Capitolo 8: La liberazione dei santi d’argento

"Avvicinatevi, cavalieri, potrò curarvi attraverso il mio cosmo, anche se non potrò risanare completamente i vostri corpi, essendo anche io ferito", affermò Odeon di Leo, curando attraverso il proprio cosmo sia Argo di Calamary sia Bifrost di Megrez.

"Grazie, santo del Leone, ma andiamo avanti, probabilmente i cavalieri d’argento avranno maggiore bisogno di noi del tuo aiuto", affermò Bifrost, risollevandosi e proponendo agli altri di avanzare.

Il gruppo di cavalieri dalle armature d’oro e del Nord avanzò, superarono di fretta la lunga scalinata che divideva l’arena dalla zona che la sormontava e lì videro qualcosa d’inaspettato, per tutti eccetto che Skinir.

La zona era illuminata dalla luce della Luna, che brillava a contatto con l’erba verde delle colline scozzesi, il cielo era limpido da nubi, ma qualcosa troncava quel paesaggio idillico delle Highlands, una crepa luminescente, simile ad un muro d’argento che si ergeva in mezzo all’erba, danzante per il vento.

"Il varco fra i mondi", esordì Skinir, "Che cosa?", domandò sorpreso Myokas, "Ricordate i quattro poteri che i semidei della Giustizia hanno innalzato per rinchiudere Urano nella sua prigione di tenebre? Uno di questi era il potere del Varco, che apriva il transito fra tutte le dimensioni, per poi canalizzarsi tramite il potere della Materia sulla terra. Medesimo concetto è sviluppato da questo muro d’argento. Tre grandi forze cosmiche, in contatto con il tutto, hanno aperto questo varco, che porta all’Isola dell’Eterna Giovinezza, chiamata Tir Na Nog, solo che per arrivarvi si deve superare il Piano intermedio, o di transito, come lo aveva definito Ullifu, una dimensione parallela in cui spazio e tempo sono fermi, proprio per permettere anche a chi vi vaga per millenni di raggiungere l’Isola dell’Eterna Giovinezza", spiegò il guerriero di Alioth.

"I cavalieri d’argento sono in questo luogo, giusto?", domandò Lorgash, "Si, cavaliere del Capricorno", concordò Tok’ra di Virgo, "Allora entriamo", ribatté il santo della Decima Casa, varcando con i compagni l’entrata d’argento.

"Maestro Arawn", esordì una voce femminile, correndo in un lungo prato coperto da molti alberi diversi.

La ragazza, coperta da un mantello nero, si mostrò come Macha, l’allievo dello sciamano dagli occhi rossi.

L’esoterica si avvicinò al maestro e lo trovò seduto insieme ad altri due uomini, intento in una strana preghiera, "Maestro, i santi di Atena, insieme a dei guerrieri sconosciuti, hanno superato il varco", spiegò Macha, inginocchiandosi, "Lo sapevamo già, esoterica, noi controlliamo il varco", esordì l’uomo alla destra di Arawn, "Si, sommo Gwyddyon, so che lei, il mio maestro ed il grande Ogma vi occupavate già di quel varco, ma mi è sembrato saggio informarvi. Quelli inutili soldati e quel guardiano non sono serviti a niente", spiegò la ragazza.

Immediatamente Ogma lanciò un’occhiata sinistra alla giovane allieva di Arawn, "Mi scusi, sommo Sciamano", sussurrò Macha, "Allieva, ora allontanati, o dovrò punirti appena questa battaglia finirà", ordinò con un ghigno maligno lo sciamano dagli occhi rosso sangue, "Si, maestro", rispose la fanciulla con il medesimo ghigno.

Ogma si alzò in piedi, "Andrò a parlare con il grande Dagda", disse, "No", ribatté Arawn, "Andremo tutti e tre, amico mio", sentenziò il secondo sciamano, alzandosi.

Anche Gwyddyon si alzò e seguì i due grandi sciamani al di là di un muro di alberi, che sembrò aprirsi al loro passaggio.

Dagda, comandante dei Tree Monks, era là, le vestigia brillavano di un colore dorata sul suo corpo, alle sue spalle un grandissimo lago, illuminato nelle sue profondità da una luce verdognola.

"Sommo comandante", esordì Ogma, inginocchiandosi, "i guerrieri di Atena sono entrati nel piano di transito, insieme ad altri guerrieri, fra cui ho riconosciuto il cosmo del mio allievo Skinir", spiegò lo sciamano.

