Capitolo 27: Il Distruttore

La salita della parete durò quasi un’ora oltre l’alba stessa: quando i due santi d’argento riuscirono finalmente a ritrovare un pavimento solido ai loro piedi, ormai il sole già osservava con il suo caldo ed inflessibile sguardo quel giorno, che di certo avrebbe visto nuove battaglie.

Per pochi minuti, una volta arrivati al quarto piano di Anduruna, Gwen di Corvus e Zong Wu dell’Auriga dovettero avanzare, oltrepassando due sale sgombre di alcun tipo di oggetto, fino ad arrivare in una ben più ampia, dove ad attenderli trovarono una singola figura dalle vestigia rosse come il sangue. Un nuovo nemico.

Era immobile, senza dir alcunché ai due cavalieri che si trovava davanti, con i sottili occhi dorati li scrutava, mentre questi facevano altrettanto.

L’armatura rosso scarlatto raffigurava chiaramente un cane, o qualcosa che del cane sembrava avere le forme: il tronco delle vestigia ricordava, in parte, l’armatura di Eracle, per quanto concedesse una copertura maggiore, celando anche la base del collo e le spalle con voluminosi aculei, che si inerpicavano poi anche sul dorso del guerriero; le braccia e le gambe coperte da protezioni che ricalcavano le zampe di un canide, con tanto di affilate zanne all’estremità dei pugni; la cinta, poi, era decorata da una maschera a forma di mastino che ne copriva la zona dell’inguine, mentre l’elmo del guerriero aveva più una funzione di abbellimento, giacché ben poco celava del volto, disegnando, con le sue sottili formi, il teschio di un cane con orecchie simili a corna.

"Siete dunque voi gli invasori? Coloro che tante vittorie hanno riportato sull’esercito degli Ummanu?", domandò d’improvviso il nuovo avversario, senza muoversi d’un passo dalla propria posizione, "Il mio nome è Arazu di Alu, Annumaki al servizio, ormai, del defunto Enlil, il Re Scarlatto.", si presentò il guerriero.

Agli occhi dei due cavalieri d’argento, lo sguardo di chi gli sbarrava la strada risultava quasi indecifrabile, pareva quasi di trovarsi davvero dinanzi ad un cane da guardia, intento solo a ringhiare, al margine esterno dei confini della propria casa; non sembrava, Arazu, intenzionato ad attaccarli, anzi, restava ancora immobile, senza neppure alzare una qualche difesa, fermo in attesa di qualcosa, seppur, in cuor loro, nessuno dei due santi di Atena, sapeva che cosa fosse.

Fu l’allievo di Dauko il primo a farsi avanti verso l’Annumaki, che subito gli rivolse i reattivi occhi dorati, "Il mio nome è Zong Wu dell’Auriga, sono uno dei cavalieri di Atena giunti fin qui dalla lontana Grecia, ma non ti sono nemico, per quanto tu possa pensare, Ummanu.

Finora abbiamo sì combattuto e vinto alcuni di voi, ma sempre dopo essere stati per primi attaccati; il nostro vero fine è quello di incontrare i vostri Sovrani per spiegare loro quale terribile rischio sia, per il mondo intero, richiamare sulla terra Shamash, il Giudice Divino, il cui spirito di giustizia è vuoto di ogni forma di pietà e comprensione verso chi ha sbagliato, ma poi si è pentito dei propri errori. Non l’odio, o il desiderio di conquista muove i nostri passi, ti prego di credere in questo.", concluse il santo di Atena, attendendo poi la risposta dell’altro.

Per un attimo, dopo aver detto quelle parole, il cavaliere fu scosso da un tremore, inconscio quanto facilmente distinguibile: una paura simile a quella di trovarsi dinanzi ad una fiera assetata di sangue, una paura che lo colpì non appena intravide lo sguardo sul volto dell’Annumaki, sguardo ora tornato simile a prima, impassibile nell’attesa di qualcosa.

"Mi credete forse sciocco, stranieri? Se ciò che dite fosse vero, non sarebbero morti così tanti miei compagni, da Enlil, mio Sovrano, fino all’ultimo Ea, o agli Anunnaki che dovete aver vinto per giungere fin qui. Oppure qualcuno, fra Girru e Kusag, vi ha lasciato passare, dopo queste parole?", domandò Arazu, lasciando un po’ interdetti i due con il secondo nome pronunciato, "Sappiate comunque che non oltrepasserete mai questa porta! È dovere di un Annumaki impedirvi di raggiungere le scale alla fine del corridoio che si apre alle mie spalle.", concluse con voce decisa.

"E se ti dicessimo che vi sono dei traditori nel vostro esercito? Individui che stanno cercando di distruggervi dall’interno?", incalzò Zong Wu, "Io vi reputerei dei bugiardi.", fu la secca replica dell’altro, "Possiamo provarlo!", s’intromise allora la sacerdotessa, facendosi avanti dinanzi agli atti occhi dell’Annumaki.

"Il mio nome è Gwen del Corvo, Sacerdotessa guerriero in nome di Atena, ho i poteri di mostrarti che vi sono davvero dei traditori fra voi Ummanu, poiché la morte di Ea, di cui ci hai or ora accusato, non è stata perpetrata per nostra mano, non abbiamo ucciso il Saggio Consigliere e, se me lo concederai, te lo mostrerò.", spiegò la guerriera.

"Chi mi dice che, ciò che mi potresti mostrare, non sia una semplice illusione? Persino Zakar, mio compagno d’arme, era capace di mostrare immagini non vere alle sue vittime.", osservò, mostrandosi disilluso, Arazu.

"Zakar creava incubi nelle menti dei nemici, lo so, poiché le ho subite su me stesso, quando mi ha attaccato, complice la notte e la stanchezza; non su questi mezzi noi basiamo le nostre azioni, Annumaki.", si affrettò a spiegare Zong Wu, ricevendo uno sguardo incuriosito dall’altro, prima che Gwen continuasse: "Posso giurarti sul mio onore di guerriera che non utilizzerò alcuna illusione, né in altro modo ti porterò danno, semplicemente la verità ti mostrerò, nella sua completezza. Starà poi a te decidere se ciò che ti rivelerò sia falso, o meno, lasciami solo il diritto di provare.", suggerì la ragazza.

