CAPITOLO 1

Ne imperatori, ne guerre mondiali, ne rivoluzioni culturali avevano mutato nel corso degli anni il modo di vivere a GORO-HO. Lì la vita trascorreva tranquilla, l’unico cambiamento era il susseguirsi delle stagioni. Gli abitanti della zona, così come i potenti di ogni epoca, portavano rispetto a quel luogo sacro, custode di qualcosa di arcano e misterioso che aveva visto la nascita di un eroe. Nei loro racconti, tramandati da padre in figlio, si narra che in quel posto, cosi strano e cosi misterioso, ci vivono i draghi; e ai draghi in Cina si porta rispetto.

Si sa che nelle leggende c’è sempre un fondo di verità. Ma mai come in questo caso le verità celate da fantastiche storie erano così incredibilmente reali.

***

Quella mattina Shun-rei si svegliò di umore pessimo. Aveva dormito malissimo. Rimase per qualche minuto ancora rannicchiata sotto le lenzuola con la testa affondata nel cuscino di piume. Si sentiva gli occhi gonfi e la testa pesante. L’idea di alzarsi così presto le toglieva tutte le forze.

Si girò dalla parte opposta e, restando ancora rannicchiata con gli occhi chiusi, il suo cervello mandò in esplorazione la mano sinistra in quella parte di letto dove era sicura di trovare una presenza amica, rassicurante. Shiryu!

Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, Shun-rei scattò a sedere sul letto con gli occhi sgranati e i battiti del cuore accelerati. Momentaneamente in preda al panico, cercò di svegliarsi dal torpore che ancora la attanagliava, e riordinare le idee.

Shiryu non c’era! Era partito per un'altra sanguinosa battaglia in nome della giustizia e della Dea Atena? No, fortunatamente no. Le tornò alla mente quello che Shiryu le aveva detto la sera prima, cioè che si sarebbe alzato presto per aiutare i contadini, che abitavano giù a valle, a costruire una casa. Da lì a pochi giorni ci sarebbe stato un matrimonio e sarebbe nata una nuova famiglia. Servivano molti uomini, braccia forti e Shiryu di forza ne aveva da vendere.

Shun-rei si rilassò ed inspirò ed espirò profondamente mettendo in risalto il seno che faceva capolino dalla camicetta da notte sbottonata. Amare un cavaliere d’oro con tutto il cuore e l’anima poteva essere un impegno gravoso e sfibrante. A quel punto non restava altro che alzarsi.

Una ventina di minuti dopo Shun-rei era già pronta per affrontare le faccende di casa. Ormai ventenne Shunrei era diventata una bella ragazza. Alta e snella, molto graziosa, con i capelli neri e lunghi che sembravano seta, si ostinava ancora a portarli raccolti a treccia. Aveva un viso dolce e una bellezza decisamente sensuale. Il vestito di seta rossa, che era solita indossare, era particolarmente aderente al corpo tonico, metteva in risalto il seno rotondo e sodo, e le gambe lunghe e scattanti di una campionessa di tuffi.

Shun-rei non era una ragazza tutta casa e faccende domestiche. Col tempo anche lei si era creata un suo mondo in cui coltivava diversi interessi. Era una provetta nuotatrice. Amava molto nuotare nella laguna sotto la cascata. Ogni giorno Shun-rei praticava con grande perizia il Tai Chi Chuan dedicandogli molto tempo.

Un arte marziale che l’affascinava da tempo. Una passione nata da lontano, osservando gli allenamenti di Shiryu che da bambino, al tempo del primo incontro con lei, era stato forgiato nel Sacro Cavaliere di Libra.

Certo lei non aveva mai dovuto utilizzare le arti marziali per difendersi o per difendere, ma ciò le piaceva e trovare dei maestri lassù non era un problema. Shiryu era molto contento di questa sua passione e si calava spesso nelle vesti di maestro accorto ma severo. Shun-rei dal canto suo seguiva con gioia, anche se a volte il cavaliere era alquanto pedante ed esigente. Si trattava comunque di un modo per condividere insieme certe passioni.

In realtà il Tai Chi, la passione che metteva nello studio, l’interessamento all’erboristica non erano solo sete di cultura o piacere personale, ma era un modo per tenere impegnata la mente e non pensare a Shiryu sempre coinvolto in lotte di inaudita violenza. La straordinaria potenza del cosmo di Shiryu è sempre stata una sicurezza per i suoi compagni di ventura ma non per Shun-rei. Anche se non lo percepiva appieno come era normale per Seiya e gli altri, lei sentiva l’aura calda e potente di Shiryu quando le era vicino a sbrigare le faccende quotidiane, nei preziosi momenti di intimità e in tutti gli altri momenti del giorno, e ciò le riempiva il cuore di gioia immensa. Ma quando Shiryu se ne andava, per lei quel vuoto nei suoi sensi diventava una angoscia tremenda; l’angoscia e la paura di non rivederlo più.

***

Un giovane ragazzo stava risalendo il ripido sentiero che, secondo le sue informazioni, l’avrebbe dovuto portare in cima a GORO-HO, la sua meta. Il sentiero era poco più di una carraia impossibile da percorrere in auto; e anche avendo uno di quei piccoli fuoristrada giapponesi non sarebbe stato facile affrontare quel budello che si inerpicava su per la montagna. Buone gambe e un paio di confortevoli scarponi da trekking erano la soluzione migliore.

