CAPITOLO VENTUNESIMO. LA REGINA DELLE AMAZZONI.

Quando Phoenix aprì di nuovo gli occhi si accorse di essere da solo, all’interno dell’Ottava Casa. Era un po’ frastornato per la botta ricevuta, ma fondamentalmente non aveva subito gravi danni, riparato dalla resistente Armatura Divina. Cercò i suoi compagni e sentì due forti cosmi scontrarsi al di fuori del tempio, riconoscendone prontamente uno: quello di Pegasus.

L’altro apparterrà al Toro di Creta! Realizzò, rimettendosi in piedi. Fissò per un momento l’ingresso dell’Ottava Casa, da cui una spenta luce filtrava rischiarando il grigiore del salone, e poi gli diede le spalle, iniziando a correre verso l’uscita. Una parte di sé avrebbe voluto combattere a fianco dell’amico, come contro Gemini e contro Ade, ma si rincuorò confidando che Pegasus lo avrebbe sicuramente abbattuto, e l’avrebbe raggiunto più avanti, insieme a Cristal e ad Andromeda.

Uscì dall’Ottava Casa e corse verso la Nona. Da solo, come in fondo non gli dispiaceva stare. Approfittò di quel momento per liberare la mente, ancora un po’ turbata dal fantasma di Esmeralda, che la Cerva di Cerinea aveva richiamato a sé, e per riflettere sulla strategia da seguire. Le case intermedie hanno duramente messo alla prova i miei compagni! Diomede ha impegnato Sirio, come Cristal e Andromeda hanno dovuto sforzarsi parecchio per superare Augia e la Palude di Stinfalo! E sento il cosmo di Pegasus espandersi ed esplodere continuamente! Sono l’unico, al momento, in ottima forma, in grado di aprire la strada ai miei amici! E subito si chiese dove fosse finito Sirio, ma intuì che, come aveva fatto lui, appena risvegliatisi si fosse lanciato avanti senza esitazione.

Mentre correva sulla scalinata, sentì qualche sparuto cosmo apparire e scomparire intorno a lui, e intuì chi fossero i suoi inseguitori. O forse dovrei dire inseguitrici? Sorrise, fermandosi di colpo. Mezzo secondo dopo un gruppo di figure, armate di spade affilate, si lanciò su di lui, piombando dall’alto della parete rocciosa, dalla quale avevano seguito le mosse del ragazzo. Ma Phoenix non si fece sorprendere, evitando gli affondi dei suoi avversari, che, per quanto fossero donne, sapevano giostrare di spada in maniera discretamente abile. Una guerriera si lanciò avanti, puntando con la lama al cuore della Fenice, ma Phoenix le fermò il braccio, sollevandola con forza e scagliandola contro due sue compagne, facendole cadere tutte in terra, prima di evitare l’assalto di altre guerriere. Stufo di giocare, Phoenix bruciò il proprio cosmo ardente, liberando l’uccello infuocato.

"Ali della Fenice!!! –Esclamò, mentre la vorticosa fiamma della fenice travolgeva le guerriere.

Abbattute le sue assalitrici, Phoenix ricominciò a correre, finché non giunse, con un agile balzo, nel piazzale antistante la Nona Casa dello Zodiaco: quella del Sagittario. Micene! Mormorò. Ma non ebbe il tempo di abbandonarsi ai ricordi, che dovette scattare di lato, per evitare una fitta pioggia di frecce dalle punte acuminate provenienti dal tetto del tempio.

Phoenix rotolò sul pavimento di marmo, schivando i dardi delle guerriere, prima di contrattaccare con le piume metalliche della sua armatura. Ne scagliò a decine, osservandole scivolare leggere nell’aria, e piantarsi nel corpo delle sue avversarie, facendole precipitare a terra. Altri dardi piombarono nel piazzale, ma Phoenix seppe scansarli tutti, rotolando sul terreno e scagliando le proprie piume fiammeggianti, che abbatterono tutte le arciere.

"Ce ne sono altre?" –Gridò, rialzandosi e guardandosi intorno con sospetto e sulla difensiva.

"Ci sono io!!!" –Gli rispose una decisa voce di donna, proveniente dall’interno del tempio.