Per alcuni secondi, l’attento ed impassibile sguardo di Arazu si mosse dall’uno all’altra, senza trasmettere niente di più di ciò che avevano precedentemente potuto leggere i quei due occhi dorati; solo Zong Wu aveva un sentore di pericolo, avvertito proprio alcuni secondi prima e, proprio per tal motivo, si volse persino verso Gwen, rivelando con gli occhi la preoccupazione che il suo piano gli portava: avvicinarsi in quel modo ad un nemico che, per quanto sembrasse mansueto, trasmetteva inquietudine e pericolo.

"Sia, guerriera, accetto di vedere la verità che dici di potermi mostrare, ma attenta a non cercare di ingannarmi, terribile sarebbe la mia vendetta in tal caso.", minacciò con voce seria, prima che la sacerdotessa di Corvus gli si avvicinasse.

Il resto accadde in un attimo: entrambi se ne resero conto troppo tardi, che gli occhi di Arazu da quieti ed osservatori, nel momento stesso in cui Gwen stava per eseguire la sua tecnica, si erano tramutati negli occhi di una bestia assetata di sangue. E non solo lo sguardo mutò in un istante, il volto tutto parve mutare in qualcosa di demoniaco e furioso, prima che un cosmo esplodesse un incendio di fiamme nere.

"Fauci distruttrici! Divorate questa stolta!", furono le uniche parole che, dopo quel veloce ed inatteso mutamento, l’Annumaki pronunciò, investendo poi con un violentissimo pugno d’energia infuocata Gwen.

***

Non fu il dolore a risvegliarla, ma le parole di una voce nota, che con poca gentilezza la chiamava, scotendone il corpo, "Sagitta, svegliati! Hai intenzione di riposare ancora!", urlò la voce che risvegliò Dorida della Sagitta.

La sacerdotessa guerriero si guardò intorno confusa: aveva il corpo indolenzito, ma, più di questo la colpì lo scenario in cui si trovava: macerie, per lo più quasi liquefatte, solo questo vedeva, oltre a Husheif di Reticulum, che a fatica si manteneva in piedi, trattenendo con il braccio sinistro il sangue che cadeva copioso da una ferita.

Non ci vollero che pochi secondi perché la guerriera ricordasse quanto accaduto ore prima, utilizzando subito dopo il frammento delle vestigia di Khuluppu per curare il parigrado.

"Dov’è l’Anunnaki?", domandò nel frattempo Dorida, guardandosi intorno, "E’ ormai storia: l’ho sconfitto.", affermò tranquillo Husheif, indicando un cadavere carbonizzato a diversi metri di distanza.

"Ti dimostri terribile, come si narra, Reticulum…", riuscì appena a commentare, sbalordita, la sacerdotessa guerriero, "Tanto terribile d’averti salvato la vita.", la punzecchiò il cavaliere d’argento.

Niente, a quelle parole, rispose la guerriera della Sagitta, punta probabilmente sul vivo dall’osservazione che, in modo anche piuttosto diretto, sottolineava come la sacerdotessa fosse in debito verso il cavaliere.

"Piuttosto…", esordì d’improvviso proprio Husheif, richiamando Dorida dai suoi pensieri, "avrai anche tu bisogno di curarti dopo aver subito l’attacco dell’Anunnaki prima.", suppose il cavaliere d’argento.

Solo in quel momento, a quell’inattesa osservazione, Dorida si rese conto che, mentre era priva di sensi, il frammento delle vestigia di Khuluppu l’aveva guarita, anche se lei non aveva, volontariamente, infiammato il proprio cosmo per riuscire a rimarginare le ferite subite.

"Il frammento ha agito da solo…", poté solo rispondere, perplessa lei stessa, la sacerdotessa, prima di allontanarsi di qualche passo da Husheif, ormai illeso.

"Fortunata coincidenza. Ora, però, dobbiamo vedere di raggiungere la sala dove si trovano i Sovrani di questi Ummanu.", osservò il cavaliere di Reticulum, "La porta è persa, celata dalla frana del piano sovrastante; potresti usare una di quelle tue fruste d’energia.", suggerì Dorida, guardandosi intorno.

"Non sono fruste, Sagitta, bensì fili, inoltre non servirebbe a niente raggiungere il quarto piano.", la ammonì Husheif, "Perché mai?", incalzò subito la sacerdotessa, "Perché troveremmo solo altri nemici, mia astuta compagnia d’arme, che rallenterebbero il nostro percorso.", replicò sarcastico l’altro.

"Sei forse un codardo, cavaliere? E se qualche nostro compagno stesse tuttora combattendo al quarto piano di questo palazzo?", domandò indispettita Dorida, "Sei tu ad essere stupida, sacerdotessa!", sbottò lesto Husheif, "Se anche noi arrivassimo al piano sovrastante e trovassimo i compagni intenti in qualche battaglia, potremmo sì essergli d’aiuto, ma questo non ci permetterebbe comunque di raggiungere i Sovrani di questi Ummanu, prima che il loro rituale giunga a compimento. Lo senti anche tu, no? Il cosmo di questa divinità è ormai così vicino e pressante da essere quasi palpabile e, oltre questo, è smisurato! Immagino la preoccupazione che tu possa avere per i compagni, ma siamo giunti fin qui per impedire l’avvento sulla terra di questo Giudice.", concluse con tono serio il cavaliere di Reticulum.

Per alcuni secondi Dorida rimase in silenzio, riflettendo su quanto aveva appena detto il parigrado, ammettendo, solo a se stessa, che in fondo le parole dell’altro non erano poi così errate, che il loro dovere, come cavalieri di Atena, era di impedire il ritorno di Shamash sulla terra e che, quindi avrebbe dovuto mettere da parte, almeno per il momento, la preoccupazione per tutti gli altri compagni e la maestra, probabilmente impegnati in battaglie nelle altre zone di Anduruna.

"Sia pure, Reticulum, come vuoi evitare di passare per il quarto piano?", chiese la Sacerdotessa guerriero, "Con i miei fili, già te lo avevo detto.", affermò semplicemente il santo d’argento, avvicinandosi ad un foro nel muro esterno della sala, mentre già dei fili d’energia si tessevano fra le sue dita, "Niente di più semplice che arrampicarsi dall’esterno!", rise divertito Husheif.