Il ragazzo si fermò un attimo per rinfrescarsi e fare il punto della situazione. Posò lo zaino, il suo unico bagaglio, su un masso che spuntava dalla sponda di terra sul lato sinistro del sentiero. Da una tasca dello zaino tirò fuori una bustina contenente una salvietta di carta detergente. Se la passò sulla fronte madida nascosta dalla frangia di capelli neri, sul collo e sul petto, sbottonandosi la camicia nera che indossava con le maniche arrotolate fin sui gomiti.

Si buttò indietro, sulla schiena, i lunghi capelli neri e restò a godere di quella sensazione di fresco prodotta dalla soluzione alcolica della salvietta detergente per qualche secondo, poi si riprese.

La vista che godeva della vallata che si apriva sotto di lui mozzava il fiato. Da quel punto si poteva vedere il grande fiume che scorreva placido tra le creste di roccia stagliate nel cielo ritte come grattacieli, il bosco millenario e le risaie in cui si specchiava il cielo azzurro.

La bellezza del luogo selvaggio che circondava il ragazzo non gli suscitava alcun tipo di emozione, ammirava la natura incontaminata con distaccata freddezza. Aveva mille pensieri per la testa e non era lì per un escursione naturalistica.

Da una tasca laterale dei pantaloni di colore beige chiaro, tirò fuori una cartina della zona, la spiegò e utilizzando la coscia della gamba sinistra come supporto, opportunamente sollevata, puntellando il piede su una roccia che spuntava dal bordo dello strapiombo sulla vallata sottostante, iniziò a studiarla accuratamente.

Riordinò le idee, cercò di ripensare a quello che gli aveva detto un contadino qualche chilometro più giù. Era sicuro di essersi espresso in un ottimo cinese mantenendo la giusta tonalità e scandendo bene le parole senza inflessioni dialettali. A suo parere il villico sembrava aver recepito tutto senza particolari problemi, anche se alla richiesta di indicargli la strada per GORO-HO la sua espressione era cambiata da attenta a risentita, come se pensasse che il ragazzo lo stesse prendendo in giro.

Il contadino non gli aveva dato un informazione sbagliata. La strada, poi il sentiero da percorrere corrispondevano a quanto indicato sulla carta geografica. A quel punto, che le informazioni fossero giuste o sbagliate, non aveva alcuna importanza, sarebbe arrivato in cima a costo di girarsi a piedi tutta la montagna.

Per arrivare lì il ragazzo aveva affrontato un lungo viaggio, al limite dell’incredibile. Sarebbe arrivato a destinazione a qualsiasi costo. Ripiegò la carta e la infilò nella tasca dei calzoni, si caricò lo zaino sulle spalle e ripartì di corsa procedendo a balzelloni senza sforzo alcuno su per la ripida salita.

***

Mancavano pochi minuti all’una. Dal comignolo, da meno di un’ora, usciva un filo di fumo che, ondeggiando, saliva quasi in verticale. Tutt’intorno alla piccola casupola di legno e bambù si spandeva un odore invitante di cibo.

Il vecchio Maestro fu il primo a fare capolino dalla porta d’ingresso che dava direttamente nella piccola sala da pranzo.

-Buon giorno Shun-rei.-

-Buon giorno Maestro.-

-Shiryu non è ancora arrivato?-

-No. È giù dai Fong. Li sta aiutando a costruire una casa. Sa, il figlio fra pochi mesi si sposa.-

-Quel ragazzo non si risparmia un attimo. È sempre pronto a tendere una mano a chi ha bisogno.-

-Già! È fatto così.- gli rispose Shun-rei dalla cui voce traspariva un po’ di malinconia e rassegnazione. Il vecchio Maestro lo intuì subito. Da un po’ di tempo osservava gli alti e bassi di quella strana coppia e notò che c’era un’insofferenza nascosta, profonda nel cuore di Shun-rei nei confronti di Shiryu. Shun-rei amava Shiryu con tutto il cuore e l’anima ma non sopportava ciò che rappresentava.

-Tutto bene Shun-rei?-

-Co…come? Oh si tutto bene. È che stanotte non ho dormito molto bene.-

-Anche questa notte Shun-rei. È ormai diverso tempo che hai problemi a dormire. Cos’è che ti angoscia? È ancora quel sogno?- chiese pacatamente il vecchio Maestro mentre si sedeva al suo solito posto a tavola.

-Si, è ancora quel sogno, di me e di Shiryu.-

-Ti senti di raccontarlo?-

-È angosciante. Non glielo ha raccontato Shiryu?-

-Immagino che sia angosciante. Shiryu mi ha accennato qualcosa, ma vorrei sentirlo da te. Ti farà bene confidarti.-

