Platinum Saints: I Cavalieri dello Zodiaco Cinese

Una fanfic di Andromeda La Notte

Chapter 15: Una mente in catene.

 

Il caldo abbraccio mortale della Nebulosa si estese all’interno del tempio della Bertuccia Emulatrice, sovrastando di luce violetta i bagliori di platino che venivano emanati dal cosmo dell’incredulo Moka. Andromeda stava controllando la Nebulosa e senza nemmeno essersi spogliato dell’armatura. Il che non aveva precedenti, come l’emulatore sapeva bene. Tentò quindi di rispondergli pan per focaccia, cercando di emulare la Nebulosa stessa.. Non vi riuscì. Non potè riprodurre l’attacco. E questo poteva voler dire solo una cosa: che il cosmo del cavaliere d’Atena era ormai superiore al suo.

 

 

Un tornado di potenza innaturale si generò all’interno del Tempio della Bertuccia Emulatrice, semidistruggendo all’istante sia la pavimentazione che il soffitto. Moka fu spazzato via come non nulla, poi riattratto, mandato a sbattere per decine di volte contro i muri, e poi ancora precipitato al suolo. Una furia dalla quale nemmeno le sue mitiche vestigia di platino potevano proteggerlo. La Nebulosa aveva infatti un moto circolare e pertanto continuo, perpetuo. Il vento nebulare non accennava a placarsi, anzi.. Quasi aumentava d’immensità e velocità. Fu allora che Moka decise di reagire. Lanciò la sua Platinum Rope che gli permise dapprima di aggrapparsi ad una colonna laterare e poi, addirittura di mantenersi in equilibrio, essendosi controbilanciato ad una colonna dal lato opposto.

 

 

Il vortice della Nebulosa alterò la sua orbita e dissestò gli appigli delle corde di platino del Tenente. Ancora una volta, il twister si riappropriò del corpo di Moka, per poi trasportarlo nell’occhio del ciclone e scaraventarlo un’ultima volta contro il soffitto, al quale Moka rimase attaccato. Gocce di sangue divino fuoriuscirono dalle labbra del Tenente che, di lì a pochi istanti, ricadde a terra con un tonfo sordo.

 

Il cavaliere di Andromeda, nel frattempo, aveva arrestato il moto distruttore della Nebulosa. Quando i venti si furono completamente calmati, Shun si mosse verso Moka. Nel raggiungerlo, la scena che si presentò ai suoi occhi fu tanto sorprendente quanto macabra... Dal corpo martoriato di Moka, e precisamente dal cranio, fuoriusciva sangue in grande quantità. La parte superiore dello stesso cranio era stata recisa. L’encefalo era adesso vuoto, il cervello era stato asportato. Come poteva essere successa una cosa del genere?? La Nebulosa, si disse, non poteva certo essere responsabile di un’asportazione del genere, che aveva più della precisa mano di un chirurgo. D’un tratto, una forte emicrania lo aggredì, e fu subito dopo accompagnata da un senso di nausea che quasi lo portò a vomitare; la vista gli si annebbiò e cadde sulle ginocchia. La testa gli scoppiava ed il dolore era talmente forte che s’aspettava di avere un’emorragia interna da un momento all’altro. Capitombolò quindi all’indietro, mentre le sue mani arrancavano nell’aria contro la sua volontà, quasi vittime di un sortilegio. Una sola cosa era però chiara al cavaliere, una cosa inquietante e pur certa da essere consapevolezza: qualcosa.. qualcuno stava violando la sua mente, immergendosi in essa. Mentre il dolore lancinante varcava la soglia dell’umana sopportabilità e sangue semi-coagulato gli fuorisciva dalle narici, Shun fece quello che ricordò poi essere lo sforzo più duro della sua vita e scaccio’ l’invisibile parassita fuori dalla sua mente.

