CAPITOLO VENTIDUEESIMO. LA VALCHIRIA E LE TIGRI.

Aiutato dal cosmo di Morfeo, Phantom dell’Eridano Celeste ricomparve direttamente all’esterno della Reggia di Zeus, sulla cima dell’Olimpo. Usò i propri poteri mimetici per fondere il proprio corpo, e quello della donna che reggeva in mano, con il marmo bianco del Tempio, oltrepassandone la soglia, senza che i Cavalieri Celesti di guardia se ne accorgessero. Raggiunto il corridoio che conduceva alla residenza distaccata di Morfeo, proseguì a passo più spedito, mentre l’intrigante cosmo del Dio dei Sogni lo avvolgeva, contribuendo a renderlo ancora più impercettibile.

"Ce l’hai fatta!" –Esclamò Morfeo, soddisfatto, osservando il giovane ricomparire davanti a sé, reggendo la Sacerdotessa di Atena.

Ma a quale prezzo?! Sospirò Phantom. Appoggiò delicatamente la Sacerdotessa dell’Aquila su una panca, davanti agli occhi interessati del Dio dei Sogni, ansimando per la fatica sostenuta e per la paura che aveva provato entrando di nascosto nella Reggia di Zeus. Se qualcuno mi avesse sorpreso, avrei avuto un altro nemico contro cui confrontarmi! Commentò, tastandosi la spalla dolorante e ricordando lo sguardo furibondo di Artemide, per essere stata ingannata.

"Non curarti di Artemide, ragazzo!" –Esclamò Morfeo, indicando la freccia che la Dea aveva scagliato pochi secondi prima, e che si era piantata nel pavimento, trapassando i soffitti della reggia. –"Troverò qualcosa da dirle, che avevo bisogno della donna per i miei esperimenti... insomma qualcosa le dirò." –Phantom annuì, ma non parve molto convinto, sentendosi in colpa per aver disubbidito agli ordini del Sommo Zeus.

"Non chiederti se era giusto, giovane Cavaliere! Ripetiti soltanto che era la cosa che sentivi di dover fare!" –Mormorò Morfeo, per rincuorare il ragazzo, iniziando a togliere l’armatura a Castalia, lasciandola solo con le vesti lacere che portava sotto. –"Spesso, nella vita, non esiste una cosa giusta o una cosa sbagliata ma solo una cosa che sentiamo di fare, che sappiamo di dover fare!"

"Artemide me la farà pagare! Invierà qualcuno a informare il Dio dell’Olimpo, che vorrà conoscere i motivi del mio gesto! Motivi che, a dire il vero, non comprendo perfettamente neppure io!"

"Non mentire a te stesso, ragazzo! Tu non hai salvato questa donna solo perché il Dio dei Sogni te lo ha ordinato! No, affatto! Tu volevi salvarla, io ti ho solo offerto l’occasione per dare libero sfogo ai sentimenti annidati nel tuo animo!"

Phantom non seppe cosa rispondere, sicuro che Morfeo avesse ragione. Voleva salvare Castalia, togliendola dalla guerra. Ma a quale prezzo? Un ostentato tradimento nei confronti del mio Signore, colui che anni fa mi prese sotto la sua tutela, accogliendomi sull’Olimpo e accettandomi nelle fila dei suoi Cavalieri Celesti nonostante fossi soltanto un uomo, un mortale?

"Verrà un giorno, Cavaliere Celeste, in cui Zeus ti ringrazierà per questo!"

"Tu credi? Pensavo volesse condannarmi per alto tradimento…" – Ironizzò Phantom.

"I figli di Ares seminano discordia!" –Sussurrò Morfeo, afferrando Phantom per il collo e avvicinando il suo viso al proprio. –"Per colpa loro, loro soltanto, l’Olimpo si sta tingendo di sangue! Non senti? Non odi le grida dei corvi, estasiati per banchettare con nuovo cibo, fresche carni di giovani Cavalieri? Non senti l’accendersi impetuoso di cosmi lungo la via che conduce alla Reggia di Zeus? Le verdeggianti distese della nostra terra sono infangate da una guerra che non dovrebbe essere combattuta, e tu, Luogotenente dell’Olimpo, dovresti saperlo meglio di chiunque altro! Tu che hai passato anni ad ammirare le eroiche gesta dei Cavalieri di Atena, di quei giovani che più volte hanno rischiato la vita per difendere la Terra dalle maligne forze dell’Oscurità!"

