Capitolo 9: Volo Nero

Anduruna non era semplicemente un palazzo, o un tempio, era quasi una seconda città all’interno dell’Antica Capitale.

L’intero palazzo era costituito da un unico ingresso, che poi si apriva verso dieci diversi corridoi, ognuno dei quali conduceva a zone diverse del palazzo, seppur, mediante delle camere ausiliarie, era possibile immettersi in un diverso percorso dell’immensa costruzione.

Vi erano centinaia di stanze, almeno cinque fontane, che adornavano altrettante aree definibili come delle piazze, numerosi giardini e diversi luoghi di culto.

Per chi non ne conosceva affondo tutti i passaggi e misteri, Anduruna era un labirinto di difficile risoluzione, specie se si voleva raggiungere il tempio più alto, quello che si trovava sulla cima della costruzione, il luogo da cui i tre Sovrani stavano richiamando al mondo mortale il Supremo Giudice Shamash.

Alle armate degli Annumaki e degli Anunnaki erano state date due diverse ali del palazzo dove riposare, ma, malgrado tutto, non era per tutti possibile riposarsi quietamente.

Una persona in particolare, in quel momento, correva in preda alla più grande preoccupazione, dirigendosi verso il tempio più alto di Anduruna, era Ninkarakk degli Anunnaki.

"Non posso crederci, non può essere stato tanto avventato…", si ripeteva la guerriera, "So bene che si sente colpevole della morte di Adapa, ma andare da solo contro i nemici, sarebbe follia persino per lui!", quelle parole continuava a dirsi, prima di fermarsi nell’anticamera della grande sala.

Lì l’Anunnaki fu bloccata da due figure che si sorpresero nel vederla, quelle di Ea e Sin.

"Cos’è successo Ninkarakk?", chiese subito l’anziano vicecomandante della sua armata, "Saggio Ea, è…è Aruru.", replicò confusa l’altra, "Che cosa gli è successo?", incalzò preoccupato il secondo di Marduk, "E’ andato ad affrontare gli invasori, da solo.", spiegò preoccupata la donna.

"Che cosa? Come puoi esserne sicura?", s’intromise lesto Sin, avvicinandosi ai due Anunnaki, "Non lo trovavo, ho chiesto a Nisku e Girru, ma nemmeno loro sapevano dove fosse, così stavo per chiedere addirittura a Kusag, ma, prima di raggiungerlo, ho incontrato Mummu, è stata lei a dirmelo.", raccontò Ninkarakk.

"Mi ha spiegato che Aruru era in meditazione con Kusag, quando questi aveva avvertito l’arrivo dei nemici alle Mura dell’Antica Capitale e ha percepito la sconfitta dell’Appalaku di Lamassi, quindi ha deciso di scendere egli stesso in campo, fermandoli prima che raggiungano Anduruna.", concluse la guerriera.

"E’ impossibile che abbiano percepito la presenza dei nemici, il cosmo del Grande Giudice sta già riempiendo questi luoghi, ormai è quasi impossibile riuscire persino ad avvertire la presenza di chi ti sta accanto, l’aria è quasi satura della presenza del sommo Shamash.", replicò subito Sin, che appariva perplesso dalle spiegazioni dell’Anunnaki.

"No, non è impossibile, Principe degli Annumaki, non per Kusag. Se i nemici erano ancora alle porte dell’Antica Capitale, non sarebbe stato impossibile, dato il suo livello di concentrazione, riuscire ad individuare uno scontro e l’esplosione di cosmi intenti in una battaglia.", lo contraddisse Ea, mentre il volto dell’uomo dai capelli scarlatti si dipingeva di sorpresa.

"Andrò io stesso ad avvertire i Tre Sovrani, così che decidano sul da farsi.", concluse l’anziano primo consigliere di Marduk, volgendo le spalle ai suoi interlocutori ed entrando nel tempio dove stava per essere richiamato Shamash.

I sei cavalieri d’argento correvano ormai da quasi un’ora: il sole aveva oltrepassato il suo zenit e stava ormai discendendo, pronto a lasciare il passo al tramonto, mentre il gruppo di guerrieri di Atena avanzava, dirigendosi verso il palazzo che sovrastava l’intera città, lo stesso da cui la presenza, sempre più opprimente, che riempiva quelle antiche mura, sembrava provenire.

"Questo è dunque il cosmo di un dio?", domandò d’un tratto Dorida della Sagitta, mentre avanzava al pari dei compagni, "Sembrerebbe proprio di sì, sacerdotessa. Questa potenza è persino superiore a quella che avvertivo in prossimità del mio anziano maestro.", rispose Zong Wu dell’Auriga.

