Capitolo 18: I dubbi di Ea

Una tenda dai verdi drappeggi, un luogo accogliente in mezzo alla vastità del deserto, lì dove il caldo del giorno uccide tanto quanto il freddo della notte, in quella mattina di afosa primavera, proprio in mezzo a quello che i più definivano il "niente", stava avvenendo il miracolo della vita.

Due uomini, uno dalle eleganti vesti verdi, complete di un corpetto, una sottile corona del medesimo colore, che ben risaltava sui lunghi capelli neri, abbinandosi, altresì, con il colore degli occhi; l’altro dalla corta capigliatura bionda, una sottile barba ed uno sguardo dorato pieno di puro affetto, dettato dall’amicizia, vestito di un saio verde.

Questi due uomini, al di fuori della tenda, sentivano le urla della partoriente, il primo vagito del bambino e, subito, dopo, però, un urlo di terrore, qualcosa di inatteso, che portò quello con la corona a scambiare uno sguardo terrorizzato con l’altro, prima di correre verso la tenda, "Mio signore Annu, la prego!", riuscì appena a dire il secondo, incapace di fermare l’amico.

Fu invece la comparsa di una donna, una levatrice, uscita dalla tenda con un fagottino che piangeva, a fermare l’uomo con la corona.

"Che cos’è successo?", chiese preoccupato proprio quest’ultimo, "Ecco vostro figlio, nobile Annu, il vostro erede.", furono le prime parole con cui l’anziana rispose, chiudendo gli occhi per trattenere le lacrime, "E Damkina? Come sta la mia sposa?", domandò titubante l’uomo, "La Regina è… c’è stata un’emorragia…", balbettò la donna, lasciando che il suo sovrano attraversasse la soglia della tenda.

L’altro uomo, dai capelli biondi e gli occhi dorati, si avvicinò alla nutrice, osservando il piccolo bambino che teneva fra le braccia, "Giovane Principe, il tuo arrivo fra noi è forse il momento più bello per il popolo tutto, ma, allo stesso tempo, è anche il più triste che potremo mai avere.", sussurrò, accarezzando con un dito delicato la piccola creatura, che, a quel contatto tanto caldo, quietò il pianto, come sorpreso da tale sensazione.

L’uomo trattenne le lacrime, prima di volgersi verso la tenda, cercando di scrutare verso l’interno della stessa.

Ogni passo sembrava pesargli, come se tutte le sabbie del deserto gli volessero impedire quella vista; alla mente dell’uomo riaffiorava la gioia di aver visto l’amico di sempre, e discepolo, Annu diventare prima un nobile guerriero, poi un abile Re, quindi un buono sposo ed ora un padre, sentimenti che s’andavano a mescolare con la disperazione che lo aveva preso alle prima urla della sposa, Damkina, una giovane e bella fanciulla che tutti avevano amato da subito nella tribù degli Anunnaki, una ragazza che, forse, egli stesso avrebbe voluto sposare, se non fosse stato troppo vecchio, ma che con gran gioia aveva visto andare in moglie all’amico di sempre.

Ora quella bella fanciulla dai lunghi capelli castani e gli occhi profondi come il vasto deserto, giaceva senza vita all’interno della tenda; l’uomo dai capelli biondi si fece forza, avvicinando la mano al bordo della tenda e scostandolo.

Il verde, simbolo degli Anunnaki e del loro sovrano, aveva fatto posto al rosso sangue, foriero di morte in quel momento: i tappeti a terra ne erano macchiati, le mani dei dottori che dalla tenda stavano uscendo rammaricati, le belle vesti dei due sovrani, tutto era rosso, mentre l’uomo gettava il suo sguardo all’interno.

"No!!!", urlò Ea il Saggio, interrompendo il proseguire delle immagini: era lì, ma ciò gli sembrava impossibile; aveva rivisto la nascita di Marduk, il suo sovrano, la disperazione che quel lieto evento aveva però portato, con la morte della madre dell’attuale Re degli Anunnaki.

Ciò che, più di tutto, però, non capiva l’anziano era come, come era stato possibile che quelle memorie riaffiorassero così vivide in lui.

Il consigliere notò solo dopo che, rispetto alla realtà che vedeva così viva dinanzi a se, come i ricordi cui era connessa, c’era qualcosa di innaturale, che non vi apparteneva: un’ombra stanziata fra le tende intorno a quella dove era nato il suo Sovrano.

"Chi sei tu, che con tanto disprezzo giochi con i sentimenti altrui?", ringhiò offeso il vecchio, prima che una figura femminile gli si palesasse, con il volto celato da una maschera d’argento.

"Il mio nome è Gwen del Corvo, sacerdotessa di Atena.", si presentò la giovane, "Un’altra degli invasori? Ma quanti mai siete? E con quale cuore potete sfruttare si fatte memorie? Non avete rispetto per i sentimenti dei vostri nemici?", la accusò con tono rabbioso l’Anunnaki.

"Non avevo altro modo che distrarti con i tuoi ricordi più felici ed i più tristi, purtroppo.", si scusò semplicemente la guerriera, "Davvero credi che questo basti? Hai invaso la mia mente, violato le mie memorie, profanato l’affettuosa rimembranza dei miei amici più cari!", la attaccò ancora Ea, il cui cosmo s’espanse in quel luogo frutto della sua mente, "Eppure hai fallito nel crederti al sicuro in questo luogo, poiché le volontà più forti possono schiacciare le più deboli.", concluse con voce più calma.

D’improvviso, l’ambiente cambiò: non più lo sconfinato deserto, ma le verdeggianti colline delle Highlands, luoghi che Ea non conosceva, ma che sbalordirono la sacerdotessa guerriero, "Sei riuscito in così breve tempo a capovolgere il controllo sul Volo Nero?", balbettò appena la fanciulla, prima che una figura apparisse fra i verdi boschi del luogo.

