Capitolo Primo

Neanche dopo innumerevoli tentativi questo muro dà segni di cedimento, e dire che ho portato al limite di sopportazione il mio cosmo, esattamente come hanno fatto Shaka, Milo, Aiolia ed il maestro Doko.

La spada che mi è stata affidata direttamente dalla costellazione della Bilancia è in frantumi per non parlare delle nostre armature d’oro, ormai irriconoscibili, segnate da crepe indelebili.

Per fortuna, come in un miracolo, gli spiriti dei nostri eterni compagni sono tornati dal paradiso dei cavalieri per aiutarci a fondere i loro cosmi con i nostri, il sacrificio di noi tutti permetterà a Seiya e agli altri di arrivare ai campi Elisi per consegnare il cloth ad Atena.

Non ho paura, ho solo il timore che anche questo tentativo vada sprecato, non lasciando speranze ai bronze ed all’umanità stessa, e poi sono preoccupato per Kiki, anche se so che rimane in buone mani, in fondo lui sa come comportarsi, ormai.

Prima del grande sacrificio chiudo gli occhi e tutte le scene più importanti della mia esistenza scorrono, come la pellicola di un film, nella mente, rimembro l’inizio……………..l’inizio di tutto…………

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Era un giorno piovoso, tuoni e lampi solcavano il cielo inesorabile e Traianos, il mio tutore, mi diresse fuori dalla villa per indirizzarmi verso l’automobile, posta di fronte al cancello, sopra di essa padroneggiava lo stemma del casato che mi aveva cresciuto.

Un modello di berlina molto grande con aria condizionata e tutti i confort necessari. Due persone erano all’interno dell’auto, uno era il guidatore, fisico possente, vestito completamente di nero con cappello in tinta, l’altro era un uomo sulla 40ina, alto e snello.

Scese proprio lui per primo dicendo :

<E’ lui il ragazzo?>. Traianos con voce rantolante rispose:

<Si! E’ lui…ma…per favore, andate piano in strada, sapete, soffre un po’ di mal d’auto>.

Guardai intensamente Traianos, in quel momento mi rivennero in mente i giorni passati con lui, i giochi e l’educazione che mi aveva insegnato, sentivo qualcosa dentro di me; come se non l’avessi più rivisto.

L’uomo si chinò verso di me ammiccando un sorriso, io non ebbi la forza ed il coraggio di muovere niente, ero paralizzato, non capivo ;passavo da una vita vissuta a pieni ritmi, anche se fino a quel punto breve, all’ignoto più oscuro.

L’uomo mi chiese:

<Come va bambino, sei pronto per il viaggio? Vedo che ti sei portato una bella valigiona, ma non preoccuparti perché dove ti porterò avrai a disposizione tutto quello che ti occorrerà, stai tranquillo; adesso sali, si parte>.

Anche dopo le medesime parole, non risposi.

Dopo un brevissimo saluto a Traianos, la macchina cominciò a muoversi, mi venne istintivo arrampicarmi sul sedile per intravedere, dal lunotto, le lacrime sul suo volto. Forse era la prima volta che lo vedevo piangere, anzi no, la seconda, l’ultima durante la cerimonia funebre di mamma.

Rimasi orfano due anni prima, povera mamma era così buona e gentile, fui affidato a 5 anni al mio tutore, che mi curò e mi tratto come fossi figlio suo. Egli confidò molte cose in quel periodo buio, specialmente riguardo al reale luogo della mia nascita. Un piccolo paese in Tibet di povera castità. Probabilmente lì rimasero insieme i miei genitori per svariato tempo, il loro ritorno in Grecia fu dovuto al troppo attaccamento alle origini. Era Greca come i suoi genitori, i miei nonni, del casato di Monwhaite. Il Tibet è una zona montuosa che si trova vicino l’Himalaya che vanta le vette più alte al mondo, un vero spettacolo della natura, i miei non poterono scegliere posto migliore per la mia venuta.