"Sì, hai ragione, è addirittura maggiore di quello del maestro Munklar…", osservò Wolfgang, che manteneva una posizione di chiudifila assieme a Leif, essendo entrambi feriti rispetto ai compagni.

"Stupido, è ovvio che il cosmo di una divinità sia superiore a quello di un cavaliere d’oro.", lo ammonì Husheif di Reticulum, ricevendo uno sguardo offeso in risposta dal parigrado di origini tedesche.

"Il vero problema, però, è l’ampiezza di questo cosmo…", aggiunse allora il cavaliere di Cetus, "se prima pareva riempire l’intera città, mentre ci avvicinavamo, ora che vi siamo immersi, sembra quasi che non vi sia più nessuna entità cosmica, eccetto quella di questa divinità.", concluse, prima che un rumore costringesse i sei cavalieri a fermarsi all’improvviso.

"Guardate!", esclamò la voce sorpresa di Gwen del Corvo, mentre venti creature andavano a formarsi dal suolo, prendendo un aspetto noto ai cinque compagni della sacerdotessa, quello dei Golem affrontati nelle notti precedenti.

"Tranquilla, ragazzina, sono solo gli ammassi di pietra che abbiamo già sconfitto in precedenza.", replicò con baldanza Dorida, portandosi avanti ai compagni, "E non ci vuole nemmeno tanto per eliminare queste statue troppo rumorose!", esclamò, lasciando espandere il proprio cosmo infuocato.

"Flechas ardientes!", tuonò la sacerdotessa guerriero, scagliando decine di dardi infuocati contro le prime cinque creature che le bloccavano il cammino, sciogliendone i corpi tanto da farli cadere al suolo, in pezzi.

Con un balzo, poi, la sacerdotessa della Sagitta fu addosso ad un sesto golem, bloccandone la testa fra le proprie mani, prima di lasciar scaturire il proprio cosmo in un’unica fiammata energetica, per poi, una volta lasciata la testa del mostro di pietra, ormai in fiamme, perforarne da parte a parte il corpo con un secco pugno, distruggendo dall’interno quella statua di pietra con una nuova detonazione del proprio cosmo.

Quando poi Dorida si volse verso altri tre golem, fermi dinanzi a lei, non ci fu nemmeno bisogno per la sacerdotessa di attaccarli: già i loro corpi erano bloccati dai fili d’energia cosmica di Husheif, che subito li tirò a se, dilaniandone le carcasse di pietra.

"Ancora una volta ti rubo le prede, sacerdotessa guerriero!", ammonì divertito il cavaliere di Reticulum, mentre tre mostri di pietra lo raggiungevano alle spalle, "Poveri sciocchi…", sussurrò appena il santo d’argento, "Asprò Diktuò", continuò poi, mentre la bianca ragnatela ai suoi piedi raggiungeva le statue animate, distruggendoli.

"Angriff der Jäger!", tuonò nel frattempo Wolfgang dei Cani da Caccia, travolgendo altri quattro golem, mentre gli ultimi venivano ridotti in pezzi dagli affilati dischi rotanti di Zong Wu dell’Auriga.

"Sempre troppo facile.", fu l’unico commento di Dorida della Sagitta, osservando ancora una volta le venti carcasse di pietra, sparse intorno a loro.

"Forse, stavolta no…", la interruppe il santo di Cetus, osservando altri venti creature, simili alle prime, sollevarsi dal suolo, "Che vuoi che sia? Altri corpi di pietra da distruggere come i primi.", continuò, per nulla intimorita, la sacerdotessa di origini spagnole, prima che persino la sua baldanza le morisse in gola nel vedere i golem precedentemente distrutti riprendere forma.

"Questa volta non avrete ragione della mia legione, stranieri!", esclamò a quel punto una voce, mentre una figura appariva in mezzo alle statue di pietra animate, quella di Aruru di Golem, l’Anunnaki che guidava quelle creature.

"A giudicare dalla tua armatura, Appalaku, devi essere tu a guidare questi Golem, esatto?", domandò Dorida, "Errato donna, per due volte.", fu la laconica risposta proveniente dalla maschera verde, "Le creature d’argilla che avete affrontato, non sono guidate, bensì create. Il mio cosmo le plasma e dà loro vita. Inoltre, io non sono uno dei quattro Appalaku dalle armature dorate, bensì uno degli Anunnaki dalle vestigia di smeraldo. Aruru di Golem è il mio nome.", concluse il guerriero, presentandosi.

"Anunnaki?", ripeté Wolfgang, facendosi avanti, "Dunque, oltre agli Appalaku di Adapa ed alle truppe di cui faceva parte quel Sin, vi è una terza armata a costituire voi Ummanu?", domandò il cavaliere tedesco.