Phoenix tirò uno sguardo verso l’entrata e la vide comparire in mezzo al colonnato, splendida e solenne, proprio come la immaginava: Ippolita, Regina delle Amazzoni. Ricordava abbastanza bene il mito di Eracle, da sapere quale fosse la nona fatica che l’eroe aveva dovuto affrontare, e immediatamente si chiese se non fosse uno scherzo del destino che il secondo combattimento che avrebbe dovuto affrontare quel giorno sarebbe dovuto essere nuovamente contro una donna.

Ippolita non era molto alta, di costituzione magra, ma con braccia e gambe energiche; indossava una cotta grigia, sotto la quale si intravedeva una tunica rosata dal colore simile a quello della pelle, che copriva poche parti del suo corpo, come la prima armatura di Pegasus, a cui molto somigliava, essenzialmente le braccia, le spalle, il cuore, il ventre e le gambe dal ginocchio al piede. Non portava elmo, ma una specie di rozza corona priva di gemme e orpelli decorativi, e reggeva nella mano destra una corta spada grigiastra. Semplice nella sua fattura, quasi primitiva, lontana dalle elaborate spade dei figli di Ares. Il viso era piccolo ma battagliero, dominato da due intensi occhi scuri, dello stesso colore dei mossi capelli che le ricadevano disordinatamente sulle spalle. Era una donna mascolina, pensò subito Phoenix, ma affascinante.

Artemide sarebbe onorata di averla tra i suoi Cacciatori! Rifletté, fermo, in mezzo al piazzale, di fronte allo sguardo deciso della Regina delle Amazzoni, la quale, dopo essersi mostrata, non gli aveva rivolto altra parola.

"Ippolita… immagino!" –Esclamò infine il Cavaliere.

"Questo è il mio nome!" –Commentò bruscamente la donna. –"E tu devi essere il Cavaliere dell’immortale Fenice, a giudicare dalla tua corazza!"

"Ikki di Phoenix, di Atena Cavaliere!" –Rispose il ragazzo, iniziando a bruciare il cosmo infuocato.

"Sei stato più in gamba del tuo compagno! Egli è caduto subito!" –Mormorò la donna, fermando lo scatto di Phoenix.

"Compagno?! Intendi.. Sirio?! Cosa gli hai fatto?"

"Io?! Niente! Non ho avuto bisogno di sporcarmi le mani con lui! È caduto subito vittima delle mie guerriere, le impavide Amazzoni, contro le quali si era inizialmente rifiutato di combattere!"

"Che stupido!" –Mormorò Phoenix, e la sua risposta stupì Ippolita, che si sarebbe aspettata un atteggiamento più comprensivo verso l’amico sconfitto. –"Un Cavaliere che ha timore di ferire una donna, quando la donna è il nemico, non è degno di tale nome! Credevo che i miei compagni lo avessero capito! Ma, a quanto pare, dovrò rinfrescare loro la memoria!"

"Dunque tu non rifiuti un combattimento con una donna?!"

"E perché dovrei?!" –Tuonò Phoenix. –"Non ho forse ucciso la Cerva di Cerinea, i cui sporchi trucchi vuoti risultati hanno prodotto in me?! E, prima di lei, schiaffeggiato Pandora, sorella del Sommo Ade, durante la Guerra Sacra?! Credimi, Ippolita, che tu sia uomo o donna per me non fa differenza alcuna … perché io ti ucciderò se non mi lascerai passare!" –Detto questo, prima ancora che la Regina delle Amazzoni potesse rispondergli, Phoenix scattò avanti, concentrando il cosmo sul pugno destro e scagliando un violento attacco contro l’ingresso del tempio.

"Pugno Infuocato!" –Gridò, mentre un’ardente sfera di energia saettava contro Ippolita, la quale fu abile ad evitarla saltando in alto, con una capriola, e atterrando proprio al centro del piazzale.

Phoenix, superato dalla donna, si voltò di scatto, liberando le incandescenti piume della fenice, dirigendole verso le numerose parti scoperte del corpo di Ippolita, ma questa mosse la spada che impugnava con grande velocità e destrezza, parando tutti i singoli colpi del Cavaliere, per quanto minuscole fossero quelle piume.