Mia madre era di famiglia ricca, mio padre invece rimase per molto tempo il mistero della mia vita, non lo avevo mai visto, ma la mamma mi parlava sempre bene di lui anche se con un pizzico di tristezza negli occhi. Comunque io non chiedevo mai informazioni sul suo conto, forse per non vedere il suo bel viso solcato da luminose lacrime. Era alta, slanciata, capelli di color viola, ricordavano vagamente le violette in primavera, gli occhi poi, erano stupendi, grandissimi, scuri e molto profondi.

Ricordo le serate in cui mi infilavo sotto le coperte del suo gran letto per la paura, il nostro paese era, a volte, caratterizzato da tafferugli interni, già si sentiva all’orizzonte il maleodorante puzzo delle problematiche che avrebbero scosso il Grande Tempio.

Vivevamo in una assolata e verdeggiante isola situata a nord est della Grecia, Corfù .

Tutto proseguiva per il meglio, finche non piombò quella maledetta malattia a troncare la sua corta ma importante vita. L’unico di cui potevo ciecamente fidarmi era Traianos che mi tenne vicino a lui, rincuorandomi spesso con parole, che ricordo ancora bene:

<Figliolo, il cammino della vita spesso è causa di dolori, non preoccuparti non sarai mai solo, tu hai dentro di te un potere straordinario e le stelle ti seguono guardandoti dall’alto, stammi vicino ora e fidati di me…>.

Il dolore rimase vivo dentro di me per molto altro tempo, ma la mia sofferenza ed il mio sfogo riuscii a placarlo, la rabbia per la perdita di una persona a me cara non poteva impedire il cammino, che oramai, era da tempo scritto in cielo. Riuscii a sopirlo, anche se con molte difficoltà, trovando una tranquillità interiore che mi portò a vivere in maniera serena i due anni che seguirono.

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Il viaggio non fu eccessivamente lungo, due ore in tutto, e, dopo il traghetto che ci condusse all’interno della caldissima Grecia, ci fermammo in uno spiazzale.

L’uomo sulla 40ina mi disse:

<Su…avanti…scendi…e vai a conoscere quei ragazzi, alcuni di loro tuoi compagni per un po’ di tempo…buona fortuna piccolo…>.

Caricai in spalla la borsa e salutai i due signori, che non rividi mai più.

Mi avvicinai timidamente ai ragazzi che sembravano parzialmente impauriti e scossi. Ancora non capivo niente, ero spaventato, confuso e anche un po’ stordito e stanco dal viaggio.

Arrivato a pochi metri dalla folla si girarono tutti all’unisono fissandomi e mi accostò una persona, un ragazzetto sulla 20ina lo caratterizzava un enorme elmo greco raffinato e lavorato, egli cominciò a chiedermi una infinità di domande, luogo di nascita, età, nome ecc. Risposi in maniera educata e composta, ma vidi in lui una strana smorfia viso proprio giunti alla domanda numero 4:

<Allora…qual è il tuo nome?>.

Fiero di quello che stavo per dire presi un gran bel respiro e risposi:

<"Mu"…il mio nome è "Mu">.

<Bene ragazzo…allora sei arrivato nel posto giusto. Devi cominciare ad entrare in un ottica diversa, da adesso in poi nessuno ti aiuterà, nessuno ti allaccerà le scarpe, nessuno ti chiederà più se stai male. Il futuro che verrà dipende solo da te e dalle stelle che ti seguono lassù>.Gettò un infinito sguardo nel cielo e continuò:

<Tanti di voi non ce la faranno…ma non sono protetti da quei puntini lucenti nello spazio come lo sei tu >.

Con un balzetto del corpo tornò con gli occhi su di me:

<Unisciti agli altri…vai a fare conoscenza ed attendi il momento dell’appello e della separazione in gruppi, ancora stiamo aspettando due o tre fanciulli che saranno qui a momenti… va non esitare ed incrocia le dita>.

Mi disse quelle parole scaramantiche soltanto per una questione di copertura, era già stato tutto stabilito, almeno per quanto riguardava la mia sezione. Nel frattempo mi ero avvicinato ad altri bambini che avevano più o meno la mia stessa età. Una mano si poggiò sulla mia spalla di sovraccolpo, prima di girarmi passarono pochi millesimi di secondo che si equipararono ad ore. Era un ragazzone massiccio e molto più alto di me.

