Capitolo 8: Un titano dal nome famoso

Un gruppo di guerrieri dalle bianche vestigia aveva vinto le difese del castello di Ares, ricostruito, dopo la battaglia contro l’alleanza degli dei.

Il nuovo castello si trovava in Ungheria. Come il precedente anche questo castello era costituito da dei cerchi concentri, quattro cerchi. I titani erano già arrivati al terzo.

Nei primi due cerchi si potevano notare cadaveri, centinaia di cadaveri. Alcuni di essi avevano armature violacee ed impugnavano delle lance, altri armature rosse con degli scudi, altri armature verdi con delle asce ed infine alcuni dalle vestigia blu, armati di spada; fra questi cadaveri, però, era anche possibile notare i corpi di alcuni dei guerrieri titani, morti durante l’avanzata.

Ora solo tre titani si trovavano dinanzi ad una fanciulla.

"Comandante, forse abbiamo fatto male a portarci pochi guerrieri titani dietro", disse uno dei due titani nell’ombra, dinanzi alla guerriera.

"No, Janus, immaginavo che i nostri veri avversari sarebbero giunti solo all’ultimo, mandandoci incontro dei soldatini, per questo vi ho impedito di combattere in quelle due stanze e ve lo impedirò anche qui", affermò colui che guidava il gruppo di titani, "ho voglia di riscaldarmi", concluse, mostrandosi alla berseker.

"Chi sei, fanciulla?", chiese il titano.

"Il mio nome è Circe della Iena, custode della Lancia di Ares e capo dell’armata della Discordia", si presentò la guerriera, che indossava le stesse vestigia di Belbia e che come lei aveva un fisico molto asciutto. Lunghissimi capelli grigi le scendevano sulle spalle, mentre i suoi occhi viola, brillavano dall’armatura, una lunga lancia roteava fra le sue mani.

"Bene, guerriera di Ares, io sono Encedalus, il titano alato, comandante di 2° grado dell’armata dei titani", si presentò l’invasore.

Le bianche vestigia del guerriero erano adornate da delle decorazioni simili a piume sul pettorale, altre rappresentanti degli artigli sui gambali e sui bracciali, mentre l’elmo rappresentava la testa di un’aquila, coprendo interamente il volto del titano. Due gigantesche e bellissime ali bianche, finemente lavorate, si aprivano sulla sua schiena.

"Dimmi, guerriero dalle bianche vestigia, quelle ali sono pure decorazioni o sai anche volare?", chiese Circe, indicando gli oggetti sulle spalle del nemico, "Mettimi alla prova, donna", la minacciò semplicemente il titano.

La berseker dall’armatura viola impugnò la Lancia con ambedue le mani, "Bukujetsu", urlò, mentre i capelli sul suo capo iniziavano a danzare, improvvisamente la donna si alzò in volo.

"Forza, attaccami", sfidò la guerriera di Ares. Le ali di Encedalus si aprirono ed il guerriero si alzò in volo, posizionandosi dinanzi all’avversaria.

Circe cercò di colpire il nemico con la Lancia, ma il titano alzò il braccio per parare l’attacco, da cui non subì alcun danno.

"Bellissima arma, di natura divina, peccato che sia una stupida mortale ad utilizzarla", la derise il titano, bloccando l’Arma con ambedue le mani e scagliando la nemica al suolo, disarmata.

"Forza, riprova", la sfidò il titano, scagliando al suolo l’arma dell’avversaria.

"Adtula, dobbiamo restare qui ad attendere?", chiese Rasuin dell’Orso, custode dello Scudo, "Si, compagno d’arme, dobbiamo attendere, poiché Circe non accetterebbe mai il nostro aiuto, dato il suo orgoglio ed inoltre perché già Jenghis è pronto alla battaglia contro questi guerrieri dai possenti cosmi", rispose Adtula del Leone, custode della Spada, "So che anche Jenghis è pronto alla lotta, ma il cosmo assopito che combatte con Circe è superiore persino ai nostri", rifletté il successore di Rakis, "Lo so", concluse semplicemente il successore di Sesar.

Circe riprese la Lancia e si alzò in cielo, "Ora subirai il potere di quest’Arma divina", minacciò la berseker.

"Lancia della disperazione", urlò la guerriera, scagliando dieci sfere di luce violacee contro il nemico.

Encedalus non tentò nemmeno di evitarle e le subì tutte insieme.

"Sono così lenti i tuoi colpi? Mi è stato facile evitarlo, calando in picchiata", la derise il titano.

"Quello non è modo di usare un’Arma divina, così si utilizzano determinate armi", la avvisò il titano, alzandosi in volo fino a toccare il tetto.

Il corpo del guerriero brillò di una luce bianca, mentre Encedalus si gettava contro Circe, accecata dal fascio luminoso che ricopriva l’avversario, "Predatore celeste", urlò il titano, colpendo con un calcio la sua nemica.

La berseker cadde nuovamente al suolo, stavolta il suo elmo era in pezzi, il volto abbronzato sanguinava all’altezza della guancia sinistra, persino la Lancia le era caduta per il colpo.

"Non osare alzare nuovamente la mano contro Circe, titano", ordinò una voce, oltrepassando la porta della stanza successiva.

Encedalus si fermò e vide una figura sulla porta dinanzi a se, un guerriero dalle vestigia verdi, simili a quelle di un samurai giapponese. Questo guerriero impugnava una gigantesca ascia dorata. I lunghi capelli rossi erano l’unica cosa che si notava del suo volto, completamente nascosto dall’elmo.

