Shaina '90 presents:

Fratelli

Era disteso a terra, senza più forze. L'attacco di quei soldati disertori l'aveva colto di sorpresa, nonostante avesse i sensi vigili per natura, mentre cacciava. La ferita si allargava su tutto il suo petto, mozzandogli il respiro, e rubandogli rapidamente le forze. "Che modo stupido di morire" aveva pensato. All'improvviso, preceduta da un rumore di foglie calpestate, era apparsa lei. Si era inginocchiata accanto a lui e aveva esaminato la ferita. -Posso aiutarti- aveva detto.

-No, è troppo tardi- aveva risposto lui -Non c'è più niente da fare.

La ragazza era rimasta indecisa per qualche istante, poi aveva posato una mano sulla ferita, mormorando "Guarisci", e qualcosa di incredibile era accaduto. Un nuovo, lancinante dolore aveva attraversato il corpo di lui, come un fuoco che lo bruciava dall'interno. Aveva urlato, mentre la ferita si rimarginava, lasciando come per magia la pelle liscia e compatta.

"Lo affiderò alle cure dei nostri genitori, noi tre ci prenderemo cura di lui. Basta con le lotte, basta con gli zaffiri! Ti ripudio, Hilda di Polaris, ho ritrovato mio fratello, qualunque sia l'esito dello scontro, io ho vinto. Addio per sempre, Asgard!"

Questo pensava Alcor, camminando nella neve del suo paese, diretto alla casa dei suoi genitori... dei genitori suoi e di Mizar. Aveva freddo; circa mezz'ora prima le forze l'avevano abbandonato e aveva perso i sensi, rischiando di congelare per il freddo impietoso della città. Anche ora non era nel pieno delle forze, ma il peso che portava tra le braccia gli dava una forza immensa: Mizar... suo fratello... Le parole di Andromeda e Phoenix gli tornavano continuamente in mente, gli sembrava di aver vissuto un bruttissimo incubo. Non sapeva cosa avrebbe fatto, ma una cosa è certa, pensò guardando il fratello privo di sensi, non ti abbandonerò mai più, fratellino.

In pochi minuti il ragazzo giunse davanti a una bella casa con un minuscolo giardino. Dall'interno si udì un piccolo grido, poi una donna e un uomo sui quarant'anni si precipitarono fuori e si gettarono su Mizar, che Alcor aveva delicatamente deposto a terra.

-é solo svenuto, si riprenderà- disse Alcor a voce bassa.

La coppia alzò gli occhi; la donna emise un urlo soffocato, l'uomo fece un mezzo sorriso e disse: -Ciao, Alcor.

-Ciao, papà.

La donna mise subito a letto Mizar, poi lei, il marito e Alcor si riunirono davanti al fuoco. Il ragazzo li fissò a lungo, senza parlare: li aveva visti una sola volta, otto anni prima, ma solo ora poteva guardarli bene. Aveva preso soprattutto dal padre, ma gli occhi erano quelli della madre, così come il sorriso. Entrambi sembravano imbarazzati, poi alla fine la donna disse:

-Sono stati i cavalieri di Atena a ridurre così Mizar, vero?

Alcor annuì. -Si, ma non è come sembra. Non avevano cattive intenzioni.

I due non risposero, e all'improvviso Alcor si sentì un intruso. Scattò in piedi e si diresse verso la porta. I suoi genitori sembrarono scuotersi dall'apatia, e il padre chiese:

-Dove vai, ragazzo?

Alcor si girò. Dove sarebbe andato? Aveva giurato di non lasciare il fratello, ma avrebbe saputo costruire un rapporto con lui? E con i genitori che lo guardavano indecisi?

-Non so cosa fare... ma non voglio restare di nuovo solo- ammise tutto d'un fiato, e sentì le lacrime bagnargli le guance.

Senza parlare, la madre si avvicinò al ragazzo e lo abbracciò, piangendo a sua volta. Anche l'uomo si avvicinò, e mormorò: -Ci sei mancato. Forse Mizar te lo ha detto, ma noi non ti abbiamo mai dimenticato...

-Neanche un giorno della vostra vita- bisbigliò a sua volta il ragazzo -Neanch'io.

