Capitolo 28: Conclusione di uno scontro

Joen del Pavone osservava con odio profondo il suo nemico, Zoras dell’Oscuro Sagittario, l’assassino di Connor, suo parigrado presso i Goshasei di Era.

"Forza, guardiano cartaginese, fatti sotto, vediamo se questa volta sarai capace di salvare qualcuno oltre te stesso", lo sfidò il nero guerriero.

Lo sguardo di Joen, però, si fece più calmo, mentre con la mano sinistra invitava l’avversario a farsi avanti, "Vieni, guerriero alato, se ne hai il coraggio fronteggiami", esordì il Goshasei.

Il Nero Sagittario osservò per alcuni secondi l’avversario prima di scoppiare in una risata, "Cosa vorresti fare? Hai intenzione di annoiarmi offrendomi le frasi del tuo defunto amico a Cartagine? Speri che questo ti porti fortuna, o semplicemente che ti aiuti a raggiungerlo nell’Oltretomba?", domandò beffardo il nero guerriero, prima di espandere il proprio cosmo fiammeggiante.

"Se proprio vuoi giocare, Goshasei, ti accontenterò, ti attaccherò con il colpo con cui mi presentai a voi due allora", esclamò Zoras, compiendo un salto indietro verso la voragine da lui creata e scomparendo in essa.

"Sta scappando?", domandò sorpreso Golia del Toro, che assisteva allo scontro, "No, cavaliere d’oro, tutt’altro", rispose Joen, mentre una scheggia nera e fiammeggiante si alzava dalla voragine, apparendo al disopra dei diversi guerrieri, "Preparati a subire il mio volo di morte", ringhiò il nero guerriero, "Black Deadly Wings", urlò poi Zoras, gettandosi in picchiata contro il Guardiano di Era.

"E come allora, idiota di un guerriero nero", lo avvisò Joen, "Bloccherò il tuo colpo con il mio cosmo", esclamò poi, "High Green Wall", urlò poi.

La sagitta nera che impietosa si gettava contro il muro di verde luce fu sbalzata indietro dallo stesso imperturbabile campo difensivo che già Tige del Pavone era in grado di usare con la medesima maestria.

"Guardiano il nostro scontro è iniziato nel medesimo modo, chissà se finirà ancora una volta che la tua sonora sconfitta, chissà se cadrai di nuovo nel medesimo errore, consumando tutta la forza di cui sei padrone in pochi, stupidi, attacchi", lo avvisò Zoras, rialzatosi in volo.

"Non commetterò gli stessi errori di allora, non ti preoccupare di questo", ringhiò Joen, "Davvero? Eppure sei già intrappolato in un duello aereo, dove la tua posizione ti è d’intralcio per meglio colpirmi", sottolineò Zoras.

"Ricordi il mio duello con quel Falco? Tu fosti lasciato a terra e tentasti il tutto per tutto con quella gigantesca sfera esplosiva, che già allora superai con maestria, poi, il tuo amico, quello spadaccino, cercò di affrontarmi in un duello aereo, ma per quanto fosse bravo e riuscisse a tenermi testa, il suo cosmo si affievoliva più velocemente del mio, così da renderlo alla fine indifeso contro la mia arma sacra: il dardo di cui sono possessore. Sarà proprio questo vostro cosmo difettoso e facile all’affievolimento che porterà anche te, Guardiano, alla morte proprio qui ed adesso, per mia mano, come il tuo compagno", continuò con tono soddisfatto il nero Sagittario, " e dopo i due custodi di Cartagine, prenderò la vita della Regina di quella città", concluse, osservando con maligno odio Esmeria.

"Fatti pure avanti, cavaliere nero, poiché la figlia della Fenice non ti teme", replicò con tono sicuro la Beast Keeper di Suzaku, ma Joen si mise dinanzi a lei, "Mia Regina, la prego, lasci a me questa battaglia, poiché costui è più di un servitore di Ate, è un mio nemico personale, l’assassino di colui che più spesso ho chiamato Amico", propose con gentilezza il Goshasei del Pavone, "Si, Guardiano del Regno di Cartagine, è tuo dovere e diritto affrontarlo e non ti toglierò né l’obbligo, né la possibilità di scegliere", lo rassicurò con gentilezza la figlia di Ikki e Didone.