Era una ragazzina dagli corti capelli scuri e gli occhi di un azzurro profondo, non poteva avere più di cinque anni, vestiva con abiti semplici, una casacca che la copriva fino alle ginocchia, "Gwen… dai, non ti nascondere così, lo sai che poi la mamma ed il papà si preoccupano.", disse una voce maschile, mentre la piccola si accucciava sotto un grosso tronco divelto, ridacchiando, finché non intravide un’ombra oltrepassarla, l’ombra di un ragazzino di poco più grande.

"Bu!", fu l’unico suono che emise la piccola, uscendo dal suo nascondiglio, provocando paura in chi la cercava, che si volse verso di lei, con sguardo torvo, mentre già la bambina indietreggiava spaventata. "Fratello, scherzavo…", disse semplicemente, prima che gli occhi torvi dell’altro si illuminassero in un ampio sorriso ed i due ricominciassero a giocare.

L’altro ragazzino aveva delineamenti molto simili, e medesimo colore di occhi e capelli, forse due, o tre anni più di lei ed insieme giocavano per quei boschi, finché, quando stava calando la sera, non tornarono alla piccola casa dove abitavano.

La famiglia era una delle poche che non si era spostata nelle grandi città che ormai crescevano dovunque, restando nella brughiera scozzese, dove il padre dei due bambini faceva il falegname, creando ciò che gli veniva richiesto, per quanto, ormai, i clienti fossero sempre meno.

Quel giorno, però, era speciale: un uomo era infatti giunto da lontano, da una città chiamata Parigi, per chiedere un armadio intarsiato, forgiato da una delle belle querce di Scozia.

L’uomo era vestito così bene che, appena lo videro, i due bambini pensarono fosse un re, o chissà cosa, lo accompagnava un ragazzino che poteva avere la medesima età del maggiore fra i due figli del falegname, un giovine dai capelli biondi e gli occhi azzurro acceso, che giocherellava con una piccola arpa, mentre attendeva l’uomo che lui chiamava, "Maestro Remais."

Proprio questo Remais, dall’appuntito naso, gli occhi sottili e verdi ed i capelli ben curati e di un nero molto vivo, dopo le prime spiegazioni al falegname, perse qualche minuto a parlare con i due figli dello stesso.

"Sapete, io sono un mago, ed il piccolo Gustave, che viaggia con me, è il mio apprendista.", spiegò loro, sorridendo ed aprendo la mano che, incredibilmente, s’illuminò di un colore dorato, mentre una fiammella vi si accendeva.

Per un attimo alla piccola figlia del falegname parve che qualcuno le stesse picchiettando sulla fronte, proprio quando la luce avvampò in una fiammella, ma, rialzando lo sguardo, l’unica cosa che incontrò furono gli occhi stupiti di Remais, "Atena ci conduce a lei in modi strani…", sussurrò con stupore l’uomo, prima di voltarsi verso il falegname e tornare a parlare con lui.

I due bambini erano rimasti sbalorditi, solo una risata divertita del piccolo seguito dell’uomo li riportò alla realtà, "Quello che vi ha mostrato il mio maestro è un banale giochetto, roba che solo gentaglia zotica come voi potrebbe credere incredibile.", li ammonì il giovane francese dal naso aquilino, "Però tu, quel maestro lo segui…", balbettò incerto il maggiore dei due figli, "Certo, osservate cosa so già fare!", ribatté orgoglioso il ragazzino, pizzicando la propria arpa.

Bastarono due note perché un bicchiere di terracotta posto su un ripiano della cucina vibrasse leggermente, quasi che qualcuno lo avesse toccato, "Visto cosa so fare!", declamò pomposo, mentre sorrideva inorgoglito verso la figlia minore del falegname.

"Gustave, basta!", lo ammonì allora Remais, che aveva concluso le proprie spiegazioni su ciò che desiderava dal falegname.

Quella sera, rimasti soli, il falegname e la famiglia mangiarono con un po’ più letizia nel cuore, per i soldi lasciategli da quel nobile e bizzarro uomo francese, ma i due bambini avevano ancora in mente quanto gli era stato mostrato dall’uomo e dal suo piccolo discepolo.

Fu proprio perché erano convinti di poter fare altrettanto, che ambedue i piccoli si misero fino a tardi dinanzi al bicchiere di terracotta, cercando di spostarlo con lo sguardo, finché, inaspettatamente, ad un tratto l’oggetto si mosse e con sguardo stupito, i due bambini si chiesero l’un l’altra chi ne fosse stato capace.

Continuarono finché la madre non chiese loro di andare a letto quel gioco, notando, di quando in quando, il bicchiere muoversi, convinti entrambi, alla fine, che fosse proprio la piccola Gwen a riuscire in ciò.

Nella notte, però, la bambina si alzò, in cerca di acqua e, passando vicino al bicchiere, cercò ancora di muoverlo con lo sguardo, portandolo in una posizione instabile, scivolò dal ripiano dove era posato, cadendo sulla lampada ad olio sempre accesa nella cucina, lampada che cadde malamente sul tavolo di legno iniziando un incendio.

La piccola figlia del falegname iniziò ad urlare, mentre le fiamme la circondavano.

I ricordi, a quel punto si confusero, finché non rivide dinanzi a se l’uomo francese, circondato da una luce dorata ed accesa, "Atena ci porta veramente a se in modi strani… mai avrei creduto che una tale disgrazia fosse necessaria per farmi trovare una nuova discepola, una piccola orfana...", sussurrò l’uomo, stringendola al proprio petto. E fu allora che l’immagine si fermò.

