Capitolo 38: Ultimo ostacolo

"Hai sentito questi potenti cosmi impegnati in uno scontro?", chiese Thor a Siegfried, mentre i due god warriors erano ormai giunti all’inizio dell’ottava prigione, "Di chi saranno?", continuò a chiedere il gigante ferito, "Non lo so, amico mio, ma probabilmente i santi di Atena di cui parlava l’uomo che si è sacrificato per aiutarci, staranno combattendo Hades", rispose Orion.

"Ti sbagli, guerriero dall’armatura divina", affermò una voce femminile; i due si guardarono intorno e videro giungere, dinanzi a loro, una donna dall’orribile aspetto e dai lunghi e scombinati capelli grigi, "Che vuoi dire, donna? E soprattutto chi sei?", chiese Thor.

"Voglio dire che i santi di Atena non stanno combattendo Hades, il signore dell’Oltretomba, ma Apollo, il dio del Sole", rispose la malvagia figura, "Apollo? Un’altra divinità alleata di Hades?", chiese preoccupato Siegfried, "No, cavaliere, Apollo non è un alleato di Hades, ma è alleato con Hades nel servire il nostro signore e padrone, Lucifero, colui che ci ha liberati tutti e che non gradisce la vostra presenza qui", rispose la donna, alzando la mano sinistra, da cui si scatenò un fascio di energia, che avrebbe di sicuro dilaniato il corpo del guerriero di Dubhe, se questi non si fosse difeso con la spada sacra di Odino.

"Ma tu chi sei?", chiese Thor, "Eris, dea della Discordia", rispose la divinità maligna, prima di tentare nuovamente di attaccare Orion, che evitò ancora l’attacco.

"Thor, lascia fare a me", disse Orion all’amico, "Spada di Odino", urlò il god warrior, scatenando il suo attacco energetico contro la divinità maligna. Eris fu più veloce di lui ed evitò l’attacco con un semplice movimento laterale, quindi tentò di nuovo di colpirlo con un fascio di energia.

Siegfried evitò l’attacco con un salto e, appena sopra la dea, scatenò nuovamente il suo colpo, che anche stavolta fu evitato con facilità, "Preparati a qualcosa di un po’ più violento, guerriero", minacciò poi la dea, mentre due sfere di energia dorata si rendevano concrete in mele d’oro sulle sue mani, "Mele della Discordia", urlò la divinità.

Orion si mosse velocemente e scatenò, per difendersi, il suo attacco più potente, gli "Occhi del Drago", che riuscirono ad annullare l’attacco della dea.

Giunto nuovamente a terra, il guerriero di Dubhe guardò attentamente l’avversaria divina, studiandone tutti i particolari, ma non vedeva nella sua posizione né un attacco né una difesa chiara, "Cavaliere, rinuncia e ti sarà concessa una morte veloce e senza dolore, per mia mano, altrimenti ti farò soffrire le pene degli inferi", lo minacciò.

Un cosmo si spense all’improvviso, "Anche Apollo è caduto, solo io sono rimasta a difendere Lucifero", si disse la dea malvagia, "Come solo tu?", ribatté Thor, che aveva sentito le sue parole, "ed Hades?", chiese il god warrior di Phecda, "Morto nello scontro con il fratello", rispose seccamente Eris.

"Ben presto anche voi morirete", urlò poi la dea, "Mele della Discordia", tuonò, scatenando il suo corpo verso i due guerrieri di Asgard.

Orion evitò facilmente uno dei due pomi, che sciolse una zolla di ghiaccio, ma Thor non fu altrettanto veloce e la sua gamba sinistra fu presa in pieno dal pomo dorato.

Le urla del cavaliere di Phecda furono inumane, sembrava provare un dolore indescrivibile da mente umana, "Che gli hai fatto?", urlò Orion, "Devi sapere che i pomi riducono in cancrena uno spirito o un corpo, a mia scelta, in questo caso, il tuo amico proverà l’essenza stessa della decomposizione corporea, con dolori di ogni genere e tipo", spiegò la dea della Discordia, prima di scoppiare a ridere.

