Capitolo 22: Il Mietitore di Anime

Il gruppo appena uscito dallo scontro con Jango della Vergine Nera osservò tre figure delinearsi all’orizzonte, "Tok’ra", urlò uno di questi, uno statuario individuo dalle vestigia dorate.

"Golia", sussurrò sorridente il cavaliere di Virgo, nel riconoscere il custode della Seconda Casa.

Con il santo del Toro vi erano anche Esmeria e Joen, che avanzavano fiduciosi verso i cinque compagni.

"Regina di Cartagine, Guardiano di Era, saluti a voi", esclamò Anhur, dopo aver rivolto un cenno al santo d’oro che li accompagnava, "Dove si trova il vostro quarto compagno? L’altro Beast Keeper?", domandò allora Sekhmet, osservando il trio.

"Koryo è rimasto indietro per rallentare il cavaliere nero del Capricorno, ma di certo ci raggiungerà", li rassicurò Golia del Toro, cercando, nel qual tempo, di tranquillizzare anche Esmeria, parigrado del guerriero di Seiryu.

"Piuttosto voi come ci avete raggiunto?", chiese incuriosita la Pharaon di Bastet, "Sulla nostra strada vi era un bivio, abbiamo preso la via di destra, così da arrivare qua, nei pressi di questa faccia del nero castello", spiegò la figlia di Ikki.

"Proseguiamo, cavalieri", suggerì allora Sed, disinteressato a quelle spiegazioni, "Tutto bene, santo del Pavone?", domandò allora Joen, osservando Kano, visibilmente ferito, "Si, Guardiano del Pavone", replicò con tono divertito il cavaliere d’argento, prima che il gruppo, adesso più ampio di numero, continuasse il suo cammino.

"Due delle armate a noi nemiche si sono riunite", esclamò in quello stesso momento Raizen della Tigre, all’interno del nero castello, "Ed anche l’allievo del vostro Runouni del Cavallo è caduto, chissà se la colpa sia dei miei seguaci, o dei loro scarsi maestri", rifletté in quel momento Sairon, con tono beffardo, spegnendo un’altra candela sul lato destro, la sesta dal centro.

"Ora restano due neri custodi intorno al castello, abile e feroce è una di loro, mentre l’altro è un allievo di voi Runouni, che odia dal profondo del cuore i santi, per proprie ragioni", continuò il nero cavaliere di Libra.

"Oltre loro, però, ricorda che c’è anche uno dei Runouni migliori, il mietitore di anime", lo corresse sibilino Shishio, "chissà se i suoi tre attuali nemici troveranno il modo per salvarsi dalle sue trappole infide", concluse il Dragone di Giada, osservando il cielo oscuro fuori del castello.

Daidaros, Ryo e Jenghis erano fermi, stupiti dinanzi alla figura che li attendeva sorridente, appoggiata alla parete rocciosa e visibilmente ferita.

"Cavalieri, amici miei, come state?", domandò quest’uomo, sorridendo a tutti loro, "Non può essere, no, è morto. Obbuan è morto!", urlò il berseker dell’Avvoltoio, alzando l’Ascia contro colui che era Obbuan.

"Amico mio, vuoi alzare la tua lama contro di me? Dopo quello che abbiamo passato nelle terre russe? Su, Jenghis, cala quell’arma ed abbracciami", propose la figura ferita.

Il berseker chinò l’Ascia e si avvicinò con gentilezza alla figura nota, "Aspetta, guerriero di Ares, non ti avvicinare di più", esclamò Daidaros.

"Che vuoi dire?", domandò allora Ryo di Libra, "Le mie catene sono come impazzite, non so chi sia quell’individuo, ma di certo non è Obbuan", replicò il figlio di Shun, "Su questo hai ragione", rispose seccamente la figura, i cui occhi si iniettarono di sangue, mentre con quello che sembrava il Caduceo colpì al volto Jenghis, atterrandolo al suolo.

"Chi sei, cavaliere? Rivelati", ordinò allora Ryo di Libra.

"Un berseker, seguace di Ares e quindi creatura maligna, secondo te chi posso essere per volerlo eliminare? Ovviamente un credente in Atena, anzi ti dirò di più, sono un tuo vecchio amico, sei sicuro di non ricordarti di me Ryo? Di tutti i giorni passati insieme mentre tu eri piccolo ed io iniziavo i miei allenamenti presso il grande Fabbro?", domandò allora quella figura, mentre l’aspetto mutava repentinamente in quello di Kiki, cavaliere dell’Ariete dorato.