***

Zong Wu non fu abbastanza veloce da soccorrere la sacerdotessa del Corvo, travolta in pieno sterno da una serie di fiamme nere che, simili a denti famelici, incidevano ustioni e tagli sul corpo e sulle vestigia della guerriera.

"Maledetto bugiardo!", tuonò il cavaliere d’argento, lanciando contro l’Annumaki i dischi taglienti, "Stolti voi, a credere alle mie parole!", replicò secco Arazu, rilasciando il proprio cosmo incandescente, che ricacciò indietro le armi del guerriero cinese, il quale con abilità le riprese senza alcuna ferita.

"Gin Zan!", esclamò allora il santo di Atena, rilasciando il proprio cosmo argenteo in una coppia di lame energetiche, dirette contro il corpo dell’avversario.

Un sorriso si dipinse allora sul volto del guerriero di Alu, prima che rapido si muovesse, evitando con uno scatto laterale sulla sinistra il primo dei due fasci d’energia, per poi, con un altrettanto veloce piegamento sulle ginocchia, schivasse persino la seconda, portandosi ben più vicino al suo secondo avversario, per colpirlo, alla fine, con un violento pugno allo stomaco.

Solo l’esperienza guerriera maturata durante gli anni di addestramento nel combattere corpo a corpo, permise a Zong Wu di parare quel primo violento pugno, portando ambo gli avambracci a difesa dell’addome e compiendo, nel frattempo, un balzo indietro, che lo distanziò di alcuni passi dall’avversario.

"Veloce ed abile costui, oltre che capace d’inganni…", osservò sorpreso il cavaliere d’argento.

"Sì, tutto ciò io sono: veloce, abile e scaltro, ma ancor di più potente!", esclamò divertito Arazu, "Per tutto questo tempo sono rimasto al guinzaglio di Enlil, stretto dal suo contorto desiderio di guerra compiuta solo per cercare la morte, ora sono libero da ogni impedimento. Per troppo tempo ho ringhiato nell’ombra, attendendo che un nuovo padrone levasse dal mio collo la catena della calma ed ora è sciolta, io sono libero! Arazu di Alu, il Mastino degli Inferi! Preparati, cavaliere di Atena, se tale è il tuo rango, poiché tu e la tua compagnia d’arme sarete i primi di una lunga serie di libagioni troppo a lungo attese, non vi divorerò in fretta, bensì saggerò con piacere le vostre sofferenze!", tuonò ingolosito dalle sue stesse parole, l’Annumaki, lasciando esplodere il proprio cosmo.

"Nere fauci del Mastino! Ecco il vostro cibo, gustatelo!", urlò ancora l’Ummanu dagli ispidi capelli biancastri, rilasciando dai pugni chiusi due sfere d’energia che s’andarono ad unire, in un vorticoso, quanto veloce, attacco, dirigendosi inesorabili contro Zong Wu, simili a feroci zanne di un cane, che addentarono con precisione il cavaliere d’argento al tronco, rilanciandolo indietro di diversi metri e frantumando le sue vestigia, oltre che la parete su cui andò a schiantarsi.

Con uno sguardo divertito, ma per nulla sazio di quanto aveva appena compiuto, Arazu si volse verso Gwen, il cui corpo era ormai il suolo, privo delle fiamme che fino a pochi attimi prima le avevano impresso diverse ferite, "Torniamo alla portata principale del nostro pasto…", si disse, leccandosi per qualche attimo le labbra.

Bastò la sola mano sinistra all’Annumaki per sollevare per il collo la sacerdotessa guerriero ancora priva di sensi, "Una così inutile creature dovrebbe portare tanti problemi al piano di Sin? Sarebbe divertente affrontare Marduk, in fondo i numeri, al momento, sono dalla nostra parte, ma perché lasciarla vivere? Strapperò prima la sua di vita, poi quella di quel suo compagno e poi tutte le altre che ancora si agitano da questa parte del palazzo, come di certo Erra starà facendo con gli avversari di quello sciocco di Nusku.", rifletté fra se, divertito, Arazu, prima che la mano libera si allungasse verso la maschera di Gwen.

"Mi chiedo a cosa serva… forse cela qualche deformazione fisica? O magari è un segno di comando… chissà che questa loro dea, Atena, non esiga la deturpazione del volto nelle guerriere…", ridacchiò fra se l’Annumaki, togliendo la maschera della sacerdotessa guerriero e gettandola al suolo a diversi passi di distanza.

Una nota di disappunto si dipinse allora sul viso di Arazu nel notare la completa assenza di alcun tipo di deformazione, ma la curiosità in lui sorta fu interrotta dalle parole che Zong Wu disse alle sue spalle: "Lasciala andare!".

"Lasciarla andare?", ripeté divertito l’Ummanu di Alu, prima di voltarsi verso il cavaliere nemico, per restare, inaspettatamente, senza parole, dinanzi a ciò che vide: il santo di Atena aveva, infatti, gli occhi chiusi.

Per alcuni attimi, Arazu rimase interdetto, immobile dinanzi a qualcosa che non capiva: perché il suo avversario era ora con gli occhi chiusi? Eppure le uniche ferite che lui stesso gli aveva inferto riguardavano la zona del tronco, non di certo il viso, che, anzi, era illeso.

Per precauzione, in caso quel gesto fosse solo un qualche inganno stranamente congeniato, il guerriero di Alu portò dinanzi a se, come scudo, la svenuta sacerdotessa d’argento, quindi scattò, rapido e spietato, contro il nemico, investendolo con un violento pugno alla bocca dello stomaco, ricolmo di energia cosmica, contro cui, stavolta, ben poco poté fare Zong Wu, incapace di avvertire i rapidissimi movimenti dell’altro.

"Sei forse impazzito, straniero? È desiderio di morte a spingerti a tali azioni?", domandò incuriosito l’Annumaki, "Lasciala andare e combatti con me, Arazu di Alu, allora vedrai se sono effettivamente desideroso di morire, o piuttosto di combattere alla pari con te.", replicò a denti stretti il cavaliere di Atena.

Fu allora che un tarlo s’insinuò nella mente dell’Ummanu: "La maschera! Ecco cosa non puoi guardare, il volto sotto la maschera, vero?", domandò divertito, da breve distanza, Arazu, prima di infierire con un violento pugno, contro l’addome dell’avversario, sferrando poi un secco calcio alla gamba sinistra del cavaliere, sbattendolo a terra, prima di continuare ad infierire su di lui con una serie di violenti calci. "Ho ragione, straniero? È il volto sotto la maschera che non puoi osservare!", esultò divertito l’Annumaki.