"Sono d’accordo con te, Dio del Sonno! Ma io sono soltanto un soldato! E non sono colui che comanda sull’Olimpo!" –Commentò Phantom, separandosi dal Dio.

"E chi comanda davvero? Chi muove i fili di quest’orrida commedia degli inganni?"

"Io... devo andare adesso!" –Mormorò Phantom, recuperando la sua compostezza ed eleganza. –"I Cavalieri di Atena stanno salendo il Sacro Monte, e sembra che nuovi arrivi siano giunti a dare loro man forte! Presto Flegias ordinerà l’assalto finale, e non potrò non prendervi parte!"

"Non morire, ragazzo!" –Commentò Morfeo, osservando il Luogotenente dell’Olimpo lasciare le sue stanze. –"Zeus avrà presto bisogno di te, molto più bisogno di quanto tu creda!"

Sospirò, voltandosi nuovamente verso i due Cavalieri sdraiati dietro di lui. Ikki di Phoenix, che il Dio aveva addormentato con l’inganno ore prima, per compiacere i desideri dell’arrogante figlio di Ares, e Castalia dell’Aquila, la cui vita stava volgendo al termine per effetto del veleno contenuto nelle frecce avvelenate dei Cacciatori di Artemide.

Morfeo si avvicinò alla donna, osservando il suo volto bianco ed emaciato, e le tastò la fronte con l’indice e il medio destro, socchiudendo per un momento gli occhi. C’è ancora vita in lei! Mormorò, con un certo sollievo. Si chinò su di lei e la colpì con le due dita unite in numerosi punti del suo corpo, creando delle ferite da cui poi iniziò a uscire il sangue in grande quantità. Non erano colpi dati a caso, ma corrispondevano ai punti vitali della Sacerdotessa, disposti come le stelle della Costellazione dell’Aquila. Ho fatto un errore, permettendo che un ragazzo si perdesse nel limbo! Commentò Morfeo, con aria triste. Ma te posso ancora salvarti!

Nel frattempo, ai piani bassi dell’Olimpo, la battaglia tra gli invasori di Atene e i Cavalieri Celesti era in pieno svolgimento. Tisifone stava affrontando Atteone nella foresta di Artemide, mentre Mizar e Alcor, dopo aver abbattuto i Giganti di Pietra, con sforzo e fatica, erano corsi avanti assieme a Ilda, per seguire i compagni sull’Olimpo, giungendo di fronte al Bianco Cancello, che avevano trovato abbattuto. Un Cavaliere Celeste, molto simile a Sterope e a colui che aveva guidato l’assalto di Midgard giorni prima, giaceva a terra privo di vita, e poco distante c’era il corpo di Pegasus, ricoperto dalla sua scintillante Armatura Divina. Ilda e Mizar corsero subito a sincerarsi delle sue condizioni, mentre Alcor rimase al centro dello spiazzo, con i sensi tesi.

"È ancora vivo!" –Commentò Ilda, con un sorriso. –"È soltanto svenuto! La battaglia contro il Ciclope Celeste deve averlo esaurito!"

"Spostatevi!" – Sussurrò Alcor, raggiungendo il fratello e la donna. –"Stanno arrivando!"

"Ma chi?!" –Mizar oppose improvvisa resistenza, non capendo a cosa si riferisse il fratello, ma questi lo incitò ad aiutarlo a sollevare Pegasus e a portarlo via dalla radura.

I Cavalieri di Asgard e la Celebrante si infilarono nel fitto bosco che correva ai margini del Cancello Olimpico, nascondendosi nell’oscurità della notte, fino ad accucciarsi molti metri lontano dal sentiero principale, riparati da frasche e cespugli. I tre azzerarono il loro cosmo, e Alcor, per ulteriore precauzione, ricoprì tutti quanti con il suo lungo mantello, dotato di un particolare potere, di cui neppure Mizar era al corrente.

"Così non ci vedranno!" –Sussurrò Alcor, spiegando l’unicità del suo mantello, in grado di nascondere tutto ciò che era al suo interno.

In quello stesso momento una dozzina di Cavalieri Celesti uscì dal Bianco Cancello, radunandosi nella radura di fronte ad esso. Ilda acutizzò la vista, riconoscendo soltanto uno di loro, colui che quella stessa mattina era arrivato al Grande Tempio come ambasciatore: Ermes, il Messaggero degli Dei. La pattuglia di Cavalieri Celesti rimase un poco di fronte al Cancello, quindi si allontanò, scendendo le pendici dell’Olimpo.