Shun-rei espirò profondamente e inizio il racconto –Nel sogno ci siamo io e Shiryu e stiamo correndo. La situazione è strana perché noi due siamo piccoli, più piccoli di quando ci siamo incontrati qua a GORO-HO, ma già ci conosciamo per nome. Indossiamo dei vestiti… direi sportivi molto moderni… più che altro strani, e stiamo correndo con tutto il fiato che abbiamo in gola. Tutt’intorno c’è un gran frastuono… un gran rumore, urla, strilli, pianti, gente che corre. Anche noi stiamo piangendo e corriamo, corriamo in salita fino a che due grosse mani ci prendono e ci sollevano da terra. Quelle che ci afferrano sono mani gigantesche, forti e ci tengo stretti, stretti. Poi compare un grosso buco nero, e le mani ci buttano dentro. Io non voglio entrare in quel buco, perché è buio e mi fa paura. Mi aggrappo a qualcosa. Piango, piango disperatamente. Anche Shiryu è terrorizzato e non vuole entrare, ma le mani spingono con ancora più forza e ci buttano dentro a quel buco nero e profondo… a quel punto mi manca l’aria e mi sveglio ansimando, sudata come se avessi corso realmente e… stringo forte la mano di Shiryu. Questo più o meno è tutto.-

Shun-rei rimase per qualche attimo ferma, immobile nella sua posizione con lo sguardo fisso sul pavimento per poi riaversi tirando un profondo respiro.

Il vecchio Maestro non proferì parola e corrugò la fronte, mentre Shun-rei diligentemente portava le pietanze in tavola.

-Buon appetito! Scusate sono in ritardo.- una sagoma snella e alta dalle spalle possenti comparì alla porta.

-Oh! Alla buon ora. Dai sbrigati che si fredda tutto.- Shun-rei si rivolse a quella figura con evidente cipiglio tenendo il busto ritto e le mani sui fianchi. La sagoma si fece avanti di qualche passo verso Shun-rei, posò le sue mani alla vita di lei e stringendola a sé gli sussurrò all’orecchio –Scusami Shun-rei ho fatto tardi. Perdonami.- e la baciò.

-Sei perdonato amore.- l’espressione severa del viso di Shun-rei scomparve in un attimo per tornare al solito viso angelico di sempre.

-Però Shiryu prima di sederti a tavola ti dai una ripulita. Ma guardati! Hai i capelli pieni di trucioli di legno.- lo rimprovero Shun-rei.

-E’ già! Oggi ho fatto il carpentiere…- esclamo sorridendo Shiryu, infilandosi la mano destra tra i lunghi capelli corvini -… pranzate pure. Mi rassetto e torno.-

Shun-rei ormai rassegnata gli rispose sorridendo –Dai vai! Che ti aspettiamo.-

Shiryu contraccambio con un piccolo inchino e spari velocemente dietro la porta che portava nella stanza attigua. Il vecchio Maestro sorrise e si rilassò.

Shiryu ormai ventenne era diventato un ragazzone alto e robusto, con spalle larghe e un fisico scultoreo forgiato da anni di allenamenti e battaglie messo in evidenza da una maglietta chiara con una scollatura a V chiusa da della stringhe. I sui occhi verde smeraldo sprizzavano un’incredibile vitalità e un’ energia infinita.

Effettivamente Shiryu e Shun-rei insieme formavano una bella coppia. Una coppia alquanto insolita da quelle parti. Infatti entrambi erano molto alti e slanciati rispetto alla media della popolazione locale: lui quasi due metri, lei, più di un metro e ottanta centimetri, poteva benissimo fare la modella. Anche se entrambi avevano dei lineamenti dolci e orientaleggianti, lui aveva degli occhi verdi come smeraldi e lei di un blu tendente al viola che incantavano.

-Nel pomeriggio dovresti riposarti un po’, hai una brutta cera…- disse Shiryu notando la stanchezza negli occhi di lei -..stanotte hai avuto un sonno agitato.-

-Ma no cosa dici. Deve essere il cambio di stagione. Tutto qui. Comunque dopo mi riposerò un po’.-

-Non mi sembra che tu abbia mai sofferto di questi problemi in passato.- commentò pacato Shiryu.

-Come puoi dirlo! Non ci sei spesso a casa.- gli rispose secca Shun-rei. Shiryu abbassò lo sguardo sulla ciotola di riso.

A causa della stanchezza Shun-rei aveva risposto bruscamente toccando un tasto delicato e provocando un sincero rammarico nel cavaliere. Shun-rei sapeva benissimo che le continue assenze da casa non erano colpa di Shiryu e un rimprovero del genere non lo meritava.

-Perdonami Shiryu non volevo. È che…-

-Non mi devi chiedere scusa. Hai perfettamente ragione.- gli rispose Shiryu pacatamente, ancora col capo chino e lo sguardo rivolto verso di lei. Da dietro il ciuffo di capelli corvini, gli occhi verdi avevano perso la brillantezza di un attimo fa. Ora, dalle iridi verdi traspariva un profondo sentimento di colpa.

A Shun-rei Shiryu doveva molto. Il giovane Dragone non aveva avuto vita facile fin da piccolo. Orfano come Seiya, Shun e gli altri, del suo passato prima degli otto anni non si ricordava più nulla. Gli unici amici che aveva quando era piccolo erano i ragazzi dell’orfanotrofio. Quando venne mandato a GORO-HO trovò in Shun-rei più di un’amica, trovò un punto di forza che gli permetteva di andare avanti in quell’agghiacciante cammino che era l’investitura a cavaliere e, una volta grandi, l’amore profondo e sincero.

