Proemio:

"Il giorno è arrivato, fratelli miei", disse un uomo affacciato al balcone di un castello fra le nuvole.

"Sembri preoccupato, fratellino", lo schernì un secondo uomo, nascosto fra le tende della finestra.

Il primo si voltò di scatto, aveva lunghi capelli color del cielo ed i suoi occhi sembravano dei fulmini, infatti bastò uno sguardo per fermare la risata dei suoi due fratelli.

"Zeus, devi capire che questa situazione è pressoché ridicola", sottolineò il fratello del padre degli dei, nascosto nell’ombra.

"Tu che ne pensi, Nettuno?", ribatté il divino signore dell’Olimpo, rivolgendosi all’altro suo fratello.

Il dio dei mari aveva ripreso il suo corpo, il suo spirito era ormai libero e pienamente padrone di se. Julian Kevins era ormai un uomo di quarant’anni con dentro di se lo spirito del signore di tutti i mari, "Non so, fratello mio, è strano ripensare a come tutti noi abbiamo disgustato gli uomini per il loro modo di fare impuro ed adesso ne abbiamo un incredibile bisogno per difenderci da Colui che diede i natali a nostro padre", rispose il signore degli Oceani.

"Solo Atena è sempre rimasta fedele agli uomini", rifletté il sommo Zeus, "poi anche mia moglie ed alcuni dei miei figli si sono schierati a favore del genere umano", aggiunse.

"Ed adesso, persino il re dei mari Nettuno, il dio della Guerra Ares ed io ci siamo uniti alla causa degli uomini", si intromise il fratello nascosto nell’ombra, mostrandosi, "che mai così tanto combacia con la causa degli dei", concluse Hades.

Il dio dell’Oltretomba era vivo, il suo corpo era nuovamente sano e perfetto, le sue vestigia completamente integre ed impugnava ancora la sua spada.

"Solo vent’anni fa ho cercato di sotterrare il mondo nel freddo della grande eclisse", disse Hades, "ed adesso mi dovrò alleare con gli stessi cavalieri che mi annientarono, questo è ridicolo", spiegò il dio, sollevando la spada, "Hades non tentare la mia ira", urlò Zeus, mentre un fulmine attraversava la sua mano sinistra, puntata contro il fratello.

"Padre", disse una voce, entrando nella grande sala. Cinque divinità si presentarono al sommo Zeus, ognuna con le sue vestigia.

Hades ebbe un sussulto nel riconoscere fra questi cinque Atena, la ragazza che lo aveva sconfitto, "Tu qui?", urlò, puntandole contro la sua spada.

Due cosmi divini si posero fra loro, "Placa la tua ira, dio dell’Ade", affermò Dioniso, ponendosi fra i due insieme ad Eolo. Dietro al dio del Vento ed a quello del Vino, insieme ad Atena, vi erano Efesto e lo stesso Ares, ormai convintosi dell’importanza di collaborare con gli altri dei contro il nemico comune.

"Che cosa volete, figli miei?", chiese il sommo Zeus, "Padre", gli rispose Ares, "volevamo informarti che anche Apollo ed Artemide sono fra noi e stanno preparando la nostra armata di semidei, affinché possano difendere i piani inferiori dell’Olimpo", spiegò il dio della Guerra.

"E mia moglie Era?", domandò dopo il padre degli dei, "Si sta preparando per combattere", rispose Atena.

"Manca solo Ermes quindi?", chiese Nettuno, "Si, signore dei mari", rispose Efesto, "il messaggero degli dei stà avvisando le armate delle diverse divinità di prepararsi perché il Nemico giungerà da loro domani", spiegò il fabbro degli dei.

"Tutta colpa tua, dea Atena", accusò Hades, "Come osi dire questo, dio degli inferi?", chiese lady Isabel, "Se non avessi osato fermarmi ed uccidermi i cancelli del Tartaro del Nord e dell’Est non si sarebbero rotti ed Egli non sarebbe riuscito a fuggire", sentenziò il dio dagli occhi color del mare.

"Ora basta, voi due", tuonò Zeus, provocando il silenzio fra tutti i presenti.

 

In un luogo misterioso ed oscuro un esercito di guerrieri era fermo intorno ad un grande fuoco verde.

I diversi guerrieri erano tutti coperti da delle vestigia di color bianco, ma con degli strani riflessi metallici, sembravano un metallo, ma insieme apparivano simili al platino. Le loro vestigia, apparentemente, erano tutte simili.

"Egli sta per tornare, nostro padre sarà di nuovo fra noi", ripetevano all’infinito i vari guerrieri dalle metalliche vestigia bianche.

Uno di loro si staccò dal gruppo, "Silenzio, guerrieri e fratelli, ora Lui è fra noi", disse, inchinandosi dinanzi al fuoco.

Una figura gigantesca apparve dal fuoco. Aveva lunghi capelli verdi, un fisico possente e nudo, ma con uno schiocco di dita si materializzò sul suo corpo un’armatura del medesimo metallo delle vestigia di quelle del suo esercito.

"Figli miei, miei titani", esordì, osservando il suo esercito, "il giorno è giunto. Al sorgere del sole avrà inizio la mia e vostra vendetta, uccideremo i figli di Crono, colui che guidò la campagna contro di me, intrappolandomi nelle profondità del Tartaro. Uccideremo Zeus e gli dei olimpici, insieme ad i loro cavalieri e massacreremo anche i guerrieri del defunto Odino, oggi. Poi da domani i nostri interessi si dirigeranno verso gli altri traditori", sentenziò il Divino essere.

"Mio primogenito", urlò, diretto verso il guerriero che aveva annunciato il suo arrivo, "dividi i tuoi fratelli in 10 armate e mandali verso i diversi templi delle divinità olimpiche e verso Asgard. Che uccidano questi mortali tanto devoti", sentenziò il misterioso Dio.

"Si, padre", furono le sole parole del primo guerriero, che subito dopo iniziò ad organizzare le armate dei titani.

Una nuova guerra era alle porte, non tutti ne sarebbero sopravvissuti.