"Il mio nome è Jenghis, berseker dell’Avvoltoio e custode dell’Ascia di Ares", si presentò il nuovo arrivato.

"Bene, potrò eliminarne due in un colpo solo", affermò divertito il titano, alzando le sue possenti ali.

"Comandante", lo interruppe una voce, "se lei sconfigge questi due, poi lascerà a noi gli altri due avversari?", chiese uno dei due titani rimasti, facendosi avanti.

Le ali del comandante di 2°grado si richiusero, "In effetti è meglio che ve ne occupiate voi", affermò divertito Encedalus, sedendosi su un cadavere lì vicino.

I due guerrieri dalle bianche vestigia si fecero avanti, verso i due bersekers, ora in piedi e vicini.

I titani avevano le medesime vestigia bianche, adornate ambedue da simboli opposti ed ambivalenti sui lati dell’armatura. Ambedue gli elmi rappresentavano un volto sereno a destra e cupo a sinistra. Il titano sulla destra, però, aveva delle catene legate alle mani, "Io sono Prometheus e lui è Janus, siamo i gemelli titani", si presentò il titano con le catene alle mani.

"Prometheus? Quel Prometheus, colui che diede il fuoco agli uomini?", chiese Jenghis.

"Un tempo lo ero", gli rispose con tono divertito il titano con le catene, "ma ora non più", affermò infine il guerriero dalle bianche vestigia, "Perché?", incalzò il berseker con l’Ascia, "Perché non lo meritate", urlò il titano, scagliando il suo avversario contro il muro, attraverso l’esplosione del suo cosmo.

"Fratello, sistemiamo questi due con il nostro attacco", propose allora Janus, parlando per la prima volta, con una voce simile al fratello, "Si, attacchiamo", concordò il secondo gemello.

I due titani aprirono le mani l’uno verso l’altro, poi diressero i loro sguardi verso i due bersekers, "Muro celeste dei gemelli", urlarono contemporaneamente, mentre dei fili di luci si formavano fra di loro, che perfettamente paralleli, si gettarono contro Circe e Jenghis.

"Spostiamoci", urlò la custode della Lancia, e così fecero, lasciando che l’energia dei due titani combinata distruggesse solo il muro alle loro spalle.

"Dobbiamo dividerli per avere più possibilità", propose la berseker della Iena, "Va bene, Circe, ma lascia a me Prometheus", concordò Jenghis.

I due guerrieri di Ares si scagliarono contro i due titani.

"Ascia della Guerra", urlò il successore di Warril, lanciando il suo colpo contro Prometheus.

Il titano alzò il braccio sinistro, "Ora ti mostrerò una delle cose che ho regalato agli uomini, una tecnica che solo i gemelli sanno usare", affermò il guerriero dalle bianche vestigia, "Esplosione galattica", urlò poi, scagliando il colpo che già era dei santi dei Gemelli.

I due colpi si incontrarono a mezz’aria, l’energia dell’attacco del titano, però, riuscì a superare la tecnica del berseker, malgrado diminuì di potenza. Jenghis fu colpito in pieno e scagliato contro un’altra parete della stanza, "Davvero credevate che i nostri poteri si mostrassero solo quando combattevamo insieme?", chiese Prometheus, "Noi siamo comandanti di 3°grado, non semplici guerrieri titani, abbiamo molti assi nella manica e vi uccideremo con questi", minacciò il titano.

"Dimmi, Prometheus, perché hai abbandonato gli uomini?", chiese Jenghis, rialzandosi sulla sua Ascia, "Non sono stato io ad abbandonare gli uomini, ma voi mi avete abbandonato", rispose il titano, tirando un calcio all’Arma divina, così da far nuovamente cadere a terra il guerriero di Ares.

Janus e Circe si studiavano vicendevolmente, "Non sperare di colpirmi con quella tecnica che ha usato tuo fratello", lo avvertì la guerriera di Ares, "poiché ormai mi è nota", affermò infine, puntando la sua Lancia contro il titano.

"Speri di poter evitare la tecnica dei gemelli titani, che molti uomini usano senza conoscerne i segreti?", chiese il titano con tono divertito.

"Galaxian explosion", urlò Janus, lanciando il suo colpo contro la berseker. Circe capì subito che non sarebbe riuscita a bloccare l’attacco, quindi tentò di evitarlo tramite il "Bukujetsu", che però non ebbe alcun effetto, poiché l’energia dell’attacco del titano, riuscì a gettarla a terra, danneggiandole le vestigia.

"I segreti dell’esplosione galattica sono centinaia", affermò il titano, facendosi avanti verso la guerriera di Ares, "il primo, quello che ha portato alla tua sconfitta, è che questa tecnica varia secondo il cosmo di colui che la scatena, quindi non puoi sperare che, avendo visto questo colpo per mano di mio fratello, tu possa conoscere anche il mio modo di lanciarlo", spiegò divertito Janus.

"Ora, ambedue morirete", affermò Prometheus, osservando la vittoria del gemello sulla berseker.

"Non puoi essere il Prometheus di cui mi parlò il mio saggio maestro Shiryu", urlò allora Jenghis, il cui cosmo sembrava rinato. L’Ascia del berseker si scagliò contro il titano, che la bloccò con ambedue le mani, seppur con qualche difficoltà.

"Vuoi sapere la mia storia, guerriero di Ares? Bene, te la racconterò", ribatté Prometheus, ancora intento nel bloccare il nemico.