"Perché ci siamo nascosti?" –Domandò infine Mizar. –"È vile codardia!"

"No, Mizar! È realistica saggezza!" –Lo zittì il fratello. –"Hai visto quanti erano? Ho contato tredici cosmi, di cui uno immensamente grande, divino direi! E noi siamo ancora stanchi per la battaglia contro i Giganti di Pietra! Inoltre.…" –E nel dir questo volse lo sguardo verso Ilda, vicino a loro, china su Pegasus, ancora svenuto. –"Dobbiamo pensare anche a chi non può difendersi!"

"Non parlerai di me, voglio sperare, Alcor!" –Rispose Ilda.

"Mia Signora.. con tutto il dovuto rispetto, sono sempre più convinto che questa impresa sia troppo pericolosa per voi!"

"Pericolosa è dire poco!" –Sorrise Ilda. –"Ma come già ti ho detto, ti prego di non preoccuparti per me! Non devi! Abbiamo scelto insieme di partecipare a questa battaglia, portando il nostro, seppur minimo, aiuto ai Cavalieri di Atena! E non sarò certo io, adesso, a tirarmi indietro! No, Tigre Bianca, ho un debito nei confronti di Atena, e combatterò con tutte le mie forze per estinguerlo!"

"E sia allora…" –Sospirò Alcor, incontrando lo sguardo di Mizar, anch’egli preoccupato. –"Adesso dobbiamo andare!"

"E di Pegasus cosa facciamo? Non possiamo abbandonarlo!"

"Non abbiamo altra scelta!" –Commentò Alcor. –"È ancora debole, non senti il suo cosmo com’è flebile? Ora come ora ci sarebbe solo d’intralcio! Ma non preoccuparti, tenaci sono i Cavalieri di Atena, non ricordi Phoenix? Sono certo che ci raggiungerà non appena avrà recuperato le forze!"

"Sono d’accordo con Alcor!" –Intervenne Ilda, alzandosi a sua volta. –"Pegasus non è certo tipo da lasciarsi andare! Egli verrà, e salverà Atena, come ha sempre fatto!"

"Lasciatelo a noi!" –Esclamò improvvisamente una voce di uomo.

Mizar, Alcor e Ilda si voltarono di scatto, terribilmente sorpresi, e preoccupati. I Cavalieri di Asgard balzarono subito di fronte a Ilda, per proteggerla da un eventuale attacco, mentre dalle tenebre della foresta comparvero due figure, piuttosto minute, che stupirono non poco i tre. Un uomo e una donna di mezza età si fecero timidamente avanti, accendendo una fiaccola per illuminare i loro volti.

"Chi siete?" –Domandò Alcor stizzito.

"Non abbiate paura…" –Sorrise la donna. –"Siamo solo due pastori!"

"Pastori?!" –Ripeté Alcor, esterrefatto.

"Pastori del Monte Olimpo! Abbiamo una casa più a valle, vicino ad un’ampia radura dove portiamo i nostri ovini a pascolare. Ci prenderemo cura di noi del ragazzo!"

"Lo abbiamo visto combattere prima, e abbiamo capito che è un Cavaliere di Atena, della Dea della Giustizia!" – Intervenne l’uomo.

Ilda sorrise, facendosi avanti, e pregando Mizar e Alcor di abbassare le difese.

"Sono Ilda di Polaris, Celebrante di Odino nell’eterna città di Midgard, nel freddo Nord!" –Esclamò, con aria solenne. –"Non abbiamo niente con cui ricompensarvi, ma se saprete prendervi cura del Cavaliere di Pegasus sono certa che Atena, mia cara amica, lo apprezzerà tantissimo!"

"Non preoccupatevi, Signora del Nord!" –Esclamò la donna. –"È in buone mani!"

"In quanto a voi..." –Intervenne l’uomo. –"Fate molta attenzione! Una nera cappa è scesa sull’Olimpo, accecando i suoi splendenti bagliori!"

Ilda, Mizar e Alcor si consultarono velocemente, e poi decisero di affidare Pegasus alle cure dei due pastori, scambiando un’ultima veloce parola con loro, prima di correre via. Le Tigri di Asgard sfrecciarono nel bosco, raggiungendo in fretta il Bianco Cancello, lo varcarono e furono dentro, subito seguiti da Ilda, lanciandosi lungo la strada principale.

