CAPITOLO SEDICESIMO. LA FORZA DENTRO.

Eos fu sinceramente stupita nel vedere Pegasus e Andromeda rialzarsi ancora, dopo il devastante attacco che avevano subito. I due amici erano ansimanti, grondavano sangue dalle numerose ferite sul loro corpo, ferite che la Dea intuì avessero ricevuto anche in precedenza, e le loro armature erano danneggiate al punto che intere parti del corpo erano senza protezione, rivelando le vesti lacere sotto di esse. La Dea dell’Aurora, cercando di non apparire troppo sorpresa, si domandò cosa spingesse quei giovani a rimettersi in piedi, ad andare in cerca di una deliberata morte che avrebbero potuto fuggire.

Ermes mi raccontò che Atena, al termine della Guerra Sacra, aveva cancellato dalla mente dei suoi cinque più prodi Cavalieri il ricordo di loro stessi, di ciò che erano, per ricompensarli per l’aiuto che le avevano sempre dato, e per permettere loro di vivere una vita normale, come i ragazzi della loro età! E adesso perché? Si domandò Eos, osservando i due amici sporchi di sangue. Perché hanno rinunciato a ciò, preferendo tornare a vestire i panni di soldati folli in cerca di morte? Cosa sperano di ottenere, adesso poi che Atena sta morendo sull’Olimpo? Non crederanno davvero di salvarla?! I suoi pensieri furono interrotti dall’improvviso attacco di Pegasus, lanciatosi nuovamente avanti con il suo luminoso Fulmine.

"Iaiii!!!" –Urlò, scattando verso la Dea, che non ebbe alcun problema a evitare le centinaia di colpi al secondo portati dal Cavaliere e a rispedirlo indietro, travolto da una nuova sfera energetica.

"Perché?" –Domandò infine Eos, fissando Andromeda aiutare Pegasus a rimettersi in piedi. – "Cos’è che vi muove, Cavalieri di Atena? Che sentimento folle è quello che vi spinge a rimettervi in piedi ogni volta? Quale follia è quella che vi ha condotti fin qua, in quest’empio Santuario, a rischiare le vostre vite quando avreste potuto continuare a vivere una vita normale, come la vostra Dea aveva deciso per voi?"

"È strano che tu ci ponga questa domanda, Dea dell’Aurora!" –Ironizzò Pegasus, pulendosi le labbra sporche di sangue. –"Ma ciò mi convince sempre più che gli Dei sono veramente qualcosa di mistico e lontano, qualcosa di tremendamente distante dagli uomini, incapaci di comprenderne i sentimenti!" –Eos non rispose, continuando a fissare il giovane di fronte a lei.

"Già Nettuno prima, e Ade poi, avevano espresso il loro disprezzo e la loro indifferenza verso un mondo che non erano mai riusciti a comprendere! Il Dio dei Mari voleva ricoprire la Terra di acqua, purgandola dai peccati che, secondo lui, gli uomini hanno commesso, purificandola da quel marcio fango chiamato razza umana! Ma non comprese che non tutti gli uomini sono malvagi, non comprese che i concetti di giusto o sbagliato sono troppo labili per essere fissati nel tempo, che le persone si comporteranno sempre in maniera diversa in situazioni diverse, che spesso potranno fare cose pazze, folli come tu dici, che a molti forse potranno apparire sbagliate, ma non a chi le compie, non per chi ci crede! Il Dio dell’Oltretomba, odiando profondamente la Terra, in quanto luogo di luce e calore, tentò di distruggerla completamente, facendone un secondo Inferno, ma fallì, vinto dal più grande dei sentimenti umani, una forza così tremenda che nessuno ha il potere per resistergli!"

"L’amore!" –Aggiunse Pegasus, con le lacrime agli occhi. –"L’amore che spinge gli uomini a fare cose pazze, a sacrificare la propria vita per gli ideali che ritengono santi, a combattere con tutte le loro forze, anche rantolando sanguinanti sul terreno, per opporsi a chi non vi crede, a chi vuole distruggere questo mondo fantastico e pieno di luce e amore!"

"L’amore?!" –Ripeté Eos, per la prima volta interessata.