-Allora cosa fai, resti?

Mizar era apparso sulla porta della stanza e lo fissava con affetto, sfidandolo a rinnegarlo e, insieme, supplicandolo di non farlo.

Un senso di pace lo circondò: -Resto.

E solo allora si avvicinò al fratello e lo abbracciò stretto, felice di aver ritrovato la metà perduta della sua anima.

Nelle settimane successive i due avevano fatto amicizia, e quella ragazza si era rivelata profondamente sola e malinconica, ma anche molto dolce. I suoi genitori, appartenenti ad una delle più ricche famiglie del paese, erano morti quando lei era molto piccola, lasciandola sola e circondata solo da persone che non desideravano altro che le sue ricchezze. Molti la additavano come strana, anormale, ma lei era solo una ragazza bisognosa di cure. E lui, il primo che le dava un'amicizia sincera e disinteressata, diventava sempre più importante per lei, attenando la malinconia che la circondava. E in quella sera in cui era andato a trovarla, l'aveva trovata in lacrime e l'aveva consolata... il dolore era ormai parte di lei, sola ed incompresa; lui non sapeva di essere l'unico che poteva aiutarla, ma spinto da non sapeva cosa l'aveva abbracciata; e le aveva confidato il suo segreto più segreto, quello che lo tormentava da anni. Si erano aperti vicendevolmente il cuore, scoprendo quanto è dolceamaro annegare il dolore tra le braccia della persona per cui si prova qualcosa di speciale. Lui capì di essere nato per proteggere quella creatura che mostrava al mondo un volto fraglie, ma sapeva emanare tanta forza d'animo... e lei assaporò la dolce sicurezza che quelle braccia forti le comunicavano, sapendo che, finchè quelle iridi verde acqua fossero rimaste fissate nelle sue, nulla avrebbe potuto farle del male....

Il mese successivo passò in fretta per entrambi i ragazzi. Alcor era felice di aver ritrovato la sua famiglia e l'amore dei genitori gli dava una gioia immensa. Ma la persona più importante era Mizar. I due fratelli avevano ben presto imparato a conoscere gli aspetti più intimi delle rispettive anime e a intuire i pensieri dell'altro, segno che denotava una profonda sintonia. Mizar e Alcor avevano 18 anni di lontananza da recuperare, ma ben presto i due ragazzi sentirono di aver raggiunto uno stato di empatia profondissimo, ed erano felici di essersi ritrovati. Raramente esternavano questi loro pensieri: tra loro le parole erano superflue, bastava uno sguardo, un gesto a capire l'immenso affetto che nutrivano l'uno per l'altro.

In una sera di plenilunio, i due ragazzi erano distesi sul prato davanti alla casa, guardando le stelle.

-Noi siamo lì- disse Alcor, indicando le stelle da cui entrambi prendevano nome -Ormai siamo gli ultimi rimasti.

-Già. Delle otto stelle dell'Orsa Maggiore, ora solo due brillano.

-Domani si terranno i funerali degli altri Cavalieri, dovremo andarci, non credi?

-Certo.

Per qualche minuto nessuno dei due parlò, poi Mizar disse: -Tu cosa pensi di fare con l'armatura? Io non vorrei più combattere, ora che ho così tanto che potrei perdere. Ma siamo sempre cavalieri di Asgard.

-Hai ragione, fratello. Dovremo parlare con la regina. Forse vorrà richiamarci al suo servizio, o forse le nostre armature spetteranno a nuovi cavalieri.

Mizar annuì, poi mormorò: -Qualunque cosa succeda...io sarò sempre al tuo fianco, fratellino.

-Lo so.

