito Pontos, ma, con sua grande sorpresa, quando Dagda lo oltrepassò, una grande ferita si era aperta sulla sua guancia sinistra.

"Cosa ti succede, dio degli Abissi, non sei abituato alle ferite?", domandò beffardo il comandante celtico, voltandosi verso il nemico, "Nemmeno voi dei siete capaci di fermare il Nulla, almeno non al primo colpo, e se non sei pronto al secondo, sei morto", tuonò il dorato guerriero celtico, scatenando di nuovo il "Void Impact" contro la divinità.

Pontos alzò il muro d’acqua dinanzi a se, ma questo andò in pezzi, bagnando tutto l’ambiente circostante, quindi fu nuovamente investito da Dagda, ma stavolta, non ricevette una ferita, fu, invece, Dagda, a ritrovarsi ferito dopo il proprio attacco.

"Misero mortale, ti ho tenuto con me e trattato con un minimo ritegno perché speravo diminuissi il numero dei miei nemici con quei tuoi inutili soldatucoli dai miseri poteri, invece, siete riusciti ad ucciderne solo uno e vi siete persino ribellati a me", affermò disgustato l’Ancestrale divinità, "ora osi addirittura ferirmi, la Morte non basta per punirti", sentenziò.

"Tu non puoi punirmi, stupida divinità olimpica", ribatté cupamente Dagda, "mi hai già tolto il cuore, mi hai costretto a mandarlo in battaglia contro uomini che non erano nostri nemici, ma che sarebbero potuti diventare nostri amici. I soldati, i messaggeri, Belenos, Cernunnos, Macha, Arawn, Ceridwen, Gwyddyon, Nuada ed Ogma, sono morti tutti perché io credevo in te. Mi hai già torturato, riversandomi una colpa che non potrò pagare nemmeno in mille anni di dannazione, ho mandato a morte le persone a me più care per colpa della mia cecità. Pontos, tu non immagini nemmeno che provo, la disperazione per i miei compagni morti, il dolore per le mie colpe, ma soprattutto, ciò che sento verso di te. L’odio, Pontos, non basta a descrivere i miei sentimenti", concluse furioso il dorato comandante, mentre le lacrime gli scendevano dagli occhi.

"Void Impact", invocò nuovamente Dagda, "Soma Pontou", ribatté colui che rappresentava il Mare.

I due colpi si incontrarono in una confusione d’acqua e vento; Pontos fu disperso sul suolo circostante il Lago, mentre Dagda riapparve dinanzi ai cavalieri, gravemente ferito al petto.

"Egli è un dio, purtroppo, non potrò vincerlo, ma devo provarci", sussurrò il comandante celtico, prima che qualcuno potesse chiedergli come stava.

"Guardate", esclamò però Kano del Pavone, notando che le diverse gocce che costituivano il dio si riunivano nuovamente insieme.

"Aurora execution", si sentì urlare in quel momento alle spalle di Dagda.

Il dorato comandante vide un’immensa corrente d’energia luminosa e gelida superarlo, ebbe un brivido quando gli passò accanto, quindi la vide schiantarsi contro la figura acquatica del dio, che fu congelata dalla potenza di quell’attacco.

"Lo avete intrappolato?", domandò Dagda, rialzandosi e voltandosi verso Camus dell’Acquario, il fautore di quell’attacco, "Lo spero, guerriero celtico, ma vi sono poche possibilità che egli sia stato sconfitto con un mio singolo attacco, poiché lo Zero Assoluto è cosa da poco per un dio e solo mio padre, Hyoga del Cigno, fra gli uomini è sceso al di sotto dello Zero Assoluto", rispose tristemente il cavaliere d’oro dell’Undicesima Casa.

"Esatto, amico mio, solo quest’arma, dono di Nettuno, può sconfiggere colui che da sempre brama ad avere il suo Regno", aggiunse Neleo di Hammerfish, avvicinandosi ai due.

"Il suo Regno?", tuonò una voce dal Lago.

Fra tutti cadde il silenzio, quando sentirono di nuovo il cosmo di Pontos, riapparire dall’acqua del Lago.

"Quello che il fratello di Zeus chiama il suo Regno, è mio. Io sono Pontos, io sono il Mare, come mio fratello Urano era Cielo e voleva semplicemente riconquistare ciò che gli spettava, oltre a quello che mi aveva rubato", concluse infuriato il dio, toccando nuovamente l’asciutto suolo.

"Vi eliminerò tutti, seguaci di Nettuno, dopo aver sconfitto questo cane che a me si è ribellato e tutti i vostri amici. Tu, monco, in particolare, resterai per ultimo, ti ridurrò in modo tale da farti sentire felice di non avere più una mano", minacciò furioso il fratello del Cielo.

"L’inganno è finito, Pontos", esclamò allora Dagda, "Non sono un cane che si è ribellato, come tu dici, ma semplicemente un uomo che esige vendetta per le menzogne che ha dovuto subire ed ha fatto subire ad amici fidati", ringhiò il dorato comandante.

"Fatti avanti", lo invitò semplicemente l’Ancestrale divinità.

"Void Impact", urlò ancora una volta il dorato comandante, "Nomos Pontou", rispose semplicemente il fratello del Cielo ed un brivido scosse le memorie di tutti i cavalieri presenti sul luogo.

Una gigantesca sfera di luce blu come la notte si materializzò dinanzi a loro, "Finora avevo giocato", sussurrò semplicemente il dio, mentre il corpo senza vita di Dagda cadeva al suolo, dilaniato dal colpo nemico, in tutto simile ad una tecnica di Urano, suo fratello.

Ora solo i cavalieri che avevano sconfitto il dio che rappresentava il Cielo erano in piedi, pronti a combattere non solo per se stessi, ma per vendicare diciassette nemici e due loro compagni di molte battaglie, tutti caduti a causa degli intrighi di questa vile divinità.