"Vorresti uccidermi con queste?!" –Lo derise Ippolita.

"Sono le piume che hanno trucidato le tue compagne!" –La schernì Phoenix, per niente intimorito.

"Sono morte con onore, le mie guerriere!" –Esclamò orgogliosa Ippolita. –"Ed io le vendicherò!" –Aggiunse, scattando avanti, brandendo la sua rozza spada. Rapidi affondi diresse verso Phoenix, il quale fu costretto a spostarsi continuamente per evitarli, prima di accorgersi che con i suoi assalti Ippolita stava tentando di portarlo in un punto preciso.

"Uh?!" –Si chiese Phoenix, mentre un sibilo attirò la sua attenzione. Spostò il capo in tempo per evitare che un dardo lo colpisse dietro la nuca. –"Aah aah! Attaccate a tradimento, luride cagne di Ares!" –Esclamò, mentre decine di Amazzoni spuntavano dalla cima del tempio e tra le colonne, tutte brandendo un arco.

Ippolita non rispose, scattando avanti con la sua corta spada, mentre nugoli di frecce piovevano sui due combattenti. Alcune si infransero contro la Divina Armatura della Fenice, senza scalfirla, altre mirarono al viso del ragazzo, che fu costretto a prestarvi troppa attenzione, esponendo il fianco all’assalto di Ippolita.

La corta spada della Regina delle Amazzoni penetrò la corazza di Phoenix all’altezza della milza, non riuscendo comunque a scendere in profondità. Un attimo dopo, Phoenix afferrò il braccio della donna, stringendolo con forza, e la ribaltò, scaraventandola contro le sue guerriere, tra le colonne del tempio. Subito una nuova pioggia di frecce calò su di lui, mentre il ragazzo estraeva la spada di Ippolita dal suo fianco, permettendo al sangue di uscire dalla ferita e macchiare la lucente armatura.

"Il gioco è finito, mie belle signore!" –Ironizzò Phoenix, voltandosi di scatto. Lanciò la spada verso il tempio, facendola roteare su se stessa, finché non si conficcò nel collo di un’Amazzone, proprio alla destra di Ippolita, che intanto si era rialzata. Quindi balzò in aria, liberando le infuocate piume della fenice, che travolsero tutte le frecce che le donne gli avevano diretto contro. –"Guarda, Ippolita, la fine delle tue guerriere!" –Esclamò, rabbioso, mentre l’incandescente fuoco della fenice lo circondava.

Vampate di pura energia sfrecciarono nel piazzale, raggiungendo le donne appoggiate alle colonne di marmo e sollevandole da terra, risucchiate da un vortice arroventato. Stessa sorte toccò alle ultime nascoste sul tetto del Tempio, scaraventate via dal battito di ali della fenice.

"E stessa sorte subirai tu, donna!" –Esclamò Phoenix, atterrando sul pavimento, mentre i corpi esanimi delle Amazzoni si schiantavano intorno a lui, di fronte agli occhi, apparentemente imperturbabili, della loro Regina.

"Provaci!" –Lo sfidò Ippolita, con aria temeraria. E Phoenix non se lo fece ripetere due volte, scattando avanti, con il pugno carico di energia infuocata.

"Non sfuggirai, stavolta al pugno infuocato di Phoenix!" –Tuonò, mentre una gigantesca sfera rovente sfrecciava verso Ippolita. Senza raggiungerla.

Con un sorriso di vittoria, la Regina sfiorò la cinta che portava seco, la quale si illuminò all’istante, emanando un violentissimo ventaglio di luce, quasi uno scudo, sottile ed etereo, sul quale si schiantò il potente assalto infuocato di Phoenix.

"Che... cosa?! Cos’è quello?!" –Esclamò Phoenix, osservando il suo pugno venire respinto da una barriera invisibile. Senza rispondergli, Ippolita rimandò indietro il colpo di Phoenix, che fu travolto e spinto lontano, avvolto dalle sue stesse fiamme. Quando si rialzò, vide la Regina chinarsi sulla guerriera caduta vicino a lei, estrarre la spada dalla sua gola e scuoterla per pulirla dal sangue, senza fermarsi neppure un momento a commemorare la defunta.

"La mia spada…" –Disse, mentre Phoenix, ansimando, si rimetteva in posizione.

