Capitolo 2: Il tramonto ad Atene

Il tramonto sulla bella Atene era ormai iniziato, la luce rossa del sole che si allontanava verso occidente illuminava le sale del Sommo Oracolo in cui Shaina era intenta a discutere con i propri santi d’oro sopravvissuti alle passate battaglie.

"Oggi finisce il Terzo Giorno", osservò Odeon di Leo, guardando oltre le ampie finestre della sala, "Si, cavaliere del Leone, domani sarà l’ultimo giorno di pace, da ciò che hanno detto gli dei, l’ultima possibilità che avremo per dialogare con i nostri alleati sul pericolo degli Horsemen", rifletté Camus dell’Acquario, seduto all’estremità sinistra della fila di Gold Saint.

"Si, domani rivedremo, i Runouni, i Tree Monks, che in passato ci furono nemici, oltre a tutti i compagni che abbiamo avuto nelle passate battaglie, partendo dai mariners di Nettuno e concludendo con i Pharaons, Koryo ed Endimon, che si unirono a noi contro Urano in battaglia", osservò Ryo di Libra, seduto fra Tok’ra e Lorgash.

"Si, cavalieri, domani ci sarà l’incontro, ma è sempre saggio tenere qualcuno di guardia, poiché i Quattro saranno un nemico pericoloso, ma molti sono i mali che circondano il mondo", suggerì preoccupata la Somma Sacerdotessa Shaina.

"Si, sommo Oracolo", concordò Botan di Cancer, seduta alla destra di Odeon, "I cavalieri d’argento sono tutti a guardia della Prima Casa", aggiunse Golia del Toro, all’estremo destro della fila.

In quello stesso momento, mentre il gruppo dialogava sul possibile pericolo che si sarebbero trovati di fronte fra poco meno di due giorni, un cosmo immenso invase l’intero Santuario.

"Quest’energia", balbettò Lorgash, alzandosi in piedi, "è superiore persino a quella di Urano e molto più minacciosa e violenta", rifletté preoccupato, "Ed è alla prima casa, dai cavalieri d’argento", concluse in quel momento Tok’ra.

Pochi attimi dopo, senza che Shaina dovesse dire niente per ordinarlo, i sette si teletrasportarono ai piedi del Tempio del Montone Bianco.

Ai piedi del Primo Tempio dello Zodiaco, i sei cavalieri d’argento erano seduti sui diversi scaloni ad attendere l’arrivo di possibili alleati, o nemici, "Mancano ormai due giorni o poco meno alla guerra contro i Cavalieri", osservò Real della Lira, suonando alcune note del proprio strumento.

"Si, santo d’argento, è vero", concordò Jacov della Croce del Sud, ultimo arrivato nella seconda casta di custodi di Atena, quello che, forse, si era ambientato meno nel gruppo.

"Non vedo l’ora di partecipare a questa nuova battaglia", esordì allora Zadra dello Scultore, "la scorsa mi è stata impedita, ma qui sarò una degna combattente, ho avuto quattro settimane per allenare ancora di più il controllo del mio cosmo", esultò la Sacerdotessa d’argento, "Si, sorella, tutti noi abbiamo avuto questo tempo", concordò Helyss del Pittore, seduta vicina a lei.

"Non so voi, cavalieri, ma trovo piuttosto preoccupante che i nostri nemici stavolta saranno degli esseri così famosi da aver superato i limiti del mondo ellenico, invadendo anche quello ebraico ed altri adiacenti", rifletté in quel momento Daidaros, alzandosi in piedi.

"Si, figlio di Shun, su questo hai ragione", concordò Kano del Pavone, "ma non possiamo stare qui a riflettere su questo, le battaglie che abbiamo intrapreso finora non le abbiamo risolte rimuginando così, ma trovando l’uno nell’altro, o anche solo in noi stessi, la forza per vincere i nemici. Contro i titani, contro Briareo, durante la trappola celtica e nel viaggio fino a Tir Na Nog, dopo, infine contro i Runouni ed i Cavalieri Neri", rifletté il santo d’argento allievo dell’asceta.

In quel momento, Jacov si alzò ed iniziò ad allontanarsi, "Cavaliere della Croce del Sud", lo chiamò Daidaros, "Non sentirti tenuto in disparte perché i nostri scontri ci avevano resi tutti fratelli, né per l’essere stato un nostro nemico", suggerì il cavaliere di Cefeo.

"Giovane figlio di Shun", iniziò a parlare il guerriero siberiano, prima che un cosmo potentissimo invadesse l’intera area circostante, accompagnato da tre cosmi di minore entità, ma sempre dalla natura divina.

"Questi sarebbero i temibili cavalieri di Atena di cui ho sentito parlare?", domandò una voce circondata da un cosmo fiammeggiante, "Si, Horseman, mi sembra che siano i cosiddetti santi d’argento", rispose una seconda voce, femminile, "Quando Era ci attaccò furono mandati alcuni di loro ad aiutare i suoi Goshasei", rispose un’altra guerriera.