"Cosa provi ora? Adesso che qualcuno ha invaso i tuoi tristi ricordi? La colpa di aver causato la morte della tua famiglia?", domandò Ea con tono raddolcito dalle lacrime che sgorgavano dalla maschera d’argento.

"Ora, fanciulla, dovrò ancora abusare dei tuoi ricordi, come inizialmente hai fatto con i miei, per sapere la verità su chi ha causato le morti di Adapa, Enlil e Ninkarakk.", spiegò con tono falsamente duro l’anziano consigliere, prima di iniziare ad osservare i ricordi della nemica relativi al loro arrivo in quelle terre.

L’Anunnaki vide Abar di Perseo e la sua casa, ascoltò le discussioni fra i cavalieri, seppe dei resoconti sulle battaglie con i golem prima ed Adapa dopo, senza che nessuno dei quattro andati in missione si assumesse la responsabilità della morte del giovane Appalaku; osservò lo scontro fra uno degli invasori e Zisutra di Lamassi, la battaglia contro Aruru di Golem, lo scontro con Enlil e, infine, poté ascoltare le ultime parole che Ninkarakk aveva rivolto all’altra guerriera, parole di pace, per concludere quel massacro con un normale dialogo, qualcosa che anche l’anziano avrebbe di certo gradito.

Tutte quelle visioni non diedero nuove notizie ad Ea, ma piuttosto produssero nuovi dubbi: quei guerrieri combattevano per una dea della Giustizia dell’Antica Grecia, qualcosa di molto simile a Shamash, forse capace di una Giustizia addirittura più misericordiosa; li avevano attaccati proprio per impedire che il freddo modo di giudicare del dio mesopotamico si scatenasse sulla terra, ma era nelle loro speranze concludere tutto ciò senza altri spargimenti di sangue, in effetti, anche se invasori, erano stati fin lì portati dalla sfida di Sin e dalla necessità di impedire quel risveglio.

Il dubbio sul valore delle loro azioni proruppe nell’Ummanu, prima che una nuova immagine, un ricordo recente, sul piano da attuare proprio contro Ea, lo costrinse ad interrompere quel legame mentale con la giovane avversaria.

Quando riaprì gli occhi alla sala dove si trovava, l’Anunnaki di Usma vide che, purtroppo, la tattica dei suoi nemici era andata a segno: ora erano tutti illesi grazie al frammento delle vestigia di Khuluppu.

"Ottimo lavoro, G…", ma le parole morirono in gola a Dorida della Sagitta, nell’osservare in piedi il nemico dalle vestigia verdi e la sua parigrado al suolo, ancora stordita, "Ma cosa?", riuscì solo a balbettare la sacerdotessa guerriero.

"Cosa? Inganno e menzogna. Le armi che avete usato finora per farci abbassare la guardia! Con quelle armi avete avuto modo di curarvi adesso e preso un frammento delle vestigia di Ninkarakk, prima che qualcuno di voi la uccidesse!", li accusò Ea.

"Uccidere Ninkarakk? Di cosa parli, guerriero? Quando la abbiamo lasciata era sconfitta, ma viva, anzi l’armatura l’aveva curata ben più rapidamente di quanto non avesse fatto con noi.", replicò decisa la sacerdotessa della Sagitta, "Eppure la sua forza vitale s’è spenta, al pari di quelle di molti altri Ummanu prima di lei, come spieghi ciò, fanciulla? Inoltre, chi fra voi due, che ormai siete gli unici rimasti, ha ucciso Enlil?", domandò ancora l’anziano, attendendo nuove conferme.

"Enlil? Chi sarebbe costui? L’unico avversario che finora ho affrontato, aveva nome Etana di Nirah.", rispose subito Menisteo di Eracle, "Quel guerriero con lo scettro è morto? I nostri colpi lo hanno finito?", aggiunse stupita la sacerdotessa di Sagitta.

"Voi mentite! Chi altro potrebbe averlo eliminato, ferito e stremato, dopo il vostro scontro con lui?", li ammonì ancora una volta l’Ummanu di Usma.

"Semplice: uno di voi, forse lo stesso che ha ucciso questa ragazza dalle vestigia curative… e magari lo stesso ragazzino dall’armatura dorata.", affermò secco Husheif di Reticulum, ora di nuovo in piedi, all’asciutto.

"Menti per avere salva la vita, forse? Nessuno, né Anunnaki, né Annumaki, né Appalaku, avrebbe mai fatto niente del genere.", ribatté deciso l’anziano Consigliere.

"Pensaci, vecchio. Se nemmeno scrutando nei ricordi della sacerdotessa hai trovato un colpevole, considerando che nessuno di noi sta mentendo, cos’altro resta possibile? Un tradimento dall’interno! Qualcuno dei tuoi tanto leali compagni sta uccidendo gli altri, per chissà quale motivo.", spiegò ancora con freddezza il santo di origini egizie.

"Forse è stato proprio il guerriero che ha ferito Cani Venatici, quel Sin degli Annumaki.", suppose alla fine.

"Menzogna e diffamazione! Questo mi offrite adesso? Come potrebbe il Principe Sin aver ucciso Ninkarakk, o addirittura suo padre Enlil, se dall’arrivo ad Anduruna è sempre stato con me, presso le sale superiori?", incalzò infastidito l’uomo, espandendo il proprio cosmo, che smosse l’acqua tutto intorno a lui. "Non volete dirmi chi è il colpevole di questi omicidi, bene, vi eliminerò tutti assieme, indistintamente.", minacciò alla fine, "Arte degli Elementi, animati e componi per loro un’opera di requiem!", declamò l’Anunnaki.

L’acqua si mosse, comandata dall’immensa potenza dell’uomo, creando delle onde appuntite come decine di lame alle spalle dello stesso, che subito si lanciarono all’unisono verso i due ponti dove ora erano disposti gli otto avversari ancora in piedi.