"Tu devi essere colui che ha affrontato il giovane guerriero di Oannes, prima di essere sconfitto dal secondo in comando fra gli Annumaki. Non ho interesse ad ucciderti per primo, oltretutto sei già ferito.", replicò semplicemente, incurante della domanda, Aruru, "Né ne ho, per colui che ha sconfitto Zisutra, o per la guerriera che per prima mi si è rivolta. Ho visto come i vostri cosmi sono ben differenti da quello che ha ucciso Adapa, quindi mi chiedo, chi degli altri tre è l’assassino?", concluse con tono dubbioso l’Ummanu di Golem, mentre la maschera vagava fra i visi dei vari nemici.

"Anche tu ci accusi, Anunnaki? Nessuno di noi si è macchiato del crimine di cui parlate! Non abbiamo ucciso il vostro compagno Appalaku.", affermò secco Leif di Cetus, "Come non avete eliminato poco meno di un’ora fa Zisutra?", lo beffeggiò Aruru, "No, il guardiano delle Mura è sì caduto per mano mia, ma non è stato un omicidio, bensì uno scontro fra due guerrieri, una battaglia leale.", lo ammonì laconico il santo d’argento di origini nordiche.

"Poco m’importa di come voi valutate la lealtà!", avvisò lesto il guerriero mesopotamico, "Verrete tutti annientati, se nessuno si prenderà la responsabilità di quella colpa! Sarete schiacciati!", incalzò ancora, "Armata d’Argilla, vai e colpisci!", ordinò secco, mentre le creature di pietra al servizio di Aruru si muovevano all’unisono verso i loro nemici.

"Flechas ardientes!", urlò in tutta risposta Dorida, scagliando i dardi incandescenti contro tre di quei golem, ma l’ardore della sacerdotessa fu subito interrotto dalla reazione delle creature di pietra: i loro corpi, infatti, subirono in pieno l’assalto, ma, anziché andare in pezzi per i fori apertisi nei corpi d’argilla, le statue continuarono ad avanzare, mentre i danni si richiudevano.

"Tutto è inutile, donna. Quando sono io stesso a guidare l’Armata d’Argilla, nessun danno che le si produce può essere letale. Il mio cosmo lenisce le ferite, richiudendole e permettendo a questi guerrieri di continuare l’avanzata.", avvisò con tono pacato Aruru, mentre le vestigia sembravano quasi brillare di luce propria in più punti durante gli assalti ai golem.

"Muy bueno!", tuonò in tutta risposta la guerriera ispanica, lanciandosi contro l’Anunnaki.

"Sacerdotessa!", esclamò sorpreso Wolfgang, mentre abbatteva, per alcuni secondi due di quei golem, "Proteggetela! Permettetele di fare breccia verso il nemico!", ordinò di rimando Zong Wu, "E perché dovrei preoccuparmi di lei?", incalzò Husheif, mentre i fili d’energia cosmica dilaniavano altri cinque nemici, subito riparatisi.

Si alzò a quel punto una voce, forse la meno attesa di tutte, che, però, s’elevò sulla massa intenta nella battaglia, "Griffe de l’Esprit!", quelle semplici parole furono dette da Gwen del Corvo, mentre, con una velocità sorprendente, si muoveva fra i compagni, oltrepassandoli tutti e portandosi proprio dietro Dorida.

La sacerdotessa della Sagitta fu l’unica a non rendersene conto, l’unica a non fermare il proprio passo, colpendo violentemente, con un pugno incandescente, il pettorale di Aruru, l’unica a non osservare cosa l’attacco della sua parigrado aveva ottenuto: distruggere, in un solo gesto, tutte le statue d’argilla.

Ciò di cui, invece, la sacerdotessa d’argento si rese conto, fu il dolore, un dolore molto forte che percuoteva la sua mano, la stessa con cui aveva colpito il pettorale del nemico, la stessa che ora sanguinava e doleva, quasi fosse fratturata.

"Sciocca ragazzina.", fu l’unico, laconico, commento dell’Ummanu, prima di investire con un violento gancio sinistro lo stomaco della sacerdotessa, incrinandone le vestigia, per poi colpirla con un manrovescio al volto, che la scagliò indietro di diversi passi.

"Fra le vestigia degli Anunnaki, quelle del Golem sono le più resistenti, solo le armature dei tre Sovrani, nell’intero esercito, rivaleggiano con quest’armatura, per capacità difensive.", avvisò con tono pacato il guerriero mesopotamico, per poi volgersi verso Gwen del Corvo, "Non so come tu abbia fatto, guerriera, ma non avrai di certo modo per bloccare di nuovo le mie creature.", minacciò determinato.

"Armata d’Argilla!", ordinò secco Aruru, mentre ancora una volta le statue di roccia prendevano forma dal suolo, animandosi, "Griffe de l’Esprit!", fu l’unica replica della sacerdotessa di Corvus, scattando ancora una volta in mezzo ai mostri di pietra e lasciando dietro di se solo polvere, di nuovo.