"Che divinità poco gentili, questi dei olimpici, prima vi usano, poi quando il vostro capo fallisce, si scatenano contro di voi", ridacchiò l’essere circondato da un cosmo fiammeggiante, mentre il suo cavallo nitriva.

"Un cavallo?", balbettò Daidaros, scambiando uno sguardo con i compagni, "Si, chiedo scusa, non mi sono presentato", esclamò in tutta risposta l’entità nemica.

Lentamente le fiamme si dispersero, mostrando il corpo del guerriero nemico. Una nera armatura lo copriva, gambali squadrati con effigi guerriere egizie, dei cobra, bracciali con gli stessi animali, la corazza, invece, rappresentava il simbolo di Ares, deformato, però, un teschio di Leone, la copertura per la cinta e le spalle era composta da quadrati congiunti in maniera ordinata. L’elmo, che nascondeva completamente il volto, ma lasciava intravedere i capelli, si apriva come una corona capovolta sulle spalle, al di sopra del capo era liscio e rappresentava un altro teschio, mentre sul volto raffigurava una maschera di metallo, aperto a griglia sulle labbra, ferme in un ghigno.

Alla cinta, il guerriero aveva una spada dorata, "Sono Kronos, la Guerra, uno degli Horsemen", si presentò il nuovo nemico.

Nessuno dei cavalieri d’argento seppe cosa dire, un brivido improvvisamente li circondò tutti, indifferentemente.

"E loro sono le mie nuove amiche, le Furie", ridacchiò poi l’Horsemen, "le vostre avversarie", concluse, indicandole.

Tre figure, tutte identiche per aspetto, lunghi capelli violacei ed occhi blu con il medesimo corpo sottile e formoso, oltre che muscoloso, coperto dallo stesso tipo di armatura violacea.

Le vestigia coprivano interamente braccia e gambe con artigli giganteschi, il corpo era nascosto da un unico pezzo di metallo, rappresentante un pipistrello e l’elmo era adornato da corna e canini deformi, che nascondevano il capo e la bocca. Gigantesche ali si aprivano sulle loro schiene, simili a quelle di un vero pipistrello.

"Avevano assicurato che sareste arrivati solo alla fine dei quattro giorni successivi al vostro risveglio, questo è il terzo", osservò una voce proveniente da un cosmo dorato ed immane.

"Si, in effetti non sarei dovuto essere qui prima di dopodomani con i miei fratelli, ma un tizio di nome Sial mi ha raccontato di voi, prima di morire, così sono stato preso dalla curiosità", replicò l’Horseman della Guerra, voltandosi verso la fonte d’energia, "Suppongo siate voi quelli di cui parlava, i cavalieri che hanno sconfitto Urano, Pontos ed i Runouni?", ipotizzò poi.

Le luci dorate si spensero lentamente riprendendo le forme di Golia, Odeon, Botan, Ryo, Lorgash, Tok’ra e Camus, i cavalieri d’oro sacri ad Atena.

"Sette?", si domandò il Cavaliere, "Non avevate detto che erano dodici, i migliori soldati di Atena?", tuonò poi, rivolgendosi alle tre Furie, mentre i diversi santi attendevano l’evolversi della situazione.

"Si, Kronos, dovevano essere dodici, quando ci attaccarono era quello il loro numero", replicò una delle tre creature, "Ma mi sembra, Alletto, che questi siano solo sette", replicò il Cavaliere, "Dove avete nascosto gli altri?", incalzò poi, rivolgendosi ai Gold Saints.

"Purtroppo i cavalieri mancanti sono caduti nelle precedenti battaglie", rispose Ryo di Libra, facendosi avanti verso il nemico.

In quel momento, l’Horseman sembrò sorpreso, poi, dalla sua nera maschera, proruppe una malvagia e fragorosa risata, "Furie, occupatevi di quelle sei schiappe, io penserò a questi sette", ordinò subito dopo il Cavaliere, impugnando la propria spada.

I santi d’oro si posero a semicerchio intorno al nemico, "Dunque tu saresti uno spadaccino? Perfetto, allora sarò io il tuo avversario", propose allora Lorgash di Capricorn, saltando in avanti, "Colpisci, mia sacra Excalibur", invocò poi, lanciando un fendente della propria spada energetica.

Il Cavaliere non si mosse, né scese da cavallo, "Non giocate con me, mortali", urlò poi, lanciando un singolo fendente contro quello avversario.

L’Energia della Spada di Kronos e quella dell’Excalibur si scontrarono, ma fu proprio l’Arma consacrata ad Atena la prima a cedere, permettendo che Lorgash fosse travolto dal colpo nemico, volando in alto nel cielo e cadendo oltre la Prima Casa dello Zodiaco.