"Cavalieri, distanziatevi!", ordinò secco Wolfgang di Cani Venatici, ora ripresosi dalle ferite che da giorni lo segnavano e nuovamente pronto alla battaglia.

Subito, a quelle parole, i santi di Atena si mossero per direzioni diverse, stupendosi, al qual tempo, nel vedere che le onde d’acqua non s’infrangevano sui ponti, bensì continuavano la loro corsa, ognuna diretta verso un diverso elemento di quella squadra.

Con un’agile rotazione a mezz’aria, fu Leif di Cetus il primo a volgersi verso la lama d’acqua che lo inseguiva, "Diamond Dust!", tuonò il cavaliere del Nord, mentre la polvere di diamanti congelava lo strato liquido, tramutandolo in uno scivolo di ghiaccio su cui il santo di Atena scivolò elegantemente, ritornando a posarsi su uno dei ponti della sala.

Damocle di Crux, al qual tempo, congiunse le braccia dinanzi a se, riprendendo una posizione d’equilibrio sul bordo di uno dei ponti, giacché il suo era stato un salto ben più corto di quello dei compagni, "Sperare che scappi dinanzi ad un poco d’acqua, è come chiedere ad un uomo armato di spada di fuggire dinanzi ad un bambino con un secchiello pieno.", osservò con tono sicuro il santo italico, "Lux Crucis!", esclamò allora, prima che il bagliore di luce detonasse, lasciando che le lame d’energia dividessero in quattro parti la corrente d’acqua, facendola perdere intorno al santo di Atena.

Husheif di Reticulum compì, al contrario, un’acrobatica capriola a mezz’aria, lasciando che fili d’energia cosmica fluissero dalle sue mani, poggiandosi al soffitto della sala, così da permettergli, sfruttandoli come leve, di toccare la superficie superiore della stanza con i piedi, dandosi lo slancio per gettarsi verso il basso, filando nuovi sottili strati d’energia cosmica, che presero la forma di una ragnatela, contro cui la corrente d’acqua andò a schiantarsi, "Asprò Diktuò!", sussurrò semplicemente il santo d’argento, mentre la potenza della Rete Bianca si rilasciava sulla lama nemica, evaporandola al solo contatto. Con un’ultima capriola, poi, il santo di Atena atterrò su uno dei ponti, alla sinistra del nemico.

Wolfgang dei Cani da Caccia, al contrario dei compagni, aveva evitato l’attacco con un rapido spostamento laterale e, dopo il primo, aveva continuato con una serie di movimenti rapidi ed inattesi, per le diverse traiettorie prese, così da costringere l’acqua a fluire intorno a lui, studiandone le metodologie di attacco, portandolo a dedurre che non era altro che un’estensione della volontà del nemico, qualcosa che non poteva semplicemente essere indirizzata, ma doveva essere costantemente guidata nelle sue azioni, il che costringeva l’Ummanu dalle vestigia simili a quelle di Adapa, a dividere la propria attenzione su otto nemici contemporaneamente. "Vediamo se è vero…", si disse alla fine il cavaliere tedesco, concentrando il cosmo nella mano destra, "Reißzähne des Jägers!", tuonò il guerriero, scatenando le Fauci del Cacciatore verso l’Anunnaki di Usma, prima che la corrente d’acqua, che proprio contro Wolfgang era diretta, si ponesse in mezzo, lasciandosi spazzar via da quel colpo, che continuò poi la sua corsa verso Ea, il quale poté solo con un rapido movimento del corpo evitare di essere colpito, facendo esplodere sulla parete sul lato opposto la violenza dell’attacco. Questa strategia, comunque, permise il santo di Atena di portarsi al sicuro rispetto all’attacco nemico.

Zong Wu dell’Auriga compì una rapida capriola per allontanarsi dalla corrente d’acqua diretta verso di lui, con un agile movimento si spostò ancora ed ancora, mentre il cosmo brillava di una luce argentea, proprio nel momento in cui il suo parigrado di origini tedesche aveva distratto l’avversario, "L’unico modo è questo…", concordò fra se anche il cavaliere cinese, lasciando esplodere la propria potenza, appena recuperata, in un attacco. "Gin Zan!", urlò il santo di Atena, mentre un disco d’energia argentea volava attraverso la corrente d’acqua, distruggendola, per poi lanciarsi verso l’Anunnaki, che con un altrettanto abile salto evitò all’ultimo quel colpo inatteso e non visto, poiché celato dalla corrente d’acqua.

Bao Xe della Musca aveva evitato la prima ondata nemica con una capriola d’invidiabile abilità, portandosi sul bordo del ponte, aveva poi compiuto un secondo salto che l’aveva spinta fino al muro alle sue spalle, quindi si era portata verso il soffitto, sempre inseguita dall’acqua avversaria. Sapeva la sacerdotessa di non avere attacchi sulla distanza pari a quelli dei compagni, ma, lo stesso, aveva dalla sua una grande arma, anzi più d’una: agilità, velocità ed esperienza, grazie a loro avrebbe avuto ragione. Con questa certezza, la guerriera continuava a muoversi, spostandosi da una parte all’altra della sala, bruciando sempre più il proprio cosmo, ronzando come una mosca inseguita da un predatore, finché, alla fine, raggiunta la sufficiente velocità, e sfruttando la distrazione che i due attacchi dei compagni avevano portato, compì un’ultima capriola dalla parete laterale, tanto veloce che lo sguardo del nemico non la poté seguire, lasciando schiantarsi la corrente contro il muro, distruggendolo; così la sacerdotessa di Atena si poté fermare su uno dei ponti, accanto ai propri compagni.