"Se questa disquisizione fra suddito e regina è finita, Guardiano, potremmo tornare al nostro scontro", invitò beffardo il nero custode, che rimaneva in aria, proprio dinanzi a Joen.

Il Goshasei osservò con uno sguardo di sfida il nemico, mentre questi congiungeva le mani dinanzi al petto, espandendo il proprio cosmo, "Black Sagitter Flap", urlò poi Zoras, aprendo le braccia.

Due gigantesche lingue di fuoco, che lentamente si tramutavano in vortici fiammeggianti, si scatenavano contro il nemico, con gran ferocia.

Joen, però, non si mosse dalla posizione in cui era, attese impavido ed immobile l’attacco nemico, che lo prese in pieno, ma né Esmeria, né Golia che osservavano lo scontro furono stupiti da questo gesto.

"Ti ho già dimostrato, guerriero nero, che contro di me il tuo fuoco è simile a brezza ignota, poiché il mio corpo non è così facile all’offesa dinanzi a simili colpi", lo derise Joen, illeso dopo i vortici di fuoco, "Ora, però, vedremo quanto tu sei abile nel resistermi", concluse poi il Goshasei, aprendo le mani dinanzi a se.

"High Green Wall", invocò poi Joen, mentre un gigantesco muro di luce verde si apriva dinanzi a lui, scagliandosi furentemente contro il nemico e distruggendo tutto ciò che incontrava sul suo cammino.

"Bel trucchetto, Guardiano, ma piuttosto inutile nei miei confronti", replicò Zoras, gettandosi in picchiata al di sotto del grande muro verde.

Per alcuni secondi il nero guerriero scomparve dalla vista di tutto, poi, inaspettatamente, riapparve, aveva superato il verde muro raggiungendone ad altissima velocità la fine e passandovi di sotto, per poi risalire altrettanto velocemente proprio dinanzi a Joen, colpendolo con il proprio "Black Deadly Wings".

Joen, però, aveva bloccato il nemico con le braccia, quando questi gli era arrivato addosso, per poi gettarlo contro una parete del nero castello, che non riuscì a danneggiare vistosamente l’armatura del Nero Sagittario.

"Sembra impenetrabile la tua difesa, Guardiano, ma finché io resto in cielo tu non potrai fare altro che difenderti e tentare vani attacchi, quindi, poiché il tuo cosmo è più propenso all’affievolirsi, cadrai certamente prima di me nella stanchezza ed allora, prenderò la tua vita", lo minacciò il Nero guerriero, "Parole che mi hai già detto", fu l’unica replica del Goshasei, "Veritiere, l’esperienza contro il tuo parigrado ne è dimostrazione", continuò derisorio il guerriero nero, "e la mia Freccia sarà il segnale della tua sconfitta, quando la scoccherò tu potrai iniziare a pregare la tua dea", concluse beffardo Zoras.

"Semplice, ma fatale è il piano di costui", osservò Esmeria, mentre nuovamente Zoras attaccava con il "Black Sagitter Flap", "Che intendi?", domandò allora Golia, "Vuole portare Joen a sprecare in difese ed attacchi inutili tutto il proprio cosmo, così da poterlo poi eliminare senza alcun problema con il proprio colpo migliore", rispose la figlia di Ikki, osservando come il cosmo del Guardiano annullava facilmente le fiammate dell’avversario.

