CAPITOLO VENTOTTESIMO. CHIARIMENTI NECESSARI.

Ioria e Castalia non avevano avuto molto tempo per parlare, da quando si erano ritrovati, per quanto gli argomenti tra loro non mancassero. Ma durante i due giorni successivi alla fine della guerra sull’Olimpo erano stati entrambi molto impegnati, lui soprattutto. Non soltanto nel rimettersi in sesto, dopo i colpi subiti in battaglia, ma anche nel prendersi cura dei compagni, usando il proprio potere curativo per lenire le loro ferite. Inoltre, Castalia aveva notato che ogni volta in cui, per caso fortuito, riusciva a rimanere sola con Ioria, subito il ragazzo si allontanava o dichiarava di avere qualcosa da fare, altri a cui dedicare il proprio tempo. E questo a Castalia dispiacque molto.

Indipendentemente dai suoi sentimenti mai chiariti, e da ciò che era accaduto con il Luogotenente dell’Olimpo, la Sacerdotessa dell’Aquila era comunque molto legata a Ioria, da un’unione profonda, risalente a molti anni addietro, quando il Grande Tempio era dominato dalla malvagia volontà di Arles, e scontri tra Cavalieri, soprattutto di tipo punitivo, erano all’ordine del giorno. Ma anche in quei tempi bui, in cui era normale sentirsi soli e spersi, Castalia sapeva di avere un amico, lo stesso che l’aveva salvata dall’assalto dei Giganti di Crono, un confidente su cui poter contare, Ioria del Leone.

"Tutto bene, Castalia?" –La maschile voce di Ioria rubò la Sacerdotessa ai suoi pensieri.

"Uh?! Sì…" –Rispose lei, camminando a passo svelto accanto al Cavaliere del Leone. Non sapeva neppure lei come, ma si trovava in missione proprio con lui, impegnati alla ricerca di un amico, il cui cosmo era misteriosamente scomparso da un paio di giorni, sin da quando aveva lasciato l’Olimpo, per inseguire Flegias, il demoniaco figlio di Ares.

Per quanto Mur e Libra fossero convinti che Virgo stesse bene, anche se forse era solo un modo per mantenere una calma apparente, nascondendo i dubbi e i tumulti del loro animo, Ioria aveva più volte insistito della necessità di mettersi alla sua ricerca. E alla fine, appena Mur aveva riparato la sua corazza, si era deciso a partire, mettendosi sulle tracce dell’amico. Grazie al suo potere psichico, il Cavaliere di Ariete era riuscito a circoscrivere un’area, piuttosto vasta, all’interno della quale poteva trovarsi il loro parigrado, essendo la zona da cui aveva ricevuto l’ultimo debole segnale del suo cosmo. Ioria non aveva perso tempo, avvertendo Atena e Zeus delle sue intenzioni e pregando che lo lasciassero libero di agire, senza tentare di trattenerlo.

"Non è mia intenzione fermarti, Leone d’Oro!" –Aveva commentato il Signore dell’Olimpo. –"Ma fai attenzione! Grande è la nobiltà del tuo animo, grande è la tua generosità! Spero solo che questa non ti conduca a gesti sconsiderati, e a mettere in pericolo la tua vita, e quella di chi ti sta intorno!"

"Non temete, Dio dell’Olimpo! Ioria conosce i propri limiti!" –Aveva risposto il Cavaliere di Leo. –"Ma non posso aspettare ancora! Mi preme trovare Virgo e riportarlo qua, affinché possa combattere al mio fianco contro il Dio della Guerra!"

"Stai attento, Ioria!" –Aveva aggiunto Atena, baciando il ragazzo in fronte, ed osservandolo, con un certo dispiacere, lasciare la Reggia di Zeus. –"Che Micene sia con te!" –Per un momento la Dea fu invasa dalla terribile sensazione che non vi avrebbe più fatto ritorno.