"Te la pianterò nel cuore!" –Urlò il ragazzo, scattando nuovamente avanti.

Una nuova raffica di piume infuocate volò verso Ippolita, che ancora una volta seppe pararle tutte con la sua spada; ma Phoenix si avvicinava sempre di più, portandosi più vicino possibile alla donna, in modo da concentrare il cosmo sul pugno destro e portarlo avanti, in un incandescente turbinio infuocato. Ma anche quell’attacco, da distanza ravvicinata, fu parato da Ippolita e da lei respinto, travolgendo Phoenix, che fu scaraventato indietro, perdendo l’elmo della sua corazza.

"Come… puoi?!" –Mormorò Phoenix, rialzandosi, sputando sangue. Tirò un’occhiata al ventre della Regina e vide chiaramente la cinta dorata risplendere sulla spenta cotta grigia, la cinta che permetteva ad Ippolita di creare uno scudo, un ventaglio difensivo, simile al Muro di Cristallo di Mur, ma con un campo di azione molto più limitato. –"Il Cinto di Ippolita…"

"Esattamente! Mi fu donato dal Sommo Ares millenni or sono, per esercitare il potere sulla mia gente, sulle fiere Amazzoni, orgoglio e vanto del fiume Termodonte, nel Mar Nero! Eracle me ne privò durante la sua Nona Fatica, ma Ares, magnanimo, me ne ha fatto nuovo dono, pochi giorni fa, dopo aver risvegliato me e il mio popolo!"

"Bel dono che ti ha fatto!" –Ironizzò Phoenix, con disprezzo. –"Carne da macello ecco cosa siete diventate! Portatrici di morte e distruzione!"

"Taci, maschio arrogante!" –Lo zittì Ippolita, il cui tono di voce si fece più ostile. –"Ares ci ha fatto un grande dono, riportandoci in vita! E questa occasione che ha offerto, a me e al mio popolo di donne guerriere, non la sprecheremo!"

"Occasione per cosa?! Per dimostrare la vostra mascolinità?!" –La derise Phoenix.

"No! Per avere nuovamente una terra in cui vivere, da sole! Senza uomini che si intromettano nelle nostre vite e che vogliano sottometterci e comandarci!"

"Un’intera vita senza amore?!" –Mormorò Phoenix. –"Ho pietà di te, Regina delle Amazzoni! Credevo fossi una barbara guerriera, una cacciatrice di teste al servizio di Ares, ma mi sbagliavo! Sei anche arida e vuota di sentimenti, interessata soltanto al proprio esclusivo tornaconto!"

"Cosa vuoi saperne tu? Cosa può saperne un uomo delle sofferenze di una donna, dei tormenti e delle offese di cui i maschi ci hanno sempre fatto oggetto?!" –Gridò Ippolita, puntando la spada contro Phoenix, furiosa per le parole ostili che gli aveva rivolto. –"Cosa puoi saperne tu?"

Un raggio energetico si sprigionò dalla lama, diretto verso il Cavaliere della Fenice, che invece di evitarlo aprì il palmo della mano, caricandolo del suo cosmo, e con esso lo fermò, gettandolo via.

"Forse non conosco il disprezzo di cui ti hanno fatto oggetto, né la derisione che ha provato il tuo popolo, ma so cosa significa vivere nell’ombra, Ippolita!" –Esclamò Phoenix. –"Conosco il significato del vivere in solitudine, con noi stessi, disinteressandosi agli altri, verso cui esiste solo reciproco disprezzo! Ho vissuto in questo modo per troppo tempo, mentre gli intossicanti insegnamenti del mio maestro inquinavano la mia mente, per volontà di un Dio bastardo e guerrafondaio, mentre l’unica forma di consolazione, nella mia misera e infernale vita, scompariva, come un fiore reciso dal vento, e più vivevo più disprezzavo gli altri, più avrei voluto ucciderli, farli soffrire, almeno quanto avevo sofferto io!" –Phoenix continuò a parlare, mentre Ippolita ascoltava interessata il racconto del Cavaliere. –"Perciò non ti biasimo se provi odio e rabbia verso qualcuno, perché anch’io, prima di te, ho disprezzato il mondo e chi ne faceva parte! Ma, proprio per esperienza personale, posso metterti in guardia dall’esasperato desiderio di solitudine, perché esso non porta mai a niente, se non alla morte dei sensi, delle emozioni!"

