CAPITOLO TRENTATREESIMO. IL BRIGANTE DI ANIME.

Quando Tifone arrivò sull’Olimpo, in quel caliginoso pomeriggio di maggio, Demetra, Dea delle Coltivazioni, stava curando con il timo selvatico, intriso del suo benefico cosmo, le ferite dei Dioscuri, nell’ampia radura dove un tempo sorgeva il Bianco Cancello, prima delimitazione della dimora degli Dei. Spaventata da quelle immonde grida, la Dea fu svelta a nascondere Castore e Polluce tra i cespugli, usando i propri poteri per mimetizzarli con l’ambiente circostante, fondendosi in un’unica natura, e là rimasero, quei pochi minuti, mentre l’immonda sagoma di Tifone apparve nel cielo, volando con le proprie demoniache ali, completamente avvolta da fiamme incandescenti.

"È terribile!!!" –Mormorò, osservando Tifone discendere sull’Olimpo.

"E noi siamo qua nascosti!" –Commentò Castore, cercando di rimettersi in piedi. –"Dobbiamo correre alla Reggia di Zeus per…"

"Per farvi massacrare?!" –Ironizzò la Dea, pregando il Cavaliere di tornare a sedersi.

"Per difendere il nostro Signore e Padre!" –Precisò Castore, zoppicando.

"Non siete nelle condizioni fisiche per combattere, al momento! Tantopiù con Tifone, un essere così infernale che neppure la potenza riunita di noi tutti Dei potrebbe bastare!"

"Motivo in più per correre alla Reggia!" –Aggiunse Castore, ma Polluce, alzandosi a sua volta, lo fermò, pregandolo di rimanere.

"Demetra ha ragione, Castore! Per quanto mi irriti e mi mandi in bestia non poter far niente, non avremmo speranze contro quel mostro!"

"E allora…" –Ma Demetra zittì entrambi, prima di socchiudere gli occhi e lasciar scivolare il suo cosmo, verde pallido, sul pendio del Monte Olimpo. Evocati dalla loro Signora Madre, numerosi alberi si svegliarono, scossero le alte fronte, sollevarono le antiche radici, e si misero in marcia, diretti verso il medio versante, nel tentativo, ridicolo forse, di frenare l’avanzata di Tifone.

"Vuoi fermarlo con i tuoi alberi?!" –La schernì Castore. –"Ne farà una pira sui cui arderà i corpi di tutti noi!"

"Smettila Castore!" –Esclamò Polluce, sferrando un cazzotto nello stomaco al fratello, facendolo cadere a terra. –"Non è un atteggiamento costruttivo il tuo!"

"E il tuo invece sì!?" –Si arrabbiò Castore, rialzandosi dolorante. –"Rimanere qua, inerti, mentre Giasone e Zeus si fanno massacrare al posto nostro?!" –E senza lasciare al fratello la possibilità di rispondere, si incamminò fuori dal boschetto, spuntando nella radura dove avevano affrontato ed ucciso Kampe. Con un sospiro di tristezza, osservò l’antica cancellata abbattuta e i rovinosi segni dell’avanzata dell’esercito di Ares. Fiamme e distruzione! Ecco cosa resterà dell’Olimpo se non fermeremo queste furie devastatrici! Mormorò, stringendo i denti.

Polluce lo raggiunse in quel momento, lasciando Demetra, in meditazione, nel boschetto, e gli mise una mano sulla spalla, accennando un sorriso. Ma prima che Castore potesse parlare, una raffica di dardi investì i due fratelli, obbligandoli a scattare in direzioni diverse per non essere colpiti.