Shiryu, rispetto ai suoi compagni, si sentiva più fortunato. Per gli altri l’investitura a cavaliere era stata durissima e per alcuni brutale e spietata. Ma per Shiryu era stato tutto più umano. Duro sì, ma umano. Il vecchio Maestro era severo ma giusto e sapeva capire la psicologia del giovane Dragone. Mentre Shun-rei gli era stata sempre accanto nei momenti difficili con dolcezza e amore anche dopo l’investitura durante la sua cecità e le frequenti riabilitazioni.

Sapeva che si meritava più tempo e più attenzioni da parte sua. Si chiedeva quanto poteva durare tutto ciò. Quanto Shun-rei poteva sopportare ancora con il cuore in gola ogni volta che il dovere lo chiamava. E se un giorno lei lo avesse lasciato? A volte Shiryu se lo chiedeva e la cosa al solo pensiero gli faceva venire i brividi. Ebbene sì, a questo mondo c’era qualcosa che al Sacro Cavaliere di Libra faceva paura: perdere Shun-rei e rimanere solo.

-A volte la stanchezza ci fa dire cose che non sono vere e ci fa parlare con risentimento…- il Maestro cercava di stemperare la criticità della situazione ma ritornò sui suoi passi decidendo di fugare un suo dubbio -…Shiryu perdonala. Shun-rei è ancora scossa da un brutto sogno che ha fatto questa notte.-

-Un sogno?- esclamo il Dragone guardando Shun-rei che nel frattempo si era messa a mangiare cercando di essere indifferente.

-Non sarà mica lo stesso sogno che mi hai raccontato giorni fa- gli chiese Shiryu preoccupato. Lei, a testa bassa, gli rispose con un cenno del capo senza proferire parola.

Shiryu ora era visibilmente preoccupato e posò le bacchette sul tavolo –Ma…ma è assurdo… allucinante. Non è possibile rifare lo stesso sogno più e più volte. È …è insano.- Shiryu guardò sia il Maestro che Shun-rei in cerca di una risposta.

-In effetti è alquanto anomalo un evento irrazionale come il sogno si ripeti identico più volte.- aggiunse il Maestro corrugando ancor di più la fronte già corrugata da innumerevoli rughe –Tu Shiryu sai di cosa si tratta?-

-Beh! Shun-rei mi ha raccontato qualcosa ma…ma…-

-No! Scusami non intendevo questo. Vorrei sapere se anche tu ultimamente hai fatto o fai un sogno simile a quello di Shun-rei.-

-Come? No io non…non ho mai fatto un sogno del genere.- Shiryu guardò serio il Maestro rispondendo con voce ferma, ma era un pessimo attore e la risposta non convinse affatto il vecchio Maestro.

Il Maestro fece un sorriso accompagnato da un cenno di assenso rivolto a Shiryu –Bene, lasciamo perdere queste cose tristi e mangiamo. Shun-rei ha preparato un pranzo delizioso le faremmo un torto se non facessimo onore al desinare. Mi raccomando Shun-rei, dopo riposati un poco.-

-Ti aiuterò a rassettare la cucina dopo pranzo.- Shiryu si offrì con fermezza non lasciando spazio a nessun rifiuto.

-Se proprio insisti ti farò lavare tutti i piatti.- concluse Shun-rei ridendo.

Era la calma prima della tempesta. Sembrava fosse tornata la serenità a tavola.

Dopo il pranzo il Maestro fu il primo a congedarsi. Era solito fare una piccola passeggiata digestiva dopo i pasti per poi ritirarsi nella sua piccola casa vicino la cascata col tetto a pagoda e raccogliersi in meditazione. A dire il vero il Maestro non aveva difficoltà particolari nella digestione anche perché aveva un alimentazione molto sobria causa il suo metabolismo rallentato.

I due ragazzi erano rimasti soli. Consumarono il pranzo con calma in religioso silenzio.

-Shun-rei, in autunno pensavo di iniziare l’università. Beh! Visto che ho superato gli esami del corso di preparazione vorrei provarci.-

-Mi sembra giusto, visto che hai avuto dei voti eccellenti. Che facoltà intendi fare?- chiese interessata Shun-rei.

-Mi piacerebbe frequentare il corso di filosofia.-

-Sai, anch’io voglio iscrivermi all’università.-

-Davvero? Fantastico e che corso vuoi fare?-

-Sarei interessata alla facoltà di erboristeria o anche biologia. Mi sono informata, ad Honk-kong o a Pechino ci sono delle ottime università.-

-Honk-Kong, Pechino? Pensavo che venissi con me.- esclamò stupito Shiryu.

-Perché tu dove hai intenzione di andare?- chiese Shun-rei con un tono duro. Sapeva già la risposta.

-Beh! Mi sembra ovvio. Pensavo di frequentare l’università della fondazione Kido. Ci andranno anche i ragazzi o, perlomeno Shun. Lui sicuramente. Mi ha scritto che sta frequentando il corso di preparazione all’esame di ammissione all’università e, salvo imprevisti, penso che lo passerà sicuramente.-

-E secondo te anch’io dovrei iscrivermi all’università dei Kido?-

-Ma certo, Lady Saori sarà contenta di ospitarti a casa Kido e per quanto riguarda l’iscrizione non c’è proprio alcun problema…così studieremo assieme.- gli rispose Shiryu entusiasta.