"Bel discorso, Cavaliere di Phoenix!" –Ironizzò Ippolita. –"Se il tuo sermone è giunto al termine possiamo riprendere il nostro combattimento! Ho una spada da piantare nel tuo cuore!"

Phoenix non rispose, sbuffando scocciato, mentre le vampe incandescenti dell’uccello infuocato circondavano il suo corpo. Pensò di aver sprecato del fiato, parlando con quella donna, la cui mente e il cui animo erano probabilmente asserviti al demoniaco Signore della Guerra; eppure, qualcosa in fondo al cuore gli faceva pensare, e forse sperare, che Ippolita non fosse così fiera di servire Ares, che forse tutta quella riconoscenza che provava per lui era dovuta, che effettivamente sentita.

"Difenditi, Cavaliere!" –Urlò la Regina delle Amazzoni, scattando avanti, mentre la punta della sua lama si caricava di energia luminosa. Ma Phoenix, che non aveva intenzione di rimanere ad attendere il suo assalto, espanse al massimo il suo cosmo, travolgendo la donna e scaraventandola in alto, sulle Ali della Fenice. Un turbinio di vampe di fuoco avvolse Ippolita, che non riuscì a proteggersi con il suo cinto, lanciandola in aria, mentre Phoenix balzava in alto con il pugno teso.

"Pugno Infuocato!" –Gridò Phoenix, colpendo la donna in pieno petto e scaraventandola a terra, sprofondandola nel pavimento di marmo, mentre parte della sua cotta andò in frantumi.

"Come… hai potuto… superare il Cinto di Ippolita?!" –Rantolò la Regina.

"È illusoria difesa la tua cintura, valida solo per chi attacca di fronte!" –Commentò Phoenix. –"Il suo potere è più persuasorio che effettivo! Grazie ad essa puoi parare le frecce e gli assalti che provengono dagli avversari che hai davanti a te e rimandarli indietro, impressionando gli spettatori, e le tue guerriere, e spingendole ad esserti sempre fedeli! Per questo motivo durante tutto il nostro incontro, hai fatto di tutto per tenerti di fronte a me! Ma essa diventa inutile contro la devastante potenza delle Ali della Fenice, il cui battito travolge ogni cosa, da ogni direzione, come una tempesta di fiamme incandescenti!"

"Ottima strategia, Cavaliere di Phoenix!" –Esclamò Ippolita, barcollando, rialzandosi. –"Ma hai tralasciato un piccolo particolare…"

"Uh?" –Domandò Phoenix, che pensava già di avere la vittoria in tasca.

"La potenza del Cinto di Ippolita!" –Urlò la Regina, sfiorando il gioiello che ornava la sua cinta.

Immediatamente una violenta esplosione di luce si sprigionò dalla cintura, travolgendo Phoenix e scagliandolo indietro, fino a farlo schiantare contro la parete rocciosa retrostante, affondando in essa e ricadendo a terra, mentre cumuli di pietre crollavano su di lui.

"Stolto!" –Mormorò Ippolita. –"Il potere del Cinto di Ippolita non è solo difensivo, ma offensivo! Esso è capace di assorbire l’energia cosmica sprigionata nei combattimenti, e rispedirla indietro, travolgendo il nemico, come una bomba che esplode repentina e non lascia possibilità di fuga!"

Senza dire altro, Ippolita diede le spalle al piazzale e si incamminò verso la Nona Casa, pronta per rientrare al suo interno, quando un boato dietro di lei la riscosse, obbligandola a voltarsi nuovamente. Phoenix era in piedi, ansimante, avvolto nelle vampe incandescenti del suo cosmo.

"Sei dunque immortale, Ikki di Phoenix?!" –Esclamò Ippolita, per la prima volta sorpresa.

"Per uno come me, che ha attraversato cento volte le fiamme dell’inferno, il tuo assalto è stato come una folata d’aria fresca!" –Le rispose Phoenix, cercando di mantenere il suo solito tono deridente, sebbene avesse dolori vari al corpo.