Nessuno dei due ragazzi tentava di dissimulare le lacrime davanti ai pesanti feretri che contenevano le spoglie mortali di Orion e degli altri cavalieri. Come ultimi cavalieri rimasti in vita, i due fratelli avrebbero dovuto accompagnare la Regina nel tempio, ma Hilda Polaris non cercò i due ragazzi che, dal canto loro, decisero di non farsi vedere. In mezzo alla popolazione riunita, la regina si alzò dopo la fine del rito e diede l'addio ai guerrieri che avevano protetto Asgard con le loro vite. Hilda Polaris aveva il bel viso solcato dalle lacrime, anche se pochi, oltre a Mizar e Alcor, sapevano il motivo più profondo. La regina aveva perso, in quella tremenda lotta, non solo i guerrieri che la proteggevano, ma anche l'uomo che amava; i due gemelli sapevano cosa legasse il loro comandante alla sacerdotessa di Odino, e quanto profondo fosse il loro amore; ma tra le lacrime un piccolo sorriso era nascosto sul viso di Hilda, e il modo in cui ogni tanto la giovane si sfiorava la pancia mostrava che Orion di Dubhe non se n'era ancora andato del tutto.

Finita la celebrazione, Hilda raggiunse Mizar e Alcor nei pressi del castello.

-Sono lieta di sapere che le cose si sono sistemate, per voi- disse ai due ragazzi inginocchiati davanti a lei. -Se sono qui, è anche per sapere cosa desiderate fare. Non ho alcun diritto di chiedervi di combattere ancora, e quindi se vorrete rinunciare a essere cavalieri della stella Zeta nessuno vi giudicherà.

I due ragazzi si guardarono, come a consultarsi con lo sguardo: non avevano più parlato della possibilità di combattere ancora, ma come al solito bastò uno sguardo per capire che entrambi erano d'accordo.

-Maestà- rispose Mizar -Nessuno ci obbliga a farlo, ma noi combatteremo ancora in difesa vostra e di Asgard, e in memoria dei nostri compagni caduti.

Ilda sorrise, contenta: -Sono felice di avervi ancora a difesa del nostro paese, sono certa che Orion e gli altri cavalieri guideranno le vostre azioni.

Poco dopo la regina dovette tornare al castello, e Alcor si allontanò per cercare i genitori. Mizar, invece raggiunse la principessa Flare. La giovane non gli diede neanche il tempo di domandare ciò che lo opprimeva da giorni. -No, non è ancora tornata. Ma ho ricevuto un suo messaggio: sarà qui tra pochi giorni.

I due ragazzi conobbero i loro nuovi compagni pochi giorni più tardi, al castello: alcuni erano ragazzi che conoscevano di vista, altri totalmente sconosciuti e provenienti da zone remote di Asgard: ragazzi coraggiosi e fedeli ad Odino e ad Hilda, anche se, pensava Mizar con un po'di nostalgia mentre si allenava con i nuovi cavalieri, i loro successori non avrebbero mai saputo suonare l'arpa dolcemente come faceva Mime, parlare con i lupi e gli altri animali come faceva Luxor, lavorare l'ametista con la stessa maestria di Megres... le sue lugubri riflessioni furono interotti dalla vista di Flare, che agitava una mano nella sua direzione; quando la giovane sillabò, vista la confusione che regnava nella stanza, "Ti aspetta", un largo sorriso si disegnò sulle labbra del ragazzo.

Quella sera Mizar percorreva a passo svelto le vie di Asgard; la madre lo aveva mandato a raccogliere legna, e il ragazzo sperava che nessuno si sarebbe accorto se non fosse andato solo al margine della foresta; nessuno sapeva dove stava andando: ne i suoi genitori, ne Alcor, anche se il ragazzo aveva deciso di confidare il suo segreto al fratello, se lei fosse stata d'accordo. Infine giunse sotto una grande casa che si trovava nel centro della città: da fuori si sentiva il rumore di un telaio in funzione e una voce femminile che canticchiava. Mizar lanciò un piccolo sasso contro una finestra che da cui usciva la luce di una lampada, e in un attimo sia il telaio che la voce si spensero. Una figura umana scura spiccò per un attimo contro la luce della finestra, poi sparì e pochi secondi dopo la porta della casa si apriva. Mizar entrò silenziosamente e si chiuse la porta alle spalle; un attimo dopo una fanciulla si gettò sul ragazzo, abbracciandolo e appoggiandogli la testa sulla spalla: -Oh, Mizar, che paura ho avuto... ho avuto solo informazioni frammentarie prima di arrivare qui, dicevano che eri morto, che eravate morti tutti...

