Capitolo 16: Colpi segreti a confronto

Tre guerriere con armature d’argento puro correvano lungo i boschi della Germania, "Fermatevi", ordinò all’improvviso una di loro, "Non possiamo lasciare che Merope si faccia uccidere", esclamò la ragazza.

Le sue vestigia argentee le coprivano completamente il corpo, ricordava incredibilmente l’armatura dell’Astro della Sagitta dorata, ma la maschera sul volto, simile a due mezze lune congiunte ed il colore lasciavano intuire chiaramente la differenza.

I capelli rossi della fanciulla scivolavano sulla schiena, né un elmo, né una corona adornava il suo capo, di cui solo il volto era coperto. Una freccia era rappresentata sul pettorale, insieme a tante altre minori raffigurate sulla cinta.

"Hai ragione, Maya, ma non possiamo rischiare la vita di Dranta", ribatté un’altra delle tre, "anzi dovremmo lodare Merope che si sacrifica per salvarci", obbiettò.

Questa seconda interlocutrice aveva anch’essa un’armatura d’argento ed una maschera simile a due mezze lune congiunte, ma le sue vestigia sembravano avere le forme di un cavallo, un elegante destriero dal manto cinereo, i cui zoccoli costituivano le difese per gambe e braccia, il pettorale e la cinta ricomposti sarebbero diventati corpo e coda dell’animale, la cui testa costituiva l’elmo, simile ad un volto di cavallo, da cui fuoriuscivano dei sinuosi ed ondulati capelli neri. Inoltre quest’armatura, come la precedente, faceva risaltare ancora di più la perfezione ed abbondanza dei corpi delle due guerriere.

"Lo so, Elettra, ma mi dispiace ugualmente", concluse Maya.

Un rumore troncò la loro fuga, un cosmo potentissimo distrusse molti alberi nelle vicinanze, "Quei guerrieri stanno arrivando", rifletté la ragazza dai capelli neri, "Dranta, presto scappa, li terremo a bada noi due", suggerì Maya, rivolgendosi alla guerriera che non aveva parlato finora, la quale scomparve nel bosco, "Buona fortuna, sorelle mie", furono le sue uniche parole.

Le due guerriere rimasero ferme ad attendere i nemici, "Ecco che arrivano, forse dovevamo andare con Dranta, non vorrei morire in un luogo del genere", affermò perplessa Elettra, "Si, anche io ho paura, ma se hanno ucciso Merope potrebbero eliminarci tutte e tre con facilità", rifletté Maya, "Non so, la nostra sorellona ha solo la forza dalla sua, mentre Dranta ha la saggezza ed io ho la bellezza", ribatté con tono beffardo la prima delle due fanciulle, mentre tre figure si delineavano dinanzi a loro.

"Merope?", balbettò la ragazza dai capelli rossi nel vedere l’orribile scena dinanzi a se: due guerrieri dalle bianche vestigia avanzavano, uno di loro teneva sollevata per il collo la possente guerriera dall’armatura argentea i cui gambali e bracciali erano simili a zampe di cervi. Il pettorale incredibilmente gonfiato dai muscoli maschili della donna, era adornata da due corni, mentre l’elmo, simile al viso di un cervo senza corna, finiva nella maschera, caratteristica di tutte e quattro le guerriere dalle vestigia d’argento. I lunghi capelli marroni cadevano come morti dal capo di Merope, chiaramente senza forze.

"Come avete potuto atterrare la nostra sorella amazzone?", balbettò stupefatta Elettra, "Non è stato difficile", esordì una voce femminile, "ha eliminato tutti i guerrieri titani che ci portavamo dietro, distruggendo l’armata che le altre amazzoni non sono riusciti a danneggiare, ma poi è basto un attacco della mia comandante Rosalind per renderla inoffensiva", spiegò la titana, indicando colei che teneva per il collo Merope.

"Voi piuttosto chi siete?", domandò la titana chiamata Rosalind, "Io sono Elettra del Cavallo, amazzone e maestra del fuoco", si presentò la guerriera dai capelli neri, "Io Maya della Sagitta Argentea, sorella amazzone di Elettra, Dranta e Merope, oltre che maestra dell’acqua", aggiunse la seconda.

"Nessuna di voi due è la comandante delle amazzoni, quindi non m’interessate", esordì Rosalind, "Ma tu interessi a noi, non ti permetteremo di oltrepassarci", la minacciò Maya.

"Cordelia, eliminale e poi raggiungimi", ordinò la comandante titana.

Un rumore simile ad un tuono proruppe dinanzi alle due amazzoni, costringendole ad allontanarsi.