"Dunque, Guardiano, tutto qui quello che sai fare? Ho sentito dire, una volta, che da sempre il Falco ed il Pavone consacrati ad Era sono come due armi in mano alla dea, l’uno è la Spada e l’altro lo Scudo, entrambi sono guidati dall’Anello ed accompagnati dal Pellicano, ma quei due dovrebbero essere la vera forza combattiva dell’esercito dei Goshasei. Eppure, in quest’era, i quattro rappresentanti di quell’esercito era ben miseri, a quanto pare", affermò divertito il Black Saint, "L’Anello era una donna che non ha saputo difendere la propria Regina dinanzi ad un titano, il Pellicano era il figlio stesso della sovrana e di uno dei santi divini sacri ad Atena, ma anch’egli è caduto, per mano di un centimane e voi due, Falco e Pavone, siete in qualche modo fortuito sopravvissuti alla guerra con Urano per poi spegnervi, uno dopo l’altro, per mia mano, quella di un semplice uomo, seppur cavaliere d’oro nero", rifletté con tono offensivo l’Oscuro Sagittario.

"Non ti permetto di dire ciò", ringhiò Joen, "Ma io posso dirlo, ricordi anche tu il nostro scontro, no? Dopo averti liquidato lasciando al suolo, quel tuo pari ha tentato più volte di colpirmi, con affondi, fendenti, quella serie di più colpi a gran velocità ed infine quel singolo colpo tramandatogli dal suo maestro, quel <Ryutsuisen>, che, devo ammettere, mi ha frantumato l’armatura, procurandomi una ferita, ma non è riuscito ad uccidermi, poiché ero comunque più veloce di lui ed infatti, sono riuscito a finirlo con il mio Dardo. Ricordi l’effetto della freccia? La pelle brucia ed anche l’armatura inizia a surriscaldarsi, alla fine del tuo amico non rimasero che le vestigia e le ceneri, che tra l’altro si dispersero nel cielo", osservò divertito Zoras.

"Si, nero guerriero, ricordo tutto ciò, ma so anche che se Connor non avesse usato le Lame Furenti prima del colpo del suo maestro, di certo non avresti avuto scampo contro il <Ryutsuisen> ed in ogni caso, anche dopo non hai concluso lo scontro con me, non per pietà, bensì per le ferite riportate contro il mio pari, che con facilità ti aveva surclassato", replicò Joen, preparandosi all’attacco, "ed ora proprio il ricordo di Connor mi ha dato la via per sconfiggerti!", urlò infine.

"Lighting Waves!", invocò il Goshasei, scatenando dalle mani delle onde d’energia verde, che, alla velocità della luce, si diressero contro il nemico, piene di furia.

Zoras non poté far altro che ridere, poiché non dovette nemmeno evitare gli attacchi, essendo al di fuori del loro bersaglio, "Che succede, cavaliere? La stanchezza ti fa perdere la mira, oppure è il ricordo del tuo amico che ti impedisce di uccidermi, la sua incapacità ti è stata regalata?", domandò beffardo il nero Sagittario, non notando quale fosse il vero bersaglio delle onde luminose.

Joen fermò i suoi colpi, "Anziché continuare a parlare, guarda dietro di te, guerriero nero", lo avvisò il Goshasei.

Quando l’Oscuro Sagittario si voltò, poté vedere parte del muro che sosteneva la scalinata alle sue spalle venire meno, crollandogli addosso. Zoras evitò i macigni con superba maestria, ma, nel fare ciò, si distrasse ed una seconda serie di "Lighting Waves", lo raggiunse, frantumandogli le nere ali.

Il guerriero oscuro cadde in picchiata verso il baratro da lui stesso creato, quando un verde pavimento spuntò dinanzi a lui, ferendolo al mento, ma impedendo che frantumasse al suolo, "Questo sarà il campo della nostra ultima battaglia, ora che non puoi più volare sono io in vantaggio", esclamò Joen, "ma questa variazione sul mio muro verde mi diminuirà il cosmo abbastanza da rendere la nostra lotta sufficientemente pari", osservò il Goshasei, avanzando sul suo stesso cosmo.

"Pensi che la perdita delle ali pareggi il nostro scontro?", urlò Zoras, "Black Sagitter Flap", tuonò poi, scatenando nuovamente il proprio vortice di fuoco, ma parte del pavimento si sollevò dinanzi a lui, spegnendo la fiamma prima ancora che si avvicinasse al Goshasei.