"Ho usato questo trucco per atterrare il nostro nemico, ora cavalieri, forza seguitemi, andiamo a liberare Tisifone", propose il giovane dai capelli rossi.

Il santo di Libra era paralizzato dinanzi alla visione dell’amico d’infanzia, ma fu proprio la catena di Cefeo a mettersi fra loro, mossa dal braccio del suo padrone, "Aspetta, Ryo, non so chi egli sia, ma di certo non è colui che ci appare davanti, né che sia Obbuan, né che sia Kiki", rifletté il giovane santo d’argento.

"Su questo di certo hai ragione, non sono nessuno di questi individui, ma, mio vecchio amico di giochi, non posso credere che tu alzi così la tua mano contro di me, non ricordi la nostra infanzia passata insieme sull’isola natia? Gli addestramenti con tuo padre per divenire cavalieri? Dimmi, Daidaros, hai dimenticato tutto questo?", domandò l’individuo, prima che il suo aspetto e le vestigia dorate mutassero di nuovo.

La cloth ed il corpo cambiarono, non più Kiki dell’Ariete era dinanzi ai due, ma il custode delle vestigia dello Scorpione, Gallio di Scorpio.

"Dimmi, mio vecchio amico, per quanto tu possa essere sicuro che io non sia chi dico di essere, alzerai la mano contro di me? Scatenerai le tue catene contro colui che più di tutti consideravi tuo fratello?", domandò il misterioso individuo capace di cambiare aspetto.

"Non sapete chi io sia, vero cavalieri di Atena?", domandò l’uomo simile a Gallio, "Potrei essere un vostro vecchio alleato, già padrone di questa tecnica di metamorfosi", sussurrò prendendo l’aspetto di Reptile dell’Anaconda, "Oppure un vecchio compagno, morto che, come i cinque guerrieri neri demoniaci, ha dato l’anima al male", suggerì, prendendo l’aspetto di Hamer di Canis Minor, che Daidaros aveva visto morire per mano di Rhea, una delle seguaci di Urano.

"Non so chi tu sia, cavaliere, né cosa tu sia", esclamò il figlio di Shun, "ma le mie catene riconoscono la malvagità che aleggia nel tuo cuore, quindi non potrai ingannarmi", lo minacciò, prima di rivolgersi al cavaliere della Bilancia, "Ryo, vai avanti insieme a Jenghis, cerca l’entrata del castello da uno degli altri tre lati", suggerì il santo d’argento.

"Ne sei sicuro, cavaliere? Vuoi che ti aiuti in questa battaglia?", domandò il santo di Libra, "No, figlio di Shiryu, lascia che sia io a combattere, le mie catene saranno più utili di qualsiasi tua arma per affrontare quest’essere", concluse il guerriero di Cefeo.

Ryo prese in braccio l’alleato svenuto e scattò verso sinistra, "Aspetta cavaliere", urlò il nemico, che ora aveva l’aspetto di Myokas di Sagitter, morto pochi giorni prima, per mano di Shishio.

"No! Tu sei morto, non puoi essere tu", balbettò stordito il santo della Bilancia, la cui amicizia con l’allievo maggiore di Seiya si era stretta con il passare del tempo.

"Catena, disponiti a barriera", urlò allora Daidaros, impedendo che il figlio di Shiryu potesse vedere ancora il parigrado morto.

Quando Ryo si era ormai allontanato, Daidaros si voltò nuovamente verso l’avversario e grande fu il suo stupore nel vedere le proprie vestigia indossate da un uomo, biondo, robusto ed incredibilmente simile a Gallio.

"Sei bravo, mio successore, Shun ti ha addestrato bene, proprio come io avevo fatto con lui", esclamò la nuova illusione, "Tu…", balbettò il giovane santo d’argento, "Io. Io sono l’uomo da cui hai preso il nome, sono colui di cui tuo padre ti ha tessuto le lodi, sono la persona che Gallio ricordava con tristezza ed orgoglio, sono il modello che per anni è vissuto nella tua mente, sono il precedente possessore delle vestigia di Cefeo, sul campo di battaglia mi chiamavano Albione, ma come te, il mio nome è Daidaros", si presentò la figura del maestro di Shun.