Prima di partire, incredibilmente, Ioria era passato a chiamare Castalia, trovandola nell’armeria, intenta a parlare con Ganimede. E invitandola ad accompagnarlo.

"Sarà una missione pericolosa, e forse saremo costretti a combattere!" –Aveva precisato, avvertendo la donna. –"Non so cosa incontreremo, ma è mio preciso dovere morale salvare Virgo!"

"Verrò con te, Ioria!" –Aveva esclamato Castalia, con decisione.

I due Cavalieri di Atena si erano quindi recati sull’Etna, raggiungendo l’Olimpica Fornace dove Efesto aveva fatto dono alla ragazza di una nuova corazza, più resistente della precedente, e capace di coprire una parte maggiore del suo corpo.

"Ho anche ricostruito la tua maschera!" –Aveva esclamato il Dio del Fuoco, mostrandole una nuova maschera, dagli eleganti ricami argentati. Ma Castalia aveva sorriso, rifiutando la gentile offerta.

"È tempo che abbandoni quella maschera, Dio del Fuoco! E mostri il mio vero viso, il mio vero io, che troppo a lungo ho tenuto nascosto!" –E in quel momento si era chiesta se si trattava della maschera che portava in viso, o di quella di cui le aveva parlato Morfeo.

Adesso stava camminando con Ioria, in una regione montuosa della Tessaglia meridionale, percorsa da una fitta nebbia, inseguendo la debole e fioca traccia lasciata dal cosmo di Shaka di Virgo.

"Vorrei sapere dove diavolo stiamo andando!" –Commentò il Cavaliere di Leo.

"Temi per il Cavaliere di Virgo?"

"E per te! Quasi mi pento di averti invitato in questa follia!"

"Non sentirti in colpa! Ho accettato con piacere, felice per rendermi utile!" –Affermò Castalia, e poi, con il cuore in gola, aggiunse. –"E per passare del tempo con te!" –Ioria non rispose, fingendo di non cogliere l’allusione, e continuò a scandagliare l’ambiente intorno a loro, usando i suoi sensi da felino per trovare la giusta via, capace di portarli fuori da quella nebbia.

"Ioria…" –Si fermò infine la ragazza. –"Io…" –Ma qualunque cosa avesse in mente di dire, e probabilmente neppure lei lo sapeva, non riuscì ad esprimerla, venendo spinta indietro da Ioria, che con un balzo fu su di lei, tirandola a terra, mentre un ronzio sibilò nell’aria, seguito da sconce grida.

"Frecce?!" –Balbettò la Sacerdotessa, osservando un mucchio di dardi conficcarsi nel terreno, a pochi passi dal loro corpo.

"Ci stanno attaccando!" –Mormorò il ragazzo, rimettendosi in piedi. –"Maledetti, approfittano della scarsa visibilità!" –E un nuovo nugolo di frecce si abbatté su di loro, costringendo i due Cavalieri a separarsi e a scattare in direzioni diverse, per non essere colpiti.

"Uccideteli!" –Urlò una voce roca, proveniente dalle nebbie. Ad essa ne seguirono altre, prima che le rozze sagome di una decina di guerrieri dalle vestigia scarlatte comparissero davanti ai Cavalieri.

Ad occhio e croce non sono più di quindici! Rifletté Ioria, accendendo il suo cosmo di bagliori dorati. L’improvvisa vista di una luce simile fermò inizialmente i berseker, abituati a vivere nell’oscurità, ma poi, spinti dai loro superiori, i guerrieri di Ares si lanciarono avanti, brandendo le armi. Ioria mosse velocemente il braccio destro, creando un fitto reticolato di luce, contro il quale si infransero le frecce e le lance scagliate dai berseker, e che poi si abbatté su di loro, distruggendo le loro corazze e i loro corpi.

