LA QUIETE DOPO L’URAGANO

Micene fu il primo ad alzarsi, si guardò attorno spaesato, cosa ci faceva alla prima casa? Vide poi gli altri cavalieri a terra… distingueva i loro cosmi; erano vivi.

"Athena, che stia ancora combattendo al santuario? non sento alcun cosmo, devo andare a vedere!"

Detto questo lasciò il tempio del grande Mur e si avviò volando al santuario; era l’unica la sua armatura a possedere tali proprietà.

I suoi pensieri si fecero più cupi col passare dei secondi, non sentiva il cosmo pulsante del cavaliere dell’Odio e nemmeno l’aura divina della Dea… aveva paura Micene, paura che fosse tutto finito col l’annullamento reciproco, paura di aver perso la sua guida.

Anche Saga si destò, il suo primo pensiero fu per la sua Dea, ma svegliò anche gli altri cavalieri prima… se c’era ancora Shub’Nighurath dovevano essere pronti a combatterlo di nuovo con tutte le loro forze. Si accorse della mancanza di Micene del Sagittario, sapeva in cuor suo che il custode della nona casa era già da Lei; e questo un po’ lo rasserenò.

"Forza cavaliere, riprenditi, Athena ha bisogno di noi!"

Le parole del cavaliere dei Gemelli erano piene di ansia, ma dettate da un profondo senso di amore e rispetto verso colei che li aveva voluti al suo fianco.

"Che succede Saga?…Athena… dov’è Athena?.. ehi ma.. dove siamo?"

Anche Aphrodite era confuso, non capiva il perché si trovasse davanti all’entrata del primo tempio, ma lo intuì non riuscendo più a distinguere altre aure oltre ai cavalieri d’oro.

"Saga, il cosmo di Athena…"

"Lo so, Micene è con lei, dobbiamo andare al santuario, dobbiamo andarci tutti"

Micene arrivò all’entrata di ciò che restava del Santuario del Grande Sacerdote, entrò con il cuore pesante come un macigno, tremando, come un bambino indifeso…si addentrò nell’oscurità della sala del trono. Esitò a proseguire di fronte ad una fonte di luce che brillava dove una volta c’era la statua della Dea… piegò la testa, il rossore degli occhi si trasformò pian piano in lacrime d’amore e sofferenza… aveva capito il cavaliere del Sagittario, aveva capito l’accaduto. A passi lenti ma inesorabili si avvicinò al luccicare di una specie di sarcofago di cristallo. Egli sapeva chi avrebbe trovato li dentro, la sua devozione ad Athena muoveva i suoi passi, se non fosse stato per l’enorme amore che Micene provava per la sua Dea, non avrebbe avuto il coraggio di guardare.

"Madre…"

Era la sola cosa che poteva dire quando apparve alla sua vista offuscata dal pianto il corpo senza vita di Lady Isabel, trafitta tra i seni da un nemico inarrestabile, colpita nella sua fragilità di donna da un essere immondo e spregevole, incapace di atti di pietà e senza etica cavalleresca.

"Adesso aprirai gli occhi ed io sarò qui al tuo fianco come sempre, Madre mia.. adesso ti alzerai e riusciremo a sconfiggere chiunque… mia Dea"


Le speranze di Micene erano dettate dalla incapacità di credere agli eventi… una Dea, l’essenza divina che trapassa… nulla di infinito… nulla di eterno.

Si accasciò sulla fragile bara, e come un bambino si sfogò nel pianto; egli sperava ancora che lei stesse dormendo, che si riprendesse… ma il suo raziocinio ormai era compromesso, solo il cuore dettava false speranze o grandi utopie. Tutto ciò non poteva essere vero… ma il destino a volte ha in serbo terribili verità che vanno oltre l’immaginazione ed il sentire umano.

L’armatura del Sagittario si scompose e si ricompose a fianco della cristallina prigione di Milady e cominciò a brillare. Si senti un suono, come un suono appena percettibile simile ad un pianto… sembrava amore, rispetto, divinità, un estremo saluto.

"Cavalieri… lo sentite anche voi?"

Shaka si girò di scatto verso gli altri che annuirono.

"L’Eufonia, l’Eufonia di nuovo, temo il peggio cavalieri"

Le parole di Deathmask sembravano di monito, avevano la stessa aria… invece erano parole che contenevano un atroce dubbio, parole dette da chi è certo in cuor suo di avere perso parte di se stesso. L’Eufonia scaturita dall’armatura del Sagittario aveva un suono diverso da quella di molti anni prima al Grande tempio… sembrava un urlo disperato di chi sa di non poter più riavere indietro chi ama.

"Lo temiamo tutti cavaliere del Cancro, lo temiamo tutti; ma è tempo di sapere la verità, affrettiamoci…"

Shura era preoccupato quanto gli altri, lui il cavaliere più caro alla Dea, colui che aveva ricevuto in dono, all’alba dei tempi, la sacra Excalibur.

L’Eufonia d’un tratto finì. Le armature dei cavalieri che stavano arrivando al Santuario si staccarono dai loro custodi e composero in aria il loro segno d’appartenenza, quindi, come piccole stelle s’involarono alla volta delle stanze del Grande Sacerdote.

"Muoviamoci!"

Era l’ultimo invito di Aldebaran… tutti lo seguirono fino all’ingresso della Sala del Trono.