Un urlo di rabbia scaturì allora dalla maschera del guerriero, mentre questi si lanciava verso la nemica, provando a colpirla con un feroce diretto, ma, d’improvviso, i movimenti di Aruru parvero rallentare, così che la sacerdotessa evitasse con estrema facilità l’attacco nemico.

"Ma come?", balbettò sorpreso Wolfgang, che osservava incredulo la scena, "Telecinesi, credo si chiami così.", fu la risposta pronta di Zong Wu, "Che cosa? Telecinesi?", ripeté stupito il cavaliere tedesco, "Sì, il modo in cui ha bloccato l’ultimo movimento dell’Anunnaki, credo abbia fatto uso di un controllo mentale, un potere raro, ma molto sviluppato da alcuni cavalieri del Santuario, per ciò che mi spiegava il mio maestro, anche il Sommo Sacerdote ne è capace.", spiegò il santo dell’Auriga.

"Molto probabile.", concordò Leif di Cetus, "Questo, però, non spiega come abbia distrutto con un solo attacco tutti i golem.", osservò, ancora perplesso, il cavaliere dei Cani da Caccia.

"L’Artiglio Spirituale.", furono quelle le parole con cui esordì Gwen, ora dinanzi ai compagni, fra loro ed il nemico, "Una tecnica incompleta rispetto agli Strati di Spirito del mio maestro, incapace di estirpare un’anima dal proprio corpo, ma più che sufficiente per interrompere il legame fra l’essenza di questo guerriero e le sue creature.", spiegò con tono calmo la sacerdotessa di Atena, osservando dalla maschera d’argento le vestigia verdi dell’avversario.

"Dunque con te le armate d’argilla non servono, guerriera? Né posso contare sull’affrontarti da vicino? Ebbene, allora vedrò di sfruttare le altre armi di cui sono dotato!", replicò con tono duro l’Anunnaki, espandendo il proprio cosmo, mentre già il terreno tremava intorno a lui.

"Braccio del Golem!", tuonò con tono deciso Aruru, sollevando il proprio arto sinistro ed eseguendo un diretto verso della sacerdotessa del Corvo ed i suoi compagni.

L’attacco generò un’ondata tale da sollevare il terreno tutto intorno all’Ummanu, creando quasi un’estensione di pura energia cosmica del braccio del guerriero mesopotamico, un colpo dall’indubbia potenza che avanzava senza sosta verso i cinque cavalieri che aveva dinanzi a se.

"Presto, disperdetevi!", ordinò secco Wolfgang, che già scattava sulla destra assieme a Zong Wu, mentre Leif e Husheif si lanciavano sul lato opposto. Solo Gwen non sembrava intenta in alcuna azione evasiva, almeno finché, all’ultimo secondo, spiccò un agile salto parabolico, dirigendosi proprio contro il guerriero di Golem.

"Che sta facendo quella stupida?", domandò irritato il cavaliere di Reticulum, "Non lo so, ma dobbiamo aiutarla!", esclamò ancora una volta il santo tedesco, caricando il proprio cosmo nel braccio sano, "Angriff der Jäger!", continuò, scatenando il proprio attacco, supportato da un’ondata d’aria gelida da parte di Leif.

I due colpi volarono assieme, da versanti diretti, verso il comune bersaglio, il pettorale dell’Anunnaki; il guerriero nemico, però, nemmeno se ne curò, subendo in pieno i due attacchi senza sbilanciarsi di un passo, mentre le vestigia sembravano intatte, quasi l’attacco non le avesse nemmeno sfiorate.

"Che cosa?", affermò sorpreso il santo dei Cani da Caccia, mentre osservava il nemico, incurante di loro, guardare ancora verso Gwen, caricando il proprio cosmo nell’avambraccio sinistro.

"Braccio del Golem!", esclamò ancora una volta Aruru, scatenando l’attacco contro la sacerdotessa guerriero, che, a mezz’aria, non avrebbe avuto modo di difendersi dall’attacco, con altrettanta abilità.

"Noire Voler!", furono le uniche parole che proruppero dalla maschera d’argento di Corvus, mentre il colpo nemico sembrava trapassarla.

Quando Ea uscì dalla sala dove si trovavano i Tre Sovrani, il suo sguardo era pieno di costernazione e rammarico. "Che cosa è stato deciso?", chiese titubante Ninkarakk, osservando l’anziano secondo in comando degli Anunnaki.

Non ci fu tempo per l’altro di parlare, né per Sin di aggiungere altre domande, che già la porta si spalancò di nuovo, rivelando la figura di Enlil, nel suo lungo mantello rosso, uscire, chiudendosi alle spalle la porta del salone.