Elettra fu la prima a notare che Rosalind e Merope erano scomparse, solo Cordelia era rimasta, per ucciderle probabilmente.

La titana aveva un’armatura bianca piuttosto scarna, nessuna decorazione, solo un elmo le copriva il volto. Cinque oggetti, però, risaltavano sulla semplice, ma integrale, armatura bianca. Due dischi dentellati le sormontavano le braccia, decorati con cerchi concentrici che si stringevano verso l’interno; sui gambali due catene si legavano intorno alle ginocchia, per finire in delle sbarre gemellari, due per gamba, congiunte da altrettante catene. Inoltre un’impugnatura simile al volto di un pipistrello si notava al di sopra dell’elmo.

"Ora, amazzoni, dovrete vedervela con Cordelia, l’abile battagliera", affermò la titana minacciosa.

"Siccome la mia comandante può facilmente cavarsela da sola", continuò la guerriera dalle bianche vestigia, "mi divertirò un pò prima di uccidervi", affermò con tono sarcastico, avvicinando le braccia fra loro.

"Questi", esordì la titana mostrando i due cerchi dentati, "sono dei dischi rotanti particolarmente taglienti, che riesco a controllare tramite il mio cosmo, sarà questa la prima delle tre torture che vi condurrà a morte certa", spiegò Cordelia, lanciando le due armi circolari, "Dischi dentati", tuonò l’avversaria.

"Allontanati Elettra", suggerì Maya preoccupata, prima di saltare oltre la sua avversaria. I due dischi si divisero, uno inseguì l’amazzone del Cavallo, l’altro quella della Sagitta argentea.

"Silver arrows", urlò allora la giovane guerriera dai capelli rossi, scagliando centinaia di frecce di luce contro Cordelia e le sue armi.

Le frecce in parte cozzarono contro uno dei due dischi, ma alcune si schiantarono contro l’armatura di titanio, senza nemmeno danneggiarla, "Serve qualcosa di meglio per ferirmi", spiegò la titana, "mentre con te, basta poco", concluse divertita, rivolgendosi a Maya, che fu ferita alla schiena da uno dei due dischi.

Dopo questa ferita le due lame dentellate ritornarono dalla loro padrona.

"Passiamo al secondo gioco", minacciò gioiosamente Cordelia, "La tua amica è stata ferita dai denti acuminati di questo disco, ancora sporco del suo sangue", affermò divertita la titana, rivolgendosi ad Elettra e mostrandole l’arma insanguinata, "Vediamo se tu avrai fortuna contro questi nunchaku", continuò, mostrando le armi che teneva alle gambe.

"Questi magnifici oggetti producono un rumore sordo come un tuono quando colpiscono un oggetto", spiegò divertita la titana, "quindi ben presto sentirai l’impeto ed il suono assordante del mio attacco, subito prima di morirne", minacciò Cordelia, roteando le armi con le abili mani, "Sbarre tuonanti", urlò all’improvviso la nemica.

Elettra evitò il primo attacco con un salto, così da far distruggere solo una quercia alle sue spalle, "Piccolo prezzo, in confronto alla mia vita", pensò fra se l’amazzone, prima di lanciarsi contro la nemica, ancora intenta nel roteare le sue armi".

"Horse fire gallop", urlò l’amazzone del Cavallo, scagliando una serie di calci incendiari contro la titana. Cordelia fu più veloce della sua avversaria e riuscì a parare molti dei calci con i suoi dischi rotanti, per l’occasione utilizzati come scudi, quindi la colpì con uno dei suoi nunchaku, che produsse un rumore simile ad un tuono a contatto con la spalliera che distrusse.

Anche la seconda amazzone era ferita e cadde a terra, vicino alla prima.

"Sembrerebbe che vi possa dare il colpo di grazia, o vogliamo giocare un altro pò?", chiese divertita Cordelia, osservando le sue due nemiche a terra.

"Maya", bisbigliò Elettra alla compagnia, "quando te lo dirò, allontanati con due salti, io andrò alle sue spalle e la colpiremo con le nostre correnti energetiche, l’unione sarà la nostra forza", suggerì l’amazzone dai capelli neri, "Va bene, sorella mia", concordò l’altra dai capelli rossi.

La guerriera del Cavallo sacro ad Artemide si sollevò in piedi, quindi anche la sua parigrado della Freccia argentea fece lo stesso. Quando entrambe furono in piedi, Elettra urlò: "Ora", e scattò alle spalle della titana, mentre Maya si allontanava da lei con una capriola all’indietro.

Le due amazzoni congiunsero le mani dinanzi al petto.

