Capitolo 9: Dolore ed innocenza

Il gruppo d’eroi si trovò dinanzi ad un giovane dalle avane vestigia.

"Spiacente, ma non potete tornare indietro", ripeté il nuovo nemico, "né avanti, se prima non mi sconfiggete", concluse, mostrandosi.

Aveva corti capelli azzurri, un fisico esile ed aggraziato. L’armatura ricordava quella di Hirihody per il colore, quasi bianco. Le coperture per le braccia e le gambe erano dei singoli blocchi squadrati, sul petto un lieve strato di metallo, che però copriva completamente la giovane ed esile figura, alla cinta un lungo kilt di metallo, che raggiungeva le ginocchia di colui che era chiaramente un messaggero.

Le spalliere ricordavano due piccoli passerotti, sul volto una maschera, che impediva di distinguere i suoi lineamenti.

"Chi sei, messaggero?", esordì Ryo, "E perché quella maschera?", aggiunse il santo di Libra, "Sono Hazel del Pino, messaggero fra i Tree Monks, fedele a Dagda, e questa maschera nasconde il mio dolore e mostra la mia fedeltà", si presentò il giovane nemico.

"Questo è uno dei due cosmi che ho percepito ieri, mi hanno distratto durante la fuga un cosmo sofferente ed uno puro come la neve", affermò Kano del Pavone, facendosi avanti, "Fermo, cavaliere", lo bloccò una mano amica, "Anche io ho avvertito il dolore del suo cosmo, quindi ti prego, lascia a me il dovere di affrontarlo", propose Daidaros di Cefeo, ponendosi dinanzi all’avversario.

"Vero, percepisco anche io, adesso, il dolore che costui emana insieme al suo cosmo, simile ad una piccola fiaccola solitaria in un gelido mare", rifletté Tok’ra.

I due avversari, intanto, era pronti alla lotta.

"Dici di percepire il mio dolore, cavaliere, ma ciò che sentì e solo l’impronta del mio cosmo, il dolore che porto nel cuore e sotto la maschera non è possibile trasmetterlo", spiegò Hazel, preparandosi ad attaccare.

"Suppongo tu abbia ragione, messaggero, ma sento in te qualcosa di cupo, proprio come mi sentì io quando persi mio padre e mia madre per mano dei titani di Urano", affermò il figlio di Shun.

"Attaccami, cavaliere, forza, mostrami di cosa sono capaci quelle catene", ribatté il messaggero, la cui voce sembrava sempre più cupa.

"Nebula chain", esclamò allora Daidaros, scatenando le catene di Cefeo. Hazel sembrò rimanere immobile, in attesa del colpo nemico, quando di scatto si allontanò, sorprendendo tutti i cavalieri presenti, eccetto lo stesso Daidaros, "Mi dispiace, messaggero, ma le mie catene cercano il cosmo del loro nemico e nel tuo caso, sarà facile per loro raggiungerti", spiegò il cavaliere d’argento.

Le catene d’argento, infatti, inseguirono la veloce preda, il messaggero del Pino, che con agili salti e scatti di varia velocità cercava di evitare l’attacco nemico, "Non credere che sia così facile ingannare le mie catene, sono riuscite a scovare nemici ben più veloci di te, come Endimon del Fagiano, e più potenti nell’attacco, come Briareo il centimane", lo avvisò Daidaros, "arrenditi", concluse.

"Tu, cavaliere di Atena, non hai mai visto un mio attacco", esordì la voce di Hazel, mentre il messaggero correva intorno al santo d’argento.

Il Tree Monk del Pino spiccò un salto al di sopra del figlio di Shun, "Fuoco fatuo", urlò il messaggero dalle avane vestigia, lanciando il proprio colpo.

Daidaros alzò la testa e vide una scura fiammata correre verso di lui, "Cugino", urlò Kain, intenzionato ad aiutare il parente.

"No, figlio di Ikki, ho spesso sentito dire da mio padre che il tuo era eccessivamente protettivo verso Shun, non avere lo stesso eccesso di sfiducia verso tuo cugino", esclamò allora Camus dell’Acquario, bloccando i passi del Primo Cavaliere di Nettuno.

