Capitolo 16: Per essere un guerriero

L’alba si alzava calda sulle terre di Grecia, ma, allo stesso tempo, la notte ancora avvolgeva un luogo celato da tetre ombre dall’altra parte del mondo, il luogo in cui gli Horsemen ed i loro alleati riposavano.

Kaspian, colui che rappresentava la Pestilenza, ruppe il silenzio di quella notte, entrando nella sala dove i suoi fratelli erano.

"Indra si lamenta d’essere l’unico ad aver perso un seguace, inoltre blatera della lealtà e grandezza dei nostri nemici", esordì il Cavaliere.

"Cosa vuole? Un alveare?", ridacchiò Kronos, con chiaro riferimento alla divinità indiana caduta nella precedente battaglia.

Solo Kaspian rise di quella sarcastica affermazione, mentre Adam osservava silenzioso la loro particolare scacchiera e Silas, ascoltava con disinteresse la discussione.

"Potreste dare anche a me un alveare?", domandò l’Horseman rappresentante la Bestia, sorprendendo, con la propria semplicità, il suo pari della Pestilenza.

"Certe volte, penso veramente che tu sia solo uno stupido", lo ammonì Kaspian con un ghigno derisorio, "Davvero?", urlò in tutta risposta Silas, alzandosi in piedi, "Si", sibilò l’Horseman con i tatuaggi sulla nuca, "Vuoi ripeterlo alla mia ascia?", incalzò il gigantesco Cavaliere, prima che un gesto di Adam non li zittisse entrambi.

"Kronos, tu sai cosa vuole Indra, vero?", domandò con voce gelida colui che rappresentava la Morte, "Certo, un mondo migliore e preferisce non sapere che lo sfruttiamo, ma come dargli la seconda di queste cose?", incalzò la Guerra, "Semplicemente gettando una pedina fra i nostri nemici", rispose l’altro, indicando le sette figure rappresentanti i Got’ra.

Kronos sorrise al gelido parigrado, "Sei molto saggio, fratello, ma temo che Apophis non ci donerà mai uno dei suoi e soprattutto, anche se lo facesse, chi manderemmo? Sono divinità, mentre quelli sono umani", osservò con un ghigno maligno l’Horseman dalla nera armatura.

"Chi avrebbe più problemi a combattere sulla roccia nuda, in un terreno completamente differente da quello che gli è adatto?", replicò gelidamente Adam, sollevando una statua a forma di coccodrillo, "Sei un vero genio, fratello", si complimentò Kronos.

"Kaspian, chiama qui, Apophis, Indra e Morrigan, ci sono gli ordini per oggi", sentenziò poi il Cavaliere della Guerra, rivolgendosi all’altro suo fratello di molte battaglie.

Passarono alcuni minuti, poi, le tre divinità apparvero dinanzi ai quattro Cavalieri, che con estrema abilità avevano celato la loro scacchiera, "Diteci", esordì Apophis, prendendo subito la parola. "Per quest’oggi, miei fedeli alleati ed amici, ci attenderà più una battaglia passiva che offensiva, difatti voi Got’ra attenderete nel vostro territorio i nemici, mentre gli dei indiani potranno constatare nella loro Nera Torre se gli uomini con cui hanno combattuto sono degni di tutto il rispetto che volete dargli, o sono solo degli infedeli senza alcun rispetto per le divinità", rispose subito Kronos.

"E noi, figlio del Caos?", incalzò Morrigan, quando il loro interlocutore riprese fiato prima di continuare, "Voi, mia cara divinità distruttrice, farete parte di una piccola spedizione che io stesso guiderò, ma di questo parleremo dopo, in separata sede", rispose l’Horseman con un ghigno malefico sul volto.

"Questo è tutto?", domandò allora Indra, "No, signore delle Tempeste, un’ultima cosa, un ordine per Apophis", rispose Adam, rubando la parola al proprio "fratello", "Quale?", balbettò il dio egizio, terrorizzato come molti dall’Horseman rappresentante la Morte, "Sarà Sober a recapitare la sfida di oggi e dovrà portarci un po’ di vite in dono, giacché voi dei egizi siete quelli che peggio hanno svolto il loro compito ieri", ordinò il Cavaliere dal viso pallido, prima di chinare di nuovo il capo. "Lo riferirò subito al mio seguace", fu l’unica risposta della divinità dalla testa di serpente, prima che tutti e tre scomparissero.