"Silver water current", urlò Maya, mentre una forte luce sembrava scaturire dalle sue mani, simile ad un fiume d’argento; "Fire explosion", ribatté Elettra, prima che una fiammata gigantesca partisse dai palmi delle mani.

"Un colpo combinato, ma non riuscirete a superare i miei nunchaku", le derise Cordelia, roteando le sue due armi.

La corrente di energia argentea investì le armi che roteavano e da queste fu deviato, lo stesso accadde alla fiammata. Accadde, però, qualcosa che la titana non si aspettava: dalla corrente di luce argentea fuoriuscirono delle frecce che la colpirono nel medesimo punto in cui i calci e le altre frecce erano giunte, producendo così dei sottilissimi fori, sufficienti per ciò che doveva compiere l’attacco di Elettra. Un’esplosione infatti investì in pieno petto la titana, incrinando il pettorale dell’armatura di titanio e gettando a terra l’avversaria.

"Ci siamo riuscite", urlò soddisfatta Elettra, "No, purtroppo", balbettò Maya, indicando la nemica che si rialzava.

"Ottimi attacchi, ora però è il mio turno di mostrare un ottimo colpo", affermò divertita la titana, impugnando l’elsa che fuoriusciva sul suo capo. Una gigantesca scimitarra, più grande della stessa Cordelia, apparve fra le mani della titana.

"La tecnica che vi eliminerà si chiama <Scimitarra celeste>", spiegò Cordelia, preparandosi a calare un fendente distruttivo.

"Non possiamo permetterle di eliminarci così", urlò Maya, "Sono d’accordo", acconsentì Elettra.

Ambedue congiunsero il pugno destro al palmo della mano sinistra dinanzi al petto.

"Ninfe, acque e spiriti marini, vi richiamo al mio aiuto, io misera e mortale serva della divina Artemide", esordì l’amazzone della Sagitta argentea, mentre i suoi capelli rossi sembravano muoversi come onde.

"Fiamme, fuoco, furie dal caldo aspetto, vi richiamo al mio cospetto, invoco il vostro supporto in battaglia", tuonò in risposta l’amazzone del Cavallo, i cui capelli sembravano altissime fiamme, sollevate verso il cielo.

"Bene, sembra che alla fin fine sia testarde, amazzoni, allora vedremo quale colpo risulterà migliore", sentenziò Cordelia, lanciando un fendente diagonale con la sua immane scimitarra.

"Water spirit", urlò Maya, "Fire spirit", invocò Elettra, "Scimitarra celeste", sentenziò allo stesso tempo la titana.

"Che cosa accade?", urlò una voce vicino al punto dello scontro, correndo verso il fumo, sollevatosi verso il cielo.

Un fossato di forma conica, incredibilmente profondo si era aperto intorno a Cordelia. Oltre questo foro vi era un gigantesco muro di fuoco, alto diversi metri.

"Vi ho sottovalutato", bisbigliò la titana, mentre l’elmo e le spalliere le si frantumavano, mostrando la pelle chiara e gli occhi azzurri, i suoi sinuosi capelli rossi le scendevano lungo le spalle fino scoperte.

Cordelia si appoggiò sulla sua stessa arma, "Sono riuscite a ferirmi, ma adesso solo una di loro può ancora combattere, l’altra, portando a segno l’attacco, è stata ferita abbastanza gravemente", si disse la guerriera dalle bianche vestigia.

"Ora ti ucciderò, amazzone del fuoco", urlò la titana, sollevando in tutta la sua grandezza.

Elettra era difesa dal muro di fuoco che aveva creato con il suo attacco, "Sono riuscita a salvarmi, ma Maya è ferita gravemente, non posso lasciarla qui, né farmi uccidere", si diceva in quel momento l’amazzone del Cavallo, quando una figura apparve dalla foresta.

"Non ucciderai nessuno, titana", avvisò una voce femminile, che Cordelia non riconobbe né vide.

"Le sarà facile oltrepassare questo muro difensivo?", chiese la nuova arrivata all’amazzone ancora in piedi, "No, deve riuscire ad oltrepassare questo muro di fuoco ed il fossato creato da lei stessa", rispose Elettra, guardando la ragazza.

"Allora avremo il tempo di raggiungere e salvare le altre tue sorelle, prima che quest’amazzone abile e coraggiosa muoia", propose la guerriera appena giunta, prendendo in braccio Maya.

"Grazie, ma tu chi sei?", balbettò Elettra, "Mi chiamo Botan e sono la sacerdotessa guerriero del Cancro", si presentò la gold saint, prima di correre via insieme alla guerriera ancora in piedi e capace di muoversi come lei alla velocità della luce.