"Lasciala e combatti da guerriero!", poté solo obbiettare Zong Wu; il cavaliere d’argento, una volta ripresosi dal primo degli attacchi del nemico, lo aveva visto gettare via la maschera di Gwen e, cosciente di quale fosse il valore di quel velo che le sacerdotesse di Atena indossavano, rispettando anche la propria compagnia di addestramenti perché lo indossava con orgoglio, non poteva in alcun modo disonorare la sacerdotessa di Corvus, osservandola in volto, anche perché, ben sapeva il santo dell’Auriga quali fossero i doveri delle guerriere che venivano osservate in volto, quali opzioni loro restassero dopo tale ignominia.

Proprio perché a conoscenza Zong Wu non poteva che combattere con gli occhi chiusi, sperando che l’avversario lasciasse andare la sacerdotessa; speranza che, però, si rivelò vana, tanto più che ora l’Annumaki stava usando Gwen come scudo umano, impedendo così al cavaliere persino di attaccare liberamente, con il rischio di raggiungere la compagnia d’armi, anziché l’Ummanu di Alu.

"Lasciarla? E perché mai? Mi diverte questa variazione sul piano iniziale! La fanciulla di cui stringo il gentile collo, alla fine, risulta essere veramente il piatto centrale di questo pasto, lei, che potrebbe rivelare a Marduk la verità, cadrà, dopo aver causato la morte di un suo compagno d’arme, che, addirittura, non può guardarla in volto! Quale poetico scenario per un primo massacro!", esultò Arazu, "Ed ora, guerriero, preparati, poiché nuove sofferenze ti saranno riversate addosso! Fauci Distruttrici!", urlò alla fine l’Annumaki, scatenando le nere fiamme che subito si gettarono sul cavaliere di Atena.

Le urla del santo d’argento, però, valsero a risvegliare Gwen del Corvo, il cui volto poté ritrarre tutto il suo stupore, non appena sentì la calda brezza di quelle oscure fiamme raggiungerle il viso e comprese di essere priva della maschera.

"Ti sei svegliata, fanciulla? Com’è avvertire il caldo soffio delle mie fiamme infernali sul viso, ora che non hai più quella strana maschera?", incalzò divertito Arazu, sollevando ancora di più la sacerdotessa guerriero con la forza di un solo braccio.

"Maledetto…", riuscì appena a dire la ragazza, il cui azzurro sguardo non riuscì ad osservare il nemico, troppo preso dalla visione di Zong Wu, al suolo, con gli occhi chiusi, azione di cui non le fu difficile comprendere il motivo, un’azione che, le riportò, per qualche attimo, tristi ricordi alla mente, ricordi che, però, l’Annumaki fu lesto dal strapparle, assieme ad un urlo di dolore, lasciando espandere il proprio cosmo incandescente attraverso la mano serrata sul collo di lei.

"Sacerdotessa!", poté solo urlare il cavaliere dell’Auriga, "Silenzio, invasore di Grecia! Solo le urla ti sono concesse, come melodico inno alla mia potenza! Urla, solo questo da voi voglio sentire e niente altro!", ringhiò a quel punto l’Ummanu, infierendo con un calcio violento contro lo sterno del santo d’argento.

"Altro invece sentirai…", poté appena sussurrare Gwen, concentrandosi, al di là del dolore che provava al collo, "Plumes Corneille!", evocò la sacerdotessa, prima che le oscure ali del Corvo rilasciassero il loro potente colpo psichico attraverso l’armatura del guerriero di Alu, colpendo direttamente il braccio che teneva stretta la ragazza.

Sbilanciato più dall’attacco, che non dal dolore che ne seguì, Arazu lasciò la presa sulla guerriera di Atena, che lesta poté allontanarsi di qualche passo, cercando con lo sguardo la propria maschera, "Cavaliere, ora puoi guardarlo, ha lasciato la presa!", aggiunse soltanto, portandosi dietro a Zong Wu, così da liberargli la visuale.

Il santo dell’Auriga non se lo fece ripetere due volte e lesto espanse il proprio cosmo, "Gin Zan!", urlò subito dopo. Fu forse la sorpresa della reattività avversaria, forse il dolore del colpo infertogli da Gwen, forse l’eccessiva vicinanza al cavaliere d’argento che stava martoriando, però, Arazu non poté far niente per evitare il nuovo attacco, che lesto lo investì, scagliandolo diversi passi indietro, con alcune ferite al tronco, da cui già pioveva via del sangue.

In pochi attimi, il cavaliere di Atena fu di nuovo in piedi, dando le spalle alla sacerdotessa d’argento, "Corvus, resta alle mie spalle, così che possa portare avanti la battaglia senza dover tenere gli occhi chiusi.", chiese semplicemente Zong Wu. "No, non posso.", replicò secca l’altra, senza però avvicinarsi, "Sai bene quali sono i doveri di noi sacerdotesse d’argento una volta che qualcuno ci guarda in volto: devo prendere la sua vita, lo impone il codice per noi sancito.", aggiunse, "Va avanti tu, stavolta, Auriga, ti raggiungerò assieme a Menisteo, ne sono certa.", concluse, con una voce più serena di quella usata poco prima.

L’allievo del cavaliere di Libra stava per rispondere, quando una risata lo interruppe, "Va avanti tu? Resta alle mie spalle? Forse voi due non avete ben capito contro chi state combattendo e quale destino vi è riservato! Morirete entrambi qui, ora! Lentamente, supplicandomi di strappar via le vostre vite, dopo che avrò fatto altrettanto con la pelle che vi riveste.", urlò Arazu, i cui occhi sembravano brillare di una sempre più insana follia omicida.

"E parlando di rivestire, ragazzina, la tua maschera, per ora, la tengo io!", tuonò trionfante, mostrando il cimelio appena raccolto, giacché, ironicamente, vi era caduto vicino.