<Ciao…come stai? E’ stato lungo il tuo viaggio? Da dove vieni e…come ti chiami?>.

<No…non è stato poi così lungo, vengo da un isola della Grecia e mi chiamo Mu>.

<Beato te…io ho attraversato in aereo la bellezza dell’oceano Atlantico pari a 10 ore di viaggio ininterrotto, vengo dal Brasile Rio de Janeiro e mi chiamo Aldebaran>.

<Aldebaran?…Sapevo di una stella con il tuo stesso nome, il Brasile deve essere una bellissima terra…come impiegavi il tempo nel tuo paese…e come mai sei stato portato in Grecia?>.

<In Brasile mi occupo dello stesso lavoro che fa mio padre, le nostre condizioni di vita non sono agiate, quindi gli do una mano…quando posso>.

<…E quale sarebbe l’impiego…sempre se non sono indiscreto nei tuoi confronti>.

Rimase quasi scioccato dal mio modo di parlare, aveva capito che invece io venivo da famiglia di nobile rango.

<Ehm…carichiamo insieme i giganteschi tronchi di legno appartenenti alla folta giungla Amazzonica predestinati ad industrie, lavoro faticoso ma così almeno è spiegata la mia muscolatura possente no?>.

Scoppiammo in una lunga e divertente risata, era un bravo ragazzo Aldebaran…continuò:

<Un giorno mio padre mi disse che l’esperienza è l’unica dote che serve ad un "uomo" per diventare "uomo", egli mi ha tolto dal lavoro e mi ha consegnato a delle persone che mi condussero fin qui, è stata dura lasciare la famiglia ma soprattutto i miei cinque fratelli>.

Si stava emozionando Aldebaran nel raccontare quelle vicende e in special modo pensando alla sua ampia famiglia. Gli sorrisi e gli raccontai brevemente cosa era successo a me e come era trascorsa la mia giovane vita fino a quel momento. Fui interrotto però improvvisamente da una voce sovrastante che iniziò ad urlare:

<Tutti i giovani che adesso chiamerò, sono pregati di mettersi alla mia sinistra pronti per salire sul pullman, gli altri attendino l’altro appello e si preparino!>.

Cominciò una lunghissima lista di nomi di origine greca, ne saranno stati chiamati un centinaio minimo, poi disse:

<Ora passiamo all’altra sezione e iniziamo un appello particolare>.

Mi guardai intorno e vidi che tutta la quantità di giovani che prima rumoreggiava era totalmente dimezzata, anzi no, ma che dico centesimata. Ne potevo contare all’incirca 4, compreso il mio nuovo amico Aldebaran, con lui 5, aggiungendo me, sei.

<Sei fanciulli ancora de dividere? Pensai…>

<Prima di cominciare l’appello voglio sapere se tutti voi avete mai sentito parlare di quali sono le mansioni giornaliere che dovrete intraprendere al Grande Tempio>.

Ci guardammo tutti allibiti, infatti, guardandoci in faccia proseguì:

<No…penso proprio di no…>.

Togliendo lo sguardo da noi lo ripiegò su di una lista che gli venne consegnata da un soldato lì a fianco. Prima che iniziasse non potei non notare un personaggio di fianco a lui, un vecchietto oserei dire, con un vestito marrone ed un grande cappello in testa di origini sconosciute. Emanava una grandissima tranquillità e dolcezza. Se ne stava lì a braccia conserte con lo sguardo rivolto verso il terra e si preparava ad ascoltare l’appello con i nostri nomi. Anche io ero curioso:

<Il primo è…Mu!>.

Ecco…non avevo fatto in tempo a finire di pensare che venni subito chiamato per primo. Mi avvicinai impaurito e tremante al signore che con un breve cenno della mano mi indirizzo in un punto alla sua destra>.

<Aldebaran!>.

Fece un piccolo scatto emotivo su se stesso, mi rincorse subito e si unì a me.

<Death Mask!>.

Ci raggiunse un giovane dall’aria tenebrosa, quasi ostile nei nostri confronti. Ci diede un’occhiata, si appoggiò ad un muretto e riprese a masticare la spighetta di grano che teneva al lato della bocca.