"Già… ma perché ne parliamo, Dea dell’Aurora? Tu sei come loro, non dissimile, incapace di comprendere i sentimenti umani, capace soltanto di deriderli e disprezzarli, convinta che siano fuochi fatui che il tempo spegnerà!" –Esclamò Pegasus, con una punta di cinismo verso l’operato degli Dei. – "C’è un abisso tra gli Dei e gli uomini, ma non è una distanza di forza e potenza, è una distanza di mondi, di sentimenti diversi! Ed è questo il motivo per cui Atena è tanto amata, da noi Cavalieri! Perché ella, per tutto questo tempo vissuto insieme, per tutte le battaglie affrontate, non ha mai dimostrato freddezza, ma sempre comprensione e affetto verso di noi, verso gli uomini tutti, giungendo persino a sacrificarsi per loro, unica tra gli Dei tutti! Bah, perché perdere tempo in chiacchiere… le mie parole cadono su un cuore senza anima né calore! Combattiamo piuttosto!" –Si riprese Pegasus, mettendosi in posizione d’attacco.

"Ti sbagli, Cavaliere di Pegasus! Le tue parole le ho udite, perfettamente! E non credere che gli Dei non siano capaci di amare, tutt’altro! Sotto quell’aspetto sono molto più umani di quanto tu possa credere! Ade non rapì forse Persefone, figlia di Zeus e di Demetra, nell’Antichità? E non lo fece solo per dispetto verso l’odiato fratello, ma per amore! Apollo non amava Giacinto, di cui ammirava la splendida fattura, al punto da chiamare un fiore in quel modo, dopo la sua morte? E le mille donne avute da Zeus, molte erano di natura umana, e non fu soltanto per capriccio che il Sommo le avvicinò! No, Cavaliere, non credere che l’amore non imperi sull’Olimpo! Egli ha più potere sugli Dei di quanto tu creda e di quanto loro stessi, anzi noi stessi, vogliamo ammettere!"

"Ciò non toglie che non comprendiate gli uomini, che li disprezziate, preferendo estirpare tale razza, conquistando la loro Terra! E dov’è l’amore in tutto questo?" –Urlò Pegasus. –"Dici che l’Olimpo trabocca d’amore, e allora mostramelo: dov’è Isabel? Dov’è Atena? Abbiamo sentito il suo cosmo esplodere parecchie ore fa, cos’è successo? Suo Padre l’ha aggredita? È amore questo?"

"Basta!!!" –Gridò Eos infine, espandendo il proprio cosmo. –"Non sono tenuta a giustificare i comportamenti del massimo Dio dell’Olimpo, né i miei, di fronte a un ragazzino agonizzante!"

"Bah..." –La disprezzò Pegasus, bruciando al massimo il proprio cosmo. –"Voi Divinità siete soltanto impaurite, preoccupate da qualcosa che non riuscite a comprendere e a fare vostro! E allora, anziché sforzarvi di capire, preferite distruggere ciò che per voi è estraneo, ciò che potrebbe in futuro risultare una minaccia per la vostra stessa sopravvivenza!"

"Una minaccia?!" –Esclamò Eos. – "Dovremmo noi Divinità temere gli uomini?!"

"Penso che sia la stessa domanda che si posero Nettuno e Ade, madre!" –Ironizzò Euro, intervenendo per la prima volta nella conversazione.

"Chetati, figlio degenere!" –Lo zittì Eos, indispettita dall’irriverenza del figlio. –"Bene, Cavaliere di Atena! Mostrami se quest’amore che governa gli uomini è davvero così potente! Se davvero può salvarti da morte sicura!" –Ed espanse il suo cosmo, creando un’enorme sfera energetica.

Pegasus fece altrettanto, sostenuto da Andromeda al suo fianco, determinati più che mai a vincere quella battaglia, non soltanto per salvare i propri amici, e Atena, ma anche per ciò che essa rappresentava. Uno scontro tra due mondi.

"Splendi, Cometa Lucente!" –Urlò Pegasus, scattando avanti e lanciando il suo colpo più potente. Una lunga scia luminosa sfrecciò verso Eos alla velocità della luce, avvolta da una turbinosa luminescenza rosa. –"Nebulosa di Andromeda!" –Gridò infatti Andromeda, affiancando l’amico con il suo potente vento energetico.