Rimasti soli, i quattro Horsemen si guardarono fra loro, finché Adam non tolse il mantello a copertura della scacchiera, allora Kaspian e Kronos scoppiarono in una sonora risata, "Questi dei sono proprio degli stupidi, seguono i nostri ordini come amorevoli burattini, non capiscono quale sia il nostro fine ultimo nei loro confronti", osservò il Cavaliere della Guerra, prima di tornare a sedersi, aspettando che Sober consegnasse il proprio messaggio.

Ad Atene l’alba si mostrava in tutto il suo bagliore, mentre i due guerrieri che compivano quel turno di guardia osservavano con attenzione l’orizzonte circostante.

"Tra poco meno di un’ora anche gli altri saranno in piedi ed allora dovremo cercare i quattro Horsemen e l’esercito di dei a loro alleati, penso che ci faranno partire quasi tutti, tu che ne dici, Ihi?", domandò Awyn della Vite al proprio compagno di guardia, che però non le rispose, rinchiuso nei propri pensieri.

L’ebra di Dioniso si andò a sedere vicino al giovane guerriero egizio, "Non so cosa ti sia successo per perdere quella loquacità che mi mostrassi tempo fa, quando ancora non eravamo alleati, ma se non parli con qualcuno di ciò che logora il tuo animo, di certo non riuscirai a ricevere sollievo dai pesi che ti porti dentro", suggerì la combattente sacra al dio del Vino.

"La mia incapacità mi logora, Awyn, l’impossibilità di essere utile a chi mi è amico, o alleato, durante le battaglie", spiegò semplicemente Ihi di Khepri, alzandosi in piedi ed impugnando il proprio sistro, "Vado a controllare i dintorni", continuò poi il guerriero egizio, avanzando verso la pianura dinanzi alla Prima Casa.

Awyn non seguì il giovane alleato nella ronda, lasciò che si schiarisse le idee in quei pochi metri di area che circondavano il Grande Tempio di Atene, ignara della creatura che vi era appena giunta.

"Koga, Knosus e persino Bes, Knuhum e Sed sono caduti mentre io dimostravo la mia incapacità nelle diverse battaglie ed ora che anche i Got’ra, i nemici del mio sacro signore Ra, sono ridestati, di cosa sono stato capace? Di niente", pensava fra se Ihi, camminando con disinvoltura fra le rocce della calda Atene, in quel giorno, apparentemente più calda del solito, per l’aria secca e l’umidità che rendevano il clima soffocante persino per il giovane proveniente dall’Egitto.

Una risata, però, rapì la mente del Pharaon di Khepri, riportandolo alla realtà, "Quale fortuna trovare una preda così giovane in un nemico naturale del mio signore Apophis", esordì con tono sarcastico una voce, mentre qualcuno appariva dinanzi al giovane Ihi.

"Chi è la?", urlò il Pharaon, prima che un cosmo divino lo travolgesse, facendolo indietreggiare di parecchi passi. Una tormenta di sabbia si destò fra le rocce, per prendere la forma di una divinità egizia che già si era mostrata a Cartagine, "Sober, il dio coccodrillo", lo riconobbe subito Ihi, sollevando il proprio sistro, "Esatto, mortale", rispose semplicemente il seguace del Serpente, "sono qui per prendere delle vite e consegnare un messaggio", spiegò, preparandosi alla lotta.

"Forza, mortale, attaccami", ordinò con voce maestosa il dio, cercando di intimorire il proprio avversario, "Dunque è tempo che io combatta per la mia vita? Bene", replicò Ihi, iniziando a suonare il proprio strumento musicale.

"Richiamo di Khepri", invocò nel suo canto il guerriero egizio, mentre decine di scarabei dorati apparivano dal nulla, richiamati dal cosmo del seguace del dio Scarabeo, per dirigersi contro Sober.

