Capitolo 7: L’Antica Capitale

Wolfgang di Cani Venatici osservava con sorpresa la nuova figura palesatasi nel campo di battaglia, di certo era l’altro nemico che aveva identificato prima di incontrare l’Appalaku sul suo cammino.

"Sei dunque un alleato di Adapa di Oannes?", domandò per prima cosa il cavaliere d’argento, "Lascialo andare, straniero.", fu la secca risposta del nuovo giunto, senza nemmeno presentarsi.

"Non voglio far lui alcun male, ma desidero risposte da voi, guerrieri di queste terre.", continuò con tono deciso il santo di origini tedesche, mentre ancora manteneva lo sguardo fermo sul nemico appena apparso.

"Non sei in diritto di chiedere alcunché, straniero.", replicò la voce dell’altro, ma, con estrema sorpresa di Wolfgang, l’altro non si trovava più a diversi passi di distanza, bensì ora era alle sue spalle.

Lo stupore, per la velocità impossibile da seguire con gli occhi, e l’istinto del guerriero portarono il santo d’argento ad una veloce rotazione sul proprio asse, per colpire con un violento diretto l’avversario coperto dal mantello rosso.

La mano di Wolfgang fu però fermata, con estrema facilità, dall’altro, "Sappi che Sin, secondo in comando fra gli Annumaki, non è avversario da prendere tanto alla leggera. Sei ferito, straniero, di certo anche stanco per la battaglia con il giovane Appalaku, quindi ritirati.", ordinò secco il guerriero dai capelli rossi, mentre il braccio si rivelava, mostrando quella che era un’armatura color del sangue, composta da squame.

Con un agile salto, il santo di Atena si allontanò di qualche passo dall’altro, "Annumaki? Siete forse un altro esercito alleato degli Appalaku?", domandò subito, confuso dalla diversità di quei nomi, senza però ricevere risposta alcuna.

"Ti avviso, Sin degli Annumaki, non avrai facilmente ragione di me. Stanco o meno, sono Wolfgang dei Cani Venatici, santo d’Argento di Atene e di certo non m’arrenderò senza combattere.", minacciò il cavaliere, espandendo l’elettrico cosmo intorno al braccio destro, per poi lanciarsi in un rapido affondo verso lo sterno dell’altro.

La risposta dell’altro fu altrettanto rapida: la mano di Sin bloccò il pugno di Wolfgang senza problemi, "Bene, se non vuoi arrenderti, straniero, morirai combattendo.", sentenziò impassibile l’altro, rilasciando un fascio d’energia cosmica dal color argenteo, che trapassò per intero il braccio del nemico.

Un urlo proruppe dalle labbra del cavaliere di Atena, mentre le vestigia sull’arto si danneggiavano, aprendosi dall’interno in tre striature parallele da cui volò sangue a fiotti, prima che il fascio di luce frantumasse la copertura della spalla, perforando la pelle stessa.

"Cavaliere di Cani Venatici!", urlò a quel punto una voce.

Quando Sin lasciò la presa sul nemico, voltandosi verso chiunque fosse appena giunto, vide i tre che avevano abbattuto i golem correre verso il loro compagno.

Incurante di tutto ciò, però, l’Annumaki si volse verso Adapa, "Ce la fai a camminare, giovane Appalaku?", chiese, porgendo la mano al ferito. "Sì, posso farcela…", balbettò il guerriero di Oannes, mantenendosi in piedi con fare incerto.

Sin, a quella risposta, volse lo sguardo verso i tre nuovi avversari, "Perfetto, allora vattene.", ordinò secco l’Annumaki; "Come?", chiese stupito Adapa, "Ho detto, ragazzo, che devi andare, dirigiti verso l’Antica Capitale, ti raggiungerò presto lungo il cammino.", ripeté deciso.

"Che aspetti? Muoviti!!!", ringhiò dopo pochi attimi l’Annumaki, vedendo che l’altro era ancora immobile.

Intimorito, Adapa si mosse, iniziando a correre alla destra del vice-comandante, allontanandosi sempre di più.

"Credi forse di scappare, vigliacco?", esclamò furiosa Dorida, scattando in avanti. Non ci vollero però che pochi passi perché la sacerdotessa d’argento si fermasse: un fascio di luce argentea le era passato davanti, perforando il terreno dinanzi ai suoi piedi.