"Incredibile!" –Mormorò Eos, nel vedere la potenza di tale attacco. Ebbe giusto il tempo di scagliare la sfera incandescente, che si scontrò con il colpo congiunto dei due ragazzi, creando un globo energetico, al centro dello spiazzo, su cui convergevano i poteri dei tre contenenti. Un globo che stava diventando sempre più grande. –"È un’enorme massa di energia!" –Esclamò, continuando a spingere.

"Dobbiamo resistere, Andromeda! O ne saremo travolti!" –Urlò Pegasus, mentre anche l’amico aumentava l’intensità della Nebulosa.

"Pazziiii!!!" –Gridò Eos, per la prima volta impaurita.

La sfera energetica pareva crescere a dismisura, allargandosi fin quasi a lambire i corpi dei tre contendenti, e nessuno sembrava riuscire a smuovere l’equilibrio. Tisifone e Asher avrebbero voluto intervenire in sostegno di Pegasus, ma non riuscivano a muovere un muscolo; anche Borea avrebbe voluto aiutare la madre, ma era troppo debole per alzarsi da terra. Solo Euro era ancora nel pieno delle sue forze, ma non fece niente, continuando ad osservare la scena.

Brucia cosmo delle Tredici Stelle! Fino ai limiti estremi della galassia! Mormorò Pegasus, espandendo ancora il cosmo. Lo stesso fece Andromeda al suo fianco, determinati ormai a vincere quella battaglia. In quel momento i resti delle Armature di Bronzo che avevano indosso, stimolati dal caldo cosmo dei Cavalieri, bruciarono ardentemente, mutando forma, proprio come era avvenuto mesi prima nell’Elisio, e Pegasus e Andromeda si trovarono ricoperti dalle loro Armature Divine, splendenti come la prima volta in cui le avevano indossate.

"Non è possibile!!!" –Gridò Eos, osservando l’avvenuto fatto, e sentendo il potere dei due Cavalieri crescere ancora.

"Abbiamo una doppia ragione per batterti, Eos dell’Aurora!" –Urlò Pegasus, scaricando tutto il potenziale della sua Cometa Lucente. –"Non soltanto salvare Atena e i nostri amici, ma dimostrare a te e a tutte le Divinità che ancora non l’hanno compreso, cosa sia l’amore, quella forza meravigliosa capace di smuovere interi continenti! E capace di uccidere un Dio!"

Dopo quell’ultima frase la sfera incandescente, spinta da Pegasus e Andromeda, travolse completamente Eos, avvolgendola al suo interno e scagliandola in alto, dove esplose pochi istanti dopo. Fu una tremenda esplosione di luce che rischiarò l’intero Grande Tempio, come lo scontro tra i due Urli di Atena mesi prima. Pegasus e Andromeda caddero a terra, esausti per il lungo combattimento, ma riuscirono a vedere la sagoma della Dea dell’Aurora esplodere in cielo, mentre la sua corazza dorata si schiantava in mille pezzi, ricadendo a terra poco distante.

"Madre…" –Mormorò Borea, rimettendosi in piedi. Pure Euro, dall’alto della roccia, si mosse per sincerarsi delle condizioni della Divinità, precipitata rovinosamente al suolo. Un triste spettacolo si palesò agli occhi dei figli dell’Aurora: il corpo della madre era praticamente a pezzi, grondante di sangue a dismisura, e il suo viso, che tanta grazia aveva emanato un tempo, pareva quello di una vecchia megera in punto di morte.

"Madreee!!!" –Urlò Borea, buttandosi in lacrime su di lei.

"Aaah... aaah..." –La Dea dell’Aurora tentò di parlare, di pronunciare qualche parola, ma le uscirono soltanto suoni confusi. Anche Pegasus e Andromeda si avvicinarono, e Borea scattò rabbioso verso di loro, per vendicarla, ma Euro gli afferrò un braccio, bloccandolo.

"Non essere sciocco! La rabbia e la vendetta non sono sentimenti che si addicono agli Dei! Nostra madre è caduta in battaglia, come gli eroi del Mondo Antico, in una battaglia che lei stessa ha voluto e che ha avuto la forza di portare a termine!"

"Che stai dicendo, idiota?" –Lo brontolò Borea, tentando di liberarsi dalla presa di Euro. Ma il fratello non disse altro, limitandosi a scaraventarlo contro una parete rocciosa, con un soffio di vento, davanti agli occhi stupefatti dei due Cavalieri di Atena.