"Questo lo chiami un attacco? Richiamare degli insetti schifosi?", ridacchiò la divinità egizia, aprendo la mano dinanzi a se, "Crocodille’s bite", urlò poi, mentre gigantesche fauci di sabbia apparivano dinanzi e dietro ad Ihi, distruggendo i diversi scarabei e schiantandosi contro il Pharaon, che non riuscì a parare l’attacco nemico, subendolo in pieno.

"Aspetterò che le fauci del coccodrillo lo spuntino, poi andrò ad occuparmi dei suoi compagni", pensò Sober, indietreggiando di alcuni passi, ma in quel momento un suono assordante proruppe dall’interno della bocca di sabbia.

Suono che lentamente divenne rumore, per poi scatenarsi in un’esplosione, che mandò in cenere la trappola di sabbia, "Che cosa?", balbettò semplicemente Sober, sorpreso dalla ripresa del nemico, "I poteri di un dio sono di molto superiori a quelli miei, che sono un misero mortale, ma se speri che io, Ihi di Khepri, ti lasci vincere questa battaglia così facilmente, allora hai fatto male i tuoi conti", avvisò il giovane Pharaon, ricominciando a suonare il proprio Sistro.

"Time requiem", sussurrò il giovane guerriero egizio, "Che cosa vorresti fare stavolta?", incalzò divertito Sober, espandendo il proprio cosmo.

In quel momento, però, il dio egizio notò che la pelle delle sue braccia lentamente stava tornando sabbia e come granelli continuava a disperdersi, allontanandosi dal corpo, "Che succede?", tuonò la divinità sorpresa, "Forse su voi dei lo scorrere del tempo non ha effetto, ma tu, Sober, sei sabbia, e come tale ti puoi disperdere con la triste melodia del tempo che fugge, la melodia che io solo so suonare", rispose con voce fredda e determinata il Pharaon, continuando ad espandere il proprio cosmo.

"Come puoi tu, misero uomo, riuscire in questo?", domandò Sober, incapace di comprendere cosa gli stesse realmente succedendo.

"Sono un misero uomo, proprio come dici, ma, malgrado questo, è tempo che anch’io mostri la mia forza sui campi di battaglia. Ti sconfiggerò, Sober, per onorare tutti coloro che sono caduti senza che potessi fare niente per loro. Questo è il tempo che mi prenda le mie responsabilità sul campo di battaglia", affermò con determinazione il guerriero egizio, continuando nella sua melodia.

"Non può un semplice uomo riuscire in questo, per quante conoscenze possano avergli trasmesso gli dei che lo hanno addestrato, non è concepibile che una divinità come me sia costretta a piegarsi allo scorrere del tempo", pensò fra se Sober, "ma anche se ne è capace, mi basterà ucciderlo e tornare nelle calde e desolate terre d’Egitto, perché il mio corpo si ricongiunga con la sabbia e rinasca. Per ora, eliminerò questo verme con la potenza estrema di cui sono padrone", sogghignò la divinità, sollevando il braccio all’apparenza monco verso l’alto.

In quel momento, mentre il cosmo della divinità si espandeva superando quello di Ihi, Sober intravide il proprio braccio, ancora presente, ma non se ne curò, "Sabbia del Nilo", urlò piuttosto, scatenando un gigantesco vortice di sabbia.

Ihi vide il suo nemico scomporsi realmente in sabbia e circondarlo con il proprio cosmo e l’essenza stessa di cui era composto, ma non riuscì ad evitare quell’attacco così particolare, che lo travolse, lanciandolo verso l’alto e schiantandolo poi al suolo per ben tre volte, così da danneggiare le sue vestigia e produrre diverse ferite sul suo corpo.

Quando il corpo di Ihi fu alzato per la quarta volta verso il cielo, dopo aver subito tre cadute e diversi colpi, nel caos di quel tornado, il Pharaon aveva già riportato ferite gravi alle gambe ed alle braccia ed era pronto a quella che sarebbe di certo stata l’ultima caduta, una frusta però evitò quel nuovo e fatale impatto, salvando il giovane guerriero egizio e riportandolo al suolo con delicatezza.

"Tutto bene?", domandò Awyn della Vite, appena giunta sul campo di battaglia.