Daidaros, nello stesso tempo, fu inghiottito dalla nera fiammata, fuoriuscita dalla mano sinistra di Hazel, "Addio, cavaliere", sussurrò il messaggero mascherato.

"Rolling defence", esclamò allora una voce fra le fiamme, subito Hazel fermò il proprio passo, diretto verso gli altri cavalieri, per voltarsi nuovamente verso il santo di Cefeo.

Daidaros era in piedi ed aveva creato con la catena di difesa un mulinello d’aria con cui aveva sollevato e spento l’oscura fiammata del nemico.

"La battaglia non è finita, almeno per me", spiegò il figlio di Shun, "Che intendi dire?", domandò il messaggero mascherato, che non aveva notato che la catena d’attacco ancora lo inseguiva.

Hazel fu colpito in pieno stomaco, perdendo parte dell’armatura del Pino.

"Cavalieri, chi ha riparato le nostre armature?", domandò allora Rabat, "un tempo né la mia avrebbe resistito all’esplosione prodotta da Nebol, né quella di Cefeo avrebbe prodotto danni simili ad un nemico", rifletté il santo di Perseo.

"Seguaci di Efesto", rispose semplicemente Golia con un sorriso divertito sul volto.

"Ottima difesa e magnifico attacco", esordì allora Hazel, rialzandosi, "ma adesso mi vedo costretto ad utilizzare il mio colpo migliore", spiegò il messaggero del Pino, sollevando la mano sinistra.

"Non farlo, quel fuoco da solo lasciava intuire quanto sia cupo e torturato il tuo animo, non alzare ancora la mano contro di me, che ti sono nemico solo per il nostro comune destino di guerrieri", gli propose Daidaros, "arrenditi e lasciaci passare", supplicò il santo d’argento.

"Mi dispiace, ma devo troppo a Dagda per permettervi di passare, egli mi ha dato nuova vita ed una ragione per continuare ad esistere", sussurrò il messaggero, mentre la mano sinistra iniziava a brillare, proprio come le spalliere, simili a passerotti.

"Nebula chain", urlò allora Daidaros, "Mi dispiace, ma devo", concluse poi.

"Anche a me dispiace, ma ti farò capire il mio punto di vista", affermò il Tree Monk del Pino, "Aracos flap", invocò infine.

Le spalliere brillarono di una luce rossa come il fuoco, che poi si canalizzò nella mano sinistra per poi partire alla volta di Daidaros sotto forma di un piccolo passero, che colpì in pieno capo il santo di Cefeo, lanciando in aria il suo elmo.

Il figlio di Shun lasciò cadere le due catene e cadde egli stesso, in ginocchio, il suo sguardo si perse nel vuoto, quindi iniziò ad urlare, come rapito da un incubo assurdo.

"Un colpo simile al <Genmaken> di mio padre", esclamò Kain, ora deciso ad aiutare il cugino.

"No cavaliere dalla strana armatura, questo colpo non percuote la mente, semplicemente fa in modo che io condivida il mio dolore con i miei nemici. So che è un colpo vile, ma il maestro Arawn mi ha consegnato questo segreto per affrontare e sconfiggere le menti più deboli ed incapaci a sostenere un dolore immenso come il mio", spiegò Hazel, voltandosi verso il generale dei Mari.

"Questo colpo ha segnato la tua sconfitta", esordì allora Botan, "Che intendi dire, donna guerriera?", chiese il messaggero mascherato, voltandosi verso la sacerdotessa del Cancro, "Solo chi non può sostenere il tuo dolore non sopravvive, ma tu hai sottovalutato la pietà e la sofferenza che cova nel suo cuore il figlio di Shun di Andromeda", spiegò la custode della Quarta Casa.

"La sacerdotessa del Cancro d’oro ha ragione, nobile messaggero", esordì la voce di Daidaros.