Il ragazzo strinse dolcemente a se la fanciulla, poi la allontanò un poco per guardarla.

Saga era altissima, praticamente quanto lui, ed era di corporatura media; i capelli castani ondulati le arrivavano fino alle ginocchia, ed anche gli occhi erano marroni. Aveva lineamenti marcati ma piacevoli, segno di un carattere gentile ma combattivo. Indossava un abito celeste aderente sul busto e con un ampia gonna. Ed era bellissima agli occhi del ragazzo.

-Mi spiace averti fatto preoccupare, ma come vedi sto benissimo. Dove sei stata nelle ultime settimane?

Saga sospirò e invitò l'amico ad avvicinarsi al camino acceso, poi si sedette difronte a lui e spiegò: -Ho dovuto visitare alcune proprietà a Nord... non sai che noia. Mi sei mancato.

-Anche tu.

Rimasero per qualche secondo in silenzio, guardandosi come se si vedessero per la prima volta: non erano un cavaliere e una ricchissima orfana, ma solo due ragazzi con qualcosa di grande nell'animo. Mizar chiese: -C'è qualcuno oltre a noi?

La ragazza scosse la testa: -No, tutti i miei accompagnatori se ne sono andati al tramonto. Siamo soli.

Quelle ultime parole ebbero l'effetto di creare grande imbarazzo nel ragazzo, specie ricordando che era entrato come chi fa qualcosa di proibito. Per dissipare la vergogna narrò all'amica dell'incontro col fratello, di come ora vivesse con lui e con i genitori e di come fosse felice di averlo vicino.

-Sono contenta per te, mi piacerebbe conoscere tuo fratello- disse Saga con un sorriso sincero -Ma dovrei essere gelosa? Ora non sono più io la tua amica del cuore?- scherzò.

-Saga...- bisbigliò Mizar avvicinandosi timidamente a lei -Lo sai che è diverso... tengo moltissimo ad entrambi, nella stessa misura, ma in modo diverso... è un altro tipo di affetto.

La ragazza annuì, e nel suo sguardo non vi era paura quando Mizar si sedette accanto a lei e le passò un braccio intorno alle spalle; gli occhi color nocciola di lei e quelli verde acqua di lui si specchiarono gli uni negli altri, e il ragazzo mormorò: -Non temere mai che io possa dimenticarti... sei sempre nel mio cuore...

La ragazza annuì e gli passò le braccia intorno alla vita appoggiandosi a lui, godendo del calore che il corpo atletico e armonioso del ragazzo le comunicava. Dopo un istante, Mizar le posò una mano sul viso per incontrare il suo sguardo, poi, senza quasi respirare, posò le labbra su quelle di lei. Subito avvertì la stretta delle braccia della ragazza farsi più forte,e i due continuarono a baciarsi per lunghi minuti, persi l'uno nell'altra.

Quando la mattina successiva Alcor entrò in cucina, trovò il fratello in agitazione. Mizar guardava costantemente la porta di casa.

-Aspetti qualcuno?- gli chiese.

-Beh... per la verita sì.

-Chi?

-Un amico. Una persona che vorrei presentarti.

-Ah... va bene. Mangio qualcosa.

Masticando un frutto, Alcor cercò di dissimulare la tensione che improvvisamente gli aveva percorso l'animo: una sensazione di pericolo e incertezza, diversa da quando avvertiva un attacco, ma ugualmente pericolosa... era scaturita quando Mizar gli aveva detto di aspettare visite. Non fare l'idiota, si disse, è normale che abbia degli amici, piuttosto dovresti fartene qualcuno anche tu!

Amici...non aveva mai avuto degli amici. E neanche dei compagni, perchè combatteva sempre da solo. Solo Mizar era nel suo cuore, solo a lui si sentiva legato.

-Eccola!- gridò Mizar all'improvviso, correndo verso la porta. -é lei!

Lei? Come, lei?!