"Sacerdotessa, abbassati!", urlò a quel punto il santo d’argento, espandendo il proprio cosmo, "Mugen Gin!", invocò poi, materializzando decine di dischi taglienti, che per tutta l’intera sala volarono, dilaniando le mura laterali, ma non l’Annumaki, che con un abile salto evitò il colpo avversario, compiendo una parabola proprio sopra il nemico. "Nere fauci del Mastino! Colpite!", esclamò Arazu, scatenando un attacco potente solo la metà del precedente, poiché scatenato con una sola mano, un attacco che Zong Wu seppe evitare senza problemi, spostandosi e seguendo la parabola discendente dell’Ummanu, finché non capì dove questa sarebbe finita: fra lui e Gwen, costringendolo ad osservarla, così, il cavaliere dovette di nuovo chiudere gli occhi. Di questo approfittò Arazu: "Nere Fauci del Mastino! Ancora cibo per voi!", esclamò, andando stavolta pienamente a segno sul cavaliere, che fu sbalzato indietro, ferito.

"Auriga!", esclamò sorpresa Gwen, "Non ti preoccupare, ragazzina, ci sono anche per te tante sofferenze da subire!", ringhiò immediatamente Arazu, gettandosi contro la sacerdotessa guerriero, vedendola, all’ultimo, scomparire da dinanzi a se, lasciando andare a vuoto il potente pugno che stava per investirla.

"Ma cosa?", ebbe appena il tempo di balbettare l’Annumaki, prima che sentisse la maschera che aveva fra le mani tirare, come se avesse avuto una volontà propria, pronta a sfuggirgli di mano, "No, non sperarci, ho capito ora!", esclamò infuriato Arazu, voltandosi e lasciando esplodere il proprio cosmo infuocato, che, però, ancora una volta andò a vuoto, senza trovare il bersaglio.
"Sei sfuggente, ragazzina, ma ora ho capito che trucco usi… l’ho già visto in atto fra gli Ummanu, però non pensavo che si potesse essere capaci di trasportare anche se stessi, oltre che spostare gli oggetti!", esclamò, senza scomporsi più di tanto, mentre decine di frammenti di muro, già da lui frantumanti dall’inizio dello scontro, gli si lanciavano addosso, come stelle cadenti, ricolme del cosmo della sacerdotessa guerriero. Ad Arazu bastò espandere il proprio cosmo per incenerire tutti quei frammenti di pietra senza alcun problema.

"Se non hai di meglio, comunque, ragazzina, temo che il gioco alla lunga diverrà noioso ed io ho ancora tante libagioni di cui cibarmi…", osservò con superiorità l’Annumaki di Alu, prima che una scura ombra si materializzasse alle sue spalle, simile ad un maestoso corvo nero.

"Plumes Corneille! Raggiungete il nemico!", invocò a quel punto Gwen di Corvus, apparendo alle spalle del nemico e scagliando, per la seconda volta, contro di lui lo stesso attacco che era riuscito ad avere la meglio su Aruru di Golem.

L’esplosione di energia, in effetti, raggiunse il guerriero scarlatto, riuscendo addirittura a danneggiare le rosse vestigia di Alu all’altezza della spalliera sinistra, facendo cadere copioso il sangue da quella nuova ferita, ma ciò, non bastò, però, a gettare a terra l’Annumaki, che, anzi, incassato il colpo senza alcuna opposizione, rivolse un sorriso divertito alla sacerdotessa, "Avevo capito fin da prima la natura di questo tuo attacco, quando avevi investito il mio braccio, ma, per quanto sia impeccabile, sembra che un colpo abituato a subire ferite non abbia di che preoccuparsene.", rise divertito Arazu, "Ed ora, vediamo di chiudere questa faccenda, ormai tediosa!", ringhiò, lanciandosi all’attacco.

"Nere Fauci del Mastino! Divoratela!", urlò con furia cieca il guerriero mesopotamico, ma ancora una volta, la ragazza fu più veloce, sfruttando il teletrasporto per spostarsi, evitando di essere raggiunta dall’attacco, portandosi sopra l’avversario, "Plumes Corneille!", evocò Gwen, riapparendo.

Il colpo andò nuovamente a segno, senza alcuna difficoltà, ma, stavolta, Arazu non rimase immobile a subirlo, bensì, non appena ebbe sentito la voce dell’avversaria, si lanciò verso di lei, investendola con violenza con gli aculei della spalliera, tanto da far sputare sangue alla giovane sacerdotessa, prima di bloccarle con la mano libera il capo e, facendo peso con il proprio corpo, gettarla al suolo, schiantandola contro lo stesso, prima di investirne nuovamente l’addome con l’ispida spalliera.

In quello stesso momento un oggetto volò, sibilando, contro la testa dell’Annumaki, che dovette solo alzare il capo per vedere il disco argenteo contro di lui diretto, per poi rigettarlo indietro con la semplice espansione del proprio cosmo incendiario.

"Cavaliere! Aspettavamo giusto te! Che ne dici? Vuoi dare uno sguardo al viso martoriato della tua compagnia d’arme, prima che le strappi via la pelle?", domandò divertito Arazu, sollevando il capo di Gwen, così da costringere Zong Wu a volgere altrove lo sguardo, per poi colpire con un calcio ricolmo d’oscura energia la gamba sinistra della sacerdotessa, fratturando l’osso.

Un urlo di dolore proruppe dalle labbra della sacerdotessa e contemporaneamente l’Annumaki scoppiò in una risata di giubilo, "Questo era ciò che attendevo di sentire, questa dolce melodia!", rise soddisfatto, lasciando la presa sul capo della ragazza per prenderle il braccio destro e piegarlo con violenza, fino a spezzarlo.

Un altro urlo di dolore, allora, proruppe dalle labbra della sacerdotessa, "Sì, questa deve essere la giusta reazione! Non come Ea, che non ha nemmeno urlato! Tutta colpa di Nanaja!", esclamò pieno di eccitazione e piacere nella voce.

"Che cosa?", lo interruppe il cavaliere dell’Auriga, "Ea?", ripeté perplesso, "Sì, cavaliere dagli occhi chiusi a tutto, anche alla realtà dei fatti: la morte di Ea mi è nota, non solo perché faccio parte del progetto di Sin, bensì perché eravamo lì, a martoriare il suo corpo di calci e pugni, io ed Erra, dopo che Nanaja lo aveva ferito ed ammutolito, prima che Sin stesso lo uccidesse!", ammise con vanagloria l’Ummanu di Alu.