Mezzo chilometro dopo furono fermati di fronte al Tempio della Guerra da una decina di Cavalieri Celesti, rivestiti dalle loro brillanti corazze forgiate da Efesto, dotati di grandi scudi e di altre armi.

"Qua finisce la vostra corsa!" –Esclamò un guerriero, facendosi strada tra i Cavalieri Celesti.

Era molto diverso dagli altri, di aspetto più truce e trasandato, al punto da spingere Ilda a dubitare se si trattasse realmente di un Cavaliere Celeste. Era alto e robusto, con un viso bruno e segnato da cicatrici; mossi capelli neri, occhi scuri, intrisi di sangue che ispiravano terrore soltanto a guardarlo. Indossava un’armatura scarlatta, diversa, come stile e colore, dalle altre dei suoi compagni.

"Sarete tutti sterminati!" –Sibilò, sfoderando due spade infuocate che teneva agganciate alla schiena della sua armatura.

E senza aggiungere altro si lanciò avanti, brandendo le scimitarre arroventate, contro Mizar e Alcor. I due fratelli scattarono ognuno in direzione diversa, evitando i rapidi affondi del guerriero scarlatto, mentre anche Ilda si allontanò, sollevando il tridente argentato. Un raggio energetico partì dalla sua arma, ma il guerriero lo parò incrociando le sciabole davanti a sé, prima di osservare con un ghigno diabolico la sua prossima preda. Fece un cenno ai Cavalieri Celesti e questi si fecero tutti avanti, dirigendosi verso Mizar e Alcor, mentre egli con un balzo si metteva tra i due fratelli e Ilda.

"Spiegami, Celebrante di Odino, cosa spinge una donna come te, e i suoi guerrieri, a lasciare le lande del Nord alla ricerca di una certa morte qua, nella sconosciuta Grecia?"

"Ho deciso di offrire il mio aiuto ad Atena e ai suoi Cavalieri, per combattere al loro fianco per una causa che ritengo giusta!" –Commentò Ilda, cercando di non apparire troppo intimorita.

"Umpf!" –Storse il naso il guerriero scarlatto. –"La lezione che ti abbiamo impartito allora non ti ha insegnato niente? Credevo che vedere la tua città in fiamme fosse un deterrente sufficiente per costringerti a non interferire con i piani dell’Olimpo?!"

"Chi devo dunque ringraziare per tale scempio?" –Esclamò Ilda, con fare deciso.

"Issione, figlio di Ares! Ho ordinato io ad Arge, il Ciclope Celeste, di seguire Cristal il Cigno!"

"Quale onore incontrarti allora!" –Ironizzò Ilda, mentre una tremenda rabbia si stava impossessando di lei. –"Potrò finalmente esprimerti tutto il mio disprezzo!" –E senza aggiungere altro, puntò il tridente contro di lui, facendo partire un fascio energetico, che però non lo raggiunse, riparato dalle sue infuocate spade incrociate. Ma Ilda non cedette, continuando a lanciare raggi energetici dal tridente, cercando di avvicinarsi all’uomo per colpirlo.

"Sei coraggiosa, Celebrante di Odino! Coraggiosa e stupida, oltre che molto eccitante!" –Esclamò Issione, parando con una lama un nuovo assalto. –"Pregherai il tuo Dio dall’abisso profondo del Tartaro!" –E sferzò l’aria con le sue scimitarre incandescenti, creando veloci fendenti che si abbatterono su Ilda, la quale non poté far altro che difendersi con il proprio tridente, che non fu però difesa sufficiente, venendo ferita in più punti.

"Ah ah ah!" –Urlò Issione, in preda a un autentico godimento nel vedere la donna in difficoltà. – "Guarda Padre, sacrifico questa donna in tuo onore!" –E sollevò di colpo la spada destra, lanciando un violento fendente energetico che Ilda non riuscì a evitare, venendo colpita in pieno, trapassata da parte a parte e spinta indietro, fino a sbattere sulla scalinata di fronte al Tempio, mentre le sue vesti si strappavano in più punti, rivelando il candido corpo al di sotto di esse. –"Muori!" –Gridò il figlio di Ares, balzando in alto, evitando un nuovo raggio energetico di Ilda, e giungendo proprio davanti a lei.