"Chi diavolo?!" –Mormorò Polluce, riparandosi verso un albero bruciacchiato. –"Altri nemici?!" –E si voltò verso la direzione delle frecce, trovandosi di fronte ad un immenso vascello volante, sul cui ponte si stagliavano centinaia di demoniache figure, guerrieri di Ares dalle infuocate lance. Alcuni si lanciarono di sotto, avendo visto i due fratelli e desiderando confrontarsi con loro, ma la maggioranza rimase sulla barca, che non si fermò troppo sopra la radura, continuando in direzione del Monte Sacro. Prima di scomparire, però, a Polluce e Castore sembrò di vedere due guerrieri dalle scarlatte armature, e una donna, vicini tra loro, sorridergli con un ghigno di perversa soddisfazione, come se un’antica vendetta, a lungo covata, potesse finalmente trovare realizzazione.

"Attento, Castore!" –Esclamò Polluce, sbucando fuori dal suo nascondiglio, mentre una raffica di frecce si abbatteva sul fratello. Concentrando il cosmo, fermò l’avanzata dei dardi e li rinviò indietro, mirando ai colli degli arcieri.

"Ferma questa se ci riesci!" –Esclamò un guerriero alto e grosso, brandendo un’alabarda. Senz’altro aggiungere la calò su di lui, con tutta la sua forza, mentre altre frecce venivano scagliate su Polluce, il quale dovette usare tutta la sua concentrazione per frenare l’oscura alabarda, esponendosi così agli assalti degli altri nemici. –"Muori, bastardo!!!" –Sibilò il gigante, continuando a spingere la sua arma verso il basso, mentre Polluce, sotto di lui, puntava entrambe le braccia verso l’alto, per frenarla con il suo potere mentale.

"Iaaaa!!!" –Urlò Castore improvvisamente, lanciandosi contro il grosso guerriero. Balzò su di lui con entrambe le gambe tese e lo colpì su un fianco, facendolo sbilanciare, quindi sferrò un violento calcio alla sua gamba destra, scheggiando la sua corazza, permettendo a Polluce di prendere possesso dell’alabarda, rigirarla e trapassare la gigantesca mole del gigante.

"Uccideteli!" –Esclamò una voce, intimando i berseker a rinnovare l’assalto. E nugoli di frecce si abbatterono sui Dioscuri, che usarono astutamente il corpo enorme del colossale guerriero per ripararsi, prima che Castore, stufo di rimanere passivo, uscisse fuori caricando il suo colpo segreto.

"Pugno di Zeus!!!" –Esclamò, spazzando via la prima linea dei berseker. Ma una freccia lo ferì alla gamba destra, in un punto scoperto dell’armatura, facendolo accasciare al suolo mentre altri guerrieri si facevano avanti senza paura, brandendo le loro acuminate picche.

"Castore! Attento!!!" –Urlò Polluce, che bruciò al massimo il cosmo, sollevando il colossale guerriero usando l’alabarda come leva e lanciandolo in alto, facendolo cadere proprio sui berseker in corsa.

"Tecnica grossolana e un po’ rozza!" –Commentò Castore, rialzandosi, prima di sorridere al fratello. –"Ma inequivocabilmente efficace!"

Solo allora i Dioscuri si accorsero di un guerriero rimasto in disparte, avvolto nel suo mantello grigio. Lo fissarono per un momento e parve loro più un mendicante che un combattente, ricoperto da una corazza grigiastra che sembrava la veste di un barbone, fatta di toppe e cuciture grossolane.

"Chi sei, guerriero di Ares?!"

"Non sono un guerriero…" –Commentò questi, avvicinandosi, con voce beffarda. –"Sono un brigante! E sono qua per rubare la vostra vita!"

"Un brigante?!" –Mormorarono i Dioscuri, non comprendendo. L’uomo non aggiunse altro e si avvicinò, passando in mezzo ai corpi dei berseker abbattuti; camminava lentamente, quasi strascicandosi, e a Castore e Polluce sembrò di notare una leggera evanescenza sollevarsi dai cadaveri, al suo sfiorarli, e perdersi nel suo grigio mantello.

"Precisamente!" –Affermò questi, giunto ormai a pochi metri dai due fratelli. –"Un brigante di anime! E voi sarete le mie prossime vittime!"