 

Il dolore calò subito d’intensità e gli organi di senso ripresero velocemente a funzionare. "Tutto questo.." si disse "..e’ opera di Moka."

 

 

 

 

Nella casa del Ratto Malvagio, Marin si trovava ormai di fronte il viscido Lemnosin che l’aveva accolta con fare poco cerimonioso e con le sue tanto decantate Muldering Fangs; l’attacco a sorpresa di Lemnosin non era però andato a segno, dato che Marin era già stata informata della natura di quel colpo dai suoi amici cavalieri.

 

 

Marin si gettò all’assalto del nemico con la Meteora Avvolgente, il suo Ryuseiken con effetto ad immagine residua. Difatti, il suo attacco non fu che illusione e Lemnosin se la ritrovò alle spalle, giusto in tempo per parare il vero Ryuseiken che però riuscì ad infiltrarsi in alcuni punti poco coperti dall’armatura, assestando alcuni colpi decisi al Sergente. In cambio, Marin fu colpita vicino al collo dalle Mouldering Fangs di Lemnosin; la ferita inizio’ di li’ a poco a bruciare vivamente.

 

 

Lemnosin bruciò il suo cosmo, i cui bagliori platinati accesi si alternavano alla sua tetra e spettrale aura. Sopra il capo del cavaliere una nuvola grigia apparve dal nulla, la nuvola dell’Asphixia Flatulence. Marin si preparò alla difesa ma l’attacco che Lemnosin aveva in serbo per lei era, per sua sfortuna, ben diverso da quello che lei s’aspettava... Alzate quindi le mani in direzione di Marin, lo spietato Sergente invocò:

 

 

Il colpo di Lemnosin ebbe bizzara manifestazione! Una grandine di ratti affamati sembrò piovere sulla povera Marin che, seppure in guardia, fu comunque travolta e come ricoperta ed azzannata da migliaia di piccole bocche fameliche. Se non fosse stato per la nuova armatura forgiata da Corinto, la grandine di ratti avrebbe raggiunto i suoi organi interni, devastandoli. L’orda vorace costrinse la sacerdotessa all’immobilità e, mentre ancora la vittima si reggeva in piedi, iniziò il suo pasto.

 

 

D’un tratto, una fittissima rete di raggi di energia raggiunge Lemnonis come una raffica di colpi da mitragliatrice. Il Sergente fu atterrato all’istante, senza potere in alcun modo difendersi.

 

Un istante dopo, il corpo di Marin, così assediato dai ratti, fu ricoperto da una terribile aria congelante, che geloò i malcapitati roditori e, infrangendosi, libero il corpo della sacerdotessa-guerriero. Lemnosin non ebbe nemmeno il tempo di rialzarsi che l’acuminata punta di una cuspide gli perforò la spalla destra; il dolore lancinante provocato dalla puntura lo fece gridare a squarciagola.

 

 

Quattro figure bardate di armatura fecero la loro apparizione. Con parole simili a quelle con le quali li aveva aprostrofati la bonza, si presentarono...

 

 

"Aioria.." Marin, quasi svenuta, pensò di essera vittima di un’allucinazione.

 

 

Intanto, Aioria si era chinato su Marin per sincerarsi delle sue condizioni.

 

 

Aioria pensò fra se che la sua vita, così come quella dei suoi compagni, era solo temporale e non sarebbe durata che meno d’un giorno, quando Athena sarebbe dovuta ritornare dall’Ade, e loro avrebbe dovuto riprendere il loro posto nel mondo dei morti. Non ebbe pero’ il coraggio di rivelare quella triste verità alla sacerdotessa, per la quale sapeva di provare, corriposto, qualcosa di più che semplice sentimento d’amicizia. Frattanto, Aphrodite si era avvicinato ai due e, salvando Aioria dalla difficile situazione, si rivolse a lui in tali termini:

 

 

Aphrodite si alzò e bruciò il suo cosmo policromatico; questo si tinse di un rosa acceso. Dalle sue mani iniziarono a germogliare delle rose dello stesso colore.