Erano fermi, forse spaventati; non avevano mai avuto questa sensazione prima d’ora, nemmeno in battaglia. Nessuno voleva accennare alcuna parola, il grande Mur tirò un sospiro ed entrò, seguito fedelmente da tutti gli altri… entrò nell’oscurità della sala e vide un luccichio, lo stesso che vide Micene. Proseguì con il cuore in gola, come tutti del resto, e vide ciò che i custodi avevano immaginato.

L’involucro di cristallo contenente il corpo della Dea Athena, Micene in piedi a testa bassa, silenzioso… le dodici armature d’oro disposte a cerchio intorno alla Madre della Giustizia.

L’intento di Shub’Nighurath era riuscito in pieno… ora non c’erano più dodici cavalieri; c’erano dodici trasfigurazioni della sofferenza… muti ed inutili… impietriti per l’orrore e l’angoscia che li stritolava piano piano.

La loro Dea, Athena li aveva salvati a costo della vita e loro non erano stati capaci di difenderla come avevano giurato alla loro investitura. Si trovavano senza una guida, senza una protezione… anche se avessero avuto le loro armature d’oro, era come se fossero nudi… erano come uomini normali, con l’unica pretesa che la loro Madre tornasse a sorridere loro, con l’unica volontà di poter tornare a servire Athena al più presto… ma con l’amarezza e la certezza nel cuore che questo non sarebbe mai più accaduto.

Passarono i secondi che divennero minuti interminabili, nessuno aveva il coraggio di pronunciare parola. Solo Dauko alla fine si decise:

"Madre, ci hai guidati fin qui, ci hai dimostrato che nemmeno l’eterno è infinito, ci hai insegnato i valori morali della cavalleria e ci hai donato le vestigia dorate… abbiamo cercato di essere tuoi degni custodi… ma ancora una volta nel momento in cui tu avevi più bisogno ci hai aiutati a sopravvivere, e non siamo riusciti a fare nulla di utile per te… ci dispiace madre… ci dispiace."

Poche parole, precise, dirette, inequivocabili. Il santo della Bilancia aveva messo insieme queste parole… alla rinfusa, forse avrebbe voluto dire tanto altro, forse non ne era più in grado.

"Shub’Nighurath la dovrà pagare con la vita! Costi quel che costi noi lo fermeremo, noi lo faremo sparire da questo mondo!"

Saga, col volto rigato dal pianto, esplose così la sua rabbia. Il risentimento per ciò che era successo ad Athena e la consapevolezza di non averla potuta aiutare, avevano creato in lui un miscuglio di sentimenti troppo simili alla devastazione interiore.

"Hai ragione Saga, ma per quali ideali combatteremo? Il cavaliere dell’odio ha ucciso una Divinità, come possiamo sperare di batterlo? Come farà il mondo a sopravvivere senza la giustizia e senza nessuno che viva per essa?"

La preoccupazione di Camus era fondata, un esercito senza un buon capo non sarà mai un buon esercito, ma un miscuglio di persone.

Ioria intanto era vicino a suo fratello, cercava di rincuorarlo come Micene faceva con lui quando era un ragazzino, ma il cavaliere del Sagittario era come se brancolasse nel buio della sua mente… non era presente.

"Sono d’accordo con Saga, e con me sono anche Aldebaran e Deathmask, non ricordate che Shaka aveva colpito, seppur di striscio, il cavaliere dell’odio? Dobbiamo tentare e finché le nostre armature sono con noi, Athena stessa sarà con noi cavalieri!"

"Hai ragione cavaliere dei Pesci, le tue parole ci sono di conforto, sappiamo che la nostra Dea fa parte di noi con le nostre armature d’oro… e finché loro ci proteggeranno, Athena ci proteggerà"

Il grande Mur appoggiava l’idea di avere Athena al loro fianco con le armature d’oro… era un modo come un altro per non accettare il fato? Oppure era convinzione pura? Qualsiasi cosa passasse per la sua testa, nessuno lo avrebbe mai saputo.

Micene nel mentre alzò lo sguardo, guardò tutti i cavalieri che immediatamente si volsero verso di lui come ad aspettare un qualche discorso che fosse da stimolo per tutti… Micene era un leader, un coinvolgitore ed un grande carismatico, ma fece ciò che non si aspettò nessuno.

"Fratelli miei, è giunto per me il momento di ritirarmi in meditazione nel mio tempio… pregherò per voi e per Athena… vi prego di non varcare la soglia della nona casa, vi prego di non cercare delle risposte; ricordatevi che Athena nutre fiducia in voi, in voi che siete stati tutti suoi figli, che vi ha investito col massimo grado tra i cavalieri… non domandatevi nulla, affrontate il vostro destino a cuore aperto… gli Dei tutti sono con voi… sono con noi."

Detto questo si avviò verso l’uscita del Santuario, tutti erano increduli; nonostante tutto nessuno si pronunciò a favore o contro il suo gesto. Se Micene aveva agito così, doveva significare qualcosa… ma cosa?

Il sole splendeva quel giorno, splendeva con tutta la sua forza come a voler bruciare tutto… nessuna nuvola aveva il coraggio di presentarsi al cospetto di un sole così forte… il cielo azzurrissimo preannunciava un periodo breve di tranquillità.

Tutti i custodi raggiunsero i loro templi, lasciarono le armature a guardia del corpo di Milady… loro non ne avevano più bisogno. Immersi nei loro pensieri e con il cuore rivolto al cavaliere del Sagittario, i custodi dorati si preparavano ad un imminente scontro contro i Grandi Antichi, contro gli assassini di una Dea e Madre e Amore… contro quelli che chiamano: Dei Esterni.