"Che quei due passino il loro tempo invecchiando in preghiera…", ridacchiò, volgendosi poi verso i tre presenti.

"Le mie vestigia?", domandò l’uomo verso Sin, "Nelle stanze che appartengono agli Annumaki.", rispose solerte l’altro, chinando appena il capo.

"Bene, vedrò di sgranchirmi le gambe un po’, poi, da come dicevi tu, ragazzo mio, c’è persino una fanciulla fra i nostri nemici… avrò di che divertirmi!", affermò Enlil, con un perfido sorriso sul viso, "In fondo, le Anunnaki non sono sotto il mio controllo, quindi non posso puntare ad altro che non siano i nemici, per carne fresca.", continuò con un perfido sorriso, stavolta volto a Ninkarakk, prima che lo stesso Ea, con un gesto pacato, si ponesse dinanzi all’anziano sovrano.

Con una risata, Enlil oltrepassò i tre, allontanandosi rapido.

"Sire Enlil…", balbettò d’improvviso la guerriera, avanzando di qualche passo oltre Ea, "Soccorrerà Aruru?", chiese titubante.

"Come ho detto, gli Anunnaki non sono sotto il mio controllo.", fu la secca risposta dell’uomo, prima di allontanarsi dalla stanza, scomparendo nei corridoi di Anduruna.

Fu questione di un attimo, Aruru quasi non se ne rese conto, ma il suo occhio lo percepì: la guerriera avversaria fu avvolta da un cosmo nero, tetro quanto la morte stessa, mentre con un agile colpo di reni compiva una capriola a mezz’aria, evitando di poco la potenza dell’attacco contro di lei portato e si gettava, a sua volta, in picchiata contro il guerriero di Golem che, conscio della resistenza delle proprie vestigia, non fece niente per evitare l’attacco.

Quella fu l’ultima immagine che vide per diversi secondi, poi, più niente, il buio più completo.

"Presto, accorrete! Ci sono Sin ed Adapa alle mura!", una voce, un urlo, un avviso che aveva già sentito, il giorno prima, da parte di Girru, che chiamava lui e Ninkarakk a raggiungerli.

Vide se stesso sorridere alla compagna d’arme ed uscire assieme a lei dalla sala dove si trovavano, dirigendosi al di fuori dei corridoi di Anduruna, raggiungendo i compagni Nisku e Girru, per poi uscire con loro alla luce del sole che inondava l’Antica Capitale. Lo vide, ma in terza persona, come se non fosse lui stesso a viverli, bensì ne fosse solo osservatore.

Con questo sentore nello spirito, lo sguardo di Aruru si spinse alle proprie spalle, trovando ciò che il giorno prima non si sarebbe mai potuto presentare ai suoi occhi, nelle ombre di un ingresso del palazzo: Gwen del Corvo.

"Tu?!", ringhiò l’Anunnaki, cercando di sferrare un attacco verso la nemica, ma scoprendosi privo del proprio cosmo, "Ti prego, stai calmo, Aruru di Golem.", furono le prime parole della Sacerdotessa, avanzando ad avvicinandosi all’altro.

"Quale diavoleria è questa? Sei forse un mostro pari a Zakar degli Annumaki?", continuò infuriato l’altro, "No, non sono simile al guerriero di cui parli, non introdurrei mai dei pericoli reali nella mente di un individuo, alleato o nemico che sia. Questa tecnica non è stata generata per danneggiare, bensì per rivelare la verità.", spiegò con tono pacato la Sacerdotessa dalla maschera d’argento, continuando a camminare verso l’altro.

"Che cosa?", balbettò Aruru, mentre, con un gesto della mano di Gwen, l’ambiente intorno ai due cambiava completamente, rivelando un luogo del tutto ignoto all’Anunnaki, un palazzo costruito in uno stile del tutto diverso da Anduruna, una costruzione chiaramente occidentale, dove aleggiava una dolce musica, che riempì quasi la mente dell’uomo.

"Molto bene, Gustavé, la tua melodia è armoniosa e, al qual tempo, portatrice di cupa sventura…", esclamò d’un tratto una voce, mentre il guerriero mesopotamico si poneva in guardia, scoprendosi circondato da gente a lui ignota.

L’uomo che aveva appena parlato era piuttosto alto, con lunghi ed eleganti capelli bluastri che scivolavano verso le spalle ed un abito incredibilmente accurato, pieno di abbellimenti addirittura eccessivi. Accanto a lui, un giovane musico dai lineamenti delicati ed i corti capelli bianchi, che risaltavano sul viso rotondo e rosato.