Un guerriero riuscì ad evitare l’assalto, portandosi di fronte a Ioria, sollevando una rozza mannaia e abbassandola di colpo, ma il Cavaliere non ebbe problemi a bloccarla con una sola mano, prima di colpire il berseker con un calcio in pieno stomaco, che gli sfondò l’addome, facendolo accasciare all’istante. Con la stessa scure, Ioria fermò un nuovo assalto di altri berseker armati di spade, prima di tagliare loro la testa, e lanciarla contro l’ultimo guerriero rimasto.

"Bene!" –Commentò, di fronte allo spiazzo pieno di cadaveri. –"Sembra che stiamo per arrivare… Non so in che luogo… Ma pare che qua vicino ci sia qualcosa!"

Castalia non aggiunse altro, incamminandosi dietro al giovane, passando tra i corpi ammucchiati dei berseker, nauseata dal triste spettacolo. Improvvisamente, un guerriero disteso in terra, fintosi morto, scattò rapido alle spalle della donna, bloccandola con un braccio intorno al collo, mentre nella mano destra stringeva un affilato pugnale nero.

"Aaah!!!" –Urlò Castalia, sentendo il fetido alito del berseker così vicino al suo viso.

"Muori!" –Sibilò il guerriero, piantando l’avvelenata lama nel coprispalla destro della Sacerdotessa, sfondandolo. Un attimo dopo, il berseker, crollò a terra, esanime, mentre una potente sfera di luce gli aveva fracassato il cranio.

"Castalia!" –Urlò Ioria, correndo verso di lei, per soccorrerla, con il pugno destro ancora carico di energia lucente.

"Io…" –Mormorò la ragazza, accasciandosi a terra, mentre con la mano sinistra si toccava la spalla insanguinata. –"Sto bene… Sto bene…"

Ioria scostò il braccio della ragazza, osservando la ferita. Fortunatamente il gladio avvelenato non era penetrato troppo in profondità, merito della resistenza della nuova Armatura dell’Aquila, forgiata da Efesto. Il ragazzo sprigionò un caldo cosmo, con il quale tentò di lenire il dolore della Sacerdotessa, fermando la fuoriuscita di sangue e cicatrizzando in parte la sua ferita.

Per qualche interminabile momento Castalia e Ioria rimasero lì, tra le nebbie della Bassa Tessaglia, in mezzo a un campo di guerrieri morti, a guardarsi negli occhi, senza che nessuno dei due osasse pronunciare parola alcuna per paura di rompere l’incantesimo. Fu Castalia infine, memore della lezione impartitale da Morfeo, a confessare i suoi sentimenti.

"Sono anni che cerco di far finta di niente, anni che nascondo il mio cuore dietro un silenzioso velo di ipocrisia! Ma adesso, adesso che la guerra ci ha travolto nuovamente, avvolgendoci ancora nella paura di perdersi per sempre, voglio che tu sappia! Che tu sappia quello che provo, e che mai ti ho detto!" –Esclamò, accarezzando le mani di Ioria. –"Non potrei sopportare un altro rimpianto, non potrei sopportare che l’angoscia faccia nuovamente breccia nel mio cuore, come quando ti seppi scomparso nelle tenebre di Ade, durante l’ultima Guerra Sacra!"

"Castalia!" –Mormorò sorpreso Ioria, prendendole le mani tra le proprie e aiutandola a rialzarsi, in modo che fossero in piedi, uno di fronte all’altro.

"Quando ero una bambina, sognavo un principe sul cavallo bianco che venisse a prendermi e mi portasse via, dalla mia monotona esistenza, che mi rapisse e mi conducesse in un paese fatato, senza tempo né problemi, dove vivere felici per sempre!" –Confessò la ragazza, con gli occhi lucidi. –"Ma poi, crescendo, ho abbandonato questi miei sogni, diventando una Sacerdotessa, e mettendoli via, nel cassetto della mia infanzia, nel cassetto dei miei rimpianti! La vita mi ha reso realista, a tratti cinica, ed ho imparato che non esistono principi né paesi fatati, né una felicità che possa durare per sempre!"