-Fantastico! Così non solo dovrei essere sua ospite, frequentare la sua università ma farmi pure mantenere e prostrarmi ai sui piedi ogni volta che mi rivolge la parola…- rispose Shun-rei acida storcendo il labbro superiore per il disgusto -…guarda, piuttosto preferisco frequentare l’università qui in Cina e mantenermi da sola. Cercherò un lavoro.-

Shiryu non credeva a ciò che sentiva. –Cooosa? Inchini? Un lavoro?…- Shiryu sbatté le ciotole impilate, che teneva tra le mani, sul tavolo -…ma che cavolo dici! Si può sapere che problema hai?- urlò Shiryu.

-Il problema è che detesto lei e il suo modo di fare da snob viziata che guarda tutti dall’alto in basso…- gli rispose Shun-rei secca. Shiryu stava diventando scuro in volto.

-…Lady Saori non è altro che un satrapo egoista e menefreghista, che si interessa dei suoi cavalieri solo nel momento del bisogno per poi scordarsene.-

-Ma di che diavolo vai cianciando?- sibilo Shiryu tra i denti.

Shun-rei gli rispose immediatamente –Quando mai si è interessata ai tuoi problemi e alle tue sofferenze? Eeeh? Si è mai interessata a te e agli altri cavalieri dopo ogni battaglia? Tutt’al più un grazie. E poi saldato il conto dell’ospedale è sparita e non si è fatta più vedere! Invece tu e gli altri cavalieri mi sembra che la vostra lealtà nei suoi confronti l’abbiate dimostrata più di una volta… e sempre a costo dalla vita…per salvare la sua. Un’irriconoscente, ecco cosa è. Ma la cosa che mi da più sui nervi è il tuo comportamento…- Shiryu ascoltava con attenzione rigido come una statua -…sempre ossequioso, sempre pronto, sempre disponibile…sì Mylady, sì Mylady. Più che un cavaliere sembri il suo cane da guardia. Quando c’è bisogno ti sguinzaglia per poi ricompensarti con un biscotto e ti dimentica fino a quando non ha ancora bisogno…-

Uno scoppio agghiacciante interruppe lo sfogo di Shun-rei. Erano le ciotole di ceramica tra le mani di Shiryu che erano andate in mille pezzi, seminando cocci da tutte le parti. Shun-rei istintivamente si riparò il viso con le mani e schizzò in piedi, facendo cadere la seggiola su cui era seduta, e indietreggiando fino al muro alle sue spalle.

Un tonfo sordo le fece riaprire gli occhi. Il pesante tavolo di legno si era spostato di più di un metro in avanti quando Shiryu balzò in piedi serrando tra i pugni alcuni pezzi delle ciotole che si stavano frantumando emettendo uno stridio sinistro.

Quello che vide Shun-rei davanti a lei era Shiryu in contro luce. Era una sagoma enorme, nera, gli occhi erano di un verde scurissimo, e digrignando i denti bianchissimi si vedevano i lunghi canini che sembravano zanne in procinto di sbranarla. Dal profondo della sua gola uscì un rantolo, praticamente un ruggito cupo e profondo che riempiva la stanza.

Shun-rei era appiattita contro la parete con il terrore negli occhi. Si sentiva gelare il sangue nelle vene e dalla bocca non riusciva e emettere alcun rumore. Tra lei e lui, a separarli c’era solo un tavolo di legno, praticamente niente.

Un cenno di lui e il pesante tavolo volò via rovinando contro la credenza alla sua destra in fondo alla stanza.

-Non permetto a nessuno, ne a te ne a nessun altro di insultare ciò che rappresenta la mia persona e ne tantomeno la Dea Atena.- sibilò Shiryu che era ormai curvo su di lei.

-Ti prego non mi uccidere! Non mi uccidere, ti prego! Perdonami, perdonami. Andrò dove vuoi tu ma non mi uccidere.- Shun-rei era accovacciata con le testa tra le ginocchia e con la braccia incrociate su di essa. Stava piangendo terrorizzata.

A quelle parole Shiryu si riebbe, come se si fosse svegliato da un sogno, e cercava di realizzare cosa era successo in quei pochi secondi. Quando vide Shun-rei accovacciata ai sui piedi con le braccia attorno alla testa, Shiryu rabbrividì e inizio a sudare freddo. Era preso dal panico.

Voltò lo sguardo alla sua destra e vide il pesante tavolo contro la credenza e le suppellettili sparse tutt’intorno. E se al posto del tavolo ci fosse stata Shun-rei? Cosa sarebbe stato di lei? Una frazione della forza di lui l’avrebbe sicuramente uccisa.

-Cielo cosa ho fatto!- Shiryu era sbiancato, stava tremando. Si mise le mani tra i capelli.

-Shun-rei perdonami io non…io non volevo…- il Dragone si inginocchiò davanti a lei, che ancora singhiozzava, e le mise le mani attorno al viso rosso e rigato dalle lacrime –perdonami, perdonami! Non mi fare del male. Farò tutto quello che vuoi…andremo dove vorrai tu…- esclamo Shun-rei terrorizzata.

-No! Non devi dire queste cose. Sono io che devo invocare il tuo perdono, non tu il mio. Sono stato un mostro e ho rischiato di farti male. Perdonami, ti prego, perdonami. Non ho scusanti…- ora anche Shiryu aveva il volto rigato dalle lacrime.

