Epilogo

 

L

e ultime tre settimane le erano sembrate lunghe, anzi interminabili. Impegnarsi nel lavoro non era sufficiente a riempire le giornate che si trascinavano stancamente fino all’arrivo della notte.

L’assenza di notizie era diventata un peso insostenibile, un’ulteriore e snervante preoccupazione.

Anche quella sera, costretta dal tempo burrascoso e dal freddo crescente, Saori, assieme a Shun e Seiya, era rimasta serrata nella Villa. Finita la cena, senza troppo entusiasmo, raggiunse i due ragazzi nel confortevole salotto al primo piano e si lasciò cadere in una delle poltrone.

Le enormi differenze caratteriali, nonché i vecchi e nuovi dissidi, avevano sempre reso difficili i rapporti tra gli abitanti della Villa, tra Saori e i suoi guerrieri. Eppure ricordava spesso i periodi felici che avevano trascorso tra quelle pareti, quando d’estate cenavano nel parco della Villa e si divertivano fino alle ore piccole sotto meravigliosi cieli stellati. D’inverno poi, come seguendo un istinto innato, dopo cena, si riunivano tutti proprio in quel salotto, davanti al camino acceso.

Saori fissò gli occhi tristi sulle fiamme nel caminetto. Shun era lì, seduto con le gambe incrociate sul divano, impegnato nella lettura di una rivista, concentratissimo, con il pugno chiuso a sostenere il mento. Anche Seiya era lì, le immagini veloci che passavano sullo schermo del televisore tradivano la sua presenza. Di lui, nascosto dietro il divano di fronte al televisore, si udivano solo la pressione delle dita sui tasti del joypad col quale controllava la sua macchina da corsa.

Non me n’ero accorta prima del peso della mancanza di Hyoga e Shiryu.

Sospirò quando passò lo sguardo sul plico di carta che s’era portata dietro. C’erano i giornali del giorno, un invito per una festa che si sarebbe svolta di lì a due giorni in uno degli Hotel più lussuosi di Tokyo, qualche fattura e un fax. Ricordò d’averlo sentito arrivare quel pomeriggio e di essersi completamente dimenticata di leggerlo. D’istinto lo prese e lo lesse avidamente.

‹‹Hyoga si è rotto un braccio…››.

Shun si voltò e dallo schienale del divano emerse la testa di Seiya. Il volto di Saori era nascosto dal fax, quando lo abbassò rivelò un sorriso un po’ tirato.

‹‹Com’è successo?›› s’informò Shun.

‹‹In effetti, questa comunicazione è un po’ vaga›› si stizzì Saori. ‹‹Non c’è scritto altro››.

‹‹Chi lo manda?›› chiese pigramente Seiya.

‹‹Azaki, da Östersund›› rispose Saori.

‹‹Allora sta tornando?!›› si lasciò sfuggire Shun.

S’irrigidì quando incrociò lo sguardo di Saori, indecifrabile. Seiya alzò le spalle e si buttò di nuovo steso sul divano, rituffandosi nei suoi videogiochi.

‹‹Lo sapevo!" commentò. "Che idiota!››

Shun si passò la lingua sulle labbra, Saori s’era accigliata e fissava il pavimento. Allora entrò Tatsumi, e Shun non ebbe modo di parlarle.

‹‹Una telefonata per lei, Milady››.

‹‹La prendo nello studio, grazie››.

S’alzò meccanicamente, lasciando cadere giornali e buste sul pavimento, e si allontanò senza preoccuparsene troppo. Arrivò nel suo studio senza fretta, s’accomodò sulla poltrona e alzò il ricevitore.

‹‹Pronto?››.

‹‹Lady Kido, parla Azaki››.

La voce pacata del suo collaboratore le fece gelare il sangue nelle vene.

‹‹Ha qualche notizia?›› chiese precipitosamente.

‹‹Ho incontrato Balakirev-san. Non ha ricevuto il fax?››.

‹‹Certo…›› balbettò Saori cercando di riprendere il controllo. ‹‹Sì, l’ho ricevuto ma ho avuto modo di leggerlo solo ora, sono spiacente››.

‹‹Non importa, non avendo avuto risposta, ho immaginato che fosse stata indaffarata come sempre››.