"Sei solo un mostro…", poté appena accennare Gwen, stordita dal dolore delle ferite, "Al contrario, sono molto di più, sono, dopo Enlil e Sin, il più forte dell’Esercito Scarlatto, ma di certo il primo per desiderio di sangue in tutte le nostre schiere! Sono colui che per primo ha accettato di seguire il Re Scarlatto e per primo ha acconsentito a tradirlo, aiutando il suo stesso figlio in questo colpo di stato e sempre per il medesimo motivo: perpetrare distruzione e caos; sia pure che Sin, una volta salito sull’unico trono degli Ummanu, mi renderà Primo comandante degli Anunnaki, che riformerò a mio piacimento, distruggendo speranza e bontà dai cuori di chi vede l’effige verde e lasciando in loro solo disperazione, dinanzi alla certa devastazione che quel simbolo porterà! Un premio più che dovuto, direi, per il mio onesto lavoro al seguito del Principino…", rise divertito Arazu.

"Dunque per questo lo fai? Per comandare su un esercito?", domandò Zong Wu, "Hai forse otturato le orecchie, oltre che aver chiuso gli occhi?", incalzò l’altro, "Non per il titolo di comandante, ancor prima di rivolgere alcuna offerta di un guadagno io ero al fianco di Sin, per il semplice fatto che mi proponeva di distruggere un esercito sorto millenni fa, per mano degli dei stessi, di portare caos lì dove vi è ordine, di portare disperazione al posto della giustizia che Marduk persegue ed in cui, in fondo, anche Enlil credeva! Solo questo mi interessa, produrre caos, perpetrare la distruzione!", esclamò soddisfatto l’Annumaki.

"Sei folle.", poté solo aggiungere il cavaliere di origini cinesi, "In molti mi hanno già definito così, ormai non mi tocca più un epiteto del genere.", obbiettò con tono superiore l’altro, sorridendo a denti stretti.

"Auriga!", esclamò a quel punto Gwen, "Non possiamo permettere che costui vinca… devi colpirlo con un attacco abbastanza potente e per farlo, devi riuscire a vederlo.", affermò con voce decisa, "Quindi, abbi fiducia in me ed apri gli occhi.", concluse semplicemente.

"Che cosa?", riuscì appena a balbettare, stupito, Zong Wu, "Interessante vedere a quanto siate pronti pur di vincere… credo che terrò le vostre teste per ricordo, dopotutto.", rise a quel punto Arazu.

"Apri gli occhi, fidati di me, Auriga!", urlò ancora una volta Gwen, "Non posso…", balbettò l’altro, "Zong Wu, fidati!", ripeté di nuovo la sacerdotessa.

Fu forse perché l’aveva chiamato per nome, forse perché aveva compreso che qualcosa era stato, dalla sua compagnia d’arme, elaborato, per evitare che il suo onore di sacerdotessa fosse violato, comunque, il cavaliere d’argento aprì gli occhi, in tempo per osservare un frammento del terreno alzatosi e postosi dinanzi al viso di Gwen. Con un sorriso in volto, allora, Zong Wu sfruttò il momento di sorpresa che quella semplice azione aveva creato: "Mugen Gin!", esclamò il cavaliere, lasciando esplodere le centinaia di dischi argentei, che volarono all’unisono contro l’Annumaki.

Incapace di difendersi, perché preso alla sprovvista, il guerriero scarlatto fu travolto dagli attacchi, che dilaniarono in più punti la sua armatura, prima di schiantarlo al suolo, ferito. Non ebbe poi tempo per rialzarsi che già la sacerdotessa d’argento del Corvo, lo aveva oltrepassato, scattando verso di lui circondata dal suo scuro cosmo, "Noire voler!", disse semplicemente la ragazza.

***

Si era rialzato da diversi minuti ormai, nemmeno lui, però, avrebbe saputo dire quanti tanto erano uguali: passati, dopo un primo stordimento ed un faticoso rimettersi in piedi, malgrado le vestigia, praticamente distrutte, ed il corpo dilaniato da molteplici ferite. Ora, dopo quei primi momenti, il tempo sembrava non passare mai, sempre impiegato nel cercare un modo per uscire dalla sala, lì dove la porta stessa era crollata, assieme a molto delle mura circostanti, lasciandolo intrappolato, solo con quel poco che restava del nemico e con le vestigia di Usma, uniche a non aver perso la loro forma iniziale, dopo che Girru stesso le aveva messe a riparo. Così passava il tempo di Menisteo di Eracle, sanguinante e stremato, ma deciso a non fermarsi, specie dopo aver compreso che ormai il sole del terzo giorno di battaglie era alto in cielo e, altresì, il cosmo di Shamash era sempre più pressante nella città di Accad: non aveva tempo di riposare, non adesso.

***

Dopo aver sentito quelle due semplici parole dall’avversaria, Arazu di Alu non vide più né lei, né l’altro cavaliere, bensì si ritrovò in un’altra sala, che ben conosceva, all’esterno delle stanze degli Annumaki, lì vide se stesso ed Erra bloccare Ea, prima che il Consigliere richiamasse le proprie vestigia, lì poté osservare se stesso martoriare l’anziano senza alcuno scrupolo e pietà, prima che Sin, alla fine, gli strappasse la vita.

"Ah, che magnifica scena! Fammela rivedere, ragazza!", esclamò alla fine l’Ummanu, "So bene che è opera tua tutto ciò, su, fammi rivedere un’altra volta questo massacro, o magari scava nella mia memoria, mostramene qualche altro, adoro intraprendere un viaggio nei ricordi: mi è così piacevole!", esultò soddisfatto, guardandosi intorno, mentre tutto diventava nero e vuoto.

"A tal punto arriva la tua follia?", domandò d’improvviso la voce di Gwen, rivelandosi fra le tetre ombre di quel luogo senza forma, "Non è follia, bensì ti offro di scoprire tutto di me, come io ho visto il tuo viso.", ribatté sornione l’Annumaki, prima che la scena cambiasse ancora.

Era una piccola casa in pietra bianca, una costruzione piuttosto semplice, in tre, forse quattro stanze, vi abitavano un uomo, la sua sposa ed i loro quattro figli, tutti maschi, giovani ed in salute, al pari dei genitori.

"La mia casa, la mia famiglia…", osservò, con voce rapita, Arazu, "Ero il terzo di quattro figli…", continuò, indicando un bambino dai capelli ispidi e chiari e gli occhi dorati.