I due si alzarono e si abbracciarono. Shiryu ora la stringeva forte tra le braccia. Sentiva il suo corpo fremere, tremare come una foglia, era ancora profondamente terrorizzata. Gli diede un bacio sulla testa e le accarezzo la schiena più volte sperando che si tranquillizzasse.

-Forse dovrei diventare anch’io un cavaliere…così potremmo condividere veramente tutto…- disse Shun-rei quasi sottovoce.

-Ma che dici! Non c’è niente di grandioso ad essere cavalieri. C’è solo morte e sofferenza. E in nome di questo stavo per perdere la cosa più importante della mia vita…tu.-

Shun-rei si divincolò dalla presa del Dragone, che era delicata come non mai –Ti ringrazio per le tue parole…non vorrei sembrarti scortese ma…ecco…vorrei rimanere un po’ da sola- gli chiese lei a testa bassa senza nemmeno guardarlo in faccia.

Shiryu si ripulì il viso dalle lacrime, che ancora gli rigavano il volto bianco come un cencio, con le mani –Ce…certo, capisco!-. Detto questo, Shun-rei corse nell’altra stanza e l’ultimo rumore che si sentì fu il chiudersi di una porta.

Shiryu corse fuori all’aperto dirigendosi verso il bosco. Non aveva voglia di incrociare il vecchio Maestro ne tanto meno dargli spiegazioni. Aveva lo stomaco sotto sopra in preda a spasmi e le lacrime non accennavano di fermarsi. Non riusciva a dimenticare le suppliche di Shun-rei. Le parole "non uccidermi" che gli echeggiavano ancora nella testa non erano state dette da un avversario sconfitto ma dalla persona più importante della sua vita, la sua ragione di vita…Shun-rei.

A quel pensiero i brividi gli scuotevano tutto il corpo, si aggrappò ad un albero e vomitò.

I due ragazzi nel corso degli anni avevano avuto diverse discussioni, ma mai lui si sarebbe sognato ti sfiorare lei con un dito. Allora perché quella reazione furibonda? Forse perché nello sfogo di Shun-rei era emerso lo strano rapporto che c’era tra lui e la sua Dea?

In effetti Lady Saori aveva un carattere difficile da gestire. A volte era affettuosa e piena di premure verso i suoi cavalieri. Altre volte era fredda e distaccata e si rapportava con loro con la stessa arroganza con cui si rivolgeva ai sui impiegati. Era forse questo che aveva fatto imbestialire il Dragone? La cruda critica di Shun-rei del carattere della sua Dea? A volte la realtà dei fatti fa più male di qualsiasi colpo subito in passato, specie dopo aver cercato di occultare per lungo tempo la realtà con il senso del dovere e di giustizia che contraddistingueva il cavaliere di Libra.

Shiryu arrivò al fiume, vi si pulì il viso più volte. L’immagine che si specchiava sull’acqua non gli piacque per niente.

Shun-rei dopo qualche ora uscì dal buio della stanza. Aveva ancora gli occhi gonfi e il viso arrossato. Riempì il catino di ceramica che fungeva da lavabo nella piccola stanza da bagno e si lavò accuratamente il viso. Si sistemò i capelli e le vesti, poi uscì.

Malgrado tutto era contenta di quanto detto a Shiryu, era da tempo che voleva dirgli ciò che pensava di Lady Saori. Avrebbe preferito parlare dell’argomento in un atmosfera più serena, ma si sa che spesso certi discorsi vengono al pettine nei momenti più tesi di una coppia. Comunque ora si sentiva più leggera, si era liberata di un peso.

Shun-rei per distrarsi e non pensare più all’accaduto, che il solo pensiero gli gonfiava ancora gli occhi di lacrime, decise di andare a raccogliere erbe nel boschetto li vicino.

***

Finalmente la salita era un po’ meno ripida, a tratti era interrotta da zone pianeggianti con alcuni lievi saliscendi. Ora il sentiero non costeggiava più la montagna, ma si inerpicava attraverso un bosco.

Il ragazzo non avanzava più a balzelloni ma procedeva camminando. Il terreno era morbido, e la frescura del bosco rendeva piacevole il cammino. Secondo quanto detto dal contadino qualche chilometro più giù, il sentiero doveva portare ad un altipiano al di la del bosco.

Il ragazzo che prima avanzava in modo spedito, rallentava sempre più il suo incedere.

-Perché rallento? Perché sono stanco?- si interrogò tra se –Non sono stanco, ho paura! E di che cosa? Di ciò che troverò o di ciò che non troverò? È la paura di soffrire di nuovo che mi trattiene? Che stupido! Proprio adesso che sono vicino alla verità non posso tirarmi indietro. Ormai mi sono compromesso. Ho mosso mari e monti per venire fino a qua. Tornare indietro ora senza appurare la realtà dei fatti è da stolti! Senza contare che vivrei con il rimorso per non essere andato fino in fondo. E poi le informazioni in mio possesso si sono rivelate esatte fino ad ora! Perché dovrei dubitarne…basta ho perso anche troppo tempo…e sia quel che sia.-

Il ragazzo riprese il suo cammino con passo sostenuto verso la luce in fondo al sentiero.