"Ed i tuoi addestramenti, Gwen, come vanno? Hai ottenuto risultati nelle capacità verso cui sei più portata? Con la Telepatia?", chiese l’uomo, volgendosi verso una figura maschera che, per quanto più giovane, era di certo la guerriera contro cui Aruru adesso stava combattendo.

L’immagine, improvvisamente, si fermò, quasi si fosse congelata. "Questi sono i miei ricordi, così come quelli che prima osservavi erano i tuoi, Anunnaki.", spiegò la sacerdotessa di Corvus, che si trovava ancora accanto al nemico.

"I tuoi ricordi?", ripeté stupito l’altro, "Sì, il Nero Volo del Corvo permette di utilizzare al meglio la mia dote psichica più sviluppata, la telepatia. Non per parlare alla tua mente, o crearvi illusioni, né per strappare, come un ladro, i tuoi ricordi, bensì per condividerli.", spiegò la Silver Saint.

"Condividere? Mi mostri il tuo passato e reclami di vedere il mio? Questo per te è condividere, straniera?", tuonò infuriato Aruru, "È la mente più forte che decide cosa osservare, ma di certo, non sono qui per danneggiarti, bensì per dimostrare la nostra innocenza su ciò che è successo al vostro compagno e capire, a mia volta, cosa tu hai visto.", spiegò Gwen, mentre l’ambiente intorno ai due cambiava di nuovo.

Stavolta, Aruru si sarebbe trovato nella modesta casa di Abar di Perseo ed avrebbe visionato, per un lasso di tempo incalcolabile, il dibattito fra i cavalieri su come muoversi dopo il primo scontro con i Golem, per poi osservare Husheif, Wolfgang, Dorida e Leif uscire, al finire del giorno, diretti verso il luogo dove poi avrebbero combattuto Adapa e Sin.

All’Anunnaki fu mostrata tutta la nottata che Gwen, Zong Wu, Abar e Serima passarono in quella piccola casa, in attesa del ritorno dei compagni.

"Come vedi, nessuno di noi si è mosso, oltre ai compagni, che tu stesso hai già discolpato, vedendo i loro modi di combattere.", osservò alla fine la Sacerdotessa d’argento, "No! Non tutti, quel guerriero…", ribatté Aruru, che lentamente stava prendendo familiarità con l’assurda situazione in cui si trovava, "Reticulum.", concluse, indicando la figura del cavaliere dell’Isola di Andromeda.

"Dubito che possa aver fatto ciò. Malgrado il suo carattere, Husheif è un santo di Atena, non attaccherebbe mai un nemico alle spalle.", affermò con tono calmo Gwen, mentre ancora una volta la scena cambiava, rivelando ai due le mura di Accad, dove Aruru, Ninkarakk, Nusku e Girru si erano avvicinati ad Ea, inginocchiato e piangente, dinanzi al cadavere di Adapa.

Sin era chino sul giovane corpo senza vita, il capo spettinato, le vestigia ancora celate dal mantello, "Mi dispiace, saggio Ea… non so come sia stato possibile. Avevo fermato uno di loro, mentre stava per infierire contro il piccolo Adapa, avevo intimato agli altri di non seguirci, ma, forse, ve ne erano altri nascosti, nemici da me non visti, che hanno colpito a tradimento.", si scusò dispiaciuto l’Annumaki, mentre l’anziano uomo sollevava il cadavere.

Un foro si era aperto fra i resti dell’armatura, lì dove un tempo si trovava la maschera pettorale, un foro che, come fu facile comprendere, si era aperto dalla schiena verso il petto del giovane corpo, dilaniandone gli organi interni, ma colpendo con una precisione chirurgica.

"Hai visto, Aruru di Golem? Un colpo singolo, un unico attacco che ne ha perforato il corpo! Né ustioni intorno allo stesso, né segni di alcun altro tipo, non può essere stato nessuno di noi, tanto meno Husheif di Reticulum, i cui attacchi si manifestano sotto forma di una tela d’energia, come hai potuto osservare contro i tuoi golem.", affermò convinta Gwen del Corvo.

"Davvero? Eppure immagino tu non abbia alcuna memoria a dimostrazione di queste parole? Dimmi, hai mai visto il tuo compagno d’arme in battaglia?", incalzò l’altro, "No, non fino ad oggi, ma non per questo dubito della sua lealtà di cavaliere.", replicò all’istante l’altra.

"Fiducia mal riposta, ragazza.", osservò Aruru, prima che il suo tono si raddolcisse, "Ammetto, comunque, che almeno in te, guerriera, per quanto i tuoi modi siano ben diversi dai miei, vi è senso della giustizia. Probabilmente nemmeno il grande Shamash estirperebbe la tua vita, ma, proprio per permettere al Grande Giudice di scendere su questa terra, sono qui al fine di fermarvi. Punire l’omicida di Adapa è un dovere che ho con me stesso, fermarvi è il mio dovere di Anunnaki.", spiegò l’altro, con tono calmo, forse per la prima volta.