‹‹Evitiamo di puntualizzare l’ovvio, Azaki›› tagliò corto Saori. ‹‹Piuttosto le sue informazioni sono vaghe. Mi dica dell’altro, per favore!››.

‹‹Naturalmente›› cominciò a dire Azaki. ‹‹Balakirev-san mi ha contattato ieri, necessitava del mio aiuto››.

‹‹Che genere di aiuto?››.

‹‹Cure mediche››. Saori sorrise della sua ingenuità.

‹‹Certo, per il braccio››.

‹‹Anche per quello, sì›› spiegò Azaki. ‹‹In effetti, era una brutta frattura che fortunatamente è stata sistemata senza problemi. Poi, i medici hanno dovuto medicargli alcune ferite, una leggera al fianco, e una più profonda, alla spalla››.

‹‹Cosa?›› si agitò Saori. ‹‹Cosa mi sta dicendo? Perché non mi ha avvertito subito?››.

‹‹Mi è mancato il tempo. Lei capisce, avevamo fretta di portarlo all’ospedale››.

‹‹Ma sta bene, insomma?›› lo aggredì lei sporgendosi sulla scrivania.

‹‹Sì, sta bene›› rispose Azaki senza scomporsi. ‹‹Lo avevano già curato nel migliore dei modi, ad Ásgarðr. Infatti, lo hanno dimesso in giornata, dopo accertamenti di routine››.

‹‹Questo mi tranquillizza›› sospirò Saori. ‹‹Un’ultima cosa, Azaki. Hyoga le ha detto quando pensa di ripartire per Tokyo? Mi interessa saperlo, per non farlo aspettare inutilmente all’aeroporto››. Non ricevette risposta. ‹‹Signor Azaki, è ancora in linea?››.

‹‹Per quello che ho capito, e non credo di sbagliare, Balakirev-san non ha intenzione di tornare, almeno per il momento››.

‹‹Cosa?››.

‹‹Mi ha chiesto di riferirle, ad ogni modo, che tutto è andato nel migliore dei modi››.

‹‹Nient’altro?››.

‹‹No, solo questo. E un affettuoso saluto, naturalmente››.

Saori chiuse gli occhi e pensò per un momento.

‹‹Immagino non fosse solo, è così?›› chiese con un filo di voce.

‹‹Non era solo, c’era la sorella di Hilda con lui, Freija›› precisò Azaki. Saori si scosse. ‹‹Una ragazza deliziosa, la Æsirson, dolce e disponibile. E molto bella››. Saori restò in silenzio. ‹‹Tramite Freija, la sacerdotessa Hilda la manda i suoi saluti, e un invito a recarsi presso di loro al più presto››.

‹‹Tornerà ad Ásgarðr, dunque?›› domandò Saori.

‹‹Immagino di sì›› disse Azaki. ‹‹Ma, non tema, è in ottime mani››.

‹‹Non lo dubito››.

Seguì ancora un lungo silenzio. Poi Azaki si schiarì la gola.

‹‹Devo riferire qualcosa da parte sua, Lady Kido? O forse, preferisce avere il numero dell’hotel dove alloggiano? Partiranno domani…››.

‹‹No›› lo interruppe Saori. ‹‹No, non importa, grazie. Riferisca lei il mio messaggio››.

Quando tornò nel salotto, trovò Shun e Seiya esattamente come li aveva lasciati. Anche lei tornò a sedersi sulla poltrona, raccattando prima la carta dal pavimento.

Shun la seguì in silenzio con gli occhi, e insistette con lo sguardo fin quando lei non si decise ad incrociarlo. Seiya era impegnatissimo, non si era nemmeno accorto del ritorno di Saori. Shun si alzò lanciando la rivista tra le altre ammucchiate sul tavolino di vetro, e andò ad accosciarsi vicino a lei.

‹‹Stai bene?››.

Lei sorrise, annuendo lievemente col capo, e parlò a bassa voce.

‹‹Era Azaki al telefono››.

‹‹Cos’ha detto?›› provò a chiederle Shun.

Saori esitò. Alla fine, si confidò con Shun, l’unico che poteva ascoltarla e consigliarla.

‹‹Nel fax Azaki non diceva tutto›› spiegò. ‹‹Hyoga ha chiesto il suo aiuto perché era ferito››.