All’uscita del bosco dopo alcuni rovi di more e lamponi, il sentiero si apriva in un vasto prato pianeggiante, verdissimo. Era un pomeriggio assolato e la primavera era appena sbocciata in tutti i suoi colori e le margherite facevano già capolino tra l’erba. Il ragazzo camminò per un po’ sul manto erboso guardandosi attorno in cerca di segni di vita.

Ad un tratto il suo sguardo si posò su una figura umana accovacciata sotto un salice intenta a raccogliere qualcosa. Il ragazzo si bloccò, si sentiva un groppo alla gola. Tentennò in quell’immobilismo statuario per alcuni istanti, che gli sembrarono un eternità, poi si riebbe –Al diavolo! Magari non è neanche lei.- pensò ispirando quanta più aria possibile gonfiando il torace. Si incamminò nella direzione del salice lentamente e in silenzio.

A mano a mano che si avvicinava a quella figura china, una strana eccitazione gli permeava il corpo. Qualcosa dentro di lui, nel suo profondo, non aveva alcun dubbio su chi era quella persona china sotto al salice e che, fra qualche attimo, il suo lungo viaggio avrebbe avuto termine.

***

Shun-rei era accovacciata sotto un salice intenta a raccogliere delle erbe appena fiorite. Le tagliava con perizia poco sopra le radici con l’ausilio di un piccolo falcetto per poi riporle in un largo cesto di vimini. Separava le erbe con cura facendone dei mazzetti e stando bene attenta a non mischiare le varie specie. In seguito i mazzetti li avrebbe appesi al sole ad essiccare per diventare infine infusi rinfrescanti o corroboranti da consumarsi durante l’anno. Cercava così di dimenticare quanto era successo qualche ora prima.

Aveva appena riposto il falcetto dentro il cesto quando una persona le apparve alle spalle. La sua ombra lunga dalla sagoma familiare l’eclissava dal sole. Shun-rei si alzò stancamente in piedi con il cesto sotto il braccio sinistro e si girò verso la persona alle sue spalle per salutarla ma venne preceduta nell’iniziativa.

-Ciao, Shun-rei! Sei tu Shun-rei, vero?- chiese il ragazzo con voce tremolante.

Shun-rei lasciò cadere il cesto spargendone il contenuto attorno ai suoi piedi e rimase immobile davanti a lui come se fosse ipnotizzata. Ebbe un attimo di esitazione poi gli rispose.

-S…Si, sono Shun-rei. Tu chi sei?-

I due ragazzi erano in piedi a pochi passi uno di fronte all’altra. Shun-rei aveva come un dejà vù. Il ragazzo che le era davanti aveva la corporatura i lineamenti di Shiryu ma non sembrava lui. I capelli erano neri, lisci, lunghi, e ben curati; gli arrivavano una spanna sotto le scapole. Shiryu li aveva molto più lunghi e quel giorno erano particolarmente arruffati. Anche i vestiti non erano gli stessi. Shun-rei conosceva bene gli indumenti di Shiryu, molti dei quali cuciti da lei, ed era certa che lui non li aveva mai avuti di quel tipo come non aveva mai avuto quel tipo di zaino che il ragazzo portava in spalla.

Ma la cosa ancora più sconcertante era che gli occhi da verdi smeraldo erano diventati di un bellissimo grigio perla. Shun-rei realizzò tutto questo in un istante anche se a lei sembrava fosse passata un’eternità. Un senso di malessere le pervase il corpo e la costrinse a indietreggiare di qualche passo.

Stranamente qualcosa dentro di lei si contrapponeva a quella spiacevole sensazione dandogli tranquillità e fiducia in quel ragazzo.

-Tu… Tu chi sei?- gli richiese .

<Non ti ricordi di me? Proprio non ti ricordi?> le chiese il ragazzo in una lingua che non trovava corrispondenza alcuna con nessun altra lingua di questo mondo.

Shun-rei a quelle parole arcane fece una smorfia sforzandosi di capire ciò che diceva il ragazzo –Co…cosa?-

<Non ti ricordi di me? Sono io… tuo fratello…> il ragazzo fece una pausa come a voler verificare le reazioni della ragazza.

Shun-rei era incredula, malgrado il notevole sforzo mentale capiva ciò che il ragazzo le stava dicendo lasciandola letteralmente di stucco.

<Shun-rei, sono Sirio! Tuo fratello…gemello.> detto questo, si infilò la mano destra dentro la camicia sbottonata e tirò fuori un girocollo d’oro di raffinata fattura con un pendaglio. Il pendaglio consisteva in una semisfera di cristallo dal colore rosso rubino caratterizzata da un taglio sinusoidale.

Shun-rei sbottonò lentamente gli alamari della sua camicetta, e da sotto le vesti tirò fuori lo stesso pendente, l’altra metà della sfera.

I due ragazzi si avvicinarono l’uno all’altra e per unire le due meta del gioiello <Shun-rei non puoi immaginare che gioia sia per me l’averti ritrovata. È il momento più bello della mia vita.> gli sussurrò Sirio stringendola a se.

Mentre lui le accarezzava dolcemente il capo, Shun-rei stringeva nella mano sinistra quel vecchio pendaglio che portava da sempre al collo. Non sapeva chi glielo aveva dato ne quando, ma in tutti quegli anni non se ne era mai separata. Custodiva quel gioiello così gelosamente da rasentare il morboso. Una volta che lo perse accidentalmente in giro per casa, Shun-rei fu colta da un improvviso desiderio di trovarlo ad ogni costo che la portò a svuotare quasi tutta la casupola di tutte le suppellettili.