"Ca... Cavaliere di Pegasus..." –Mormorò infine Eos, con quel filo di voce che le restava. Pegasus si avvicinò, chinandosi sul corpo della Dea dell’Aurora. –"Nobile Cavaliere… hai vinto!"

"Non io, Dea dell’Aurora! Ma l’amore ha vinto!" –Replicò Pegasus.

"Sì!" –Sorrise finalmente Eos. –"L’amore! La forza più grande della natura... avrei voluto crederci di più anch’io, come feci da giovane, quando rapii Titone da Troia, rischiando la collera divina!"

"Titone, il Principe troiano?!" –Intervenne Andromeda.

"Sì... proprio lui.. l’uomo che maggiormente ho amato in tutta la mia vita, l’uomo per il quale chiesi a Zeus il dono dell’immortalità, affinché potesse restare al mio fianco per sempre!"

"Eos…" –Tentò di dire qualcosa Pegasus.

"Se anche Atena crede nell’amore, come voi professate, nobili Cavalieri, allora salvatela! Correte sull’Olimpo e salvatela! Il mondo ha bisogno di qualcuno che creda nell’amore!" –Esclamò Eos, prima di chiudere gli occhi, e non parlare più.

Andromeda si commosse, versando lacrime sincere, e anche Pegasus restò colpito dalla forza della Dea, della donna che c’era in lei e che alla fine le aveva permesso di morire con dignità e onore.

"Lasciatela a me!" –Intervenne infine Euro. –"La porterò sull’Olimpo, cosicché anche Titone possa onorare la sua memoria! E poi la seppellirò nella nostra caverna in Tracia, dove i venti del mondo continuamente la faranno sentire viva!"

"Chi sei, tu?" –Domandò Pegasus, osservando il giovane sollevare con cura la donna e ricoprire il suo corpo ferito con un bianco mantello.

"Sono suo figlio, Euro, il Vento dell’Est!"

Pegasus fece un passo indietro, temendo che il Dio volesse attaccarli, per vendicare la morte di Eos come aveva fatto Borea poco prima. Ma Euro non disse niente, osservando dispiaciuto il volto della madre, e volgendo loro le spalle. Aprì le ampie ali della sua Armatura Celeste e poi si librò in aria, leggero come una piuma. Prima di scomparire si voltò di nuovo verso Pegasus e Andromeda.

"Siete degni della vostra fama, Cavalieri di Atena! Siete i figli del mito! Ma fate attenzione! Non tutti gli Dei dell’Olimpo saranno così accondiscendenti nei vostri riguardi!"

"Cosa ne sarà di te?" –Domandò Andromeda, preoccupato che Zeus gliela facesse pagare, per aver disobbedito ai suoi ordini.

"Ooh... non curatevi di me! Sono convinto che presto Zeus avrà ben altri pensieri, che occuparsi del figlio ribelle di una Divinità minore!" –Ironizzò Euro. –"Chissà... forse ci rivedremo pure..." –Detto questo scomparve in un lampo di luce, portando con sé la madre.

Borea, Vento del Nord, si rialzò poco dopo, stordito e barcollante, di fronte agli occhi sorpresi di Pegasus e Andromeda, che stavano aiutando Tisifone, Asher e gli altri a rimettersi in piedi.

"Non avrai intenzione di combattere ancora?" –Mormorò Tisifone.

"Sono stato inviato per questo, donna! E porterò a termine la mia missione!"

"Sei rimasto solo!" –Lo schernì Pegasus.

"Cosa importa? Basta uno solo di noi per eliminarvi!" –Detto questo, espanse il proprio cosmo, lanciando contro di loro un’impetuosa tempesta energetica. –"Vento del Nord! Spazzali via!"

Tisifone e Asher furono sollevati nuovamente da terra e spinti indietro e se non fosse stato per la rapidità con cui Andromeda lanciò le sue catene si sarebbero schiantati contro una parete rocciosa, ma il ragazzo intervenne prontamente, afferrandoli. Borea aumentò allora l’intensità del proprio attacco, sollevando da terra anche Pegasus e Andromeda, nonostante la resistenza delle Armature Divine. Pegasus si dibatté nell’aria, cercando di scagliare il Fulmine, ma i suoi colpi non raggiunsero Borea, travolti dal vento impetuoso. Andromeda lanciò nuovamente la catena di Andromeda, che si moltiplicò e conficcò nel terreno, impedendo al ragazzo di volare via, ma mettendolo in una scomoda situazione, impegnato anche a tenere Asher e Tisifone.