 

 

Le rose sfiorirono e i loro petali, così come il loro polline iniziarono a volteggiare in una danza elegante attorno al corpo di Marin. In men che non si dica, le ferite della sacerdotessa cominciarono a richiudersi. Anche il grosso squarcio sulla spalla destra, ormai diventato violaceo, riprese il colore della carne e si cicatrizzò con il resto dei tagli.

 

 

Mentre Marin iniziava a riprendere lentamente le forze, Lemnosin rimuginava piuttosto confuso. I Gold Saint del Grande Tempio di Athena avrebbero dovuto essere tutti morti nella battaglia contro Hades... Il Sergente aveva come motivo principale per confrontarsi coi cavalieri di Athena e farne strage, il fatto che il fratello Niobe, Surplice di Deep, era stato trucidato nella medesima battaglia da uno dei cavalieri d’oro. Al contrario di Lemnosin, nelle vene dello Spectre non fluiva sangue divino. Niobe aveva rinunciato alla sua natura semi-divina nell’abbandonare Mekar per vagabondare in giro per il mondo; aveva poi finito per essere scelto ed arruolato tra le file di Hades. La sua vita l’aveva conclusa all’interno della casa del Toro d’Oro liddove, a seguito di un brevissimo scontro, lui ed Aldebaran si erano annientati a vicenda, sotto gli occhi di Mur del Jamir, cavaliere di Aries. Lemnonis non poteva accettare il fatto che suo fratello, unico suo remoto affetto, potesse essergli stato privato. Quello stesso fratello che avrebbe dovuto avere accanto lungo tutto il corso della vita d’immortale, lo stesso che aveva cresciuto, altro adesso non era che cenere. Niobe era l’unica persona a Mekar che non provava ribrezzo per lui, l’unica a non pronunciare il suo nome per farsene gioco; e Mekar era il suo mondo, e gli abitanti di Mekar l’interezza delle sue genti – miserabile ancor di più s’era fatta la vita del cavaliere del Ratto, di cui perfino le sue stelle custodi sembravano volere farsi beffa, avendo a lui conferito poteri molto inferiori rispetto a quelli degli altri Platinum Saint. Quel fratello, che a tutta questa mestezza poneva in qualche modo freno, adesso non poteva nemmeno beneficiare di degna sepoltura. E tutto questo grazie ai cavalieri del Toro e di Ariete! E più in generale di tutti i cavalieri d’oro d’Atene, quegli stessi cavalieri sui quali pensava di non potersi mai direttamente vendicare. Adesso, pero’, le cose avevo preso piega ben diversa.

 

 

Marin non fece in tempo ad avvisare i suoi quattro salvatori su quanto stava loro per accadere. Lemnonis miscelò la sua nuvola fastiscente e la scagliò contro i quattro malcapitati, che furono investiti in pieno. Colpi di tosse secca e sibili respiratori cominciarono a raggiungere le orecchie del soddisfatto Platinum Saint; d’un tratto, proprio mentre il Sergente iniziava a gustare i frutti freddi della vendetta, la nuvola flatulente fu sfiancata da una pungente corrente congelante, che raggiunse anche lui, atterrandolo. Mentre l’esterrefatto Lemnosin si rialzava, la coltre fumogena andava rarefacendosi. A breve i quattro cavalieri ne vennero fuori, uno innanzi agli altri.

 

 

Ma proprio mentre i due stavano per liberare i rispettivi attacchi, una voce di donna gridò:

 

 

Si trattava di Marin.

 

 

Aioria passò quindi di corsa accanto a Lemnosin e lo sorpassò. Così fecero subito dopo anche gli altri tre saint.