"Si, mio vecchio amico, anche io avevo riconosciuto il cosmo del tuo allievo, ma non so chi siano gli altri", concordò la guida dei Tree Monks.

"Mariners", esclamò una voce del Lago, "Dio Mannanon", esordì Arawn, inginocchiandosi, "Cosa ha detto?", domandò, "Oltre ai santi di Atena ed i restanti God warriors di Asgard, sono giunti nel pianto transitorio anche i Generali dei Mari di Nettuno, mio antico nemico", rispose l’energia divina che illuminava le acque.

"Il mio vecchio avversario deve avermi riconosciuto, anche se ci siamo incontrati solo una volta", rifletté la voce divina.

"Hanno raggiunto i Silver saints", esordì in quel momento Gwyddyon, "Si, sciamano, anche io ho percepito i loro cosmi", concordò Ogma, "Poteri telepatici?", domandò Dagda.

"Si, comandante, due telepati cercano di sorprendere i nostri soldati", concordò lo sciamano il cui volto era ancora completamente invisibile, Gwyddyon.

"Qualcosa gli hai trasmesso, come me ed Ogma. Tu gli hai dato le doti di telepate", si congratulò Arawn, verso il terzo sciamano.

I cavalieri d’oro ed i loro alleati avevano attraversato il muro d’argento, ritrovarsi per alcuni secondi sbalzati nella nebbia, una nebbia che lentamente andò diradandosi, permettendo così al gruppo di eroi di vedere il luogo in cui erano: un lungo corridoio di luce ed ombra. Se uno dei quattro santi di bronzo, che vent’anni prima avevano oltrepassato il labirinto dei Gemelli, fosse stato lì, egli avrebbe di certo notato la somiglia tra quel piano ed il labirinto che Saga aveva creato allora.

Il gruppo di guerrieri avanzò in silenzio, finché non si trovò dinanzi a ciò che cercava: i santi d’argento.

Ve ne erano sei, Eric del Corvo era realmente morto, scoprirono, ed i sopravvissuti erano incatenati da strani simboli, "Sono stati fatti da Ogma", sussurrò Skinir, indicando quelle strane catene che li bloccavano.

Proprio in quel momento, dinanzi ai sei santi d’argento apparve un soldato, le vestigia marroni lasciavano intuire la sua carica fra i Tree Monks.

Aveva lunghi capelli castani che gli scendevano fino alle spalle, ma oltre questo, nessuno riuscì a distinguere altro.

"Li avviserò del nostro arrivo", propose Botan, espandendo silenziosamente il proprio cosmo, "Ti darò una mano, sacerdotessa d’oro", esordì Reptile, abile quanto la custode della Quarta Casa nella telepatia.

I sei santi d’argento avevano ricordi confusi delle ultime ore, lo scontro di Eric, un tumultuoso attacco a sorpresa ed infine un uomo dai capelli d’argento che li incatenava con delle strane corde, poi il buio. Si risvegliarono quasi tutti contemporaneamente, circondati da cinque guerrieri dalle vestigia marroni. Uno di questi, lo conoscevano già, era Ioho, il soldato superiore.

Fu proprio quest’energumeno a distribuire i soldati lungo il percorso, prima di tornare in quel bosco di vari alberi.

Due soldati e tre messaggeri erano rimasti con i cavalieri d’argento in quello strano corridoio di luce ed ombra.

Adesso, dopo varie ore, i cavalieri erano incatenati ed un Tree Monk dalle vesti marroni li sorvegliava e derideva.

"Santi d’argento? Vi dovrebbero definire cavalieri di carta pesta, non avete dimostrato nemmeno le capacità necessarie per scappare dalla nostra trappola, solo l’allievo di uno sciamano si è dimostrato valido. Voi siete niente, moscerini", ripeteva il guerriero.

Aveva vestigia marroni con delle sfericità all’altezza delle gambe. La corazza era un unico pezzo squadrato, simile ad un pentagono, che copriva il petto e la cinta, oltre che le spalle. Sul braccio destro vi era un tronco, sul sinistro, invece, un gigantesco scudo rappresentante una lontra.

Costui non portava elmo, aveva capelli castani ed occhi verdi, il viso era nitidamente scozzese e sorrideva beffardo.