"Lasciaci andare, Andromeda!" –Esclamò infine l’Unicorno, iniziando a dare colpi alla catena, per mettere l’amico in condizioni di contrattaccare.

"Non la spezzerai mai a mani nude, Asher!" –Urlò Pegasus, roteando all’interno del vortice, grazie alle ali della sua armatura.

Brucia mio cosmo, e incendia!!! Esclamò, espandendo ancora il proprio cosmo. Il cavallo alato della mitologia apparve su di lui, aprendo le sue bianche ali, capaci di resistere anche a quella tempesta. Pegasus roteò su se stesso, assumendo la forma di una luminosa cometa e dirigendosi verso Borea.

Il Dio del Vento del Nord fu molto sorpreso nel vedere il ragazzo muoversi a una tale velocità all’interno del vortice da lui creato, e non poté far niente per evitare l’impatto. Pegasus scaraventò Borea indietro, fino a farlo schiantare contro la parete rocciosa, mentre la sua Veste Divina veniva nuovamente incrinata. La bufera cessò, permettendo ad Andromeda e agli altri due di ricadere a terra. Andromeda srotolò prontamente le catene, lanciandole avanti per afferrare Borea, ma questi scattò via, iniziando a correre alla velocità della luce intorno al ragazzo, col risultato che le catene si attorcigliarono tra loro e Andromeda fu scaraventato in alto dall’improvviso attacco del Dio del Vento del Nord. Improvvisamente una scarica energetica colpì Borea in pieno, spingendolo a terra, con la faccia sul ruvido selciato.

"Cosa?!" –Esclamò Pegasus, stupito, sollevando lo sguardo.

Dalla scalinata che conduceva alla Casa di Ariete scesero tre figure. Una donna, che reggeva in mano un tridente argentato, da cui era appena partita la scarica energetica, e due Cavalieri, piuttosto malconci, a giudicare dalla ferite sui loro volti e dalle crepe nelle loro corazze.

"Ilda!!!" –Gridò Pegasus, sorpreso ma felice. –"Allora era tuo il cosmo che sentivo poco lontano! Mi sembrava di averlo già incontrato!"

"Felice di rivederti, Cavaliere di Pegasus!" –Esclamò Ilda di Polaris. Anche Andromeda si avvicinò al trio, salutando con gioia Mizar e Alcor, pieno di mille domande da fare loro.

"Rimandiamo il tempo della conversazione!" –Esclamò la Celebrante, indicando avanti a sé.

Borea si stava rimettendo in piedi, e dall’espressione rabbiosa sul suo volto i Cavalieri capirono che non aveva intenzione di arrendersi. Mizar e Alcor scattarono improvvisamente avanti, sfoderando gli Artigli della Tigre nordica in un doppio attacco congiunto.

"Bianchi Artigli della Tigre!!!" –Esclamarono, sfrecciando verso il nemico.

Borea tentò di difendersi scagliando nuovamente il Vento del Nord, ma la debolezza del suo attacco, unito alla grande capacità di resistenza dei Cavalieri di Asgard a temperature rigide, permise a Mizar e Alcor di continuare a proseguire, seppur rallentati, verso il figlio di Eos, colpendolo più volte. Un affondo di Mizar ferì Borea sul fianco sinistro, facendolo urlare di dolore, mentre gli affilati artigli di Alcor si piantavano nel suo pettorale.

"Via!!!" –Urlò improvvisamente Ilda, ordinando ai suoi guerrieri di allontanarsi.

Concentrò la propria energia cosmica nel tridente e lo scagliò contro Borea, a incredibile velocità. Il Dio, indebolito e sorpreso, non riuscì ad evitare completamente l’arma che si piantò sul suo fianco sinistro, sopra lo squarcio aperto da Mizar, facendolo urlare come un pazzo, in preda al dolore.