"Il ragazzo non è affar vostro, stranieri.", affermò deciso Sin, scrutando i tre cavalieri d’argento con fare impassibile.

"Chi sei, guerriero?", domandò allora Husheif, mentre Leif di Cetus si accertava delle condizioni di Wolfgang.

"Sin, secondo in comando fra gli Annumaki, questi sono il mio nome ed il mio grado, guerrieri di Atena.", rispose secco l’altro, squadrando, ancora impassibile, i tre.

"Era dunque un Annumaki tuo sottoposto quello che è scappato? Il guerriero sconfitto dal nostro compagno cavaliere?", continuò a chiedere, sottolineando le ultime parole con un sorriso sarcastico, il santo di Reticulum.

"No, egli era un Appalaku, un guerriero di un’altra fazione del nostro esercito.", rispose flemmatico l’altro.

"Un esercito di statue di pietra e deboli ragazzini?", chiese ancora il cavaliere dell’Isola di Andromeda, con un sorriso malevolo sul viso. "Non giudicare le schiere degli Ummanu da quel poco che hai visto, straniero, poiché ben più vasto è il potere dei nostri Sovrani e delle schiere a loro asservite.", avvisò con soddisfazione Sin, continuando a celare le proprie vestigia nel lungo mantello; solo una corona color sangue, che per forma ricordava innumerevoli zanne connesse fra loro, si distingueva appena fra i capelli magenta.

"Ummanu? Questo è il nome del vostro esercito? E quale divinità vi comanda?", domandò ancora il santo d’argento, ora ben più incuriosito e sorpreso.

"Nessuna divinità ci guida, bensì ne attendiamo il ritorno, il ritorno di Shamash, il grande Giudice, che punirà l’umanità per le sue colpe, purificandola e salvando i giusti dall’oscurità.", spiegò l’Annumaki, "Questo ritorno noi aneliamo, un ritorno che ora sarà possibile, grazie ai nostri Tre Sovrani, il cui potere richiamerà su questa terra il grande Giudice presso l’Antica Capitale, Accad, dove le nostre schiere sono dirette ed a cui, entro oggi stesso, arriveranno.", concluse con soddisfazione.

Gli sguardi di Husheif e Leif si incontrarono, entrambi sorpresi, mentre anche Dorida si riavvicinava ai compagni. "Dunque, Annumaki, oggi voi risveglierete un dio per giudicare questo mondo?", domandò con aria gelida il cavaliere di Cetus.

Secche furono le parole in risposta dell’altro, "No, non è così semplice richiamare al nostro mondo il grande Giudice, ci vorrà del tempo, giorni probabilmente, ma entro la fine della settimana, il Sommo Shamash sarà di nuovo fra noi.", rispose con sufficienza.

"Bene, guerriero, allora penso proprio che dovrai dirci dove si trova questa città, con le buone, o con le cattive.", aggiunse allora il santo di Reticulum, ponendosi accanto al parigrado, subito affiancato dalla Sacerdotessa Guerriero di Sagitta.

"Sia, stranieri, vi dirò dove si trova l’Antica Capitale.", replicò con tranquillità Sin, sollevando prontamente la mano sinistra verso i tre e puntando contro di loro l’indice, poi, con un semplice movimento, alzò ancora di più il braccio, che ora puntava alla zona da cui lo stesso Annumaki aveva osservato il proseguire delle battaglie.

"Basterà che viaggiate per due giorni nel deserto, partendo da quel promontorio dovrete solo proseguire in direzione del fiume Eufrate, niente di più semplice.

Il nostro esercito vi attenderà con ansia, di certo anche l’Appalaku che ora si è dovuto ritirare avrà modo di riprendersi per allora e vi affronterà, in cerca dell’onore perso."

Parole pacate furono quelle di Sin, prima di tornare ad osservare, con aria sorniona, i tre nemici.

"Fai male a sottovalutarci, guerriero, potremmo anche eliminarti, qui, subito, impedendoti di avvisare l’esercito cui appartieni.", sfuriò iraconda Dorida, prima che il braccio di Leif si ponesse fra lei ed il nemico.

"Voglio sperare che abbiate onore, stranieri, poiché tali gesti di cui la vostra compagnia vaneggia vi renderebbero, ai miei occhi, stolti e sleali, verso chi vi lancia apertamente una sfida.