 

 

La via era ora libera ed i quattro Gold Saint imboccarono l’uscita del tunnel del Ratto Malvagio, senza proferir parola. Aioria non si voltò che per un attimo, finendo per incrociare uno sguardo fuggente di Marin che, seppur coperto da maschera, di certo era velato di commozione. Marin si avvicinò quindi verso l’irato Rat Saint, dicendogli semplicemente:

 

 

 

 

"Andromeda.." stava sussurrando una voce alla mente di Shun. "La fine ti è ormai vicina.. La morte ti prenderà in sposo.. Andromeda.."

 

 

"Cedi all’abbraccio della morte.. Baciala sulle labbra.."

 

 

"Non puoi più attaccarmi, adesso.. Perchè sono nella tua mente.. Sono dentro di te.. E la tua catena non può raggiungermi, ormai.. Nemmeno la tua Nebulosa può niente.. Non ti resta che soccombere.."

 

Shun cadde a terra, a seguito di un’acuta fitta di dolore. Ebbe come la sensazione di aver uno stilo conficcato in profondità nella corteccia cerebrale, o di aver un parassita che stesse cibandosi della sua materia grigia. Sfortuntamente per lui, le sorprese non erano ancora finite. La voce riprese presto a parlargli.

 

"Andromeda.. Tu sei la prova che anche un incapace può diventare cavaliere d’Athena.. Quante volte hai mancato al tuo dovere di cavaliere.. Quante volte la tua Dea ha rischiato la vita, causa la tua inettitudine.."

 

 

"E tutte le volte non sei riuscito a sconfiggere il tuo nemico? Tuo fratello Phoenix ha dovuto rimediare alla tua incapacità e spesso questo gli è stato causa di gravissimi pericoli. Sin da piccolo, sei stato per lui un peso sulle spalle.."

 

Andromeda ricordò allora la vicenda dell’Isola della Regina Nera.

 

"I tuoi compagni dell’isola di Andromeda, per due volte trucidati a causa tua.. La tua isola, adesso affondata.. E Nemes, sfigurata.. Tutto per colpa tua, per colpa unicamente tua.."

 

Il cavaliere d’Athena, al ricordare Nehmes, Albione ed i suoi compagni, cadde atterra sopraffatto dai sentimenti. Non s’accorse, in quel tumulto d’emozioni, che il corpo senza vita e privo di cervello di Moka si stava rialzando, avvicinandosi verso di lui con movenze in tutto e per tutto simili a quelle di uno zombie...

 

"Hai addirittura ospitato l’Essenza di Hades, di Athena il più grande nemico, all’interno del tuo corpo, covandolo in grebo, tu serpe sciagurata.. Ti sei fatto strumento primo di quel male che avresti dovuto combattere.. Il che costò infinite sofferenze ai tuoi amici e, per finire, la vita dei cavalieri d’oro ancor rimasti in vita.. Hai messo a repentaglio la sopravvivenza di tutti gli esseri viventi e della Terra stessa, quelle creature e quella Terra che avresti dovuto proteggere, che avevi giurato di difendere. Che cavaliere sei, Andromeda?? Con quale coraggio puoi ancora indossare quell’armatura! Nemmeno Hyoga, il tuo migliore amico, hai potuto aiutare.. Cediti invece a quella stessa morte di cui ormai da troppo tempo sei strumento.. Fragile il cuore dell’uomo, abbietto ed imbelle quello del cavaliere.. Non sei fatto per questo mondo, per questa vita... Poni fine tu stesso alle tue sofferenze.. O lascia che lo faccia io, per te."

 

D’un tratto un colpo di frusta secco raggiunse la spalla destra di Shun, e poi ancora un altro, ed un altro. Nell’alzare lo sguardo annebbiato dal dolore fisico e mentale che stava sperimentando, Shun si accorse allora del cadavere vivente che avanzava verso di lui, impugnando la Platinum Rope. Shun decise quindi di reagire.