"Bene, questa volta ti…" –Esclamò Ippolita, ma non riuscì a terminare la frase che Phoenix era già di fronte a lui, scattato avanti più veloce di un lampo.

Il pugno destro del ragazzo piombò sul suo cranio, e istintivamente la Regina chiuse gli occhi, immaginando che glielo avrebbe sfondato. Invece non sentì niente, soltanto un brusio nel suo cervello, nient’altro.

"Uh?!" –Mormorò Ippolita, trovandosi Phoenix proprio di fronte. –"Hai finito le energie, Cavaliere?" –Lo derise, puntando la spada contro di lui. Ma Phoenix balzò indietro, evitando l’affondo della donna, e ricadendo compostamente al suolo, con un sorriso beffardo sul volto che innervosì Ippolita.

"Cos’hai da ridere?! Dovresti piangere invece, maschio inconcludente!" –Esclamò la Regina delle Amazzoni, prima di fare un passo avanti. Improvvisamente una tremenda fitta al cervello la aggredì, obbligandola a portarsi entrambe le mani alla testa, crollando al suolo, urlando come una disperata per il dolore interno che sentiva.

"Fantasma Diabolico!" –Mormorò Phoenix, avvicinandosi alla donna. –"La tecnica che tanto hai disprezzato! Adesso prenderò la tua anima, Ippolita!"

"Ma… maledetto…" –Tentò di mormorare Ippolita, ancora a terra, prostrata dal dolore cerebrale che la stava dilaniando.

Phoenix rimase in piedi, torreggiante sopra di lei, trattenendo la voglia istintiva di sferrarle un calcio in pieno viso e spaccarle la mascella, come sicuramente lei avrebbe fatto al posto suo. Pur tuttavia non lo fece, e rimase ad aspettare, ad indagare nell’animo tormentato della Regina delle Amazzoni, per la quale iniziò a provare una morbosa attrazione, vedendola quasi come un’altra metà di sé.

"Parlami… Che cosa ti spinge a servire Ares? Tu che ti definisci donna indipendente, superiore alle schiave femmine del mondo contemporaneo, che ti glori della tua libertà, della tua natura che ti permette di sopravvivere, mentre il resto del mondo va giù, sopraffatto dal virilismo guerriero della maggioranza, come hai potuto mettere la tua forza, il tuo sapere, al servizio di un Dio barbaro, il cui unico scopo è soltanto quello di schiavizzare le libere genti, senza rispetto per niente e per nessuno, donne soprattutto! Come può una donna come te, accesa sostenitrice dello strapotere femminile, piegare il capo al maschilismo comando di Ares?!"

"Io…" –Ippolita tentò di resistere, di non parlare, di rialzarsi e combattere con Phoenix, con l’uomo che la stava facendo soffrire, con l’uomo che aveva osato atterrarla e porle domande simili, troppo intime per permettergli di sopravvivere ad una risposta.

Ma falliva, continuamente falliva, vittima del Fantasma Diabolico, che la obbligava ad aprirsi, mostrando un altro lato di sé. Meno guerriero e più umano. Un lato che la stessa Ippolita disprezzava.

"Devo farlo per il mio popolo, Cavaliere di Phoenix! Per le donne che a me sono grate e che in me hanno riposto fiducia e speranza! Ares ci ha promesso la nostra antica terra, sulle sponde meridionali del Mar Nero, da cui gli uomini ci cacciarono secoli fa!"

"E credi davvero che Ares manterrà la promessa?! Non pensi che ti stia usando, come sta usando il tuo popolo, le fiere Amazzoni, per uccidere noi, suoi nemici?!"

"Ci ho pensato, certo! E l’ho temuto!" –Rispose Ippolita, riuscendo finalmente a rimettersi in piedi. –"Ma questo non cambia la realtà dei fatti, non mi lascia altra via che lottare comunque e mantenere la promessa fatta al Dio della Guerra! Essa è l’unica speranza che ho, per me e per il mio popolo; un filo sottile appeso alla benevolenza di Ares!"

"Un filo che la sua spada infuocata reciderà quanto prima, non appena gli avrai consegnato le teste di noi cinque Cavalieri di Atena!"