"Questa, di Asgard, è la vendetta!" –Commentò la Celebrante di Odino, senza rancore, soltanto un’infinita tristezza nel cuore al ricordo della Cittadella in fiamme e dei morti lungo le strade.

Scariche energetiche percorsero il corpo del Dio del Vento del Nord, vibrando sull’armatura già scheggiata, fino a esaurirlo completamente, facendolo accasciare al suolo, in una pozza di sangue.

"Maledetti... tutti quanti... Zeus ve la farà pagare! Egli ha già preso la testa di Atena! Verrà a prendere anche quella di Odino!" –Sibilò Borea, rantolando sul terreno.

"Cosa vuoi dire con questo?" –Urlò Pegasus. –"Cos’è successo ad Atena? Cosa le ha fatto Zeus?"

"Eh eh eh..." –La risata sinistra di Borea fu l’ultimo suono che il Dio emise, prima di morire, lasciando i Cavalieri impauriti e insoddisfatti.

La battaglia era finalmente terminata, dopo lunghe ore di lotte sanguinose che avevano trasformato la serena immagine del Grande Tempio di Atena in un’immensa arena. Numerosi erano i caduti tra le file dei difensori di Atena, Birnam della Bussola prima di tutti, e poi le centinaia di soldati che sarebbero stati tutti onorati. Mizar e Alcor aiutarono Asher e gli altri Cavalieri a rimettersi in piedi, ma si accorsero fin subito che le loro condizioni erano preoccupanti. Ban aveva un braccio rotto, mentre Black aveva il viso completamente sfregiato. Geki poi sembrava non riuscisse neppure a respirare, e tutto questo fece rattristare non poco l’animo di Pegasus e Andromeda.

Pegasus si guardò intorno e non poté fare a meno di notare l’enorme sfacelo in cui versava il Grande Tempio. Macerie e detriti, cadaveri ammucchiati e un fetore che si stava diffondendo minaccioso. La stanchezza per la battaglia si fece sentire anche su di lui e su Andromeda, e su Tisifone, Mizar e Alcor, bisognosi di cure come tutti. Un pensiero guizzò improvvisamente nella mente del ragazzo. Si voltò di scatto, osservando i volti presenti, e chiedendosi dove fosse Castalia.

La Sacerdotessa dell’Aquila comparve sul piazzale del Grande Tempio pochi minuti dopo, scendendo dalla distrutta scalinata di marmo che conduceva alla Casa dell’Ariete, davanti agli occhi attoniti dei presenti rimasti. Mizar e Alcor avevano aiutato Kiki e i giovani infermieri a portare Asher e gli altri all’ospedale, per essere anche loro curati, lasciando Ilda e Tisifone a discutere con Pegasus e Andromeda nel piazzale del Grande Tempio.

"Pegasus!" – Esclamò Castalia, dall’alto della scalinata.

"Castaliaaa!!!" –Urlò il ragazzo, correndole incontro. –"Ma allora sei viva? Sono così felice... così…"

Ma la gioia del ragazzo si tramutò in stupore, quando si accorse che a fianco della donna c’era un uomo ricoperto da una scintillante Armatura Celeste. E poi diventò preoccupazione quando vide il corpo della giovane coperto di graffi e ferite, l’armatura distrutta e... il suo viso! Per la prima volta Pegasus poté guardare Castalia negli occhi, in quegli occhi verdi che avevano ammaliato l’uomo al suo fianco. Sorrise, per un attimo Pegasus sorrise, ripensando a quando aveva creduto che Castalia fosse sua sorella. No, non lo è! Commentò, riconoscendo che il viso della donna era notevolmente diverso da quello di Patricia.

"Non aver paura, Pegasus! Egli non ti attaccherà!" –Esclamò Castalia, prevenendo la domanda del giovane. –"Questi è Phantom dell’Eridano Celeste, Luogotenente dell’Olimpo! Ed è forse l’unico Cavaliere Celeste ad avere il coraggio di ammettere l’ingiustizia di cui si sta macchiando il suo Signore!"