‹‹Gravemente ferito?›› esclamò Shun preoccupato.

‹‹Azaki dice che sta bene, e che l’hanno dimesso subito dall’ospedale. Si è rotto un braccio, ma Azaki ha parlato di una ferita alla spalla e al fianco››.

‹‹Per la miseria, com’è successo?››.

Saori fu colta di sorpresa da quella lecita domanda.

‹‹Non l’ho chiesto…›› constatò con un mezzo sorriso. Shun sgranò gli occhi, incredulo e lei si spiegò meglio. ‹‹Ero così preoccupata di sapere se stava bene da non interessarmi a come poteva essere successo››.

‹‹Per fortuna sta bene›› la rincuorò Shun.

‹‹Sì, per fortuna davvero››.

Saori tirò su le gambe e si sedette sui piedi. Shun s’appoggiò con le braccia al bracciolo della poltrona e nascose il viso dietro le braccia incrociate.

‹‹È in gamba, Hyoga›› disse Shun soprappensiero. ‹‹Guarirà in fretta››.

‹‹Sai, lui…non torna›› disse all’improvviso Saori. Shun sospirò.

‹‹Resta ad Ásgarðr, allora››.

‹‹Sì›› squittì Saori. ‹‹C’era Freija con lui…››. Saori fece una lunghissima pausa e Shun non osò interrompere quel silenzio riflessivo.

Era difficile credere che quella donna, rannicchiata sulla poltrona, fosse la stessa che aveva contrattato con gli dèi il destino del mondo, che aveva lottato in prima fila per la salvezza degli uomini guidando i suoi guerrieri in guerre senza quartiere al limite dell’immaginabile. Saori gli ispirò una grande tenerezza, perché la grande forza d’animo di lei era stata schiacciata dal peso dei grandi sentimenti che aveva sempre dovuto nascondere. Forse, nonostante si fosse sforzata, Saori non era ancora pronta ad accettare quella nuova situazione. Hyoga aveva realizzato il suo sogno, che era anche il più grande incubo di Saori.

‹‹Sono contenta per lui›› sospirò alla fine Saori. ‹‹Si merita di essere felice, perché ha finalmente ottenuto quello che ha sempre desiderato››.

Saori aveva la faccia tirata in uno stranissimo sorriso, ed era pallidissima.

‹‹Stai bene?›› le chiese ancora Shun.

Lei annuì. ‹‹Sono un po’ triste ma…immagino sia normale››.

‹‹Sì›› confermò Shun. ‹‹Una reazione molto umana›› sdrammatizzò suscitando un sorriso sommesso di lei.

‹‹Cosa farfugliate là dietro?›› chiese improvvisamente Seiya.

‹‹Di argomenti seri, Seiya, niente che ti possa interessare›› rispose seccamente Shun.

‹‹Allora farfugliate piano, mi disturbate!››.

Shun alzò le spalle e si rivolse di nuovo a Saori.

‹‹La malinconia è normale, in questi casi…e anche la tristezza››.

‹‹Passerà, tutto passa›› tagliò corto lei quasi volesse impedirsi di abbandonarsi a sentimenti infruttuosi come la malinconia e la tristezza.

Aveva bisogno di riordinare le idee, di abituarsi all’idea che Hyoga non sarebbe tornato presto da lei. La cosa più difficile, poi, sarebbe stato abituarsi all’idea che se fosse tornato, stavolta l’avrebbe fatto davvero da amico, in veste di suo guerriero. Non sarebbe mai più stato il suo amante, e un’altra donna si sarebbe presa cura di lui come lei non avrebbe mai potuto fare. Con simili pensieri, era naturale che Saori non fosse dell’umore migliore per affrontare una qualunque discussione, né tantomeno per parlare di Hyoga.

Shun, dotato di una spiccata sensibilità, intuì immediatamente la confusione di Saori e la sua esigenza di tranquillità.

‹‹Passerà, tutto passa›› ripeté lei, stavolta con più convinzione.

‹‹Naturalmente›› confermò Shun. Si alzò in piedi premendole leggermente una mano sulla spalla. ‹‹Ricorda, però, che se vorrai sfogarti, sarò a tua disposizione››.

‹‹Lo so, piccolo Shun, grazie››.