"Sono certo che anche tu, un giorno, potrai essere felice!" –Commentò Ioria. –"Per quanto io non creda al destino, al fato che tutto comanda, sono sicuro che il tuo sarà un futuro splendente, a fianco di un uomo che ti ama per quello che sei, piccola stella discesa sulla Terra!"

"Ioria... E se fossi tu quell’uomo?" –Domandò infine Castalia, tremante. –"Tu che mi hai confortato per anni, salvandomi da numerosi pericoli, incitandomi ad essere forte quando mi lasciavo andare, aiutandomi ad allenare Pegasus, per farne un Cavaliere… Tu, per il quale non sono mai stata in grado di chiarire i miei sentimenti… perché non potresti essere il mio principe?"

Ioria non rispose subito, colpito dalla dichiarazione della donna. Sgranò gli occhi, ma cercò di non perdere il controllo della situazione, per non metterla in ulteriore difficoltà.

"Non credo che quel ruolo mi si addica, Castalia!" –Sospirò infine, lasciando le mani della Sacerdotessa. –"Per quanto, lo ammetto, vi abbia pensato più volte! A noi, intendo!"

"Noi?!" –Balbettò Castalia, facendo un passo avanti, quasi come per aggrapparsi a quell’esile filo di speranza che sembrava spuntare.

"Già…" –Commentò Ioria, che aveva realmente a cuore la felicità di quella donna, come l’aveva avuta a cuore negli anni precedenti. Ma come una sorella! Rifletté, mentre i trepidanti occhi di Castalia lo fissavano con attenzione. Come una sorella minore di cui prendersi cura, come Micene aveva fatto con me! E come un’amica, certo, una confidente, qualcuno con cui poter parlare e potersi confrontare nella desolata solitudine del Grande Tempio!

"Quando tutti mi guardavano con disprezzo, etichettandomi come il fratello del traditore, tu fosti l’unica a tendermi una mano, l’unica a non essere prevenuta verso di me, e ad accettarmi, per quanto poco mi conoscessi!" –Esclamò Ioria, pieno di riconoscenza verso di lei. –"Non sono stati facili, questi lunghi anni al Grande Tempio, ma grazie a te sono stati migliori! Tu, li hai resi migliori! Ogni volta che partivo per qualche missione, ogni volta in cui sceglievo di andarmene in esilio, ad affrontare nemici in giro per il mondo, in Egitto o nella giungla dell’India, pensavo sempre a te, all’unica persona che avrebbe pianto per la mia assenza, all’unica persona a cui sarebbe importato che io non ci fossi!"

"Sei sempre stato importante per me!" –Commentò Castalia.

"E pure tu per me, un punto fisso della mia vita!" –Continuò Ioria. –"Siamo cresciuti insieme, nel disprezzo della gente, perché fratello di un traditore, o semplicemente donna, che aveva allenato un altro traditore! Ma siamo stati forti, entrambi, a reagire, a non trasformare quel disprezzo in odio, né in disperazione, ma in forza per andare avanti, per continuare a credere in Atena e a combattere! Ed è così che ti ricordo, Castalia, come un’aquila dalle argentee ali, che può essere intrappolata, certo, ma mai piegata, che può essere catturata da una rete, di angosce e di rimpianti, ma che sarà sempre capace di aprire le sue ali e volare via… alla ricerca del suo principe… alla ricerca del suo sogno!"

"Ioria… Vorrei che fossi tu, quel sogno!" –Affermò Castalia, con le lacrime agli occhi.

"Ma non posso esserlo!" –Rispose lui, sinceramente dispiaciuto. –"Perdonami!"