Menisteo di Eracle, al pari del suo parigrado italiano, non aveva compiuto più di un leggero salto, quel che bastava ad allontanarsi dai compagni, permettendogli libertà d’azione, così, immobile, sorridente sentendo le parole dell’amico mentre attaccava, sollevò il proprio braccio destro, "Come il divino figlio di Zeus costrinse al proprio volere le acque per una delle sue fatiche, presso le stalle di Augie, così io ora controllerò la furia della tua tecnica, guerriero di Accad!", avvisò con tono sicuro il cavaliere, "Sfurì Dunames!", tuonò subito dopo il santo di Atena, rilasciando la forza del tornado, che travolse le acque, disperdendole ed investendo per poco lo stesso Ea, che dovette sollevare una nuova muraglia di tiepido liquido a propria difesa.

Dorida della Sagitta, che con un agile balzo s’era a sua volta distanziata dall’acqua nemica, osservò con soddisfazione la rinata forza dei compagni, sentendosi finalmente utile al gruppo in cui, fino a quel momento, ben poco era riuscita a fare. Con questa rinata certezza, la sacerdotessa guerriero caricò la propria energia cosmica nel pugno destro, "Flechas Ardientes!", urlò subito dopo, lasciando detonare il proprio attacco, contro cui le correnti d’acqua evaporarono, annullandosi vicendevolmente.

L’Ummanu di Usma osservò allora gli otto avversari, tutti illesi, malgrado le vestigia danneggiate, "Non speriate di avere così facilmente ragione di me, stranieri, non vi lascerò avanzare, così da ingannare altri miei amici e compagni con le vostre menzogne.", avvisò l’uomo, risollevando l’acqua attraverso il proprio cosmo. Fu proprio in quel momento che una presenza scattò alle sue spalle, quasi ricordandogli che vi era una nona nemica, la stessa che, oltrepassandolo con un salto, esclamò una singola frase: "Griffe de l’Esprit!", parole che preannunciarono il calare delle acque, non più soggette al controllo di Ea, parole dette da Gwen del Corvo, ora assieme ai propri compagni.

"Rinuncia alla battaglia, guerriero di Accad. Non è nel nostro interesse prendere la tua vita, o quella di alcuno dei tuoi compagni.", esordì allora Bao Xe, facendosi avanti fra i cavalieri, "Non siamo qui come nemici, bensì per difendere la Giustizia, per impedire che voi richiamate a questo mondo chi non agirà seguendo la pietà dei cuori mortali, bensì solo secondo la gelida logica degli dei immortali.", spiegò la guerriera di Musca, "Sì, non era nostra intenzione portare la guerra in questa città, ben più interessati siamo alla salvezza di tutti, per questo Ninkarakk ci aveva assicurato un incontro con il vostro Sovrano, per esporre lui ciò per cui combattiamo!", aggiunse subito Dorida.

"Non nominare una vittima della vostra follia!", la ammonì il guerriero di Usma, "Nessuno di noi l’ha uccisa, Saggio Ea, nessuno ha levato contro di lei il pugno, poiché i più erano troppo distanti, solo noi due, gli eravamo vicini e, come hai potuto vedere dai miei ricordi, non ci siamo macchiate di tale crimine. Credici quando diciamo che altri sono a tessere degli omicidi in questa vostra Antica Capitale.", affermò allora Gwen del Corvo, avvicinandosi alle altre due sacerdotesse.

"Chi mai potrebbe volere ciò fra gli Ummanu? Perché?", domandò allora l’avversario, "Questo solo tu puoi dirlo, vecchio, non di certo noi conosciamo le trame del vostro governo, né tanto meno quanti voi siate.", lo ammonì Husheif con voce critica.

"Allora perché avete ucciso finora tutti i miei compagni? Perché di alcuni di loro avete ammesso la responsabilità sulle morti!", incalzò ancora l’anziano consigliere.

Leif per primo si portò dinanzi agli altri, "Ho ucciso Zisutra, il guardiano, in un leale scontro, non vi è stato alcun atto ingiusto, semplicemente una leale lotta fra due guerrieri.", esordì il cavaliere del Nord.

"Io ho eliminato Zakar in battaglia, per difendere la mia vita e quella del mio compagno ferito Wolfgang!", aggiunse il santo cinese, avanzando accanto al compagno.

"Purtroppo, anch’io, per difendere i miei compagni, ho dovuto prendere la vita di Enki di Zu, il cieco dalle vestigia rossa.", continuò Bao Xe, "Ed io ho, prima di lei, sconfitto in un leale scontro Etana, il Guardiano settentrionale.", concluse Menisteo.

La maschera verde di Usma si volse allora verso i restanti guerrieri, "Di certo non mi riterrò colpevole di aver vinto contro quel gigante rosso, un grande combattente che ha perso contro le mie superiori abilità!", ribatté soddisfatto Damocle, scostando un ciuffo di capelli, "Né io mi prenderò colpe per essermi difeso contro la guerriera che controllava la sabbia…", borbottò Husheif con disappunto.

Per la seconda volta, il dubbio scosse Ea: i suoi avversari stavano ammettendo le vite strappate ad alcuni degli Ummanu, ma ancora negavano la colpa sulle morti di Enlil, Adapa e Ninkarakk; che fossero sinceri? Inoltre potevano avere forse ragione sulla presenza di qualche traditore? O sull’errore nel richiamare Shamash sulla terra? In fondo, lo stesso consigliere lo aveva pensato diverse volte, ma Marduk no, lui credeva in quel piano.

Poi chi mai avrebbe potuto tentare un simile tradimento? In fondo, quand’anche vi fossero state delle serpi fra gli Ummanu, chi mai poteva aver eliminato Enlil e Ninkarakk? Di certo non lui o Sin, né uno dei Sovrani… la guerriera di Khuluppu, poi, era stata uccisa quando ben due Anunnaki ed altrettanti Annumaki erano presenti dinanzi a lui in quel momento.