Il dubbio di Alcor diventò certezza mentre Mizar abbracciava Saga rapidamente, ma lasciando intendere che solo per la sua presenza si limitava a quel casto e rapido abbraccio. La ragazza gli sembrò abbastanza insignificante, parecchio alta e con i capelli più lunghi che avesse mai visto, ma che ci trova Mizar in lei? Perchè ad Alcor non passò neanche per la mente che quella fanciulla fosse per suo fratello una semplice amica. Il modo in cui si guardavano gli suscitò una gran tenerezza, subito soffocata da un sentimento molto più forte: gelosia. E rabbia.

-Fratello, questa è la mia amica Saga. Saga, lui è mio fratello gemello..

-Alcor, giusto?- chiese lei sorridendo e tendendo una mano che Alcor strinse con un po'di circospezione -Felice di conoscerti.

-Anch'io. Per niente.

Per qualche istante i due ragazzi si fissarono in silenzio, poi Saga disse, leggermente a disagio: -Ora devo andare. Sono in partenza.

-Te ne vai di nuovo?- chiese Mizar, dispiaciuto -Sei appena tornata!
La ragazza gli dedicò il più splendente dei sorrisi: -Già, è un viaggio che non posso evitare, tornerò in una settimana.

Mizar accompagnò Saga alla porta, mentre Alcor rimase nella cucina della casa per non dover vedere il bacio dell'arrivederci. Quando i due fratelli si ritrovarono soli, Mizar capì che non era il caso di parlare di ciò che c'era tra lui e Saga. Si era aspettato che il fratello non avrebbe preso subito in simpatia la ragazza, ma non fino a questo punto.

-Bene- disse alla fine il ragazzo per spezzare la tensione -Dovevamo andare a caccia, no? Prepariamoci.

Qualche giorno dopo sulle montagne di Asgard soffiava un vento potente e gravido di neve. Mizar e Alcor erano rintanati in una caverna.

-Abbiamo abbastanza cibo ancora per un paio di giorni- annunciò Mizar -Poi dovremo tornare a casa, ma con questo tempo...

-In qualche modo faremo. In fondo, siamo cavalieri- rispose Alcor.

Il cavaliere ombra non riusciva ad essere preoccupato. Negli ultimi giorni aveva passato momenti bellissimi accanto al fratello, cacciando accanto a lui. Mizar non gli era apparso dispiaciuto per la lontananza da Saga, e anche ad Alcor la ragazza che aveva odiato appariva sempre di più come un pallido fantasma. Non l'avevano più nominata, e dentro di se Alcor iniziava, quasi senza rendersene conto, ad accettare la ragazza. Forse, se gli avvenimenti non si fossero succeduti nel verso che avrebbero preso di lì a poco, col tempo avrebbe accettato anche il legame che c'era tra Mizar e Saga. Ma disgraziatamente non andò così.

L'odore della bestia arrivò alle narici dei due ragazzi verso mezzogiorno, odore che loro pensarono appartenere ad un orso. Decisi ad uccidere l'animale e a vivere della sua carne finchè la tempesta non si fosse placata, lo aspettarono. Ma non fu un orso ad introdursi, mugghiando, nella caverna. Fu un ghroul. Il ghroul era una bestia mitica, violenta e sanguinaria, che gli abitanti di Asgard credevano quasi estinta. L'animale era alto più di due metri e simile a un orso coperto da pelo rossiccio, ed evidentemente non mangiava da giorni. Mizar non osava quasi respirare, e gli tornò in mente che Orion, il miglior guerriero che avesse mai conosciuto, aveva rischiato di morire sventrato da un artiglio di venti centrimetri per causa di una di quelle bestie. Rimase immobile, mentre Alcor, che evidentemente non conosceva la reale pericolosità di quella creatura, gli si lanciò contro, lanciandogli un colpo energetico al fianco. Colpito in pieno, il mostro ululò di dolore e vibrò un fendente al ragazzo, che non potè evitarlo e cadde al suolo. Rapidamente la cratura bloccò Alcor a terra e gli puntò sotto il viso un artiglio accuminato, per poi prepararsi a colpirlo. Alcor aveva rischiato di morire molte volte, ma non gliene era mai importato molto. Ma quando immaginò quell'artiglio conficcarsi nel suo petto rubandogli la vita, un disperato desiderio risuonò nella sua mente: Ora ho qualcosa per cui vivere...non posso morire! Ho tanto tempo da recuperare! Non voglio morire! NON VOGLIO!!