Se veramente, donna, vuoi combattermi, ebbene, raggiungi l’Antica Capitale, superane le mura esterne e viaggia per le belle vie interne, fino a raggiungere il Tempio di Shamash, il Palazzo di Anduruna.", tagliò corto l’Annumaki, espandendo il proprio cosmo, per poi sparire in un lampo di luce argentea.

Soli, i tre santi di Atena si guardarono fra loro, prima che Leif si muovesse, prendendo sulle proprie spalle il corpo svenuto di Wolfgang, "Siamo cavalieri di Atena, Sagitta, è nostro dovere combattere secondo le regole imposteci. Inoltre un compagno ferito ha la precedenza su uno scontro che è solo rimandato", sentenziò impassibile il custode delle vestigia di Cetus, prima di allontanarsi in direzione della città portuale assieme ai compagni.

 

Quella stessa mattina, molte ore dopo, quando il sole era già alto in cielo, una tribù dai variegati colori giungeva in prossimità di una costruzione, un luogo dimenticato dal tempo e dal più degli uomini, celato alla vista di chi non sapeva cosa cercare, al pari del Grande Tempio di Atene.

Dinanzi alle vaste mura di questo luogo, questa città, si fermò l’avanzata del folto numero di persone.

"Ci siamo, maestro, è dunque questa l’Antica Capitale?", chiese emozionato colui che per primo ruppe le fila della schiera, toccando con la mano tremante le dure rocce che il tempo non aveva scalfito.

"Sì, Marduk, figliolo, siamo giunti ad Accad, le nostre preghiere sono esaudite. Erano decenni che non rivedevo le alte mura della città, da quando le varcai con tuo padre, mio primo sovrano.", affermò con tono pacato Ea il Saggio, avanzando verso il comandante degli Anunnaki ed appoggiando una mano sulla sua spalla, mentre il sorriso dell’anziano riscaldava anche il volto del giovane.

"Dunque il cerchio si chiude, io, Marduk degli Anunnaki, ritorno nella città dove mio padre ritrovò le antica vestigia dell’armata verde. Qui, insieme ai Sovrani degli Appalaku e degli Annumaki, faccio ora ritorno, riportando l’esercito degli Ummanu alla sua Capitale per risvegliare il divino Shamash!", esultò poggiando il capo lieto sulla roccia.

"Nobile Marduk, nostro signore, è dunque questa l’Antica Capitale?", chiese pochi attimi dopo una voce d’uomo.

Quando l’Anunnaki si volse indietro, vide inginocchiati dinanzi a se Nusku e Girru, mentre, poco alle loro spalle stavano, sorridenti e vicini, Aruru e Ninkarakk e, di certo, ben più indietro si trovavano anche gli elementi più silenziosi di quell’armata, Mummu, la più solitaria fra tutti loro, e Kusag, tanto abile in battaglia, quanto incapace nel relazionarsi con i compagni.

"Sì, amici miei, questa è l’Antica Capitale;", rispose lieto Marduk, alzando poi lo sguardo anche verso le schiere scarlatte ed il gruppo di uomini in abiti dorati, "questa è Accad!", urlò ed a quell’urlo rispose un rombo di esultanza, dovuta alla conclusione del viaggio ed alla soddisfazione di quanto trovato.

"Vorrei che ci fosse anche il piccolo Adapa qui con noi, avrebbe gioito assieme a te e me di questo ritorno, era anche il suo sogno.", confessò Ea, mentre restava accanto al discepolo e comandante.

"Ci sarà, maestro, entro stasera, domani al massimo, lui e Sin saranno di ritorno; di ciò non dubito, poiché il secondo fra gli Annumaki è un potente alleato e di certo avrà impedito che il giovane Adapa rischiasse la propria vita oltre il dovuto.", lo rassicurò Marduk.

Mentre i due parlavano, la figura di Baal si staccò dal resto delle schiere, avvicinandosi loro ed oltrepassandoli, quasi in estasi dinanzi alla vastità delle mura; "Eccomi dunque giunto presso il mio destino. Accad, l’Antica Capitale, sono da te, ora solo l’ultimo tassello è da inserire: il risveglio di Shamash, il grande Giudice, il suo potere inonderà questo mondo, travolgendoci tutti e solo i degni potranno restare in piedi dopo il passaggio del cosmo divino!", affermò il Sovrano degli Appalaku, quasi stesse recitando fra se una preghiera, o si ripetesse qualcosa che da tempo aveva atteso di pronunciare.