"Arrenditi, cavaliere, non ti sono nemico", propose il santo d’argento, "No, mai!", esclamò il giovane guerriero consacrato ad Atena.

"Nebula Chain", urlò il cavaliere, ma le catene si fermarono a pochi millimetri dal nemico, che nuovamente aveva mutato il suo aspetto, "Cosa c’è cugino? Perché ti sei fermato? Ricordi quando con mio padre ti venivo a far visita? Già allora, quando entrambi volevamo diventare santi di Atena ti spiegavo di non avere mai dubbi sul campo di battaglia, però, malgrado come ti comporti, sembri non voler capire la lezione", rifletté l’individuo, che adesso appariva come Abel, figlio di Ikki e cavaliere di Gemini.

"Tu, vile. Ora ti ho compreso, puoi prendere l’aspetto solo di chi è già morto. Prima Obbuan, poi Kiki, quindi Gallio e dopo Myokas, Albione ed Abel, non sei un uomo, devi essere un mostro", urlò disgustato Daidaros.

"Sei intelligente, cavaliere, hai capito in pochi minuti la dote prima di questa mia tecnica, ma non conosci la seconda, la più infida: quando prendo l’aspetto di qualcuno, ne posso assorbire anche la forza fisica", spiegò Abel di Gemini, tirando a se il santo di Cefeo e colpendolo allo stomaco con un calcio, che lo gettò al suolo ferito.

"Ora dimmi, cavaliere d’argento, che tanto eri sicuro di poter sostenere uno scontro con me grazie alle tue catene, contro chi vuoi alzare la mano funestamente?", domandò Abel, avanzando, "Contro un amico?", continuò prendendo l’aspetto di Hamer, "contro un vecchio nemico?", suggerì divenendo Hazel del Pino, il Tree Monk ucciso da Daidaros alcuni mesi primi, "Contro un alleato?", continuò prendendo la forma di Minosse di Griffon, "Contro un parente prossimo?", domandò con l’aspetto di Remor di Pan, figlio di Ikki, "O, addirittura, contro tua madre?", concluse, prendendo la forma di June del Camaleonte.

"Vile mostro", balbettò con le lacrime agli occhi il giovane cavaliere d’argento, "Tu volevi tanto diventare un vero uomo, superare in bravura tuo padre ed il mio, diventando forte e non fermandoti nemmeno dinanzi alle persone che conosci, se queste si dimostrassero maligne; eppure non ne sembri tanto capace", rifletté con tono ironico Gallio di Scorpio, prima di colpire al volto con un calcio il nemico.

"Adesso basta, non posso più accettarlo", sussurrò Daidaros, rialzandosi in piedi, "Concordo con te, non posso sopportare quest’attesa, basta giocare con te, altri tre individui si avvicinano e per loro ben altre immagini care sono pronte", sogghignò il nemico, "ho deciso, ti finirò con la figura più appropriata per questo compito", concluse, prendendo l’aspetto di June del Camaleonte.

Un colpo di frusta schioccò, gettando al suolo il santo d’argento, "Ti voglio informare che non sarai battuto da un guerriero qualunque, bensì dal Mietitore di Anime, uno dei più potenti fra i Runouni di Giada. Migliore dei tre che sono già caduti lungo questa via e degli altri che si nascondono nel castello", avvisò la guerriera, sollevando la propria frusta contro il nemico.

"Nebula chain!", urlò allora Daidaros, colpendo in pieno stomaco il nemico e gettandolo al suolo.

Il guerriero atterrò a terra, ma il suo stupore fu nel vedere che l’avversario era in piedi, determinato e con gli occhi chiusi dinanzi a lui, "Forse i miei sensi mi ingannano, permettendoti di intrappolarmi nelle tue illusioni, Runouni, ma sappi che non permetterò che tu, che infanghi i ricordi degli uomini, possa sconfiggermi così, le catene mi guideranno in battaglia, non gli occhi", spiegò Daidaros, con lo sguardo chiuso rivolto verso il vuoto.

"Molto bene, vediamo quanto riuscirai a resistere, combattendo così alla velocità della luce", ringhiò il nemico con la voce di Gallio.