"Vai avanti!", esclamò, voltandosi concitato verso Gwen, "Raggiungi il giorno del quattordicesimo compleanno di mio fratello maggiore!", ordinò secco.

Ciò che, allora, la giovane sacerdotessa vide fu, quanto meno, singolare: una piccolo gruppo di bambini, che giocavano in una piazza, attorno ad una fontana in pietra, con una palla; due bambini che litigano, il più grande spintona il più piccolo, spinto Arazu, e questi, infastidito, lo spintona con maggior forza, facendogli perdere l’equilibrio, tanto che l’altro sbatté violentemente la testa contro il bordo della fontana.

Urla di disperazione si alzarono allora nella piccola piazza, gente di ogni età si radunò attorno al bambino, ormai morto, solo Arazu era in disparte, accennando un incerto sorriso.

Con gli occhi perplessi e dorati di quel bambino, Gwen vide i genitori della piccola vittima accusare la famiglia del futuro Annumaki, incapace di fare nulla più che scusarsi, cosciente che il giorno dopo avrebbero chiamato chi di dovere per punire il piccolo assassino secondo la legge.

E la sacerdotessa vide Arazu, quella notte stessa, uscire di casa silenzioso e solo ed uccidere l’intera famiglia del piccolo, nel sonno, senza far alcun rumore, li massacrò uno dopo l’altro, senza batter ciglio, accennando solo un sorriso.

"Il primo massacro, come dimenticarlo? Nemmeno me ne resi conto quasi…", rise divertito in quel momento l’Annumaki, "E sai, ragazza, la cosa più ironica? Mio padre mi diede del mostro, disse che lui stesso mi avrebbe portato di fronte alla giustizia, fu così che decisi: eliminai lui ed il resto della famiglia e, nella notte successiva, diedi fuoco all’intero villaggio!", esclamò con gioia, mentre le immagini della sua memoria scorrevano dietro di lui.

Al vedere quelle alte fiamme e le urla di decine di persone echeggiare in quella mente perversa, la sacerdotessa ebbe un sussulto, che riportò alla sua di memoria tristi immagini di un passato che sapeva di non poter dimenticare, come Ea gli aveva precedentemente dimostrato.

"Scorri, scorri tutti i miei massacri, le decine di villaggi che ho distrutto dall’età di undici anni, prima usando l’inganno ed il sotterfugio, durante la notte, poi con la forza delle armi e del mio corpo e quindi, una volta incontrato Enlil, attraverso il potere del cosmo che egli risvegliò in me, lodando la capacità guerriera che avevo, ma rifiutando di accettare la voglia di distruzione che non ho mai celato! Scorri tutta questa distruzione e deliziati delle mie capacità, ragazza!", esultò gioioso Arazu, prima che l’ambiente diventasse di nuovo nero e vuoto.

Solo lo sguardo accusatore di Gwen rimase a decorare l’ambiente, prima che anch’esso scomparisse, riportando l’Annumaki al presente, un presente in cui sentì due parole nitide echeggiare su di lui: "Adesso, cavaliere!".

Fu un istante, lo stesso che gli ci volle per riprendersi da quello sbalzo da una realtà alla successiva, ma bastò perché Arazu si lasciasse scappare di mano la maschera d’argento, che prontamente Gwen riprese, esclamando due sole parole verso il parigrado, parole che diedero a Zong Wu la possibilità di riaprire gli occhi sull’Annumaki.

"Rozan Ginniryuha!", invocò allora il cavaliere dell’Auriga, lasciando esplodere la coppia di draghi argentei che dai suoi pugni volarono inesorabili verso l’Ummanu; questi, però, ripresosi dalla confusione, lasciò esplodere di rimando il proprio cosmo, "Non speriate di vincermi con così poco!", li ammonì, prima di rilasciare delle fiamme attorno a se, con cui riuscì a contenere l’impatto con il colpo avversario, che, comunque, lo sbalzò indietro, lasciandolo schiantare contro una parete poco distante.

Non ci volle molto perché, però, Arazu si rimettesse in piedi, sanguinante e con gli occhi addirittura iniettati di sangue: "Ora, mi avete veramente stancato! Basta, di voi non lascerò niente, vi perderete in un inferno di fiamme!", urlò, prima che il cosmo nero e fiammeggiante prendesse forma sulle braccia, fino a raggiungere le spalle.

"E non a caso vi preannuncio un inferno di fiamme, poiché quello è il nome del mio colpo migliore, lo stesso nome che hanno gli Inferi su cui regnano Ereshkigal ed il suo sposo Nergal, l’ultima parola che udirete, prima che in confusi lamenti di disperazione, la vita vi sia distrutta! Irkalla!!!!", tuonò con tutto il fiato che aveva in gola l’Ummanu.

Un turbinio di nere fiamme, quasi simili alle fauci di un mostro mitologico, nacque dal corpo stesso dell’Annumaki, un turbinio che feroce ed incontrastabile si dirigeva verso Gwen del Corvo, troppo stremata per il continuo uso delle sue capacità psichiche e delle tecniche, perché potesse evitarlo.

Non possedeva tecnica alcuna capace di far ciò, se non l’artiglio spirituale, ma, per quanto avesse ripreso la maschera, il dolore per il braccio e la gamba rotti la rendevano comunque ancora lenta, tanto che niente poté, almeno inizialmente, se non osservare Zong Wu dell’Auriga, portatosi dinanzi a lei, per proteggerla dal violento attacco.

Le fiamme che si schiantavano contro il santo d’argento, iniziando a frantumarne le vestigia, questo fu ciò che l’Annumaki vide, prima che il fuoco stesso gli occultasse i nemici alla vista.

Un urlo di inumana gioia proruppe allora dalla bocca di Arazu, prima che le fiamme si iniziassero a disperdere, lasciando solo ceneri e polveri al loro passaggio, annerendo le pietre, ma non rivelando, agli occhi dorati del guerriero mesopotamico, i corpi dei suoi due nemici. Con rapidità, a quella scoperta, l’Ummanu di Alu si guardò intorno, scoprendo i due avversari ancora vivi, in piedi, a diversi metri di distanza, nella parte opposta della sala, "Ancora quei tuoi trucchi, ragazzina?", ringhiò Arazu, intuendo che erano state proprie le abilità di Gwen a salvarli entrambi, malgrado il corpo e le vestigia di Zong Wu fossero stati chiaramente toccati dalla potenza distruttiva delle nere fiamme, tanto da rimanerne danneggiati ed ustionati.