Qualcosa dentro di lei le diceva che quel gioiello un giorno le avrebbe cambiato la vita e quel giorno era arrivato.

Shun-rei teneva la testa appoggiata al petto di suo fratello e sentiva il calore e il profumo della sua pelle come qualcosa di familiare che le dava sicurezza e la tranquillizzava. Sirio l’abbracciava con dolcezza.

Shun-rei aveva lo sguardo perso nel vuoto, il viso rilassato, non pensava assolutamente a niente. Era semplicemente lì, abbracciata al suo presunto fratello e si godeva quel particolare momento di pace. La cosa strana, di quel singolare incontro, è che lei non si ricordava assolutamente niente del suo passato ne tanto meno di avere un fratello, gemello per di più. Infatti, a parte il pendaglio, non c’era assolutamente niente a dimostrare che lui era realmente suo fratello se non il suo istinto, che dal profondo del cuore le dava una sicurezza adamantina.

A poco a poco, un’immagine le iniziò a balenare nella mente. Da prima confusa e sfuocata come una vecchia foto in bianco e nero, poi sempre più nitida, così reale da proiettare la sua mente in un altra dimensione.

Era piccola e stava giocando con suo fratello Sirio in un grande prato verde e fiorito. Era una giornata luminosissima a tal punto che i colori erano così vivi e accesi da sembrare irreali. Una figura altissima di donna torreggiava su di loro. Aveva dei lunghi capelli neri e dei bellissimi occhi di un blu profondo come i suoi. Shun-rei ci mise qualche istante per ricordare che quella donna, che con lo sguardo seguiva amorevolmente lei e suo fratello, non era altro che la loro madre.

A quel punto i ricordi iniziarono a susseguirsi uno dopo l’altro, da prima lentamente poi via via, in un crescendo simile a una reazione nucleare, si accumularono nelle sua mente come se qualcuno le avesse cacciato in testa a forza tutti i ricordi dei suoi primi sette anni di vita nel medesimo istante.

***

Sirio la stingeva forte a sé, non credeva ancora a quanto era appena accaduto. Sinceramente stentava ancora a credere di aver vissuto gli otto giorni appena trascorsi. Gli otto giorni più incredibili e inquietanti della sua vita.

Sirio le baciava la fronte e le accarezzava il capo con affetto fraterno, quando il corpo di lei iniziò a fremere sempre più violentemente. La mano destra di lei, che poggiava sul suo dorso, si contrasse così velocemente e con tale veemenza che gli strappò il dorso della camicia.

<SHUN-REI! SHUN-REI! Che cosa ti sta…> gridò forte Sirio, ma sua sorella non rispose. Si stava accartocciando sul suo braccio destro in preda alle convulsioni. Sirio sentì un liquido caldo scorrere lentamente sul dorso della mano destra. Istintivamente sollevò il capo di lei e rimase pietrificato dalla visione. Shun-rei aveva gli occhi di uno spettrale bianco a causa dei bulbi oculari rivolti in su che tremavano spasmodicamente e dalla bocca, con i denti digrignati, usciva schiumosa la saliva.

Shun-rei era in preda a un forte attacco epilettico.

Sirio distese a fatica sua sorella sul prato cercando di bloccarla in qualche modo. Ogni sforzo risultò inutile, Shun-rei continuava a contorcersi assumendo pose innaturali da farla sembrare posseduta da qualche spirito maligno.

Sirio era in ginocchio affianco a sua sorella a guardare quella scena terribile incapace di fare qualsiasi cosa. La rabbia, per la sua incapacità a reagire a quella situazione, stava prendendo il sopravvento.

-Sirio, calmo…stai calmo! Non è il momento di arrabbiarsi. Devi stare calmo e ragionare. Tua sorella ha un attacco epilettico…è un problema celebrale che causa contrazioni involontarie dei muscoli.- pensò rapidamente Sirio cercando di mantenere la calma.

Immediatamente Sirio si avvento su sua sorella cercando di immobilizzarla, stringendole la testa tra il petto e il braccio destro. Con l’indice sinistro tastava la cute sotto la treccia di lei nel punto di congiunzione tra la testa e il collo alla ricerca di un punto di pressione. Una volta trovato premette con decisione; l’effetto non tardò a manifestarsi.

Come un pupazzo che ha esaurito la carica, Shun-rei si afflosciò tra le braccia di suo fratello. Sirio tirò un respiro di sollievo, tutte quelle emozioni in neanche mezzora erano troppe anche per lui. Shun-rei era ancora priva di conoscenza ma almeno aveva trovato la serenità.

Caricatosi lo zaino in spalla e con Shun-rei tra le braccia, Sirio si guardò attorno alla ricerca di un posto più comodo dove riposare.

<Cavolo sorellina! Sarai anche piccola ma pesi una tonnellata…ne hai mangiata tanta di pappa, eh, eh! Beh, vediamo un po’. Ci sarà pure un posto dove andare? Fantastico del fumo…se c’è del fumo magari c’è anche l’arrosto. Andiamo a vedere.>

Come un fulmine Sirio si precipitò verso quel filo di fumo che saliva al cielo da dietro la collina.