Kusag e Mummu? No, non potevano essere stati loro, avevano combattuto troppe volte assieme a Sire Marduk, dimostrandosi degni alleati del Sovrano di Smeraldo, fedeli come Ea, Aruru, Ninkarakk, Girru e Nusku.

Restava solo una persona: Nanaja, la fedele seguace e concubina di Baal, il Sovrano Dorato, che fosse stata lei, sfruttando la fatica delle battaglie combattute? Poteva essere, ma perché poi?

Quella fu la domanda che spezzò i dubbi: tutto ciò era senza senso, non aveva nessuno motivo, o modo, per credere che qualcuno avesse tradito la causa degli Ummanu. Doveva combattere quei nemici, niente di più di ciò, compiendo il suo dovere.

Con quella certezza in mente, l’anziano Consigliere congiunse le braccia dinanzi al petto, lasciandole brillare d’energia cosmica, "Preparatevi, fin troppo le vostre idee hanno tentato di confondermi!", avvisò Ea, pronto all’attacco. "Ali della Salvezza!", tuonò l’Anunnaki, scatenando il proprio attacco.

"Presto, tutti dietro di me, come contro Enlil!", urlò allora Husheif, evocando il Klubì Nematon, "No, stavolta andrà diversamente.", suggerì Leif, affiancandosi all’alleato ed emanando i cerchi di ghiaccio, che andarono a rinforzare le maglie d’energia cosmica della Tela, "Anche per la mia presenza!", aggiunse infine Menisteo, mentre anche il Dermaton Liontarides si sollevava, ponendosi come terza difesa, assieme a quelle dei compagni.

Le tre difese, unite in una sola, ressero alla perfezione contro l’attacco dell’anziano avversario, che ripeté nuovamente il colpo, scuotendo la potenza della protezione dei santi di Atena. "Non possiamo andare avanti così, dobbiamo attaccare!", sentenziò d’un tratto Damocle, "Non voglio uccidere costui! Non sarebbe giusto verso Ninkarakk!", lo ammonì Dorida, sbalordendo alcuni dei presenti, "Mi trovo d’accordo con la mia allieva.", aggiunse però Bao Xe.

"Sia dunque, non lo uccideremo, ma dobbiamo combattere se vogliamo interrompere questo stallo ed avanzare.", suggerì allora Wolfgang, trovando gli altri concordi con le sue parole; "Io preferirei eliminarlo, non vedo perché dovremmo trattarlo con così tanta gentilezza…", obbiettò il santo di Crux, "Allora, cavaliere, resta in retroguardia, penseremo noi a distrarlo quanto basta per renderlo poi inoffensivo.", replicò secco Zong Wu, prima di volgersi verso gli altri compagni.

Non ci vollero che pochi secondi prima che Auriga, Cani Venatici e Sagitta si spostassero con dei rapidi movimenti sui lati, rispetto alla posizione in cui la difesa di Menisteo, Husheif e Leif conteneva gli attacchi di Ea; "Ora, attacchiamo all’unisono, mi raccomando!", esclamò subito il santo di origini cinesi, espandendo il proprio cosmo assieme ai due compagni.

"Flechas Ardientes!", urlò la sacerdotessa d’argento, "Angriff der Jäger! ", aggiunse il santo di origini tedesche, "Mugen Gin!", concluse il cavaliere dell’Auriga, prima che i tre attacchi partissero, da diverse direzioni, verso un unico bersaglio: l’Ummanu di Usma.

L’Anziano consigliere capì subito d’essere circondato, tanto che, non appena vide i tre combattenti muoversi, interruppe gli attacchi sull’ormai debole difesa dei loro compagni, per studiare una giusta via di fuga da quei tre colpi ad ampio raggio, colpi che, una volta lanciati, impedivano all’Anunnaki di spostarsi sia sui propri lati, sia di avanzare, o indietreggiare; solo una via di fuga gli era rimasta, verso l’alto, l’unica con cui avrebbe potuto evitare quei colpi, ma era fin troppo ovvio che, proprio un suo salto verso l’alto era ciò che i nemici volevano, quindi, l’anziano guerriero preferì una risoluzione diversa.

"Arte degli Elementi! In mia protezione.", invocò semplicemente l’Anunnaki, mentre pareti d’acqua si sollevavano intorno a lui.

Fu proprio allora, quando le mura d’acqua contenevano gli attacchi nemici, che un’ombra si sollevò fra le onde, "Griffe de l’Esprit!", sentì sussurrare l’Ummanu, prima che il muro dinanzi a lui cadesse in flutti, lasciando apparire la figura chinata di Gwen del Corvo, subito oltrepassata con un balzo da Bao Xe della Musca.

"Volo di Myia!", esclamò la sacerdotessa di Atene, colpendo ben quattro volte le vestigia di Usma, prima di oltrepassare il guerriero che le indossava.

Non passarono che pochi attimi prima che l’armatura verde si ritrovasse segnata da quattro fori, che poi divennero crepe, la prima sulla spalla destra, la seconda alla rotula sinistra, la terza all’addome e l’ultima sull’elmo. Crepe che si frantumarono, portando alla rottura di una spalliera, un gambale e l’elmo, che si spezzò, rivelando il viso, ora ferito come spalla ed altre parti del corpo, di quell’anziano guerriero, il quale osservava con stupore la donna mascherata capace di tanto.

"Ti chiediamo di cedere il passo, Ummanu di Accad, non vogliamo la tua vita, ma di certo non potremo rischiare che ti attacchi di nuovo.", spiegò subito Bao Xe, mentre Ea si chinava, segnato da delle emorragie nei punti colpiti, "Non sono ferite mortali quelle che ti ho inferto, ma ho fratturato le ossa e danneggiato i vasi sanguigni, così non potrai più combattere, quindi arrenditi, e, te ne prego, indicaci come raggiungere in fretta questi Sovrani, così da potervi intavolare un dialogo. Tradimento e follia sembrano essersi insinuati nelle vostre fila.", concluse la sacerdotessa guerriero.