Hazel cercò di voltarsi, ma solo allora si accorse che il suo corpo era completamente circondato da un vento vorticoso, "Ho percepito pienamente il tuo dolore, la perdita dei genitori e dei fratelli, la deturpazione e la rinascita come messaggero dei Tree Monks grazie all’aiuto di Dagda, solo allora mi sono ricordato di un episodio che Eric ci raccontò dinanzi alla somma Sacerdotessa e di un bambino di pochi anni salvato da una casa in fiamme, eri tu, Hazel, quel bambino. Sei cresciuto sotto l’ala protettiva di Dagda per tutti questi anni, sublimando te stesso ai suoi bisogni. Suppongo che questo comandante dei Tree Monks sia una persona grandiosa se in tutto quel dolore che mi hai trasmesso lui era l’unica luce.

Anche io ho cercato una luce nei tempi del dolore, quando mia madre e mio padre furono uccisi di Sinope in battaglia, i miei migliori amici, Hamer di Canis Minor e Gallio di Scorpio, caddero in battaglia contro dei titani, allora cercai nel desiderio di vendetta e di giustizia il faro per uscire dall’oscurità della tristezza e della solitudine.

Proprio perché capisco il tuo dolore, te ne prego, arrenditi, altrimenti la potenza della Nebulosa che mio padre mi ha tramandato ti investirà ed ucciderà", spiegò il figlio di Shun e June, alzandosi.

Allora tutti i cavalieri notarono sorpresi che Daidaros piangeva, come mai aveva fatto prima, "Arrendermi mi è impossibile e dovresti saperlo, hai ricevuto il mio dolore, quindi sai che non mi fermerò mai", ribatté Hazel, voltandosi verso il nemico.

La corrente si strinse ancora di più intorno al suo corpo, distruggendo completamente le vestigia del Pino e la maschera che nascondeva il volto del giovane scozzese, dilaniato da una grande ustione.

"Guarda il mio volto ustionato di fanciullo, credi realmente che mi fermerò?", domandò Hazel, alzando il braccio sinistro, mentre l’energia del vento diventava sempre maggiore, "Messaggero, sei senza difese, se tenti un attacco morirai prima ancora di completarlo", urlò Daidaros, spalancando gli occhi.

"Aracos flap", urlò Hazel, "Per Dagda, maestro, padre, amico, comandante e mio unico dio", tuonò il giovane messaggero, prima che la "Nebula storm" lo investisse in pieno, lanciando il suo corpo verso l’estremità superiore di quella dimensione di transito.

Daidaros cadde in ginocchio, piangendo il nemico morto, nessuno più di lui comprendeva il dolore dell’avversario, rimasto solo in tenera età e cresciuto solo per seguire un uomo, che adesso lo aveva lanciato in una folle guerra.

Sull’Isola dell’Eterna giovinezza, tutti i Tree Monks presenti percepirono il cosmo del messaggero del Pino spegnersi, e chiunque fra loro avesse cuore pianse il giovane sfortunato.

Ogma pianse lacrime amare nel sentire spegnersi il cosmo di Hazel ed ancora di più nel percepire la lotta interiore nel suo comandante Dagda, incapace di obbiettare dinanzi al volere di un dio come era colui nascosto nel Lago.

I cavalieri d’Atena, i mariners ed i god warriors avanzarono lungo lo strano corridoio di luce ed ombra, fino ad incontrare il loro nuovo nemico, un soldato fra i Tree Monks.

"Cavalieri giunti fin qui per invaderci, non vi preparate alla battaglia?", domandò il giovane nemico, "Costui non ha un cosmo offensivo quanto le sue parole", rifletté Myokas, sorpreso dalla presenza fra i nemici di un così giovane avversario come quello che avevano davanti.

Kano del Pavone si fece avanti, "Costui ha un cosmo quieto e candido come la neve, ma mi ha colpito ieri, quindi vi chiedo di lasciare che sia io il suo avversario", domandò il santo d’argento, "Sia, amico mio, ma attento, ricorda le parole del nostro maestro Kaor", concordò Tok’ra di Virgo con un sorriso.