"Dunque è questa la città, Ea? Qui siete giunti ai tempi della scorsa guerra?", domandò, in quello stesso momento, la voce di Enlil, mentre anche l’ultimo dei tre si riuniva ai suoi pari, sorpassando con estremo disinteresse Girru e Nusku.

"Sì, nobile Sovrano, qui io ed il padre del potente Marduk trovammo le vestigia sacre degli Annunaki, con cui il nostro esercito si unì al suo, vincendo la guerra di quindici anni fa.", rispose con un inchino di deferenza l’anziano saggio.

"Un ricordo lontano risvegli in me, vecchio consigliere.", affermò, con un tono inaspettatamente più gentile del solito, Enlil, mentre la mano passava sul mento, quasi ad accarezzarlo.

"Entriamo, cosa stiamo aspettando oltre?", esclamò allora Baal, voltandosi di scatto verso i due Sovrani suoi pari, che, il primo con un sorriso, il secondo con un po’ di disappunto, concordarono con un gesto del capo, mentre già Nusku e Girru si facevano avanti, per spalancare le porte del fianco orientale di Accad, le stesse che subito i tre Sovrani varcarono per primi.

Avanzarono lungo le strade dell’Antica Capitale, osservando il degrado che il tempo aveva prodotto. In molti cuori, la gioia di ritrovarsi nella patria del loro popolo si unì alla sofferenza della sorte che le era toccata: i giardini che adornavano le strade, un tempo fiorenti e profumati, ora erano invasi da ortiche, rampicanti ed erbacce fra le più varie; i pavimentati corridoi della città erano pieni di mattonelle danneggiate dalle intemperie; i canali dove l’acqua scorreva per rincuorare le genti e le piante, erano ormai degli acquitrini quasi puzzolenti; i palazzi stessi, un tempo dimore di nobili e poveri, erano ora danneggiati e decadenti.

Solo il tempio ancora brillava dell’antica bellezza: Anduruna era ancora al massimo del suo splendore, merito del cosmo di Shamash, che solo in quel luogo trovava pietre sacre su cui attecchire.

"Il grande Giudice è ancora fra noi, attende solo il momento in cui qualcuno gli darà un segno. Il segno che il popolo accadico non è andato perso, che l’Antica Capitale è di nuovo la patria dei suoi fedeli guerrieri!", esclamò gioioso Baal, voltandosi verso le schiere di Ummanu ed indicando loro Anduruna, che alta s’ergeva, un palazzo dalle molteplici stanze, gigantesco e glorioso grazie alle magnifiche piante che abbellivano le sue terrazze.

L’armata avanzò fino ai piedi del tempio e solo lì si fermò, quando i tre Sovrani si guardarono fra loro e per primo proprio Baal riprese la parola.

"Appalaku, miei fedeli guerrieri, a voi è dato difendere le mura. Che nessun nemico possa entrarvi, mentre noi richiameremo il grande Giudice; che solo gli amici siano fatti partecipi di questi sacri luoghi.", ordinò secco il Sovrano.

"Appalaku di Nirah, a te sarà dato il Muro Settentrionale; mentre quello Orientale sarà di tua competenza, guerriero di Lamassi. Al giovane custode delle vestigia di Oannes sarà dato il versante Occidentale da controllare al suo ritorno. E tu, mia prima comandante, avrai la guardia delle Mura a Meridione.", enumerò subito Baal, mentre le tre figure al suo seguito si inginocchiavano, per poi dividersi, quando già le loro vestigia dorate correvano a coprirne i corpi.

"Per voi, miei Annumaki, ci saranno delle stanze, nella parte orientale del grande palazzo. Lì potrete riposare, attendendo il prossimo nemico da annientare, lì, ben presto, ascolterete il cosmo del Giudice Shamash rivelarsi e, prima di questo, sentirete della battaglia del vostro principe, Sin.", esclamò poco dopo Enlil, facendosi avanti e ricevendo un urlo d’esultanza dai sei guerrieri che componevano il suo seguito.