"Maledetto moccioso, era solo un trucco mentale? Ed io, un dio, ci sono caduto come il più misero degli esseri umani", tuonò infuriato Sober, senza dare ai due guerrieri il tempo di riprendersi, intimorendoli con il suo cosmo minaccioso.

"Ce la fai a spostarti, Ihi?", domandò Awyn, "Si, ma non voglio abbandonare la battaglia", sussurrò in tutta risposta il musico egizio, "Non si tratta di ritirarsi, semplicemente lascia combattere me, per far sì che costui si indebolisca, mentre tu ti riprendi", spiegò semplicemente la baccante di Dioniso, espandendo il proprio cosmo.

"Crocodille’s bite", tuonò in quel momento la divinità egizia, mentre le due fauci di sabbia prorompevano dal terreno, circondando la guerriera, che, per difendersi utilizzò le "Ivy chains", con cui, legandole intorno a due rocce sporgenti, evitò di rimanere intrappolata nella morsa nemica.

"Grapes boom", esclamò Awyn, roteando a mezz’aria sopra il nemico. Sober non riuscì ad evitare l’attacco nemico e lo subì in pieno, cadendo al suolo, sorprendentemente ferito. "Che cosa?", balbettò sorpresa la divinità egizia.

"Ti sorprendi Coccodrillo del Nilo?", esordì Ihi, alzandosi in piedi, "Ho sentito da Anhur delle doti difensive che mostrasti a Neleo, il Mariner, ma qui non c’è sabbia in cui disperderti, o ricomporre le ferite, subirai i nostri attacchi e, soprattutto, sentirai il passare del tempo ed il calare della tua energia, che qui, non ha alcun fattore ambientale per te vantaggioso", spiegò il Pharaon, "E per quanto è vera la mia fede in Iside ed Osiride, io non mi farò battere facilmente da te. Ora preparati, dio egizio, avrai due nemici da affrontare", concluse con tono minaccioso, mentre Awyn atterrava dietro al nemico.

Sober osservò ambo i suoi nemici, "Il mio signore Apophis voleva semplicemente che vi avvisasti della sua permanenza per oggi nella Nera Piramide, come Indra stesso starà ancora nella sua Torre Oscura. Avrei dovuto recapitare questo messaggio e prendere qualche vita, ma penso che mi accontenterò solo di uccidere voi", rifletté la divinità egizia, scatenando il proprio cosmo e sviluppando un vortice di sabbia intorno a se.

"Ihi, sei sicuro di voler combattere questa battaglia?", domandò Awyn con un sorriso gentile, più per spronare l’alleato, che per allontanarlo dal campo di battaglia, "Si, certo", rispose il musico, "e che gli dei ci siano di supporto", concluse poi. "No, gli dei vi sono contro", ridacchiò Sober, "Sabbia del Nilo", esclamò poi, scatenando in tutta la propria potenza l’attacco simile a tempesta, che scosse i due guerrieri dalle loro posizioni.

Awyn ed Ihi furono sollevati in aria ed iniziarono a vorticare intorno a Sober che sembrava divertirsi nell’aumentare la velocità di quella corrente di sabbia, che, ad ogni giro, investiva con scosse energetiche i due, distruggendone le vestigia in punti sempre diversi e trapassando le loro carni negli stessi.

"Awyn", sussurrò Ihi appena si avvicinò all’alleata, "congiungiti ad una parete rocciosa, poi bloccami una gamba, al resto penserò io", la rassicurò il musico egizio, "Va bene", concordò la baccante, lanciando le proprie fruste dalle braccia e bloccando così se stessa ed Ihi.

Il Pharaon di Khepri, intanto, iniziò la dolce melodia del suo sistro, "Richiamo di Khepri", urlò, mentre decine di dorati scarabei apparivano dal nulla, combinandosi nel vortice di sabbia e rallentandone lentamente il vorticoso girare.

"Maledetto mortale", urlò una voce in quel caos di sabbia e polvere, prima che una figura si materializza proprio sopra Ihi, perforando le sue vestigia con una mano e trapassandone un fianco da parte a parte.