Nessuno dei due aggiunse altro, troppo sconvolta lei, troppo amareggiato lui, limitandosi a rimanere in silenzio, prima che una torrida folata di vento li investisse, ricordando loro la missione. Ioria si voltò, incamminandosi lungo il sentiero, proprio verso la direzione da cui la ventata proveniva, seguito a passo stanco dalla Sacerdotessa. Dopo mezzo chilometro la nebbia iniziò a diradarsi, mentre il terreno declinava verso il basso, mostrando tracce di arbusti e di alberi rinsecchiti.

"E… questo?!" –Sgranò gli occhi Ioria, alla vista dello strano paesaggio di fronte a loro.

Un lago di lava incandescente, all’interno del quale sorgeva un’isola, ricoperta da una rada vegetazione spontanea, alla quale si poteva accedere tramite un lungo e sottile corridoio di pietra, largo abbastanza da consentire a due persone di camminare accanto.

"Un lago di lava?!" –Mormorò Castalia, osservando l’immensa distesa infuocata di fronte a loro. Quasi avesse udito le loro parole, il lago smosse la propria superficie, creando bolle di lava che esplosero subito dopo, e lunghe increspature che si abbatterono sulla riva, come fossero onde.

"Attenta!" –Esclamò Ioria, mettendosi davanti alla ragazza, per evitare che schizzi e lapilli incandescenti la colpissero.

"Non preoccuparti!" –Rispose lei, liberandosi in fretta dalla presa del giovane.

Ioria percepì un cosmo nell’aria, un debole segnale proveniente proprio dall’isola al centro del lago di lava. Virgo! Si disse, riconoscendo il suo cosmo. Presto saremo da te! E fece cenno a Castalia di seguirlo, lungo lo stretto ponte di pietra. La ragazza acconsentì senza esitare, per quanto provasse un minimo di paura all’idea di passare sopra quell’oceano di lava. Ioria andò per primo, tastando la solidità del corridoio, e Castalia lo seguì, ma non fece in tempo a fare dieci passi che il mare di lava si increspò, creando onde minacciose che si abbatterono sul ponte dietro di loro.

"Coraggio! Corriamo!" –Urlò Ioria, incitando la ragazza a muoversi.

Veloci come fulmini, Ioria e Castalia sfrecciarono sul ponte, mentre le onde di lava divoravano lo stretto corridoio, ingoiandolo con le loro infuocate fauci. Quando raggiunsero l’isola, ricoperti da lapilli incandescenti, che non riuscirono comunque a danneggiare le loro corazze, notarono con orrore che il ponte non esisteva più e che la loro unica via di fuga era stata annientata.

"Troveremo un modo per andarcene!" –Esclamò Ioria, incamminandosi all’interno dell’isola.

Il territorio sembrava disabitato, quasi selvaggio, e Ioria non percepì traccia alcuna di cosmo, né presenza di uomini nelle vicinanze. Ma restò comunque in guardia per tutto il tragitto, temendo qualche trucco da parte dei berseker. Castalia era al suo fianco, avendo ritrovato il suo spirito di iniziativa che aveva momentaneamente perso dopo la conversazione con il Cavaliere. Per un attimo si chiese cosa stesse facendo Pegasus, e se stesse già affrontando Ares e i suoi figli, al Grande Tempio. E poi pensò a Phantom, immaginandolo a Glastonbury alla ricerca della fantomatica ultima legione di Zeus.

"Guarda!" –Esclamò Ioria, fermandosi, e indicando avanti a sé. –"Delle rovine!"

Di fronte a loro, abbandonato da secoli ormai, c’erano i resti di un antico tempio, distrutto in epoca arcaica e probabilmente mai ricostruito. Colonne mozzate e statue abbattute giacevano sparse sul terreno, ricoperte dalla rigogliosa vegetazione che le aveva inghiottite nel loro territorio, mentre tutto quello che restava dell’edificio principale era un paio di pareti semi-abbattute, circondate da colonne in stile greco antico.

"Che luogo è mai questo?" –Si domandò Castalia, osservando le lugubri forme delle statue, rappresentanti creature immonde e demoniache.