"Come ti chiami?", domandò allora il giovane nemico, mostrandosi completamente, "Kano del Pavone, santo d’argento in nome di Atena", si presentò l’allievo di Kaor di Byakko.

"Sei il tizio che ho colpito ieri?", domandò con un sorriso beffardo il giovane.
Aveva un’armatura marrone, esile ed elegante, sotto molti aspetti simile alle prime vestigia del Cigno sacro ad Atena, specialmente per la corona e le spalliere, identiche.

I gambali ed i bracciali, invece, sembravano lavorati nel legno, simili a piccole barche per la forma curva che avevano, medesima forma avevano le coperture per la cinta ed il petto.

"Kataga del Cornolio è il mio nome, soldato semplice ed allievo di Belenos, druido maestro nel controllare le energie fredde", si presentò allora il giovane dai biondi capelli ed i sottili occhi verdi.

I lineamenti ed il fisico lasciavano intuire la sua giovane età, di certo aveva 13 anni o poco più.

"Belenos", ripeté allora Camus, nel sentire quale titolo avesse dato a costui il fanciullo loro avversario.

"In te non percepisco dolore, soldato, ma una purezza inverosimile in un guerriero", affermò Kano, chiudendo gli occhi, "Si, lo so, mi ha detto lo stesso Nuada il grande spadaccino, prima di propormi di unirmi a loro", spiegò Kataga sorridente.

"Fino ad ora ho ucciso solo alcuni di quei bianchi invasori, ma il cuore sente sempre l’impeto a seguire l’esempio del mio grande maestro e del nostro comandante Dagda, per difendere le terre di Scozia da nemici ed invasori", spiegò il giovane.

"Noi siamo stati attirati qui con l’inganno dal vostro comandante che tanto lodate", affermò allora Kano di Pavone.

In quel momento lo sguardo di Kataga cambiò, tramutando in una maschera di rabbia, "Attento a come parli, cavaliere, il piano, che nessuno di noi, soprattutto il grande Dagda, ha apprezzato, è stato ideato dal dio che ci ha riuniti qui, Mannanon, il signore dei Mari, degli Abissi e degli Inganni", lo avvisò il giovane, "Come questo secondo piano, probabilmente", concluse poi.

"Quale secondo piano?", domandò il santo del Pavone, "quello di intrappolarvi tutti in questa dimensione di transito. Voi non ve ne siete accorti, ma alcuni minuti fa uno dei tre sciamani che hanno aperto questa dimensione, si è sganciato dalla preghiera che teneva stabilmente solida la porta dimensionale. Ora avete poco meno di quindici minuti per uscire da questo luogo, ma per fare ciò dovreste superare me ed i due messaggeri rimasti", spiegò con un sorriso educato il ragazzo.

"Che cosa? E tu resti qui a fermarci, cosciente di perderti per sempre?", balbettò Neleo di Hammerfish, intromettendosi nel dialogo, "Certo, prima di essere un ragazzo, sono un soldato fedele al suo comandante", rispose con semplicità il giovane.

"Fedele ad Ioho, giusto?", ripeté dispiaciuto Odeon, ripensando all’avversario che aveva dovuto sconfiggere, "No, al grande Dagda. Per diventare come il nostro comandante supremo, o come saggio come Belenos e coraggioso e potente quanto Nuada, sono pronto a perdermi in questa dimensione", ribatté Kataga, "E come me lo sono anche Rylica ed Ilew, i due messaggeri", concluse.

"Sei innocente ed ingenuo, ragazzino, ma giacché sembra che le parole non ti spostano, dovrò attaccarti", esordì Kano, scattando verso il nemico, "Ruota del Pavone", urlò scatenando i propri pugni.

"Kataga ha già vinto", sussurrò Tok’ra contrariato.

Il soldato del Cornolio evitò con abilità i pugni del santo del Pavone, "Snow crying", urlò poi.

Una tempesta di neve si delineò al di sopra di Kataga, gettandosi contro Kano ed investendolo in più punti, così da gettarlo a terra.

"Non è così facile spostarmi", rispose sorridente il ragazzo.