Ma il colpo fatale non arrivò mai. Ad occhi chiusi, Alcor avvertì una rapida colluttazione, un grido di dolore, poi, quando aprì gli occhi, vide Mizar giacere scompostamente a terra, il petto squarciato da un largo taglio da cui usciva un lago di sangue. Dolore, terrore, disperazione si unirono in un vortice che infiammò lo spirito di Alcor; il ragazzo avvertì qualcosa muoversi dentro di lui, qualcosa scaturito dalla visione del fratello morente, qualcosa che prendeva forza dai sentimenti d'odio che si erano spenti, ma non eliminati, da quando viveva con la famiglia. La sua coscienza si annullò in quel sentimento e il ragazzo uccise facilmente il mostro che si avventava su di lui. Quando Alcor s'inginocchiò accanto al fratello, lo schermo d'odio che aveva coperto il suo pensiero scomparve, e il giovane iniziò a piangere.

-Alcor...

-Non parlare, fratello, devi risparmiare le forze...

-No...- lo contraddisse Mizar, sempre più debole -Io.. devo chiedere il tuo perdono...

-Non dire così, tu non hai fatto niente di sbagliato, se sei in queste condizioni è per causa mia...

-E invece ho sbagliato...perdonami per non averti parlato di Saga... se l'hai odiata hai avuto ragione... io potrei rinunciare a lei, ma non a te... tu sei mio fratello... metà della mia anima, del mio spirito, del mio mondo...-Tacque, perdendo conoscenza.

-Mizar! MIZAR! Non morire, Mizar!

Alcor guardò fuori dalla caverna. Il vento era cessato, ma Asgard distava parecchie ore di cammino.

-Non temere, fratello- mormorò Alcor sollevando il corpo esanime del fratello, come già aveva fatto non molto tempo prima -non ti abbandonerò.

Giunsero ad Asgard quella sera; Alcor decise di non avvertire i genitori, che si trovavano in una città vicina a trovare alcuni parenti, e cercò subito i guaritori; verso metà della notte fu chiaro che Mizar sarebbe sopravvissuto, anche se aveva perso molto sangue. Alcor vegliò il fratello, che si era assopito all'alba, per lunghe ore; verso metà della mattinata giunse Flare, che aveva saputo delle condizioni del giovane cavaliere.

-Vai a dormire un po'- disse dolcemente la principessa -Anche per te non è stata una giornata facile. Se si sveglia, ti chiamo.

Alcor non avrebbe voluto lasciare il fratello, ma la stanchezza si fece sentire e il ragazzo andò a letto, addormentandosi subito e profondamente. Un'ora dopo Flare, che stava controllando il respiro di Mizar, udì battere alla porta; chiunque fosse, sembrava intenzionato a scardinarla, visto l'impeto dei colpi. Quando la principessa si trovò di fronte Saga, discinta e spaventata, disse: -Immaginavo che fossi tu. Come hai saputo?

-Sono tornata in anticipo e che Mizar fose ferito è stata la prima cosa che ho sentito, in città- rispose la ragazza, col fiato corto. Aveva gli occhi arrossati e la voce fragile. Flare prevenne la sua domanda: -Lui e Alcor sono stati attaccati, ora Mizar dorme. é forte, se la caverà.

Saga annuì, in silenzio. -Dov'è?

Quando Flare la condusse nella stanza del giovane, la ragazza guardò il ferito, ancora addormentato, per qualche minuto; poi gli sfiorò la guancia con una carezza e si girò verso Flare, in attesa. La principessa capì subito e tornò a palazzo.