"È volato oltre il tempio dell’Ariete", balbettò sorpreso Golia del Toro, "Certo, mortale, io sono Kronos, la Guerra, uno dei Quattro Horsemen che porteranno la fine in questo mondo, speravate per caso che quello stuzzicadenti potesse fermarmi?", domandò divertito il Cavaliere.

"Kronos?", domandò perplesso Odeon, "Si, questo era il mio nome da mortale, avevo già il nome di un dio, forse era scritto nel destino che diventassi un Cavaliere", ridacchiò l’Horseman, preparandosi a continuare la battaglia, scatenando il proprio cosmo, immane e fiammeggiante, attraverso un nuovo fendente.

"Spostatevi", urlò allora Golia del Toro, ponendosi dinanzi al nemico ed espandendo il proprio cosmo, "Biggest Wall", tuonò il santo d’oro, prima che l’attacco oltrepassasse le sue difese, investendolo in pieno e gettandolo all’interno del Primo Tempio dell’Ariete.

"Finora vi siete dimostrati piuttosto miseri e se non mi batterete voi, come sperate che i vostri amici sopravvivano alle Furie?", domandò poi, indicando i Silver Saints.

I cavalieri d’argento erano in piedi, fermi dinanzi alle tre creature infernali, "Voi probabilmente non saprete niente di noi", esordì la prima delle tre, "Io sono Alletto, la Maggiore delle Furie, mentre loro sono Megara, alla mia destra, e Tisifone, a sinistra", le presentò l’essere della vendetta, prima che le loro ali si aprissero sulle loro schiene.

"Poco dopo la caduta di Ilio, città sacra al dio Nettuno, Enea, ultimo sopravvissuto, arrivò a Cartagine, dove la dea Era ordinò di far innamorare quel prode guerriero e della Regina di allora di quel luogo, ma il piano fallì a causa dell’intervento divino, perciò portai la follia della passione nella monarca abbandonata e per questo la dea Era mi scagliò contro tutti i suoi Goshasei. Le mie sorelle si unirono a me in quella guerra, mentre Atena e Nettuno si unirono ad Era. Abbiamo ucciso più di 80 nemici fra i tre eserciti, prima che riuscissero ad imprigionare le nostre anime divine ed i cosmi che da queste si espandevano", raccontò Alletto, "E questo avveniva addirittura prima della nascita di Roma, cioè più di duemila anni fa", concluse Megara alla sua destra.

"Allora siete tre vecchiette che sono state fin troppo lontane dai campi di battaglia", replicò Zadra dello Scultore, espandendo il proprio cosmo, insieme alla sorella Helyss.

"Davvero spiritosa, ragazzina", ridacchiò Alletto, iniziando a muovere vorticosamente le ali con le sorelle, "Urlo Folle", tuonarono all’unisono le tre Furie.

Un urlo improvviso ed assordante circondò i sei cavalieri d’argento, costringendoli ad inginocchiarsi doloranti per quel suono assordante, "Secondo voi, come abbiamo fermato 80 nemici con le nostre sole forze? Fin dal mito noi Furie portiamo la disperazione e la follia nelle vittime dei nostri attacchi, noi siamo mosse da Passione, Odio e Vendetta e nessuno potrà mai fermarci, finché le ali lo assorderanno", tuonò Tisifone a sinistra di Alletto.

"Cavalieri, potete combattere?", urlò Jacov, ritrovatosi in ginocchio come i suoi pari, "Non riesco a muovermi", replicò Real, medesima cosa dissero poco dopo sia Kano sia Daidaros, mentre le due sorelle dalle vestigia d’argento erano al suolo, entrambe stordite.

"Quelle maschere devono aver acuito il nostro ultrasuono", ridacchiò Megara, "ora, sorelle, lasciate che sia io a finirle", propose poi, avvicinando gli artigli affilati.

"Ice Cross Fist", urlò in quel momento una voce alle spalle della Furia, travolgendola con una croce bianca, che produsse due profondi tagli sul braccio sinistro, "Non posso permettere che due miei pari cadono in una battaglia così impari", esclamò Jacov della Croce del Sud, facendosi avanti verso Megara, ormai ferita.

"Così hai fatto in modo soltanto di morire per primo, per di più contro la Furia della Vendetta", ringhiò Megara.

Poco lontano i cinque cavalieri d’oro ancora in piedi si guardavano stupefatti, osservandosi vicendevolmente, "Dobbiamo muoverci contro questo Kronos della Guerra, cavalieri, i santi d’argento sono in pericolo", suggerì Ryo, scambiando uno sguardo con gli altri Gold Saints.

"Invece di chiacchierare, che ne dite di assaltarmi?", ridacchiò l’Horseman, preparandosi a combattere.