<Shaka!>.Si avvicinò un fanciullo con una lunga chioma di capelli biondi e occhi di un azzurro intenso, si fermò vicino a noi dandoci un breve saluto con la mano. Infondeva fiducia la sua presenza, forse l’unico che, fra tutti, era il più tranquillo e riposato.

<Milo e Aiolia !…con questi due termina l’appello, fatevi forza e…buona fortuna…vi servirà>.

Gli ultimi due citati si avvicinarono con aria serena. Si vedeva chiaramente che erano greci, avevano vestiti tipici del luogo, simili ai miei.

Salimmo tutti su di un vecchio carro sgangherato ed intraprendemmo una piacevole gita in terra greca.

Le colline greche in autunno sono bellissime, il clima era un po’ asciutto e il vento tirava su un innumerevole quantità di polvere.

Il viaggio fu silenzioso e tutti avevano lo sguardo rivolto verso il pavimento di legno del carro, Aiolia lo interruppe con una osservazione:

<Mio fratello ci aspetta tutti al Grande Tempio, lui insieme ad altri valorosi guerrieri…io mi sento pronto…voi?>.

Milo ammiccò e fece un sorriso compiaciuto, noi altri presenti ci scambiammo uno sguardo attonito ed incredulo.

Milo intervenne leggendo nelle nostre attonite espressioni:

<Aiolia…probabilmente questi ragazzi ancora stanno cercando di capire il perché della loro presenza su questo carro, cerca di essere comprensivo e non offuscargli ancora di più le idee>.

Si vedeva lontano un miglio che tra Milo ed Aiolia c’era una amicizia al di fuori di tutto quello che stava accadendo, forse d’infanzia.

Aiolia proseguì:

<Adesso ci condurranno al Grande Tempio di Atene, lì conosceremo il Grande Sacerdote uomo di imparagonabili virtù e saggezza, ci sarà anche mio fratello Aiolos ad aspettarci. Lui mi parla sempre bene del Sacerdote, dice che è un uomo di una bontà infinita, lo considera quasi un padre…>.

Shaka il biondo, controbatté subito Aiolia dicendo:

<Io sono nato in India e la religione a cui sono stato affidato non è la stessa che avete voi qui, tutta un'altra cultura mi accompagna…quindi Aiolia…parla chiaro e riferisci quello che sai con esattezza>.

Milo accorse in aiuto nuovamente nel vedere la disapprovazione di Shaka:

<Noi siamo stati scelti dalle stelle e mandati a cercare dallo stesso Sacerdote per diventare cavalieri di Atena, non c’è fretta per nessuno, una volta arrivati a destinazione sarà proprio lui a spiegarvi tutto…>.

Ormai tutto mi sembrava più chiaro, la tensione era calata ed la serenità prendeva il sopravvento, non mi tremava più il respiro e qualunque sorte mi fosse aspettata, oramai, ero pronto a sopportarla.

Tutti eravamo riuniti intorno ad Aiolia e a Milo tranne Deth Mask, che se ne stava in un angolo, braccia conserte e sguardo addormentato.

Anche il tentativo di farlo avvicinare da parte di Aldebaran risultò vano

<Maaah…>.Pensai ad alta voce e continuai ad aspettare.

Il carro si frenò di botto con una brusca frenata. Aprirono il portellone e con tono rude ci chiesero di scendere.

Non potevo credere ai miei occhi, di fronte a me si ergeva il favoloso colle del Grande Tempio, potevo scorgere le dodici case e la meridiana dello zodiaco, famosa a noi abitanti di Grecia.

I soldati però non ci diedero il tempo di ammirare il maestoso spettacolo che ci si proponeva, conducendoci verso un piccolo anfiteatro greco li vicino. Ad attenderci trovammo 3 nuovi compagni scortati da ben due guardie. Uno era alto ed esteriormente bello, non si addiceva proprio a noi stanchi e sporchi dal lungo viaggio in carro. Aveva una folta capigliatura che gli scendeva dietro la schiena di color azzurro. Un altro aveva i capelli corti, neri come la pece ed un volto rabbrividente serio ma composto allo stesso tempo. L’ultimo, non di importanza, comparve da dietro una delle guardie. Era il più impaurito dei tre e non si mostrava più di tanto. Comunque era caratterizzato da una lunga chioma di capelli blu intenso.