La donna sollevò il tridente per difendersi, ma Issione glielo tolse di mano con un violento colpo di spada, che fece vacillare Ilda, fino a farla sbattere contro una colonna del Tempio della Guerra. Issione lanciò una spada infuocata, che si piantò nella colonna proprio tra il braccio e il corpo di Ilda, sotto la sua ascella, ridendo sadicamente per la sua vittoria e per l’umiliazione che stava impartendo alla sua vittima, umiliazione che adorava praticare con coloro che riteneva inferiori.

"Ah ah ah!" –Urlò, e lanciò l’altra spada, che si conficcò nella colonna, accanto alla testa di Ilda, che si trovò stretta in un’infernale morsa. –"Fine della corsa, bellezza!" –E si avvicinò lentamente.

Ilda era ferita e sanguinante, aveva perso il tridente e non poteva essere aiutata dai suoi guerrieri, entrambi impegnati in battaglia contro i Cavalieri Celesti. Ma sul suo viso non comparve alcuna espressione di rinuncia o rassegnazione, solo la ferrea volontà di non lasciarsi abbattere. La donna socchiuse gli occhi, concentrando i sensi, e lasciando che il proprio cosmo esplodesse pochi istanti dopo. Fu un’abbagliante manifestazione di luce, che spinse Issione indietro, sorpreso dalla ritrovata energia della donna.

Rapidamente Ilda si lanciò a terra, rotolando sul piazzale, afferrò il tridente e lo puntò nuovamente contro Issione, il quale fu colpito in pieno dal raggio energetico della donna e spinto indietro. Aiutandosi con l’arma, Ilda si rimise in piedi, ansimante per la fatica, ma decisa a non cedere. Le sue vesti erano ormai strappate in più punti, bruciate dalle infuocate spade del figlio di Ares, e sangue aveva iniziato a uscire dalle sue ferite. Ma avrebbe stretto i denti e continuato a lottare.

Issione recuperò le sue spade, lanciandosi avanti, muovendole in perfetta sincronia, prima una poi l’altra, mentre Ilda brandiva il tridente con cui cercava di evitare i pericolosi affondi dell’uomo. Improvvisamente Issione incrociò le spade di fronte a sé, sogghignando, mentre un violento colpo energetico, a forma di croce incandescente, partì da esse, travolgendo la Celebrante di Odino.

Ilda venne spinta indietro, incapace di difendersi da quel rapido e violento attacco, sbattendo con forza contro una colonna mentre il suo corpo era pieno di ferite e di ustioni. Fece per rialzarsi, ma si accorse di essere prigioniera in un cerchio di fuoco, appena creato dal demoniaco figlio di Ares.

"Ecco la sorte che ti ho riservato, bella regina!" –Sogghignò Issione. –"Morirai divorata dalle mie fiamme!"

"Mai!" –Esclamò Ilda, rimettendosi in piedi, e stringendo il tridente in mano.

Issione mosse la mano destra e le fiamme iniziarono a spostarsi, quasi danzanti ballerine a tempo di musica, avvolgendo il corpo della donna, bruciando quel che restava delle sue vesti, mentre le grida di Ilda rendevano la scena ancora più orribile. Quindi Issione si voltò, pronto per tornare sulla strada principale e uccidere anche i due Cavalieri di Asgard, quando un’esplosione di luce, proveniente dalle sue spalle, lo costrinse a voltarsi di nuovo. Un gelido vento aveva iniziato a spirare, portando con sé cristalli di ghiaccio che stavano ricoprendo l’ambiente intorno, e Issione si avvide, con sorpresa e timore, che il vento proveniva proprio da Ilda.

"Odinooo!!!" –Urlò la donna, puntando il tridente argentato avanti e scagliando un violento raggio energetico contro Issione che tentò di evitarlo ma fu comunque colpito ad una gamba.

Il freddo cosmo di Ilda spense le fiamme di Issione, congelandole e distruggendole, e rivelando al figlio di Ares la nuda sagoma della Celebrante, completamente avvolta da un’aura argentata. Improvvisamente Ilda sollevò la mano destra, mentre un raggio di luce, proveniente dal cielo lontano, la investì in pieno. Un momentaneo ristoro dagli affanni. Pochi istanti dopo si ritrovò ricoperta da una grigia corazza, rilucente nell’aria plumbea. In testa, un elmo scuro, di natura vichinga, le copriva il volto, nascondendo i suoi argentei capelli, mentre in mano reggeva sempre il suo tridente. Non era più Ilda, la pacifica Celebrante di Odino, adesso era diventata Ilda, la Valchiria, la guerriera, potenziando la sua natura divina.