Nuovamente i suoi nemici parlavano di traditori, di come il progetto di Baal fosse folle, cercando di insinuare tali dubbi nell’anziano consigliere, di nuovo il dubbio prendeva forma nella mente di Ea, un dubbio che avrebbe forse potuto decretare la salvezza di Marduk, quanto la sua morte se si fosse sbagliato.

In fondo, però, chi erano quei guerrieri per deliberare sulle azioni di un dio, come Shamash? Una divinità che agisce per la Giustizia di certo non avrebbe fatto il male del Sire di Smeraldo.

Il tradimento, altresì, era qualcosa che già aveva valutato poco prima, un pericolo minimo, forse anche inesistente, una mera trappola che quei guerrieri cercavano di insinuare nella sua mente; era deciso Ea: non si sarebbe fatto sconfiggere. Doveva sconfiggere gli invasori, poi, se vi fossero stati dei traditori, assieme a Girru, Nusku, Kusag e Mummu se ne sarebbe occupato egli stesso.

"Mai mi arrenderò, donna, per quanto le tue parole risultino gentili. Ancora un’arma mi resta, la più potente che possiedo.", avvisò l’Ummanu, mentre già il cosmo riempiva l’aria attorno a lui, spalancando la bocca sul pettorale dell’armatura.

"Allontanatevi!", urlò allarmato Wolfgang, riconoscendo in quel gesto la tecnica che giorni prima aveva visto usare ad Adapa di Oannes, che di un Saggio si diceva allievo, e nessuno più di quell’Ummanu dalle verdi vestigia sembrava adatto ad usare tale tecnica.

"Arma del Saggio!", esclamò allora l’Anunnaki.

Un gigantesco vortice d’energia cosmica iniziò a spirare intorno all’Ummanu, sollevando l’acqua, frantumando la pietra, spingendo all’interno delle proprie spire d’energia i nove cavalieri di Atena, presi alla provvista da tanta potenza ed incapaci di fuoriuscirne.

"Di nuovo questo trucco…", riuscì appena a lamentarsi il santo dei Cani da Caccia, prima che anche il suo corpo fosse spinto all’interno del vortice, dove parti dei ponti che collegavano le vasche, oltre l’acqua stessa, lo investivano. Sorte condivisa anche dagli altri santi di Atena, che a malapena riuscivano ad osservarsi gli uni con gli altri, per controllare che tutti fossero ancora vivi.

"Un vortice con dell’acqua non è nemico che io tema.", esordì allora il cavaliere di Cetus, sollevando le braccia, pronto per eseguire il proprio colpo migliore, "Aurora Ice Whirl!", urlò il santo d’argento, rilasciando la gelida energia, che congelò parte dell’acqua che si sollevava nel tornado d’energia cosmica per alcuni secondi, prima che, un incremento nella velocità di rotazione, frantumasse la trappola di ghiaccio, permettendo alle onde innaturali che lì ruotavano, di investire lo stesso Leif.

"Cetus!", urlò la sacerdotessa di Corvus, "Qui abbiamo ben poche possibilità di movimenti, cavalieri, come possiamo fare?", incalzò ancora Bao Xe, "Vedrò di occuparmene io, come già feci contro l’Appalaku che usava questa tecnica!", esclamò allora Wolfgang, espandendo il proprio cosmo.

Con un rapido movimento del corpo, il santo di Atena si portò con le gambe su uno dei bordi del ponte che roteavano assieme a loro, "Reißzähne des Jägers!", urlò il cavaliere d’argento, scatenando le fauci del Cacciatore, che con devastante furia corsero verso la superficie interna del vortice d’energia, al pari di Wolfgang stesso. Quando, però, l’energia delle fauci si schiantò contro il tornado, questi ne fu scosso, quasi si creò al suo interno una crepa, ma non fu sufficiente perché il santo di Atena la attraversasse, anzi, il cavaliere tedesco vi rimase intrappolato, roteando ancora più velocemente, prima di essere scagliato nuovamente all’interno del ciclone d’energia.

"Futili sono questi tentativi, straniero.", lo ammonì allora Ea, immobile all’interno dell’occhio di quel tornado, "Anche se conosci l’unico modo per abbattere questa mia tecnica, non potrai di certo riuscirci tanto facilmente come contro Adapa. La vastità del mio cosmo mi permette di riparare all’istante qualsiasi danno il vortice subisca, una velocità ben superiore alla vostra servirebbe per oltrepassare lo squarcio prima che si ripari e raggiungermi.", spiegò l’anziano.

"Desistete, vi concederò una morte indolore.", concluse poco dopo l’Ummanu.

"Non ci è concesso ritirarci. Chiaro è il nostro compito: impedire l’avvento di una divinità quale Shamash sulla terra.", replicò secco Zong Wu dell’Auriga.

"Perché mai ostentate tanto disprezzo per il Sommo Giudice? Non siete forse anche voi servitori della Giustizia? O solo Atena, dea di Grecia, deve tenere il monopolio su tale ruolo di divinità giusta?", incalzò ancora il Consigliere.

"La dea Atena non amministra la Giustizia, bensì la protegge. Lascia agli uomini la facoltà di sbagliare o di agire per il proprio bene, a lei solo il ruolo di difensore di tale diritto è dato. Mai aizza battaglie fra gli uomini, bensì protegge le genti da minacce quali il Signore della Guerra, il Sovrano dei Mari, o il Re degli Inferi, divinità dell’Olimpo che non hanno a cuore il bene delle umane genti. Noi, che di Atena siamo i seguaci, la volontà della nostra dea seguiamo, combattendo chi agisce per il proprio bene, più che per quello degli innocenti e dei deboli.", ribatté subito Bao Xe.