Mentre i santi d’argento lo osservavano, due cosmi e voci si risvegliarono nelle loro menti, "Cavalieri d’argento, siamo qui per liberarvi", dissero Botan e Reptile, "No!", esclamò all’improvviso la mente di Rabat, "Che cosa?", esclamò allora la sacerdotessa del Cancro, "Questo tizio è solo, quando ve lo dirò datemi le mie vestigia, ve ne prego", supplicò il cosmo del santo di Perseo.

"Idiota dall’armatura marrone, perché non mi togli queste catene e ne discutiamo da uomo a uomo?", ringhiò poi l’allievo di Shiryu al nemico.

Il Tree Monk si avvicinò a Rabat e lo colpì al volto con il piatto dello scudo, "Sono il signor Nebol del Castagno per te, chiaro?", esclamò infuriato, "Staccami le catene e ti tratterò con il dovuto rispetto", rispose il santo di Perseo sanguinante.

Proprio mentre Rabat spiegava il suo piano ai due alleati giunti in loro soccorso, dal bosco sul Lago, Gwyddyon, seduto in meditazione, cercava di raggiungere mentalmente i soldati dispersi lungo il piano di transito, "Sbrigati", esordì Arawn, rivolgendosi al parigrado in meditazione.

La concentrazione ed il cosmo dello sciamano, però, furono bloccati da qualcuno, "Un cosmo dorato e luminoso, in contatto con il mondo intero", balbettò Gwyddyon, rialzandosi.

"Poco male, sciamano", esclamò la voce divina nel Lago, "Se libereranno i loro alleati, distruggerete i tre sigilli", ordinò, "così rimarranno in trappola nel piano di transito", concluse il dio.

"No", tuonò Dagda, "non possiamo essere così sleali", spiegò, prima di voltarsi verso il Lago illuminato, "Sommo, Mannanon, mi perdoni, ma dobbiamo lasciare loro qualche possibilità, chiuderemo solo uno dei tre sigilli, così da lasciargli alcune ore per oltrepassare il cancello verso questo luogo", implorò il comandante scozzese, inginocchiandosi dinanzi al dio.

"Sommo signore dei Mari, me ne occuperò io stesso", esordì poi Ogma, avanzando per allontanarsi.

"No!", tuonò allora il dio, "Sarà Arawn a chiudere il proprio simbolo", ordinò la divinità, "Inoltre, umano, ricorda che malgrado tu sia venerato come un dio, sono io l’unico vero essere divino qui", concluse l’ente che risiedeva nel Lago, prima che Dagda emettesse un urlo di dolore.

"Allora, soldatino? Non mi vuoi liberare?", domandava intanto Rabat a Nebol del Castagno.

"Di chi è questo cosmo?", si domandò all’improvviso Botan, nascosta in un angolo, percependo un’energia cosmica avvicinarsi velocemente, "Gwyddyon", balbettò Skinir, sentendo la forza dello sciamano.

"Non so chi egli sia, ma tra un po’ avvertirà i soldati", spiegò Reptile, "Non ti preoccupare di lui", esordì allora Tok’ra di Virgo, ponendosi nella posizione del fiore di Loto ed espandendo il proprio cosmo, così da bloccare la mente di Gwyddyon.

"Sei il primo che è riuscito a fare ciò, cavaliere della Vergine, Gwyddyon era un compagno d’addestramenti del mio maestro e di Arawn, dalle grandi doti psichiche, non lo avevo mai visto fallire", si congratulò Skinir.

"Silenzio, Rabat è stato liberato", esordì Lorgash, indicando a tutti la scena della battaglia.

"Ora che sei libero, buffone, che vuoi fare?", domandò divertito il soldato del Castagno al suo nemico, "Semplicemente combattere", rispose il santo di Perseo, "Adesso, cavalieri", urlò poi.

Un cosmo esplose nelle vicinanze, quello di Botan, che trasportò dinanzi al cavaliere d’argento le vestigia che da anni lo proteggevano, quelle che il sommo Shiryu di Dragon gli aveva conferito.

"Che cosa?", balbettò semplicemente il soldato nel notare l’armatura d’argento che si disponeva sul suo padrone.

"Affrontami ora, pagliaccio scozzese, vedremo che saprai fare contro lo sguardo della Medusa", esordì il santo d’argento.

"Vedremo", sogghignò Nebol, dopo un primo momento di sorpresa.