"Incredibile!" –Mormorò Issione, rendendosi conto di averla sottovalutata. –"Ma quella corazza non ti servirà!" –E scattò avanti, brandendo le sue scimitarre incandescenti.

"Vedremo!" – Sussurrò Ilda, difendendosi con il tridente.

I due si scontrarono per parecchi minuti, ferendosi di striscio alcune volte, senza mai riportare una decisiva vittoria sull’altro, grazie alle resistenti protezioni di cui disponevano. Stanco di giocare Issione bruciò il proprio cosmo incandescente, puntando tre dita della mano destra contro Ilda.

"Ruota di Fuoco! Travolgila!" –Esclamò, e tre comete infuocate si diressero verso Ilda, posizionandosi intorno a lei e iniziando a roteare, creando un’unica grande ruota di fuoco che la travolse, facendola roteare al suo interno, divorata dalle fiamme infernali.

"Questa fu la mia punizione, quando nel Mondo Antico tentai di sedurre Era, moglie di Zeus! Fui legato a una ruota di fuoco e costretto a roteare nell’etere!" –Sibilò Issione, osservando la donna girare su se stessa, stritolata dalle fiamme. –"E alla mia stessa fine ti condanno, Ilda di Polaris! Muori!"

Improvvisamente una voce parlò al cosmo del figlio di Ares.

"Issione! Vieni immediatamente a palazzo!"

"Flegias!" – Esclamò Issione, riconoscendo la voce del Flagello degli Uomini. – "Non adesso! Sono impegnato in battaglia!"

"È un ordine del Sommo Zeus! Presentati immediatamente nella Sala del Trono! Adesso!"

"D’accordo…" –Sbuffò Issione. –"Peccato, avrei voluto continuare il nostro divertente scontro, Celebrante di Odino! Pazienza, vorrà dire che continuerai a vagare per l’eternità! Ah ah ah!"

Quindi Issione scattò via, sfrecciando come un’infuocata cometa lungo la via principale dell’Olimpo, diretto alla residenza del Sommo Zeus, lasciando Ilda imprigionata all’interno della ruota di fuoco, roteante su se stessa.

Mentre Issione e Ilda combattevano, nel piazzale antistante al disabitato Tempio della Guerra, Mizar e Alcor erano impegnati contro i Cavalieri Celesti; forti e decisi combattenti, schierati su una doppia fila di cinque, determinati a fermare l’avanzata degli invasori. I due fratelli del Nord si erano subito lanciati avanti, sfoderando i Bianchi Artigli della Tigre, che si erano scontrati con i resistenti scudi dei Cavalieri Celesti, forgiati nelle fucine dell’Olimpo, che le loro affilate unghie non riuscirono a penetrare. Alcuni Cavalieri Celesti si fecero avanti con delle lance, scagliandole contro di loro, ma i due fratelli furono abili ad evitare l’assalto. Alcor decise di tentare lo sfondamento dall’alto, ma non riuscì a raggiungere i propri nemici, riparati dagli scudi di Efesto che furono rapidi a sollevare. Mizar si lanciò allora contro di loro dal davanti, ferendone un paio, troppo lenti nel riabbassare lo scudo, ma venendo colpito da un altro. Presto la barriera di scudi si divise e i Cavalieri Celesti, pensando di aver facile vittoria, grazie anche alla schiacciante superiorità numerica, attaccarono singolarmente i due guerrieri.

In quel modo Alcor e Mizar poterono sfrecciare tra le loro fila, sfoderando i Bianchi Artigli della Tigre e colpendoli più volte, prima di venire respinti indietro a loro volta. Un colpo di spada ben affilata spaccò uno schiniere di Mizar, che si accasciò grondando sangue, mentre un paio di Cavalieri Celesti si lanciarono su di lui, brandendo lance. Alcor, vedendo il fratello in difficoltà, si buttò avanti per difenderlo, venendo ferito al posto suo. Una lancia si piantò nel suo braccio destro, distruggendo la sua armatura già danneggiata, prima che una raffica di sfere energetiche, scagliate dai Cavalieri Celesti, colpisse entrambi, spingendoli indietro.