Rimasti soli, Saga si sedette accanto al letto di Mizar e lo guardò; ripensò a tutti i momenti che avevano condiviso; di come lui, anche era poco più che suo coetaneo, l'aveva aiutata a crescere e a maturare; di come le era rimasto vicino, unico a non cercare qualche favore derivante dalla sua ricchezza, ma solo la sua amicizia; di come aveva sentito un sentimento sconosciuto farsi strada dentro di lei, facendole capire di essere destinata a non poter vivere senza i suoi occhi verde acqua, la sua dolcezza, il suo affetto. E ricordò di quando lo aveva visto piangere, unica volta in cui aveva mostrato la sua fragilià, e di come le avesse raccontato la storia del fratello da cui era stato separato e che desiderava avere accanto... e alla fine ricordò, con una stretta al cuore, il primo bacio che si erano scambiati, pochi giorni prima, e delle timide parole con cui lui le aveva fatto capire di contraccambiare a pieno i suoi sentimenti...

Improvvisamente il respiro di Mizar si fece più stentato e il ragazzo emise un gemito, poi aprì a fatica gli occhi.

-Saga...cosa...

-Non parlare, Mizar, sei ancora debole... siano ringraziati gli Dei, quanta paura ho avuto...

Aiutò il ragazzo a mettersi seduto sul letto, poi lui disse:

-Ricordo che io e Alcor siamo stati attaccati da un ghroul mentre eravamo a caccia...mio fratello mi ha portato qui, suppongo.

Saga annuì. -Penso dorma. Vado a chiamarlo.

-Aspetta- la chiamò lui, e con un cenno volle che si sedesse sul letto. Mizar non ricordava le ultime parole che aveva detto al fratello prima di svenire, ma anche se così fosse stato, quel ricordo forse non l'avrebbe fermato. Guardò la ragazza accanto a lui. La vide tremante, distrutta dalla paura che aveva nutrito per la sua vita; e quella visione gli mosse qualcosa dentro, perchè senti che il suo cuore batteva per lei, solo per lei, e che non avrebbe mai potuto vivere senza di lei. Mizar la prese fra le braccia e la stese sul letto accanto a se.

-Mizar, cosa...

-Shh...non parlare- rispose il ragazzo -Voglio solo restare qui con te...ti amo, Saga...

E nel buio della stanza, gli parve di vedere gli occhi della ragazza brillare come stelle, mentre diceva in un soffio. -Anch'io ti amo, Mizar...

Quando Alcor si svegliò era mattina inoltrata. Silenziosamente raggiunse la camera del fratello. Si fermò sulla porta e, nonstante il buio, notò qualcosa di insolito: la sagoma nel letto era piuttosto grossa...troppo grossa...come se fossero due...

-Ti amo- disse una voce che Mizar riconobbe dolorosamente come quella di suo fratello. -Sei la cosa più importante della mia vita...

-Non voglio lasciarti mai più, Mizar- ad Alcor non servì ascoltare queste parole per capire chi le aveva pronunciate. Saga.

Non voleva sapere cosa avessero fatto quei due nel letto di suo fratello. Ma ebbe paura. Si sentì un intruso, senza il diritto di mettersi tra i due. Capì che quei 18 anni di lontananza non erano stati superati, ne lo sarebbero stati. Indietreggiò, senza poter staccare gli occhi dai due ragazzi, che solo allora si accorsero di lui. Loro lo guardarono, e lui guardò loro. Quello scambio poteva essere durato ore o pochi secondi, nessuno lo sapeva. Poi lui scappò via, incurante delle voci che lo chiamavano.

Gli Dei di Asgard non perdonano i guerrieri che si danno la morte, perchè la loro vita appartiene alla patria. Alcor lo sapeva bene, ma non gli importava. Raggiunse velocemente il palazzo di Asgard e, attraverso un'entrata secondaria, entrò nella sala in cui aveva affrontato i cavalieri di Atena. Il posto dove aveva ritrovato Mizar. Il luogo dove la sua vera vita era realmente iniziata, sarebbe stato anche quello dove sarebbe finita. Quando la pesante lama penetrò nel suo corpo, sentì una sensazione di freddo, un freddo quasi uguale a quello che aveva caratterizzato i primi 18 anni della sua vita. D'un tratto, l'amore che provava per il fratello gli sembrò sbagliato, brutto, persino morboso: e sperò che Saga sapesse dargli l'amore che lui non era stato in grado di donare. Sentì che stava per perdere i sensi, e sperò di morire in fretta. Snetì però dei rumori, che diventatavano sempre più forti, segno che qualcuno si stava avvicinando a lui. Saga lo raggiunse in pochi s econdi, e lui si sorprese ad essere quasi contento di vederla. La ragazza si sedette davanti a lui e mormorò: -Perchè?