"Non è mai stata mia intenzione, Ikki di Phoenix!" –Precisò Ippolita. –"Il tuo compagno è ancora vivo, imprigionato dal maglio delle Amazzoni, ma vivo! Avrei voluto condurvi da Ares prigionieri, sconfitti, umiliati, come è nel desiderio delle Amazzoni vedere gli uomini loro avversari prostrarsi a terra vinti, ma non morti! Noi non siamo assassine e questa guerra non ci riguarda! Manterrò fede al mio giuramento e vi sconfiggerò, ma sarà Ares a decidere se uccidervi o servirsi di voi!"

"Nessuno di noi mai lo seguirà! E non dovresti farlo neppure tu, se non condividi i suoi folli piani di conquista!"

"Non ho altre scelte!" –Chiarì Ippolita, stanca ormai di quella conversazione.

"C’è sempre una seconda scelta, Ippolita!" –Precisò Phoenix, ricordando la propria esperienza personale. –"Puoi continuare a vivere nella tua solitudine, nella rabbia e nel rimpianto che ti porti dietro, come feci io per molti mesi, o puoi scegliere di credere in qualcosa! Magari in un amico, o in un Dio, che sia giusto e voglia la pace, come Atena, la nostra Dea!"

"Io non credo in niente, Ikki..." –Commentò lei, spostando lo sguardo.

Phoenix comprese che l’effetto del Fantasma Diabolico era terminato e dall’espressione decisa sul volto di Ippolita intuì che il combattimento sarebbe ripreso.

"Anche se Ares è un Dio ingiusto e maschilista, continuerò sulla mia strada, Cavaliere di Phoenix!" –Esclamò Ippolita, espandendo il suo cosmo. –"Devo farlo per il mio popolo, che crede in me, e che ha diritto ad una terra!"

"C’è un intero pianeta pronto per accogliervi, Ippolita! Perché vuoi tornare là, a Themiskyra?"

"Perché è la mia casa!" –Rispose Ippolita, mentre il suo cosmo si palesava sotto forma di guizzante energia dal colore verdastro. –"Difenditi adesso, perché questo sarà l’ultimo scontro!"

Saette incandescenti circondarono Ippolita, roteando circolarmente intorno a lei, finché la donna non modellò l’energia stessa, quasi fosse materia plasmabile, creando un arco con una freccia incoccata, composti da puro cosmo.

"Dardo delle Amazzoni! Trafiggi Phoenix!" –Esclamò, scagliando la freccia energetica contro Phoenix, che cercò di difendersi colpendo il dardo con il pugno carico di infuocata energia, riuscendovi soltanto in parte, venendo trapassato dalla sfolgorante freccia di Ippolita. E in quel momento, mentre si accasciava a terra, toccandosi il petto dilaniato, in preda a indicibili tormenti che la saetta stava provocando in lui, Ippolita ebbe per la prima volta una remora.

Perché deve andare così? Si domandò, osservando il giovane di fronte a lei contorcersi dal dolore. Abbassò per un momento gli occhi, quasi rattristata da tale triste visione, stupendosi di lei stessa, quando la voce maschile, ma ansimante, di Phoenix non la richiamò.

"Non… fermarti!" –Mormorò il Cavaliere rimettendosi in piedi.

Stupefatta, Ippolita lo vide rialzarsi, sudando e ansando nervosamente, circondato dallo splendente bagliore del suo cosmo infuocato. Bagliore che mai aveva percepito prima in un avversario. Che mai aveva percepito in un uomo.

"Ancora ti rialzi, Phoenix?!" –Balbettò incredula.

"Devo superare la Nona Fatica, Regina delle Amazzoni! E devo farlo adesso! Per salvare Atena e le genti della Terra! Vorrei il tuo aiuto, perché sento che il tuo cuore è onesto e so che se tu avessi la tua terra, il rispetto che cerchi per la tua gente, non combatteresti per un sanguinario Dio come Ares!"

"Ikki…" –Mormorò Ippolita, con un groppo al cuore.