"Circular Defense", urlò il santo d’argento, mentre le catene di Cefeo difendevano il loro padrone dagli attacchi del nemico, "Si vede che tu non conosci altro che i miei ricordi, Runouni, non sai che dall’inizio della battaglia contro Urano fino alla fine dello scontro contro Pontos sono migliorato, perfezionando le mie tecniche offensive e difensive, oltre che imparando a sfiorare la velocità della luce attraverso il mio cosmo", spiegò con tono deciso il figlio di Shun, "ed ora, a me l’attacco", continuò, "Nebula Chain", concluse, rigettando al suolo il nemico.

"Ti faccio i miei complimenti, custode d’argento, ora apri gli occhi, ti farò l’onore di mostrarmi con il mio vero aspetto", sogghignò il nemico, con una voce sconosciuta a Daidaros.

Quando il cavaliere di Atena aprì gli occhi vide dinanzi a se un Runouni.

Le vestigia erano verdi, come smeraldi, il corpo esile ed asciutto, due sottili baffi neri scivolavano fino alla gola, gli occhi, neri e senza pupille erano diretti verso il nemico, mentre i capelli erano completamente nascosti dall’elmo.

L’armatura rappresentava uno dei dodici segni dello zodiaco cinese.

I gambali e le copertura per le braccia erano delineate sul corpo del cavaliere, le spalliere, invece, erano al quanto buffe, caratterizzate dalle due zampe posteriori dell’animale, gigantesche e morbide, mentre le piccole zampe anteriori coprivano le ginocchia.

Il busto era lievemente nascosto da un pezzo di metallo verde, che raggiungeva, allargandosi la cinta, nascondendola quasi fino a metà gamba.

L’elmo era simile ad un lungo capello, il muso dell’animale sulla testa e le orecchie si alzavano verso l’alto appuntite, come quelle di ogni lepre.

"Mi chiamo Ryoga, il Runouni della Lepre, anche chiamato il Mietitore di Anime", si presentò il nemico, chiaramente cinese, "e questo era il mio aspetto quando divenni un custode di Giada", concluse con tono sibilino.

"La Lepre?", domandò stupito Daidaros, "Si, la Lepre", rispose il nemico.

"Buffo che un animale così innocente abbia dei poteri così minacciosi, vero? Ci sono due possibili spiegazioni, sai? Difatti in alcune culture conigli e lepri sono animali lunari, che fra le altre mansioni possono anche trasportare le anime nel mondo dei morti, se vogliamo, sono traghettatori come Caronte", spiegò con tono quieto il Runouni.

"L’altra teoria è che, in un mondo di dodici animali feroci, compreso il topo, anche la lepre ha dovuto acuire i propri poteri, rendendosi mietitore di anime", sogghignò infine Ryoga.

"Non mi interessano le tue malsane teorie, mostro, malgrado le vestigia che indossi, il tuo animo è tutt’altro che tenero ed esile, ma infido e ricco di labirintici pensieri", ringhiò il cavaliere d’argento, scatenando nuovamente le proprie catene.

Il cosmo smeraldo del guerriero fermò le armi di Cefeo, "Attento, cavaliere, ora che hai superato la prima trappola del mietitore di anime, dovrai vedertela con le mie tre tecniche residue, riceverai una fine ancora peggiore di quella che hai evitato", minacciò il Runouni, mentre il suo cosmo circondava il figlio di Shun.

"Che succede?", balbettò Daidaros, osservando il cosmo del nemico che diventava una nebbia verdastra, celando l’ambiente dinanzi a loro, "Dopo la mia prima tecnica, <Inganno della Lepre>, che hai saputo superare, ti mostrerò la seconda, cavaliere, il <Sanzu Reclaim>", rispose beffardo Ryoga.

Lentamente la nebbia andò diradandosi, così da mostrare un ambiente empio, vuoto di ogni vegetazione, dove solo la puzza dell’acqua putrida riempiva i polmoni di Daidaros, il quale sentì una profonda nausea riempirlo.

"Ti ricordi cosa ti ho detto pochi minuti fa?", esordì Ryoga, "La Lepre conduce le anime nel mondo dei morti, ebbene, ti ho portato qui, nell’Oltretomba buddista e per di più, non solo con l’anima, ma con il corpo stesso, così da non lasciare tracce di te a quelli che fra poco arriveranno sul campo di battaglia. Scusa la nausea, ma è l’effetto che fa a chiunque arrivi qui con il corpo trasportato da me", sentenziò il Runouni, preparandosi allo scontro.

"Preparati ad abbandonare la vita, cavaliere d’argento", concluse il Mietitore di Anime, lanciandosi contro il nemico.