"Non contarci!" –Esclamò Castore, scattando avanti, nonostante il dolore alla gamba. –"Pugno di Zeus!" –E scaricò il suo violento pugno, che sfrecciò nell’aria, diretto verso l’uomo, il quale rimase imperturbabile ad attenderlo. Venne investito in pieno dall’attacco di Castore, ma sembrò proprio non risentirne minimamente, come se il violento assalto energetico fosse stata aria. –"Che... cosa?!" –Balbettò Castore, incredulo, mentre anche Polluce sgranò gli occhi. –"Non si è mosso. L’ho visto, non ha evitato il mio assalto! Lo ha... lo ha subito!"

"No…" –Commentò il fratello, osservando meglio l’uomo. –"Lo ha assorbito!"

"Come?!"

L’uomo dal grigio mantello ridacchiò tra sé, prima che una lucente energia lo circondasse per un momento, per poi spegnersi, assimilata dal suo corpo. Abbassò il cappuccio del suo mantello, rivelando il suo viso, vecchio e smunto, con radi capelli grigi e scavati occhi neri, piccolissimi. Il suo fisico era gracile, ed apparentemente sembrava abbattibile con un solo attacco, ma aveva la forza per portare con sé una robusta clava marrone.

"Aaah… Grazie. Avevo proprio bisogno di un po’ di energia… prima di uccidervi!" –Mormorò, sollevando la clava e puntandola verso i due fratelli. In un lampo di luce Castore e Polluce vennero investititi in pieno dall’assalto dell’uomo, che si manifestò sotto forma di un gigantesco pugno che sfrecciò diretto verso di loro, sbattendoli lontano.

"No! Non è possibile!" –Mormorò Castore, rialzandosi a fatica. –"Era il mio stesso attacco! Il mio colpo segreto! Come hai fatto?!" –Ma l’uomo non rispose, sogghignando, mentre la clava brillava ancora di viva energia, stretta nella sua mano.

"Devo ripetermi?!" –Sibilò l’uomo.

"Chi sei?"

"Cicno è il mio nome celeste, figlio di Ares e Pelopia!" –Mormorò l’uomo. –"Brigante di anime!"

"Cicno… brigante di anime…" –Mormorò Castore, prima che il fratello gli venisse in aiuto. –"Cicno era un brigante figlio bastardo di Ares, che derubava i pellegrini diretti all’Oracolo di Delfi! E adesso, resuscitato dal Padre, deruba i Cavalieri del loro cosmo…"

"Maledizione!" –Strinse i pugni Castore, riconoscendo che l’avversario si presentava insidioso.

"Non soltanto il vostro cosmo prenderò!" –Mormorò Cicno. –"Ma anche la vostra anima! La farò mia, recidendo lo stelo della vostra fragile vita!"

"Provaci, bastardo!" –Gridò Castore, scattando nuovamente avanti. –"Pugno di Zeus!" –E scagliò un nuovo assalto contro Cicno.

"Castore nooo!!!" –Urlò Polluce.

Come in precedenza, Cicno rimase immobile, lasciando che l’assalto di Castore scivolasse sul suo grigio mantello, venendo assorbito, prima di sollevare nuovamente la clava e rispedirlo al mittente. Ma Castore, che aspettava proprio quel momento, lanciò un altro Pugno di Zeus, facendolo scontrare con quello che gli veniva incontro, generando una violenta esplosione che lo scagliò indietro, rotolando fino ai piedi del fratello. Quando si rimise in piedi, ammaccato e dolorante, constatò con dispiacere e preoccupazione che Cicno era ancora là, imperturbabile.

"Come può essere?! Grrr!!!" –Esclamò arrabbiato il Dioscuro.

"Sfogati, figlio di Zeus!" –Lo incitò con voce suadente Cicno. –"Sfogati e libera l’energia che porti dentro! Essa confluirà poi in me! Ah ah ah!"