"Ed è proprio per onorare te, e il sogno del tuo popolo, che ti affronterò fino alla fine! Senza tirarmi indietro, senza remore alcuna! Soltanto un sorriso, che possa risvegliare in te l’orgoglio di essere donna, e non schiava degli Dei!" –Esclamò Phoenix, facendo esplodere impetuosamente il suo cosmo infuocato. –"Che le Ali della Fenice ti travolgano, Regina delle Amazzoni! E che il loro impetuoso battito possa riportati là, sulle rive del Termodonte, facendoti assaporare un ricordo che hai perduto, vendendolo al Dio della Guerra, che ha solamente abusato di te!"

La tempesta infuocata provocata da Phoenix travolse in pieno Ippolita, incapace di difendersi con il suo cinto, sollevandola da terra, mentre vampe di rovente energia stritolarono il suo corpo, distruggendo la sua corazza, fino a farla schiantare contro le colonne del Nono Tempio, abbattendone parecchie con violenza.

Il boato attirò alcune Amazzoni, nascoste all’interno della Casa di Sagitter, le quali accorsero in aiuto della loro Regina. In quel momento Pegasus, Cristal e Andromeda balzarono nel piazzale, dopo essersi liberati di alcune impavide guerriere che avevano tentato di sbarrare loro il cammino.

"Phoenix!" –Gridò Pegasus, correndo verso l’amico accasciato a terra.

"Fratello!" –Gli andò dietro Andromeda, seguito da Cristal, il quale, prudentemente, tirò un occhio verso le colonne del tempio, dove le Amazzoni stavano aiutando Ippolita, ancora viva ma piena di sanguinanti ferite, a rimettersi in piedi.

"Vi uccideremo, uomini!" –Urlò una voce di donna, impugnando un arco.

"Sì!" –Le andò dietro un’altra, sfoderando una spada. E si gettarono nel piazzale, per vendicare la sconfitta della loro Regina. A tal vista, Andromeda srotolò immediatamente la catena, pronto a difendere gli amici, ma una voce imperiosa fermò l’assalto delle Amazzoni.

"Fermatevi!" –Gridò Ippolita, rialzandosi a fatica. –"Non attaccate i Cavalieri di Atena!"

"Che?! Cosa?! Ma mia Regina…" –Brontolarono le Amazzoni, non capendo.

"Il Cavaliere di Phoenix mi ha vinto onestamente, conquistando il diritto di superare questo Tempio!" –Chiarì Ippolita, mentre altre guerriere la aiutavano a stare in piedi. –"Liberate il prigioniero e conduceteli fuori!"

"Sì... sì… ma…" –Mormorarono le Amazzoni, quasi sconcertate.

"Non discutete i miei ordini!" –Esclamò Ippolita, che, per quanto dolorante, sapeva sempre mettere in soggezione le sue donne, grazie al cinto che portava.

Pochi minuti dopo Sirio comparve sulla porta del Nono Tempio, scortato da alcune guerriere. Era stato imprigionato nella Maglia delle Amazzoni, una fitta rete di energia, creata da Ippolita stessa, capace di bloccare i movimenti del prigioniero. Phoenix e gli altri, finalmente riuniti, infilarono il corridoio centrale della Nona Casa, passando in mezzo al possente esercito di Donne guerriero, senza che nessuna di loro tentasse ulteriormente di fermarli. Prima di uscire, Phoenix si voltò un’ultima volta indietro, incrociando lo sguardo di Ippolita, deciso ma in parte malinconico.

"Vieni con me!" –Le propose il Cavaliere di Phoenix, ma la sua voce fu udita soltanto dalla Regina delle Amazzoni, un sussulto nel cosmo. –"A lottare per la tua libertà e per quella delle tue genti! Ares vi ha reso schiave, ma voi potete riprendervi la vostra indipendenza e la vostra gloria!"

"Non posso…" –Commentò Ippolita, abbassando lo sguardo. –"Ho fatto una promessa ad Ares, ed è nel mio onore mantenerla!"

"Sei già venuta meno al giuramento permettendoci di superare la Nona Fatica! Adesso devi solo prestarne uno nuovo con te stessa!" –Ironizzò Phoenix, volgendole infine le spalle. E in quel momento si ricordò dell’ultimo consiglio che Morfeo gli aveva dato. –"Forse un giorno… ci sarà una nuova Esmeralda!"

Mai come in quel momento quelle parole gli sembrarono vere.