Pensai subito che appartenesse ad una famiglia di alta società, infatti era vestito particolarmente elegante con merletti all’altezza del collo e frange sui polsini. Erano visibilmente più grandi di me sia di età, di altezza e anche di muscolatura, specialmente quello con i capelli corti.

Si avvicinò per primo il ragazzo dai capelli azzurri:

<Salve…il mio nome è Aphrodite, siamo sicuramente compagni…>.

Lanciammo tutti una occhiata veloce, eravamo troppo fiacchi per essere allegri come lui, mi venne ugualmente una riflessione da porgli:

<Come mai non siete stati separati e condotti di conseguenza qui insieme a noi?…>.

Aphrodite:

<Esattamente non so rispondere a questa domanda, comunque io vengo dal nord Europa, dalla Svezia, il mio paese è molto freddo…forse una differenziazione tra climi…oppure…>.

<Ancora fermi lì!!!!!!!!!>.Gridò un soldato distintamente irrequieto.

Mi avvicinai all’orecchio del fanciullo impaurito dai capelli blu intenso e gli mormorai:

<Le guardie non sono molto gentili, non so da quale rango sociale tu provenga, ma in queste ore ho imparato soltanto a non andare contro le loro imposizioni, cerca di tenere alle spalle quello che hai fatto fino ad adesso…ti servirà>. Strizzai l’occhio infondendogli sicurezza, la sua espressione si rilassò:

<Ti ringrazio tanto…il mio nome è Camus e sono di terra francese>.Insieme ci incamminammo silenziosamente verso il centro dell’anfiteatro.

Ci aggiustarono un po’ i vestiti, quasi come fanno le mamme nei confronti dei loro bambini. Poi ci posizionarono, accuratamente in modo stabilito, in piedi su di una riga, l’uno di fianco all’altro.

Ero primo partendo da destra, primo come anche nell’appello, l’arguzia che mi differenziava insieme all’intuizione mi dicevano che erano postazioni ben definite e studiate.

Attendemmo oltre 20 minuti circa in quella posa, attraversati da una leggera brezza alzatasi pochi attimi prima.

Alla mia destra un soldato vestito diversamente dagli altri, diede un colpo di going assordante e con voce impostata urlò:

<Inginocchiatevi davanti al Grande Sacerdote!!!!…>.

Tutti obbedimmo, quando da uno degli anelli del teatro greco si innalzò sovrastante la sua presenza.

Era altissimo con una veste che scendeva fino a toccare le scarpe, adornato da collane simbolo di potere e con una maschera nera abbinata ad un elmo intarsiato e levigato, bellissimo.

Non potevamo vedere ove i suoi occhi erano diretti, ma ci scrutò per almeno due minuti. Alla sua destra nel frattempo si erano aggiunte altre due figure, mentre, alla sua sinistra vi si accostò l’anziana persona che vidi ore prima nello spiazzale al momento dell’appello.

Le due figure emanavano nell’aria un alone di potenza incredibile, anche loro erano inginocchiati con il capo rivolto a terra.

Il più vicino al sacerdote aveva i capelli corti, castani e sembrava essere meno robusto del suo compagno che invece aveva i capelli lunghi fino a sfiorare le natiche.

Dopo il silenzio incombente, il Sacerdote introdusse un lungo monologo informativo:

<…Ben arrivati figlioli, il mio nome è Sion e sono l’attuale Grande Sacerdote che governa in Grecia; dovreste essere contenti….,invece vedo una sorta di ombra sulle vostre facce.

La gioia che sto citando è tratta da un avvenimento iniziato millenni fa; "voi" siete i ragazzi prescelti, "voi" sarete addestrati alla sacra arte del combattimento, "voi" sarete cavalieri dello zodiaco…>.