"Spero voi non vogliate cercare la salvezza in questo modo? Potrete anche evitare il potere del mio colpo migliore, una, forse due volte, ma non in eterno! Le fiamme oscure alla fine vi inghiottiranno, divorandovi!", minacciò l’oscuro nemico, espandendo il proprio caldo e malefico cosmo nuovamente.

"Ha ragione, alla lunga non avremo modo di vincerlo, inoltre non credo di poter andare avanti per molto con questi spostamenti…", ammise con un sospiro affaticato la sacerdotessa, rivolgendosi al proprio compagno d’arme, "Basterebbe un’apertura nelle sue difese; per quanto possa sopportare il dolore, ormai non ha più l’armatura a proteggerlo, subirà per intero i nostri attacchi.", osservò stremato Zong Wu.

"Un’apertura nelle sue difese non credo sia possibile trovarla così facilmente, ma ho un’idea alternativa, e spero altrettanto efficace, cavaliere, ho solo bisogno che tu attenda proprio in questa posizione e sappia lanciare il tuo colpo migliore, quando te lo dirò.", aggiunse allora, con un velo di incertezza, la sacerdotessa guerriero, "Sarà rischioso…", concluse, insicura.

"Abbi fiducia in me, Gwen, così come io ne ho in te.", replicò semplicemente il santo dell’Auriga, portandosi in posizione di guardia ed iniziando ad espandere il proprio cosmo, dopo aver rivolto un sorriso sincero alla compagnia d’arme, che rispose con un semplice cenno del capo.

Le fiamme generate dall’energia cosmica di Arazu, nel frattempo, avevano raggiunto livelli d’ampiezza incredibili, persino inconcepibili per dei cavalieri d’argento quali loro erano, ricolmi, altresì, dell’oscura malvagità del loro padrone, "Sembrate dunque pronti per la vostra fine!", esclamò l’Annumaki, richiamandoli alla battaglia, "Allora andate ad essa incontro, avrà la forma delle nere fiamme degli Inferi! Irkalla!", urlò ancora l’Ummanu di Alu, lasciando esplodere il proprio cosmo di fuoco.

Non ci fu più che uno scambio di cenni fra i due cavalieri di Atena, prima che Gwen scomparisse dalla visuale di ambo i guerrieri in quella sala, per riapparire pochi istanti dopo alla sinistra del vortice di fuoco, a qualche metro da terra.

In quella posizione, la sacerdotessa si diede la spinta con la gamba illesa sul muro alle sue spalle, lanciandosi dritta sull’ammasso di fiamme generate dall’Annumaki. "Sei forse impazzita, ragazzina? Cosa speri di ottenere così?", la schernì divertito questi, ma la guerriera del Corvo non si curò di tali parole, già pronta a sferrare il proprio attacco: "Griffe de l’Esprit!", invocò semplicemente.

Non ci volle che un istante perché il vortice di fuoco fosse divelto in due parti, che s’andarono perdendo, seppur riuscirono entrambi a raggiungere i cavalieri d’argento parzialmente, ma ciò non fermò Zong Wu che, vista l’apertura nell’attacco avversario, sferrò subito il proprio contrattacco: "Rozan Ginniryuha!", invocò, scatenando la potente carica dei due draghi d’argento, che raggiunsero in pieno l’Annumaki, distruggendo il poco che restava delle sue vestigia e gettandolo al suolo, gravemente ferito, in una pozza di sangue, che da lui stesso usciva.

A fatica i due cavalieri di Atena si riunirono, a pochi passi dal nemico sconfitto, che ancora respirava, seppur a fatica.

"Non spererete di vincere così, vero?", ringhiò verso di loro Arazu, schiumante di rabbia, malgrado il sangue che scivolava via dal suo corpo, "Vi strapperò via la pelle dal corpo, mi serve solo la forza di rimettermi in piedi e poi staccherò voi braccia e gambe e li userò per martoriarvi!", urlò ancora, "A te, ragazzina, toglierò prima la maschera e poi la pelle del viso, la userò per abbellire le nuove vestigia di cui diverrò di certo padrone!", continuò a minacciare.

Gwen, a quelle parole, si avvicinò di qualche passo al nemico, facendo cenno a Zong Wu di restare in disparte, "E’ obbligo presso le sacerdotesse di Atena uccidere chi li vede in volto, ma non per questo dovere tu dovrai spirare, Annumaki: non per ciò che tu hai visto di me, bensì per quello che io ho visto dentro di te, le morti, la distruzione, la disperazione che hai portato con la tua vita, senza mai curarti di nessuno, per questo soltanto, ora, morirai.", sentenziò con voce sicura la giovane sacerdotessa, espandendo il proprio cosmo attorno a se.

Pochi secondi dopo, parti della parete e del soffitto iniziarono a brillare di uno scuro colore, prima di essere letteralmente staccati dalla sala, sollevandosi maestosi, come le mani di un gigante mitologico, mani che si andarono a schiantare sul corpo di Arazu di Alu, il quale, per pochi istanti ancora continuò a dibattersi, prima che la vita, alla fine, lo abbandonasse.

L’ultima fatica, però, fu forse troppo per la sacerdotessa d’argento, che barcollò indietro, prossima a cadere al suolo, se Zong Wu non l’avesse, all’ultimo, sostenuta.

"Grazie, cavaliere.", fu l’unica cosa che Gwen disse, "Grazie a te, sacerdotessa, da solo probabilmente non avrai vinto questa battaglia.", replicò cordiale il santo dell’Auriga, prima di volgere la sua attenzione verso l’uscio che li avrebbe condotti al piano superiore, lì dove il rituale per richiamare Shamash sembrava giunto quasi a termine.

Assieme, sostenendosi l’uno con l’altra, i due cavalieri si diressero verso l’uscita, mentre, sempre su quel versante di Anduruna, Husheif e Dorida stavano scalando le pareti esterne del palazzo per raggiungere l’ultimo piano e, più indietro, Menisteo di Eracle avanzava a fatica verso il luogo dove tutti avrebbero incontrato i Sovrani rimasti e con loro, anche il fautore di molti inganni, Sin.