"È un onore per me incontrarti di persona, Cavaliere di Pegasus!" –Affermò il giovane, osservando il ragazzo ricoperto dall’Armatura Divina. –"Le tue gesta sono arrivate anche sull’Olimpo e se per qualcuno sono fonte di irritazione, per il tuo atteggiamento bellicoso contro le Divinità, in me hanno sempre suscitato ammirazione e stima! Spero un giorno, se le circostanze lo vorranno, di poter combattere al tuo fianco, per capire cos’è, alla fine, che ti contraddistingue così tanto!" –Detto questo, Phantom si allontanò da loro, scendendo nel piazzale del Grande Tempio, per sincerarsi delle condizioni di tutti i Cavalieri Celesti, di tutti quelli che aveva condotto alla morte.

Castalia, Tisifone, Ilda, Pegasus e Andromeda rimasero a parlare per una buona mezz’ora, riferendo tutte le notizie in loro possesso, in modo che anche Pegasus e Andromeda potessero disporre di un chiaro quadro degli eventi.

"Mio fratello è sull’Olimpo?"

"Non so cosa gli sia accaduto, Andromeda! Ci siamo separati e non l’ho più ritrovato!" –Rispose candidamente Castalia.

"Quindi è ancora là…"

"Tuo fratello è tra le braccia di Morfeo!" –Intervenne il Luogotenente dell’Olimpo, raccontando quanto visto ore prima. – "Non so quali fossero le intenzioni del figlio di Ares, ma è chiaro che ha obbligato il Dio del Sonno a incantare la Fenice, facendola precipitare in un sonno artificiale!"

"E Sirio? E Cristal?" –Incalzò Pegasus.

"Di Sirio non abbiamo notizie! In quanto a Cristal, dovrebbe trovarsi al sicuro, alla corte di Odino ad Asgard!" –Spiegò Castalia, raccontando degli strani eventi che Ilda aveva riportato.

"Sono certa che è al sicuro!" –Commentò la Celebrante di Odino.

"Vorrei che lo fosse anche Atena!" –Rispose Pegasus.

"La vostra Dea corre un grave pericolo, Cavalieri!" –Spiegò loro Phantom. –"È stata incatenata da fulmini incandescenti alla Torre Bianca dell’Olimpo, nel punto più estremo del Regno di Zeus! E là si consumerà il suo destino, un’atroce agonia a cui suo Padre l’ha condannata!"

"Dobbiamo salvarla!" –Esclamò Pegasus, mentre anche Andromeda annuì.

"E come farete? In due?" –Affermò Phantom.

"Non sono in due, ci siamo anche noi!" –Esclamarono Castalia e Tisifone.

"E anche Asgard darà una mano! Non soltanto per riconoscenza verso Isabel e i suoi Cavalieri, ma anche perché i destini del mondo interessano anche noi!" –Commentò Ilda. –"Se Zeus vuole la Terra per sé, non credo che lascerà stare il Regno del Nord! Regno che ha già barbaramente attaccato giorni fa!"

"Umpf, un vero esercito!" –Ironizzò Phantom, sospirando. Quindi si allontanò dal gruppo, preparandosi per rientrare sull’Olimpo.

"Phantom!" –Lo richiamò Castalia, sperando di trattenerlo.

"Devo rientrare, mi dispiace!" –Commentò lui, voltandosi un’ultima volta. – "Sono il Luogotenente dell’Olimpo e devo riferire al Sommo Zeus l’esito di questa disastrosa battaglia!"

"Abbi cura di te!" –Mormorò Castalia.

"Lo farò... e se vuoi farlo anche tu, non mettere piede sull’Olimpo!" –Esclamò il Cavaliere Celeste, facendo bruciare il proprio cosmo.

"Non posso farlo... devo continuare a combattere per i miei ideali!" –Rispose Castalia, con voce serena. –"Quegli stessi ideali che ami anche tu!"

Phantom non aggiunse altro, scomparendo in un lampo di luce, e raggiungendo l’Olimpo pochi istanti dopo. Pegasus e i suoi amici rimasero a discutere ancora per poco, preoccupandosi di curare le proprie ferite e rimettersi in forma. La decisione era stata presa, ed era la più ovvia possibile, la più necessaria.

Raggiungere l’Olimpo e salvare Atena, anche se questo significa affrontare Zeus, le Divinità Olimpiche e tutti i Cavalieri Celesti posti a loro difesa! Mormorò Pegasus, mentre il proprio sguardo si perdeva nelle dense nuvole che avvolgevano il monte degli Dei.