Alle parole del Sovrano scarlatto, Marduk ed Ea si scambiarono un’occhiata, fra il perplesso ed il divertito, per le parole dell’anziano comandante degli Annumaki. Fu poi proprio l’ultimo dei Sovrani a parlare: "Miei Anunnaki, voi che tanto fedelmente mi seguite, avrete delle stanze per riposare nella zona occidentale del tempio di Anduruna, lì potrete prepararvi ad onorare il sommo Giudice, quando questi tornerà fra noi.", affermò con tono gentile il ragazzo, mentre il suo seguito si serrava nell’esultare verso il proprio comandante.

 

A diversi chilometri di distanza, quello stesso pomeriggio, un ben diverso gruppo si stava preparando per la partenza.

"Ripensateci, cavalieri!", furono le parole di Abar di Perseo, dinanzi ai sei cavalieri d’argento inviati dal Santuario, ora pronti a partire.

"Non possiamo, nobile Abar, non è nostro diritto rinunciare alla battaglia, anzi, il nostro primo dovere, come seguaci di Atena, è impedire il risveglio di questa divinità, che rischierebbe di scatenare una nuova guerra Sacra.", replicò calmo Zong Wu dell’Auriga.

"Non sapete dove si trova questa città, avete solo un’indicazione che potrebbe essere falsa, se non addirittura una trappola.", osservò ancora il cavaliere di Perseo.

"Non credo, nobile Abar. Non so cosa lo spingesse, se il desiderio di combatterci ancora, la troppa sicurezza, o la preoccupazione per il compagno ferito, ma quel guerriero, Sin l’Annumaki, ci ha detto il vero, o almeno questo m’è parso dal suo tono di voce.", lo corresse Leif di Cetus.

"Credo anch’io.", si affrettò ad aggiungere Husheif di Reticulum.

"Bene, anche se fosse vero, considerate lo stesso la vostra situazione: siete in sei, fra di voi c’è persino un ferito…", iniziò a replicare il guerriero, ma subito Wolfgang di Cani Venatici lo fermò, "Non sono messo così male! Ho ancora un braccio da utilizzare in battaglia!", esclamò, sollevando l’arto illeso, mentre l’altro, fasciato alla meno peggio, restava legato al busto, per evitargli troppi movimenti.

"Sì, cavaliere, ma quando sarete nel mezzo di una battaglia, contro nemici ben più forti di questo uomo che ti ha ferito, cosa credi di poter fare? Aiutare i tuoi compagni, o essere per loro solo un peso in più?", incalzò ancora Abar. Il santo tedesco stava per rispondere, ma le parole gli morirono in bocca, quando il dolore alla spalla lo punse come uno spillo ardente.

"Lasciate che invii un messaggio al Santuario, che avvisi il Sommo Sacerdote, manderò il più veloce dei messaggeri, così che già domani si possano muovere dei rinforzi, qualcuno che vi aiuti contro un intero esercito.", li pregò con tono preoccupato il santo d’argento.

"Non mi sorprende che un compagno di Edward di Cefeo, mio maestro, sia così apprensivo verso i cavalieri più giovani, però, nobile Abar, lei stesso qualche giorno fa ci ha ricordato che il Santuario si sta preparando per una ben diversa Guerra Sacra, di cui non sappiamo quando si vedrà l’inizio, né tanto meno la fine. Restare qui, in attesa di supporto, potrebbe essere solo una perdita di tempo prezioso, tempo che non potremmo recuperare contro questi misteriosi Ummanu e la divinità che vogliono risvegliare.", lo ammonì allora il santo di Reticulum, mentre anche i suoi cinque compagni davano segno di trovarsi d’accordo con lui.

"Sia dunque, cavalieri, andate alla battaglia. Lo stesso invierò un messaggero al Santuario, che vi possa portare supporto entro un giorno, forse due, in questa che sembra un’impari lotta fra voi ed un esercito nemico.

Più di questo non potrò fare, se non pregare Atena per voi, poiché anch’io ho degli ordini, che mi vietano di abbandonare questo luogo.", affermò con tono rammaricato il santo di Perseo, "Manderò il più rapido dei miei alati messi al Grande Tempio, sperando che ciò basti.", aggiunse infine.