"Sono in troppi!" –Esclamò Mizar, osservando le ferite sul corpo del fratello. –"Non sacrificarti per me!"

"Non ho intenzione di farlo…" – Ironizzò Alcor, rialzandosi. –"Ma non darmene occasione!"

"Non lo farò!"

I Cavalieri Celesti si compattarono, bruciando i loro cosmi e scagliando un violento attacco contro i due nordici guerrieri, tremendamente in pena per la sorte di Ilda, impegnata in un violento corpo a corpo con quel sadico spadaccino scarlatto. Mizar e Alcor unirono i loro cosmi, creando una barriera di gelo su cui si infranse l’assalto dei Cavalieri Celesti.

"Che le nevi eterne di Asgard siano con noi!" –Urlò Mizar, mentre l’aria intorno a loro vorticava di gelo. –"In nome dei Ghiacci eterni!" –Gridò, insieme al fratello, scaricando una violenta tempesta energetica contro i loro avversari. Il contraccolpo spinse i guerrieri nordici indietro, mentre tra i Cavalieri Celesti furono colpiti soltanto alcuni della prima fila, mentre gli altri non furono raggiunti dal loro attacco e si lanciarono avanti, brandendo lance e spade.

Improvvisamente un fascio di luce percorse l’intero spiazzo tra i Cavalieri Celesti e le due Tigri del Nord, stupendo sia gli uni che gli altri. In un attimo il fascio si moltiplicò all’infinito, diventando un fitto reticolato di luce che si abbatté sui Cavalieri Celesti, travolgendoli.

"Per il Sacro Leo!" –Urlò una voce maschile, balzando davanti ai difensori dell’Olimpo. E con un rapido movimento del braccio creò un reticolato di luce con cui investì i Cavalieri Celesti. –"Cuspide Scarlatta!!!" –Gli fece eco il suo compagno.

Gli ultimi difensori cercarono di contrattaccare, ma il loro assalto fu fermato da una sottile ma resistente barriera invisibile.

"Muro di Cristallo!" –Gridò un’altra voce, comparendo accanto agli amici. E l’attacco scagliato dai Cavalieri Olimpici tornò indietro, travolgendoli.

"Credo che ne abbiano prese abbastanza!" –Ironizzò Scorpio, affiancato da Mur e Ioria.

"Voi?! I Cavalieri d’Oro?!" –Esclamarono Mizar e Alcor, rialzandosi a fatica.

"E voi dovreste essere i nobili Cavalieri di Asgard, Mizar e Alcor! Odino in persona ci ha detto che eravate qua!" –Sorrise Mur.

"Odino?!" –Sgranò gli occhi Mizar.

In quel momento alcuni Cavalieri Celesti, in precedenza storditi, si rialzarono, pronti per attaccarli nuovamente, ma Ioria scagliò il suo devastante colpo sacro, che fece piazza pulita delle loro ultime speranze, scaraventandoli lontano, morti.

Nello stesso momento in cui Ioria e Mur salvavano Mizar e Alcor, Ilda fu sorpresa di sentire un freddo cosmo spegnere il fuoco della ruota che l’aveva travolta, permettendole di liberarsi e cadere a terra. Un cosmo amico che riuscì comunque a riconoscere nonostante la stanchezza.

"Cristal!" –Esclamò, osservando il Cavaliere del Cigno, ricoperto dalla sua scintillante Armatura Divina, aiutarla a rialzarsi. –"Allora… hai trovato la strada per Asgard?"

"Proprio così!" –Sorrise Cristal, prima di essere raggiunti dagli altri compagni.

Cristal e i Cavalieri parlarono molto frettolosamente, vista la situazione, con Ilda, Mizar e Alcor, che li informarono degli ultimi eventi, di Pegasus e del Cancello Olimpico.

"Non so dove siano Andromeda e le Sacerdotesse!" –Commentò la Celebrante di Odino. –"Staranno sicuramente combattendo più avanti!"

"Castalia è sull’Olimpo?!" –Domandò Ioria, mentre la Celebrante gli faceva un cenno d’assenso.

Per un attimo, il Cavaliere di Leo concentrò i propri sensi, usando il cosmo per cercarla, ma si rese conto di non riuscire a farlo. Di Castalia non vi era traccia alcuna.