Il ragazzo sorrise tristemente: -Perchè non sono io quello che potrà dare forza allo spirito di Mizar. Sei tu. Tu lo conosci meglio di me, sai cos'ha nel cuore. Nonostante l'affetto che ci lega, siamo rimasti lontani così tanti anni che siamo quasi estranei. Forse col tempo avremmo potuto avvicinarsi, ma ciò non accadrà. Perchè ci sei tu. Io ti ho odiata, Saga, perchè ti vedevo come una rivale per l'affetto di mio fratello. Ma ora capisco che è meglio così.

Per tutto il tempo, Saga non aveva mosso un muscolo. Quando Alcor tacque, la ragazza si spostò una ciocca di capelli dal viso e disse: -Capisco. E tu vorresti abbandonare tuo fratello perchè io mi sono messa in mezzo? Idiota.

Alcor non reagì, ma nei suoi occhi passò una scintilla d'ira. Senza porvi attenzione, Saga continuò: -Se ami davver Mizar, perchè lo abbandoni? Il rapporto tra due fratelli non è idialliaco, Alcor, non sempre. A volte i fratelli si odiano, si uccidono...fratelli che sono sempre vissuti insieme. L'amore di una famiglia non è una cosa semplice da raggiungere, è un dono che bisogna curare giorno per giorno. Vivere in mezzo alla gente non è semplice, Alcor, tra te e Mizar potranno esserci degli screzi, dei litigi...ma non temere mai che lui non ti ami. Quando mi parlava di te gli brillavano gli occhi. Era felice. Non puoi pretendere di essere l'unico vicino a tuo fratello. Ci sono anche persone. Tu non ami i tuoi genitori? Non ami la tua regina, non ami il tuo paese? Ci sono tanti tipi di amore. Io non sono gelosa di te, Alcor. Eppure ne avrei diritto, perchè se ci pensi sei arrivato tu come terzo incomodo nel nostro rapporto. Eppure non ti odio, perchè quello che Mizar prova per... per me e quello che prova per te... sono due tipi di amore differenti... ma ugualmente grandi. Non m'importa se mi odi, Alcor, ma ti prego... per Mizar... vivi. Non lasciarlo... lui ha bisogno di te.

-Ha ragione.

Entrambi i ragazzi si girarono di scatto; Mizar era apparso sulla porta e li fissava, profondamente scosso. Mentre i due si fissavano, Saga poggiò una mano sulla ferita di Alcor. Il ragazzo avvertì un dolore lancinante pervaderlo, come un fuoco, ma non staccò lo sguardo da quello, così simile, del fratello. Quando la ferita si fu rimarginata, Mizar si avvicinò al fratello e gli mollò un cazzotto sulla guancia; Saga emise un gridolino, ma entrambi i ragazzi sorridevano.

-Questo- disse Mizar -è perchè ti sei comportato come un novellino contro il ghroul e per essere scappato via, prima, senza darmi il tempo di spiegare.

Un attimo dopo erano abbracciati, piangendo e ridendo contemporaneamente. Quando si staccarono, Alcor mormorò: -Saga?

-Si?

-Grazie, sorellina.

Felice, la ragazza si unì all'abbraccio collettivo, mentre il sole iniziava a declinare su Asgard.

FINE

 

Questa fanfic è diversa dalle altre perchè non è nata per essere letta: è nata per essere scritta. L'ho progettata semplicemente perchè volevo dare un finale positivo e ben definito a questa storia: se guardate il cartone, infatti, noterete che non è ben chiaro se i due gemelli muoiano (Si vedono svenuti nella neve) o no. Trovo questi due personaggi particolarmente commoventi, perchè l'amore fraterno è un valore che ritengo molto importante (Anche se Mur '93 può testimoniare che non sono molto brava a metterlo in pratica... me la cavo meglio con la frusta!)

 

Shaina'90, 15/02/06