"Che si tratti del Tempio dell’Apocalisse?!" –Mormorò Ioria, avanzando con prudenza.

"Il Tempio della Guerra, dove Ares radunava i suoi berseker nel Mondo Antico, inviandoli poi in giro per la Grecia a portare morte e distruzione?!" –Esclamò Castalia, quasi terrorizzata.

"È un’ipotesi! So che il Tempio del Dio della Guerra sorgeva nella Bassa Tessaglia, regno un tempo governato da Issione, il suo malefico figlio, proprio nella zona dove siamo noi!"

Per un momento Castalia si chiese perché Ares non avesse ricostruito il suo palazzo, come avevano fatto Discordia e Apollo, forte del suo Divino Cosmo, preferendo invece occupare il Grande Tempio di Atena. Sicuramente per fare uno smacco alla Dea che lo combatte da millenni! Rifletté, guardandosi intorno, e realizzando che quel luogo, tetro e orribile, non era neppure neanche lontanamente paragonabile allo splendore del Santuario della Dea Guerriera.

"Vieni!" –La chiamò Ioria, dirigendosi verso un lato del tempio. –"Sento qualcosa, delle vibrazioni!"

Castalia seguì Ioria sul fianco del distrutto Tempio dell’Apocalisse, scendendo insieme a lui nei sotterranei. Inizialmente si ritrovarono in una stanza stretta e buia, ma poi infilarono un ampio corridoio, giungendo in una vasta sala sotterranea, grande quanto la Sala del Grande Sacerdote, alla Tredicesima Casa del Grande Tempio. Incredibilmente, e questo li fece sussultare non poco, alcune torce erano accese, fissate alle pareti laterali della sala sotterranea, che era praticamente vuota, eccezion fatta per alcune armi abbandonate sul pavimento, ricoperte di polvere e di terra. Residui di una battaglia ivi combattuta secoli addietro.

Ma la cosa che maggiormente stupì Ioria e Castalia non fu tanto trovare delle fiaccole accese, ma delle gocce di sangue sul pavimento. Una lunga, terribile scia di sangue che dall’ingresso attraversava tutta la sala, giungendo fino ad un piccolo altare posizionato dall’altro lato della stanza.

Sopra di esso, appeso come Cristo in croce, con quattro pugnali avvelenati piantati nelle mani e nei piedi, c’era un uomo, mezzo nudo, con le vesti lacere e bruciacchiate, e la testa penzoloni, ricoperta dai suoi lunghi capelli chiari.

"Dei dell’Olimpo!!!" –Esclamò Castalia, portandosi una mano alla bocca, spaventata.

"Virgooo!!!" –Urlò Ioria, riconoscendo immediatamente il compagno.

Con uno scatto rapido, attraversò tutto il salone, diretto verso l’altare, per tirare giù il crocifisso compagno, ma fu travolto all’ultimo istante da vampe infuocate, espressione della violenta emanazione cosmica che si manifestò in quel momento ai loro occhi.

Una figura immensa troneggiò su di loro, apparendo circondata da lingue di fuoco, dal colore scarlatto e violetto, che subito avvolsero l’intero salone, divorando ogni cosa che trovarono. Era un uomo, alto e moro, con mossi capelli che fuoriuscivano dal suo elmo scintillante, ricoperto da una decoratissima Veste scarlatta, alla cui schiena erano fissate grandi ali, simboleggianti qualche mostruosa creatura infernale. Alla cintura dell’armatura era fissata una spada, che risplendeva di sinistri bagliori, mentre nella mano destra l’uomo reggeva una lancia, lunga e acuminata, completamente avvolta da incandescenti vampe di fuoco.

Ioria fu spinto indietro e ricadde sul pavimento, subito raggiunto da Castalia, preoccupata quanto lui dal nemico che si era posto loro di fronte. Il Dio della Guerra: Ares in persona.