"Pagherai per questo", sentenziò Orion, "Non correre tanto, anche tu ora cadrai per mia mano, non ti preoccupare", ribatté Eris.

Siegfried era pronto ad attaccare, ma fu Thor a fermarlo, "No, Orion, ti prego, lasciami morire da guerriero, lasciami combattere costei", supplicò il guerriero di Phecda, che si stava chiaramente avvicinando alla morte, "Concesso, amico mio", furono le uniche parole del god warrior di Dubhe.

"E’ stato un onore combattere al tuo fianco Siegfried di Dubhe", affermò Thor, prima di gettarsi contro la dea nemica, "Pugno di Titano", urlò il god warrior, lanciandosi contro la morte.

Eris evitò con facilità l’attacco, le bastò un veloce movimento laterale per evitare di essere colpita, poi appoggiò una mano sulla schiena del guerriero e l’altra sullo stomaco, dove prima vi era lo zaffiro, "Mele della Discordia", urlò, mentre i due colpi energetici investivano il corpo martoriato del god warrior di Phecda.

Thor volò in aria, ma ricadde subito a terra, senza nemmeno la forza di gemere per il dolore, "Bene, cavaliere di Dubhe, sembrerebbe che siamo rimasti solo noi due", disse Eris ad Orion, "Preparati, perché ho un altro colpo in riservo per te", minacciò poi, alzando il braccio sinistro.

Il suo cosmo intorno al braccio sinistro andò concretandosi in una lunga ed appuntita lancia nera, "Questa è la <Lancia della Discordia>", spiegò Eris, "un’arma molto particolare, poiché scarta i malvagi per colpire i puri di cuore", disse, "E sai dove li colpisce?", chiese divertita, "Dritti al cuore, spaccandolo come una mela matura", si rispose, prima di scoppiare a ridere.

"Non puoi evitare questo colpo, poiché l’arma ti inseguirà per conficcarsi nel tuo cuore puro", minacciò la dea.

Siegfried intanto si era avvicinato al corpo di Thor, per controllare che fosse vivo, "Muori", urlò allora Eris, scagliando la sua arma verso il god warrior di Dubhe.

La lancia volava verso Orion; Thor spalancò gli occhi e si alzò sulle ginocchia, ponendosi proprio dinanzi al compagno, "Orion, salva Asgard, sei l’unico che può farlo", urlò il god warrior di Phecda, prima che l’arma della dea della Discordia si conficcasse nel suo petto, sfondandogli il cuore, Thor ricadde a terra, di spalle, spinto dall’impetuosa corsa della lancia, che in lui si era fermata.

"No, amico mio", urlò Orion, avvicinandosi al corpo del compagno e chiudendogli gli occhi, privi di vita.

"Ora tocca a te, ultimo cavaliere di Asgard", minacciò Eris, mentre la lancia si rendeva concreto nuovamente nel suo pugno destro, "No, dea della Discordia, ora tocca a te", sentenziò Orion, alzandosi in piedi ed impugnando la spada Balmung.

La lancia fu nuovamente lanciata verso Orion, che stavolta non la evitò, ma la polverizzò con il suo cosmo azzurro, per poi giungere dinanzi all’avversaria.

Il guerriero di Dubhe alzò la spada, un fulmine invase gli inferi e caricò l’arma di energia, poi un fendente portato con freddezza e maestria sul capo della dea malvagia, quindi niente più.

Siegfried era l’unico ancora in piedi, Eris era a terra, senza testa, morta.

Il cavaliere di Dubhe si avvicinò al corpo senza vita del compagno, "Che le valkyrie ti portino dai nostri compagni, amico mio", furono le sue parole, mentre le lacrime sgorgavano dal suo volto ed il suo piede avanzava verso la nona prigione.