"Hai ragione, ora che il nero Sagittario non può più usufruire del proprio battito d’ali e del volo mortale, poiché sono colpi noti e miseri dinanzi a me, anche questo suolo che mi protegge spendendo più energia del dovuto è uno svantaggio per te, quindi andiamo sul semplice pavimento, affrontiamoci con i nostri colpi migliori, senza sotterfugio alcuno", propose Joen, indietreggiando verso le nere mattonelle.

"Che profondo senso di lealtà il tuo, cavaliere, ma non avrò altrettanta pietà di te. Il tuo cosmo si è indebolito vistosamente, l’aura che tanto ti difende è ormai vana barriera e te ne accorgerai adesso che il nero Sagittario scatenerà la propria freccia", minacciò Zoras, una volta raggiunto il pavimento del castello.

"Probabilmente avrei sufficiente cosmo per difendermi, ma non per contrattaccare ed ora che non puoi più contare sulle ali, un mio attacco ti sarebbe di certo fatale, quindi, per onorare la morte di Connor tu cadrai, guerriero nero, per mezzo del colpo migliore che la mia dea mi ha donato, lo stesso con cui mio padre vendicò il suo amico Duncan e lo stesso che lui mi ha trasmesso, come mezzo ultimo per combattere", replicò Joen.

Il Goshasei congiunse le mani dinanzi al petto, mentre Golia ed Esmeria si spostavano dietro l’immane coda del Pavone, che si apriva alle spalle della sua armatura, espandendosi con il cosmo del Guardiano, che ormai aveva riempito la sala.

Uno contrasto con questo cosmo color smeraldo era una piccola torcia nera, che improvvisamente apparve fra le mani dell’Oscuro Sagittario, una torcia con la forma di una Freccia, che Zoras appoggiò al proprio arco, dopo averlo preso con l’altra mano.

"Una freccia di nere fiamme è dunque la nemesi della dorata freccia che porta la speranza in nome di Atena", osservò stupito Golia, guardando l’arma del Black Saint.

"Freccia Scarlatta!", urlò allora Zoras, scoccando la propria arma, "Great Bomb", replicò con tutta la propria furia Joen, lasciando esplodere il proprio cosmo attraverso le mani.

La freccia e l’ondata energetica si incontrarono a mezz’aria: fu uno scontro incredibile, il dardo di fuoco fu in parte vaporizzato dalla grande energia, ma solo in parte, il resto continuò il suo maligno viaggio verso il proprio avversario.

La bomba verde, però, non subì alcun danno dall’attacco nemico ed inesorabile come sempre raggiunse il proprio bersaglio, travolgendolo.

Joen barcollò indietro mentre il nero dardo si conficcava nella sua mano sinistra, alzata in difesa del petto, ma, fortuitamente, estrasse subito l’arma nemica, subendo solo delle profonde scottature alla mano, che lentamente, insieme al braccio, cadde dolorante lungo il corpo.

Dolore che il Guardiano del Pavone quasi non sentì tanta era la gioia nel vedere che del suo nemico, il Nero Sagittario, erano rimasti solo pochi brandelli delle vestigia, mentre il resto del corpo era stato spazzato via dalla furiosa potenza dell’ondata energetica.

Joen cadde in ginocchio, "Per te, Connor, amico mio", sussurrò.

Esmeria si avvicinò al proprio servitore ed appoggiò una mano sulla sua spalla, "Tutto bene, Guardiano?", domandò, "Si, mia Regina, continuiamo la nostra corsa", rispose gentilmente il Goshasei, "No, aspettiamo l’esito dello scontro fra il guerriero egizio e l’altro nero nemico, seppur non sarà una battaglia che potremo osservare in questo mondo", propose Golia del Toro, indicando i Pharaons e gli altri santi di Atena, che impazienti attendevano il ritorno di Sed, o del suo avversario.