Si girò lentamente indicandoci una cartina stellare dove erano rilasciate tutte le costellazioni esistenti nel nostro sistema solare. Continuò:

<I semplici cavalieri abbinati alla costellazione di appartenenza, hanno bisogno di allenamenti duri e faticosi per diventare tali. Ma…tutti coloro che si impegnano rischiando in certi casi la morte ne possono fare parte.

Dalla vostra nascita siete guidati da costellazioni particolari, le più importanti per l’esattezza, farete parte della classe dei gold saint, i cavalieri d’oro che hanno il compito di difendere il Grande Tempio dalle minacce contro la dea Atena.

Sarete educati alla giustizia e devoluti alla sicurezza della dea che, fra 13 anni, tornerà ad unirsi con voi per la lotta nei confronti delle forze oscure. Proprio lei, che parla attraverso di me, ha rilasciato i nomi dei prescelti >.

<Noi cavalieri d’oro???…>.

sussurrai piano ad Aldebaran che mi era a fianco:

<Avevo sentito parlare di costoro, ma pensavo fossero soltanto leggende inventate…>.Continuai.

Rimase con una espressione seria e piena di se facendomi quasi paura. Lui sicuramente non ne aveva neanche lontanamente sentito dire. Parole ignote ad Aldebaran, che continuava ad ascoltare immobile.

Sacerdote:

<Rimarrete qui al Santuario per un periodo che chiameremo di tirocinio, dove imparerete i fondamenti della lotta da insegnanti fidati ed esperti. Alloggerete in stanze private e riservate unicamente a voi, in modo da non essere disturbati da nessun fattore esterno. Il tentativo di fuga sarà severamente punito. La durata del tirocinio dipenderà dalle vostre capacità apprensive e dalla maturità che esprimerete nell’allenamento. Dopo di che partirete alla volta di destinazioni predefinite ove conoscerete i vostri veri maestri ed imparerete il controllo del cosmo, l’espansione energetica e l’acquisizione del settimo senso.

Ogni mattina l’appuntamento è qui alle 06:00, vi voglio puntuali e disposti ordinatamente rispettando le posizioni assegnate, quindi controllate chi avete alla vostra destra e alla vostra sinistra e tenetelo bene a mente in modo da non dimenticarlo.

Nell’ultima guerra sacra tutti i cavalieri d’oro che proteggevano Atena sono stati sconfitti in una sanguinosa e terrificante battaglia, solo io che presiedevo la 1’ casa e il qui presente Doko che presiedeva la 7’ casa ne uscimmo vincitori >.

Con il dito indice indirizzò la nostra vista sul vecchietto alla sua sinistra, il quale chinò il capo in segno di saluto nei nostri riguardi, tipica usanza dei paesi orientali.

<Si…Doko il cavaliere d’oro della Bilancia, da anni ormai frequenta e vive sulle catene montuose della Cina alla ricerca di nuove tecniche spirituali e della pace interiore. Non giudicate il corpo vecchio e oramai anziano di questa persona, è forse il più potente gold saint ancora in vita>.

Le parole del Sacerdote avevano colto nel segno, sentivo dentro di me un senso di rispetto e di obbedienza verso il maestro Doko, era una mistica figura, uomo di eccezionali poteri ed esperienze.

<I due giovani posti invece alla mia destra sono attuali cavalieri; Aiolos cavaliere d’oro da poco difensore della decima casa, cioè quella del Sagittario>.

Proprio il ragazzo che vidi all’inizio del monologo.

In quel momento Aiolia, non lontano da me, mormorò:

<Quello…quello è mio fratello>.

<Il ragazzo a fianco è invece il cavaliere della terza casa Saga di Gemini…loro hanno conquistato il diritto all’investitura dopo un lunghissimo e faticoso addestramento con i propri maestri. Li troverete tutti i giorni sul vostro campo, vi aiuteranno negli allenamenti ed avrete l’opportunità di combattere contro di loro per temprare le vostre forze>. Concluse Sion

Il sole stava tramontando all’orizzonte e la valle era immersa in un oceano di luce arancione, c’era ancora quella brezza che sfiorava ed accarezzava i nostri capelli.

Guardavamo insieme lo spettacolo che la natura ci offriva, dopo che il Sacerdote si era ritirato nelle sua stanze.