"Perché è un dovere che hai con te stesso, Aruru di Golem?", chiese ancora Gwen del Corvo, mentre, quasi con sorpresa della stessa sacerdotessa, l’ambiente cambiava di nuovo, spinto stavolta dalla volontà dell’Anunnaki, riportando la Silver Saint alla riunione che sancì che fosse Adapa, e non il guerriero che ora aveva contro, ad andare in missione.

"Il grande Baal ha deciso che fosse un giovane guerriero novizio a provare l’esperienza della battaglia, forse perché vi aveva sottovalutati, forse perché aveva sopravvalutato il suo seguace… quella battaglia sarebbe dovuta essere mia. Io avrei dovuto rischiare la vita, non Ea avrebbe dovuto soffrire della perdita di un discepolo.", affermò, con rammarico nella voce, l’Anunnaki.

Gli occhi chinati di Aruru, allora, videro qualcosa di strano: l’ambiente stava di nuovo cambiando, stavolta, però, si trovò dinanzi i quattro cavalieri d’argento nemici, che guardavano basiti nella sua direzione, poi, voltandosi di scatto, vide al suolo, intenta a rialzarsi, Gwen del Corvo.

"Capisco i doveri che hai verso i tuoi comandanti e la responsabilità che senti pesare sul tuo cuore. Per la seconda non ho modo di fare alcunché, poiché fra noi non vi è il colpevole di tale gesto, ma posso affrontarti, così che tu possa difendere questa Capitale per te sacra.", affermò con tono pacato la Sacerdotessa d’Argento, pronta di nuovo alla battaglia.

Enlil dello Scettro aveva da poco lasciato le stanze riservate agli Annumaki, quando, dinanzi a otto piedistalli, dove si ergevano sette armature, uno, quello centrale, ne era privo, si presentarono sei figure, tutte celate nell’ombra.

"Il nostro Sovrano, Enlil, si è mosso per la battaglia.", esordì una prima voce, fredda e bassa, per quanto, forse, femminile, "Dunque è vero, i nemici sono giunti fin dentro le Mura di Accad…", ridacchiò un secondo, "Sì, ma se il nostro Re si sta muovendo per combatterli, ben presto non ci sarà più niente più che qualche cadavere da saccheggiare.", osservò delusa una terza presenza.

"Non è detto…", affermarono due sottili occhi gialli, "Che intendi dire, Zakar?", incalzò la terza voce, "Da quel che ho sentito dal Principe Sin, c’è almeno una fanciulla fra i nemici…", rispose l’altro, lasciando tutto sospeso per qualche secondo, "il nostro Sire ha una sola passione: non il saccheggio, lui si interessa delle fanciulle, più sono forti e pericolose, più gli danno interesse; quindi, se saremo fortunati, potremo puntare ai restanti nemici, avremo le loro teste, gli occhi, come premio.", concluse quel quarto individuo.

"E chi di noi andrà dietro al Re Enlil?", chiese allora una quinta voce, "Andrò io di certo.", incalzò Zakar, "Ed io con lui, ci divideremo i resti.", concluse la prima voce, quella femminile.

"Sia così, Zakar e Beletseri, a voi il piacere del saccheggio e del massacro, ma portate teste e cuori ai vostri compagni.", ridacchiò un’ultima voce, mentre due occhi color verde marcio, apparivano in mezzo agli altri.

"Affrontarmi?", ripeté Aruru alle parole della Silver Saint, "Tu vorresti combattere contro di me? Credi che le tue tecniche possano qualcosa di più che rallentarmi? O forse speri di proteggere i compagni che sai non potrebbero riuscire nemmeno in quello?", chiese ancora l’Anunnaki dalla maschera verde, volgendosi verso quella d’argento dell’avversaria.

"Ti affronterò, esatto, guerriero di Golem, ma non con l’unica speranza di rallentarti, bensì con la certezza di poterti vincere; per quanto, conoscendo la fedeltà che riponi nel tuo Sovrano e l’amicizia che ti lega ai tuoi compagni, ammetto che mi dispiace doverti combattere.", rispose con tono pacato Gwen.

"Che sta succedendo?", chiese allora la voce di Dorida della Freccia, rialzatasi dopo il colpo subito da parte di Aruru, "Sembra che la silenziosa e timida Sacerdotessa di Corvus, sia, dopo tutto, ben più forte di quanto fa vedere, tanto da riuscire a confrontarsi da sola contro questo guerriero, cosa che tu, Sagitta, non riesci a fare.", ridacchiò, rispondendo, Husheif.