 

 

La catena d’attacco si libro’ allora in volo contro Moka, senza però raggiungerlo. Si riavvitò invece su se stessa per poi colpire violentemente alla fronte il suo possessore. Fiotti caldi di sangue bagnarono il viso di Shun; se non avesse indossato il formidabile diadema della Regina delle Tempeste, la sua nuova armatura, il suo cranio sarebbe stato sfondato.

 

"Ti avevo avvisato.." sussurrò ancora quella voce al suo orecchio mentale "..non puoi più colpirmi perchè sono dentro di te, di te ormai parte inscidibile! Almeno fino a quando vestirai forma mortale, rassegnati ad ascoltarmi..."

 

Altri colpi di frusta, ancor più decisamente assestati; ed ancora una volta, Andromeda lanciò la sua catena contro il nemico, solo per vedersela tornare indietro e ferirgli fatalmente il costato. Mentre copiosa linfa fluiva dalla profonda ferita, facendo così scorrere via la vita da lui, il cavaliere di Athena iniziò a bruciare il proprio cosmo.

 

"E’ del tutto vano! Anche utilizzando la Nebulosa, non potrai salvarti! Il tuo vero nemico.. risiede dentro di te, e così è sempre stato.."

 

No, Moka. Ti sbagli. – la voce del giovane era ormai irriconoscibile. Shun non esisteva più; Andromeda aveva ormai preso il sopravvento! Nei suoi occhi turbinava vento stellare e la sua pelle era rovente come acciaio liquido.

 

"Vigliacco! Davvero vuoi dare un nome estraneo alle tue debolezze?!?"

 

 

Il corpo privo di encefalo di Moka si mosse, aprì le braccia e traccio con esse due semi-cerchi color vermiglio...

 

"Semilune taglienti della Scimmia, librate nel cielo il vostro volo assassino e congiugetevi nello splendido arco lunare di un’eclissi senza fine! Eclisse semilunare!"

 

Alchè i due splendidi quanto tremendi semi-archi partirono dalle sue braccia, per poi congiungersi e dare vita ad un cilindro di energia violetta che si diresse verso il cavaliere di Andromeda, colpendolo in pieno.. Shun si lasciò colpire quasi volutamente, poi, sebben in balia dell’energia nemica, lanciò ancora una volta la sua terribile catena.

 

"Trova il nostro nemico, amica catena, quello vero!"

 

La punta della catena si diresse verso Moka e, non colpendolo, piroettò attorno a lui, poi si librò in alto ed andò ad affondarsi in qualcosa che volteggiava direttamente sopra il cranio mutilato del cavaliere. Nel frattempo, Andromeda era stato spazzato via a grande distanza, senza però aver ricevuto ferite mortali. Nel momento in cui la catena aveva dato vita all’impatto infatti, l’eclissi semilunare si era subito affievolita ed il cerchio creato da Moka richiuso in pochi secondi, non risultando quindi fatale.

 

Presto, Andromeda si rialzò e, avvicinandosi a Moka, trovò il suo corpo inerte al suolo ma stavolta, nella cavità del suo cranio, vi era il suo cervello, profondamente squarciato in due, eppure ancora in vita; l’energia delle stelle pulsava infatti da esso e non sembrava affatto volersi spegnere.

 

 

Il cervello di Moka pulsava ancora come se si trattasse di un cuore.

 

 

Nel dire questo, il cervello di Moka quasi si mosse e, a seguito di una vibrazione psichica, dal buio del tempio riapparve quella stessa maschera che aveva tenuto nascosto al mondo il viso del Tenente, fin quando Andromeda non gliel’aveva strappata: la maschera che rappresentava il muso ferale di una bertuccia... Il talismano, il riconoscimento di cui aveva bisogno! L’emulatore, a cavallo tra vita e morte, aveva accettato la sua sconfitta. E questo poco prima che Shun ponesse fine a sue sofferenze e a quel triste stato vegetativo, utilizzando la sua stessa frusta di platino per mandare in pezzi il suo cervello e dare pace alla sua anima.