"Non farti dominare dall’ira!" –Sussurrò Polluce. –"O finirai per fare il suo gioco!" –E senz’altro aggiungere il Dioscuro espanse il proprio cosmo, che scivolò silenziosamente nell’ampia radura, cingendo le gambe e il corpo del Brigante di Ares, stringendosi intorno alla sua clava.

"Uh?!" –Mormorò Polluce, rendendosi conto di non riuscire a muoverla. –"Non ho potere su essa!"

"No, Cavaliere! Quali che siano i tuoi poteri, adesso appartengono a me!" –Disse Cicno, sollevando la clava e puntandola contro Polluce. Immediatamente Polluce venne scaraventato indietro, schiantandosi contro la carcassa di un albero, prima di venire risollevato da terra, quasi manovrato da fili invisibili, e sbattuto contro un altro albero, e poi nuovamente in terra, con violenza e brutalità tali da scheggiare la semidistrutta Armatura Divina, facendo urlare il Cavaliere dal dolore.

"Maledetto!" –Strinse i pugni Castore. –"Ha preso anche il potere di Polluce!!!" –Quindi si gettò avanti, verso il figlio di Ares. Ma invece di scagliare nuovamente il Pugno di Zeus, scivolò sul terreno, afferrando la lancia di un guerriero morto e portandosi sotto a Cicno, puntando l’arma contro la sua gamba. La punta della lancia scheggiò la sua corazza, ma non riuscì ad affondare in profondità perché Cicno, con velocità e destrezza, sollevò la clava, calandola poi su Castore, distruggendo la lancia e colpendolo al braccio destro. Un secondo colpo, dal basso verso l’alto, scaraventò il Dioscuro indietro, lungo il terreno, sconfitto ma soddisfatto. Dunque anch’egli può essere ferito! Rifletté, prima di venire raggiunto dal fratello che, a fatica, si era rimesso in piedi.

"Possiamo colpirlo!" –Mormorò Castore. –"Ma non dobbiamo usare la nostra energia cosmica, o verrò risucchiata dalla sua clava!"

"Facile a dirsi…" –Ironizzò Polluce, ansimando per la fatica. –"Ma possiamo provarci!"

Si scambiarono un rapido sguardo prima di lanciarsi avanti, ognuno su un lato del figlio di Ares, mentre questi, sogghignante, rimaneva in attesa del loro attacco energetico. Ma le intenzioni dei Dioscuri erano diverse: Polluce attrasse a sé, numerose armi presenti nella radura, dandone un paio al fratello, e insieme a lui si lanciò contro Cicno, brandendo lance e spade.

Il Brigante, per quanto sorpreso dalla sensata iniziativa dei Cavalieri, non si fece ferire una seconda volta, roteando la clava vorticosamente in modo da creare una piccola barriera su cui si infransero le armi dei Dioscuri, troncandole e gettandole via, prima di fermarla e colpire Castore in pieno petto. La violenza della botta fu tale da scaraventare il Cavaliere indietro, crepando la sua corazza protettiva, ma prima che Cicno riuscisse a muovere la clava contro Polluce, questi lo colpì con un calcio sul braccio destro, facendogli perdere la presa dell’arma, che cadde fragorosamente a terra.

"Adesso sei mio!" –Mormorò Polluce. –"Carica dei Cento Cavalli! Travolgilo!!!" –Gridò, liberando il suo possente attacco da distanza ravvicinata, sicuro di travolgere il figlio di Ares. Ma la stessa violenza con cui lanciò l’attacco fu la causa della sua rovina, venendo infatti investito in pieno e scaraventato lontano, tra i frammenti insanguinati della sua corazza.