L’Anunnaki, che osservò in silenzio quel veloce scambio di frasi, si volse verso la propria avversaria: "Credi, dunque, che un simile individuo non si possa macchiare della morte di Adapa? Tanta è la fiducia che riponi persino in quel compagno d’arme?", domandò con voce offesa l’uomo mesopotamico.

"Compagno d’arme? Di cosa vai parlando, guerriero?", ringhiò, come punto sul vivo, il santo di Reticulum. "Sì, credo nell’innocenza di questo cavaliere a me pari, poiché, malgrado i suoi modi, egli è pur sempre un santo di Atena e, per ciò che il mio maestro mi insegnò, non vi sono guerrieri sacri alla Dea della Giustizia che mai si comporterebbero in un modo simile a quello di cui voi ci accusate.", rispose a quel punto Gwen del Corvo.

"Giustizia? La divinità che servite difende la Giustizia? Ma, se siete giunti fin qui per fermarci… credo che la vostra Giustizia, non sia quella del Grande Shamash!", esclamò Aruru, espandendo il proprio cosmo.

"Preparati, guerriera, ora subirai la tecnica più potente dell’Anunnaki di Golem!", minacciò ancora l’Ummanu, mentre il terreno intorno a lui si apriva, creando delle crepe sempre più vaste, in silenzio, dinanzi al nemico, Gwen del Corvo attendeva l’attacco, espandendo il proprio cosmo, sempre più nero e vasto, tanto da prendere la forma di due ali nere.

"Terremoto Creatore!", urlò Aruru, "Plumes Corneille", replicò con voce pacata la sacerdotessa d’argento.

Il terreno sotto i piedi dell’Anunnaki si aprì, creando un'unica gigantesca frattura che corse rapida verso la Silver Saint, che, immobile, non provò nemmeno a spostarsi, mentre le due ali nere che la circondavano si andavano disperdendo, come foglie spinte dal vento.

Dalla frattura nel suolo proruppe un’ondata d’energia cosmica, pura, semplice, che sollevò una miriade di sassi e macigni, quasi una frana che s’alzava verso il cielo, anziché correre verso la base di una montagna, una frana che investì in pieno l’allieva di Cancer, gettandola indietro di diversi passi, con le vestigia danneggiate in più punti.

"Sacerdotessa!", urlò Zong Wu, "Ragazzina!", aggiunse Dorida, mentre i cavalieri, Husheif escluso, si dirigevano verso la compagnia, ora al suolo, ferita, con le vestigia danneggiate.

"Sto bene, non preoccupatevi…", ebbe appena la forza di dire Gwen, rialzandosi, sostenuta dal santo dell’Auriga.

"Guerriera d’argento…", affermò, d’un tratto, l’Anunnaki, immobile nella propria posizione, mentre già i cavalieri di Atena erano pronti a combattere e proteggere la parigrado ferita.

"In fondo avevi ragione… sui tuoi compagni e sul tuo attacco.", ebbe appena il tempo di dire Aruru, cadendo in ginocchio, mentre sangue sgorgava da sotto l’armatura, intatta e senza neppure una crepa.

"Sei un abile guerriero, Ummanu", replicò con voce stanca la sacerdotessa scozzese, "ma riponevi troppa fiducia nella difesa assoluta di quelle vestigia. Troppo concentrato eri nell’attaccare da renderti conto che le Piume del Corvo non sono un semplice colpo basato sull’energia cosmica, bensì raggiungono il nemico attraverso la mente. Un colpo invisibile, poiché si muove attraverso il teletrasporto, senza danneggiare le difese nemiche, proprio perché non ne ha bisogno.", spiegò Gwen al nemico.

"Ora, Aruru di Golem, torna presso il vostro palazzo e dì ai tuoi Sovrani che non è nostra la mano che ha ucciso Adapa, ma combatteremo per fermare l’ascesa di un dio che per una Giustizia Assoluta punirà senza perdonare. Te ne prego, non costringermi a combattere ancora con te, so bene che vi sono persone che ti attendono fra quelle mura…", concluse la Sacerdotessa, volgendosi verso Anduruna, che già si stagliava dinanzi ai cavalieri di Atena.

Fu a quel punto che le parole della Silver Saint si fermarono, poiché, dinanzi a loro, si ergeva una nuova figura, alta, quasi coperta dal sole ormai tramontato, mentre le prime luci della luna ne illuminavano le vestigia scarlatte.

Quella nuova apparizione mosse la mano sinistra ed un’ondata di energia travolse tutti i presenti, Aruru compreso, mentre, al pari di un tuono, le risate del nuovo giunto, riempivano l’aria.

"Belle parole le tue, straniera, ma la vostra battaglia finirà qui, adesso, per mano di Re Enlil, il Sovrano Scarlatto!", tuonò il nuovo nemico.