Il soldato del Castagno saltò incontro al proprio avversario e roteò con velocità, "Caduta del Castagno", urlò il Tree Monk.

Rabat fu investito in pieno dal colpo, ma grazie allo scudo della Medusa riuscì a parare l’energia dell’impatto.

"Bella tecnica, soldato, non sei poi tutto chiacchiere", si complimentò il santo d’argento.

"Sono Nebol del Castagno, soldato abile sia nel difendere che nell’offendere", si presentò nuovamente il Tree Monk.

"Abile sia nella difesa che nell’attacco?", parafrasò Rabat incuriosito, "Si, Nion era il furbo, Ullifu l’armiere con le fruste, Kataga è il gelido braccio ed io sono il più abile", spiegò Nebol, "Capito, cavalieri d’oro?", domandò divertito il soldato.

Gli alleati si mostrarono, "Myokas e voi tutti, scattate per salvare Real e gli altri, mi occuperò io di rallentare questo tizio", suggerì Rabat, caricando il proprio cosmo.

"Occhi della Medusa", urlò allora Rabat, scatenando il proprio colpo energetico contro il nemico.

Nebol sorrise e scattò in avanti. Le due sfere di luce verde partirono contro di lui, lo scozzese evitò la prima con una capriola e parò la successiva con il proprio scudo.

"Bel colpo", si complimentò il Tree Monk, "Non hai ancora visto l’effetto della sfera che hai parato", ribatté sorridente Rabat, "Davvero? Speri che il tuo colpo riesca a superare lo scudo della Lontra di cui sono fornito?", domandò divertito Nebol, mentre osservava il suo braccio sinistro, integro, senza alcuna pietrificazione.

Rabat impugnò lo scudo della Medusa, "Ebbene, soldato scozzese, vedremo di confrontare i nostri scudi al fine di vedere chi fra noi è il migliore", lo sfidò, "Sia, cavaliere d’argento", concluse Nebol, alzando la propria arma.

I due cosmi si espansero, "Sguardo della Medusa", urlò Rabat, mentre il volto della Gorgonia si animava di luce sinistra, "Balgair shield", ringhiò Nebol, mentre la Lontra ritratta sul suo scudo brillava, come illuminatasi nell’ombra di quella dimensione.

"Come state, cavalieri d’argento?", domandò Botan di Cancer, dopo che il gruppo di eroi liberò i santi d’argento, "Siamo vivi e desiderosi di vendetta", rispose Zadra, rialzandosi.

Subito i cinque gold saints ritornarono ai loro compagni d’argento le loro vestigia, che si posero nuovamente sui corpi dei propri padroni. "Non ci resta che vedere come si concluderà questo scontro", concluse la sacerdotessa dello Scultore.

Un’ondata d’energia si sviluppò dal braccio sinistro di Nebol, simile ad un’esplosione di luce, allo stesso tempo, una potentissima luce verde scaturì dall’arma di Rabat, i due colpi si scontrarono a mezz’aria.

Il santo di Perseo non resse alla potenza dell’attacco nemico e volò a terra, vicino ai suoi compagni, "Costui è molto forte per riuscire a sbalzarti", rifletté Lorgash di Capricorn, "Si, amico mio, se non fosse stato per le mie vestigia, rinate per non so quale forza, sarei morto per colpirlo fatalmente", concordò Rabat, rialzandosi.

"Colpirlo?", domandò Argo, stupefatto nel notare che il soldato del Castagno era diventato una statua di pietra.

"Nel momento in cui ha lanciato il suo colpo, la sua difesa è diventata un attacco, allora ha osservato lo sguardo della Medusa, così da rimanerci di sasso", scherzò Rabat, tossendo per una qualche ferita.

"Come stai, cavaliere?", domandò Ryo di Libra, "Bene, figlio di Shiryu, forse ho una costola rotta però", rifletté, appoggiando una mano al fianco destro.

Subito Odeon appoggiò la mano sul fianco del santo d’argento, "Non ti preoccupare, non aggiusterà la costola, ma ti permetterà di muoverti liberamente, mentre voi tornerete in Grecia", spiegò il santo del Leone.

"Mi dispiace, ma non potranno fuggire", esordì all’improvviso una voce.

Una figura apparve da lontano, "Solo oltre passando noi messaggeri e l’altro soldato rimasto, potrete fuggire, raggiungendo Tir Na Nog", spiegò il nuovo arrivato, "quindi fatevi avanti", concluse.