"Dunque, per voi, richiamare un dio Giudice sulla terra, non sarebbe il bene dei deboli e degli innocenti? Non elimineremmo tutti coloro che compiono dei soprusi?", chiese ancora Ea il Saggio.

"No, poiché indistintamente colpirebbe tutti ed anche la più innocente delle persone, in vita, sua si è macchiata di qualche peccato, seppur misero, poiché l’uomo è fallace, ma proprio perché, dopo l’errore c’è la penitenza, si può sperare nella salvezza, qualcosa che Shamash non concederebbe di certo. Inoltre, richiamare una divinità in questo mondo potrebbe portare all’avvento di altri dei suoi pari, allo scoppiare di una nuova guerra Sacra, qualcosa di dimensioni estese e catastrofiche!", spiegò lesta la sacerdotessa della Musca.

Per la terza, o forse la quarta, ormai lo stesso Ea ne aveva perso il conto, il dubbio si impadronì dell’anziano consigliere: la grandezza dell’uomo stava forse nel sapersi riprendere dopo i propri errori? Sì, questo era molto probabile, era qualcosa in cui lo stesso Ummanu voleva credere e che spesso aveva cercato di trasmettere ai propri discepoli. Poteva essere questo un motivo sufficiente per impedire l’avvento di Shamash? Non stava a lui deciderlo, aveva cercato di riflettere con il suo giovane Re, ma questi era stato convinto dalle parole di Baal: avrebbe aiutato il sovrano degli Appalaku nel progetto di riportare la Giustizia sulla terra e fra le genti di Accad, poiché grande era il suo affetto verso la propria popolazione. Ed Ea non poteva andare contro i propri doveri verso Marduk.

Fu quest’ultima, ovvia, verità a spingere l’anziano Ummanu ad aumentare la potenza di rotazione del vortice in cui i nemici erano intrappolati, "La battaglia qui si conclude, invasori. Prenderò le vostre vite, strappandole assieme alla pelle ed alla corazza dal corpo, attraverso il vorticare d’energia cosmica.", si accomiatò l’Anunnaki, prima che le urla dei cavalieri sopraffacessero la sua voce.

"Dobbiamo fare qualcosa!", urlò d’un tratto Menisteo, le cui vestigia già stridevano all’attrito con l’energia cosmica nemica, "So io cosa!", replicò secco Husheif, che, solo grazie all’agilità di cui era capace, riuscì a portarsi con il ventre verso il suolo, volgendo il capo in direzione dell’Anunnaki, prima di muovere abilmente le mani, lasciando scorrere i fili della sua tela d’energia, che rapidi raggiunsero, e presero, Zong Wu, Dorida, Damocle, Wolfgang, Gwen, Leif ed il cavaliere di Eracle stesso.

"Che vuoi da me, circense? Toglimi quell’insulso filo dalla gamba!", obbiettò lesto il santo di Crux, "Fai silenzio per un attimo, pomposo sciocco, avremo bisogno anche di te per riuscire adesso!", ringhiò il cavaliere di Reticulum, "Agirai per ultimo, dopo che gli altri avranno colpito all’unisono verso un unico punto del vortice.", ordinò secco, prima di voltarsi verso i restanti sei cavalieri che aveva preso a se, i quali acconsentirono con un gesto secco del capo.

"Rozan Ginniryuha!", urlò il cavaliere dell’Auriga, scatenando i due draghi d’argento, "Flecha Grande de Fuego!", aggiunse la sacerdotessa di Sagitta, scagliando il grande dardo infuocato, "Reißzähne des Jägers!", continuò il santo dei Cani da Caccia, liberando le feroci fauci del Cacciatore, "Aurora Ice Whirl!", riprese il parigrado di Cetus, emettendo il sifone d’energia fredda, "Griffe de l’Esprit!", esclamò dopo la guerriera di Corvus, rilasciando l’artiglio del nero volatile, "Sfurì Dunames!", concluse Menisteo, liberando la potenza della Clava di Eracle.

I cinque colpi raggiunsero assieme la superficie interna del vortice, brillando di possente energia, mentre frantumavano il roteare della corrente, "Ora!", urlò a quel punto Husheif, attirando a se Damocle, che subito pose i piedi sul ventre del parigrado egizio, "Grazie, finalmente ti rendi utile.", ridacchiò l’italico cavaliere, spingendosi in avanti, "Crux Caelium!", invocò, infine, ricoprendo il proprio corpo di una luce quasi immateriale.

Forse l’esitazione dovuta alla sorpresa ed ai dubbi, forse l’effetto dell’Artiglio dello Spirito, che rallentò il controllo sul vortice d’energia cosmica, forse la potenza immensa che i cavalieri riuscirono a creare assieme, forse l’incredibile velocità di cui Damocle era capace con quella sua tecnica, ma probabilmente tutte queste motivazioni insieme ne furono la causa, se, inatteso e potente, uno squarcio a forma di croce s’aprì sulle vestigia di Usma, frantumando anche il secondo volto che le ricopriva sopra il pettorale, lasciando cadere Ea al suolo, ferito al petto.

Il vortice d’energia si quietò, spegnendosi e permettendo agli otto cavalieri di scivolare al suolo, fra le vasche, che si riempirono nuovamente d’acqua, ed i frammenti dei sei ponti.

L’Ummanu di Usma era inginocchiato, si stringeva la ferita al petto, mentre ancora l’ombra minacciosa di Damocle gravava sopra di lui.

"Sei stato sconfitto, guerriero di Accad.", furono le prime parole che gli rivolse Bao Xe, parole che corrispondevano a verità, come lo stesso Ea ormai capiva.