"Un messaggero alato?", domandò perplessa Gwen del Corvo, "Sì, ragazzina, non sai che presso il Santuario, oltre i normali soldati inviati presso i cavalieri, qualora il Sommo Sacerdote abbia per loro degli ordini, vi è una sacerdotessa di bronzo che si occupa del ricevere i resoconti presso il Tempio di Atena, Mirea della Colomba, poco capace in battaglia, ma abile signora presso la voliera di Atene.", le spiegò, con tono quasi canzonatorio, Dorida di Sagitta.

"Nobile Abar", aggiunse nel frattempo Wolfgang, "vi pregherei di aver cura di Castor e Pollux, non voglio portarli con me in battaglia, mi aspetteranno qui, presso di lei. Non sporcano e sono soliti non produrre rumori fastidiosi, sanno curare se stessi.", affermò con tono gentile il cavaliere, prima di volgersi verso i due cani, che lo guardavano ondulando le belle code.

"Sia, Cani Venatici, mi occuperò dei tuoi segugi, ma tu stai attento a te stesso.", lo avvisò Abar, prima di volgersi verso il resto del gruppo: "State tutti attenti a voi e ricordate che stavolta non vi saranno maestri, o compagni, se non voi stessi, almeno inizialmente. Sappiate essere un gruppo.", suggerì loro l’uomo, prima di accomiatarsi dai sei.

"Andiamo dunque, Accad è la nostra meta!", esclamò alla fine proprio il santo tedesco, quasi a voler dare forza al gruppo, che, pochi minuti dopo già spariva all’orizzonte, prima che una colomba s’alzasse in cielo dalla parte opposta della casa di Abar e della sua allieva.

 

Il giorno dopo, quando il sole era ormai alto sulla città di Atene, una figura dalle vestigia bianche si recò presso la sala delle Udienze, inginocchiandosi dinanzi ad Ascanus, che rapidamente riconobbe nella fanciulla dai capelli castani spettinati e nella maschera color avorio, una figura ben nota al Santuario.

"Mirea della Colomba, cosa ti porta fin qui oggi? Quali nuove hai ricevuto?", domandò l’uomo, mentre già la fanciulla porgeva un messaggio arrotolato con sopra l’effige di Perseo, "Nuove sulla missione dei Sei cavalieri d’argento. Notizie da Abar di Perseo, nobile Ascanus.", rispose semplicemente la giovane sacerdotessa, lasciando all’altro la missiva, prima di ritirarsi.

Non ci vollero che pochi minuti perché il Sommo Sacerdote leggesse il resoconto, stringendolo poi nel proprio pugno, dalla sorpresa mista a preoccupazione.

"Quali nuove, Sommo Sacerdote?", chiese Ascanus, rimasto in ginocchio per tutto il tempo, "Brutte nuove, amico mio. Venti di guerra spirano dall’Antica Capitale Accad, sede del Giudice Shamash. Sembra che l’esercito consacrato a questo giudicatore di uomini si sia mosso, pronto a risvegliare l’equa divinità, che poco conosce la pietà ed il perdono, limitando tutto alla ragione ed al freddo metallo della sua divina lama. I sei cavalieri inviati già si muovono verso il luogo del risveglio, al fine di impedirlo, ma sono un numero esiguo contro l’esercito degli Ummanu.", spiegò il Sommo Oracolo di Atena.

"Cosa fare, mio signore? Riunirà i Custodi Dorati?", chiese subito Ascanus, "No, loro si stanno preparando per un pericolo ben più grande. Invia altri cavalieri d’argento, scegli i migliori fra quelli che si trovano al Santuario, riuniscili ed inviali subito sul luogo.", ordinò secco il Sommo Sacerdote.

Quando già l’uomo dai capelli amaranto aveva lasciato la sala, il Sommo Sacerdote si portò una mano alla maschera, togliendosela e respirando l’aria della stanza a pieni polmoni.

"Dunque è questo il pericolo che avevi avvertito, amico mio? Questa la minaccia che anch’io avevo sentito presso l’Altura delle Stelle? Non i nemici che affrontammo quasi duecento anni fa, bensì qualcuno di estraneo al nostro mondo? Oppure il vero nemico sta attendendo a rivelarsi?", si chiese, volgendo il volto verso la finestra che illuminava la stanza, "Domande senza risposta per ora. Solo una certezza ci è data: Accad sarà il luogo della battaglia per i cavalieri d’argento.", concluse con tono preoccupato il Sommo Sacerdote Sion.