"No! Non è possibile... eppure aveva perso la clava…"

"Folle sei stato! Un attacco così potente, così devastante, da distanza ravvicinata significa scegliere il suicidio!" –Commentò Cicno, prima di recuperare la propria clava. Camminando lentamente, come gli era proprio, si trascinò fino al corpo ferito di Polluce, sollevando la rozza arma sopra di sé, per schiacciare il Cavaliere Celeste, ma Castore, rialzatosi, scagliò contro di lui un violento pugno energetico, sperando di fermarlo. Ma anch’esso venne assorbito dal figlio di Ares, e rispedito indietro, scaraventando il Dioscuro nuovamente a terra.

"Adesso muori!!!" –Urlò Cicno, calando la clava su Polluce. Ma il Cavaliere si riprese, afferrando l’arma con entrambe le mani, cercando di contrastare la pressione che Cicno esercitava su essa.

"Come… come hai fatto?!" –Rantolò Polluce, i cui muscoli erano tesi al massimo per lo sforzo. –"Come hai respinto la Carica dei Cento Cavalli senza la tua clava?!"

"La mia clava?!" –Ripeté Cicno, genuinamente sorpreso. Quindi scoppiò a ridere, allentando la pressione sull’arma, e permettendo a Polluce di rimettersi in piedi. –"Davvero pensavate che fosse la mia clava ad assorbire i vostri attacchi?! Ah ah ah!"

"Perché?! Non ce li hai forse rispediti contro con essa?! Non farti beffe di noi, guerriero di Ares!" –E in tutta risposta Cicno gettò la clava a terra, aprendo le braccia come fosse in croce e ordinando ai Dioscuri di colpirlo.

"Fatelo! Forza!" –Gridò. –"E vi mostrerò la potenza del Brigante di Anime! Con o senza la mia clava, resto irraggiungibile!"

"Maledetto!!!" –Tuonò Castore, ripresosi. E concentrò il cosmo sul pugno, pronto per lanciarsi su di lui. Ma Polluce lo fermò, temendo un inganno. –"Non si lascerebbe mai colpire se non sapesse di poter evitare o sopportare il nostro attacco!"

"Questo lo so anch’io!" –Brontolò Castore. –"Ma cos’altro possiamo fare?! Rimanere inattivi ad attendere che ci colpisca nuovamente?!"

"Proviamo insieme!" –Sussurrò Polluce, allungando una mano verso il fratello. Questi comprese il suo gesto ed afferrò la sua mano, lasciando che i loro cosmi venissero in contatto, combinandosi tra loro. –"Illusione dei Dioscuri!" –Gridarono, mentre i loro corpi si moltiplicavano.

"Mi facilitate il lavoro!" –Ironizzò Cicno, senza scomporsi. Ma Castore e Polluce non risposero, preferendo agire direttamente, liberando i loro colpi segreti e lanciandoli insieme, da ogni direzione, da ogni copia replicata, contro di lui. –"La morte proprio non vi spaventa!" –Disse Cicno, a braccia aperte ad attendere gli assalti dei due fratelli. E anche quella volta sembrò non subire danno alcuno, immagazzinando l’energia e rispedendola indietro, sotto forma di una devastante bomba di luce, che spazzò via le illusioni dei due fratelli, scaraventandoli indietro, feriti e danneggiati.

"A… ancora!" –Mormorò Castore, stramazzando al suolo.

"Ho tenuto fede alla mia promessa, sconfiggendovi figli di Zeus!" –Commentò Cicno, avvicinandosi ai due. –"Adesso, dopo aver svuotato il vostro cosmo, prenderò la vostra anima! Brigante di anime!!!" –Esclamò, volgendo il palmo della mano destra verso di loro.

Immediatamente una grigia evanescenza partì dalla sua mano, avvolgendo gli stanchi corpi dei Dioscuri ed entrando dentro di loro, facendoli urlare per la sofferenza, disperare per il dolore. Gli occhi dei due fratelli schizzarono sangue, mentre tutto il loro corpo tremò, in preda a una violenta fibrillazione, tra le grida laceranti che presto si spensero. Un attimo dopo la grigia evanescenza abbandonò i loro corpi, rientrando in Cicno, portando seco le anime dei due nobili guerrieri.