In quello stesso momento, il vortice si fermò, assorbito dagli scarabei dorati, così da bloccarne la ferocia. Awyn, quando la furia sabbiosa si era quietata, tirò a se Ihi, gravemente ferito. "Come ti senti, Pharaon?", domandò preoccupata la baccante, "Felice", esordì sorridente il ragazzo, "ho fermato il colpo del nemico ed ora lui è sufficiente debole da permetterci un nuovo attacco combinato, un’idea che di certo ci darà la vittoria", affermò con un sorriso, prima di bisbigliare qualcosa all’alleata, nel medesimo momento, Sober riapparve dinanzi a loro.

"Ora, Awyn", esordì con tono pacato Ihi, prima che la baccante scattasse verso la destra del comune avversario.

"Che hai intenzione di fare?", urlò il dio egizio, la cui maschera era tanto danneggiata da permettere la visione del suo volto, anch’esso coperto da nere bende putrefatte. La divinità, nel seguire Awyn con lo sguardo, non si accorse che il Pharaon di Khepri aveva ricominciato la cupa requiem del Sistro, ma gli bastò poco per capire che ne era di nuovo prigioniero, quando non vide più intorno a se l’ebra della Vite, ma solo il giovane nemico egizio.

"Stavolta non credo che riuscirai ad ingannarmi con lo scorrere del tempo", avvisò beffardo Sober, "Non è questo il mio fine, Coccodrillo del Nilo, bensì un altro, più semplice per chi rimane ingannato da questa melodia, cioè celare ai tuoi occhi i movimenti della mia alleata", spiegò la voce di Ihi, che sembrava circondare l’intero scenario della battaglia.

"Stupido, mi basterà poco per ritrovarla", esclamò il dio, espandendo il proprio cosmo, con il solo risultato di trovarsi circondato da due Ihi di Khepri, "Purtroppo, divino Sober, questa volta la melodia tramuta l’ambiente circostante, non la tua persona. Userò tutto il cosmo che ancora mi circonda per permettere ad Awyn di decapitarti, quindi, forza, indovina quale delle due figure è il vero musico e quale no", lo sfidò la voce del giovane guerriero egizio, mentre ambo le immagini restavano ferme movendo elegantemente i loro sistri.

"Non è possibile", tuonò infuriato Sober e proprio in quel momento, dinanzi a lui vide la figura di Awyn, per un momento la distinse chiaramente sotto l’immagine del musico egizio, quindi, certo di quale fosse il suo bersaglio, il dio Coccodrillo si lanciò contro il nemico che aveva dinanzi a se, perforando il suo petto con il proprio braccio.

In quello stesso momento, quando il braccio oltrepassò le vestigia come burro, perforando la cassa toracica, la musica cessò e Sober vide dinanzi a se non la baccante, bensì il Pharaon di Khepri, che con un sorriso beffardo lo osservava.

Delle verdi fruste si erano intanto legate intorno al collo della divinità, le "Ivy chains" della vera Awyn, "Ma come?", balbettò allora Sober, notando il colpo andato a segno, "Ho variato quella che era la tua percezione del piano circostante", balbettò Ihi, "hai effettivamente visto la mia bella alleata, ma in realtà lei era dietro di te, non davanti", spiegò poi, prima che l’Ebra della Vite, tirasse indietro le due armi, decapitando il nemico.

Di Sober rimase solo un cumulo di cenere e le nere vestigia del Coccodrillo, su cui Ihi cadde, ferito mortalmente.

Awyn, però, fu subito dall’alleato che le aveva salvato la vita, variando la percezione del nemico, "Resisti, Ihi, i cavalieri saranno qui fra poco e di certo la tua ferita potrà essere guarita", cercò di rassicurarlo con queste parole la giovane ebra, che già molti amici aveva visto morire nelle diverse battaglie, "No, non serve", rispose semplicemente il Pharaon di Khepri, "Posso dirmi un guerriero completo e felice adesso, ho portato alla sconfitta un nemico e sacrificato la vita per un’alleata degna di tutto il mio rispetto e la stima di cui sono capace. Ora posso raggiungere Knosus, Sed, Bes, Knuhum e Koga senza vergognarmi delle mie battaglie", concluse il giovane egiziano, prima di spirare tra le braccia dell’alleata che lui aveva aiutato a vincere con il proprio sacrificio.