"Addio, figli di Zeus! Adesso vivete in me!" –Esclamò il brigante, esplodendo in una grassa risata. Quindi diede le spalle ai due corpi abbandonati, trascinandosi lungo la radura, diretto verso la Via Principale, ma prima che potesse fare due passi sentì un cosmo accendersi di fronte a lui.

"Uh?! Chi sei?!" –Domandò, osservando una figura dorata apparire.

"Il Grande Mur dell’Ariete!" –Rispose il Cavaliere d’Oro, con voce placida come sempre. –"E sono giunto fin qua, sfidando i devastanti cosmi di Tifone e dei berseker di Ares, per portare aiuto ai Dioscuri, nobili Cavalieri Celesti!" –Quindi fissò i corpi senza vita dei figli di Zeus, avvicinandosi e toccandoli, per sincerarsi delle loro condizioni. Svuotati! Mormorò, sentendo dentro di loro mancare completamente una benché minima forma di energia pulsante. Prosciugati! Rifletté, sollevandosi e volgendo lo sguardo verso il suo avversario.

"Hai avuto del fegato a spingerti fin qua, Cavaliere di Ariete!"

"Cosa hai fatto loro?!"

"Il mio lavoro!" –Ridacchiò Cicno, presentandosi. –"Sono un brigante di anime, ed ho assorbito il loro cosmo ed il loro spirito! Ih ih!"

"Assorbito, eh?!" –Mormorò Mur tra sé, espandendo il suo cosmo. –"Facciamo una prova!" –Si disse, sollevando il braccio destro al cielo, prima di abbassarlo di colpo verso Cicno. –"Per il Sacro Ariete! Rivoluzione stellare!" –Gridò, mentre milioni di stelle parvero cadere sul figlio di Ares.

"Ih ih…" –Ridacchiò Cicno, aprendo le sue braccia e lasciando che le stelle lo trafiggessero, senza riportare, come in precedenza, danno alcuno. –"A te adesso!" –Mormorò, aprendo il palmo della mano, e rinviando contro Mur il suo attacco. La fitta pioggia di stelle cadenti sfrecciò verso il Cavaliere di Ariete, il quale, aspettandosi l’attacco, non aveva esitato a creare la sua impenetrabile difesa, il Muro di Cristallo, che le stelle non riuscirono ad abbattere.

"Che cosa?!" –Esclamò Cicno stupefatto.

"Era un assalto di prova, brigante di anime! Volevo soltanto verificare un’idea!"

"Una tua idea?!"

"Non la clava ti permette di assorbire l’energia altrui, ma la tua corazza! I vari elementi che la compongono, e che esteriormente sembrano stracci di mendicante, hanno la capacità di catalizzare le energie cosmiche, risucchiandole al proprio interno e permettendoti di usarle per attaccare!"

"Perspicace! Si vede che di armature te ne intendi!" –Sibilò Cicno, irato che qualcuno avesse scoperto il suo trucco. –"Ma aver compreso questo non basterà a vincermi!" –E scattò avanti, brandendo la rozza clava, caricandola di energia cosmica, con una velocità che Mur non avrebbe mai pensato avesse. Si abbatté sul Muro di Cristallo con foga, lanciando colpi violenti e facendo tremare la difesa del Cavaliere di Ariete, il quale fu inizialmente tentato di scagliarlo via con il suo colpo sacro, ma realizzò che un attacco così diretto non avrebbe avuto effetto, venendo assorbito dalla corazza di Cicno. Assorbito… Rifletté Mur, chiedendosi quanta energia potesse contenere. Prima di esplodere!

Improvvisamente, mentre Cicno si stava nuovamente avventando con foga sul Muro di Cristallo con la propria clava incandescente, Mur fece scomparire la sua difesa, sbilanciando il berseker e facendolo cadere in avanti, prima di colpirlo con un diretto calcio sull’addome, che lo scaraventò indietro di parecchi metri, incrinando la sua cotta e facendogli perdere la presa sulla clava.

"Maledetto Ariete…" –Mormorò Cicno, rialzandosi. Fece per richiamare la clava ma si accorse che l’arma non si muoveva, intrappolata in una bianca ragnatela di energia.

"Uh?! Che succede?!" –Si domandò, mentre sottili fili si arrotolavano intorno al suo corpo, intrappolandolo a mezz’aria, in una rete di bianco cosmo.

"Ragnatela di cristallo!" –Mormorò Mur, avvicinandosi al figlio di Ares. –"Sei ancora in tempo per liberare le anime dei Cavalieri Celesti, sporco brigante!"

"Liberarle?! Stai scherzando, non è vero?!" –Ridacchiò Cicno, bruciando il suo cosmo e cercando di strappare i fili della ragnatela di Mur, ma presto si rese conto di non riuscirvi, che la tela di energia era altamente resistente da richiedergli uno sforzo maggiore. –"E sia, mi hai imprigionato, ma non credere che da questa posizione non mi sia possibile… ucciderti!!"

"Uh?!" –Sgranò gli occhi Mur, mentre Cicno riusciva a liberare la mano destra, concentrando sul palmo il suo corpo. Una grigia evanescenza si liberò dalla sua mano, dirigendosi verso Mur, per assorbire la sua anima, come aveva fatto con i Dioscuri. Ma anche quel tremendo attacco non riuscì a superare il Muro di Cristallo.

"Che cosa?! Ma non è possibile!!!" –Gridò, imbestialito.

"Niente può superare questa barriera invisibile, neppure i gas e gli odori! Tutto si ferma di fronte all’eterea potenza del Muro di Cristallo!" –Esclamò Mur, espandendo ancora il suo cosmo. –"E adesso addio, brigante di anime, ti avevo offerto una possibilità per aver salva la vita, ma hai scioccamente e superbamente rifiutato! Onda di luce stellare!" –Gridò, liberando un violento globo di luce, che raggiunse Cicno, inghiottendolo.

"Non hai imparato la lezione, Ariete?!" –Lo derise il figlio di Ares. –"La mia corazza assorbirà la tua energia, rispendendola poi ind…" –Ma la sua frase fu mozzata a metà, quando sentì esplodere il suo corpo. –"Che succede?! Che mi sta succedendo?!" –Gridò, mentre la corazza si schiantava in più punti. –"Non solo la mia armatura, ma anche il mio corpo… si sta.. distruggendo.. perché?!"

"L’Onda di luce stellare è una tecnica mortale, capace di risucchiare ogni materia al suo interno e farla esplodere, liberando una devastante quantità di energia! Troppa, perché la tua corazza, già piena di altre energie, potesse reggere!" –Spiegò Mur, calando gli occhi di fronte al triste spettacolo.

La cotta protettiva di Cicno esplose poco dopo, satura di energia, così come il suo corpo, senza lasciare traccia alcuna del brigante di anime. Lentamente, e con il cuore trepidante, Mur si avvicinò ai Dioscuri, sperando che la morte del guerriero avesse liberato anche le anime da lui assorbite in precedenza. Ma questo non accadde e il Cavaliere si dispiacque, iniziando ad angosciarsi, non essendo nei suoi poteri richiamare le loro anime, dall’Ade o da qualunque altro luogo spaziodimensionale che non riusciva a raggiungere.

Improvvisamente un’abbagliante luce apparve dietro di sé, rischiarando la fosca caligine di quel pomeriggio, portando seco un centinaio di scintillanti cosmi, ardenti e incontaminati, retaggi di un ancestrale potere non usurato dal tempo.

"Posso aiutarti, Cavaliere di Ariete?!" –Mormorò un’educata voce maschile.

Mur si voltò e trovò un uomo in piedi di fronte a lui. Alto ed aitante, con scompigliati capelli neri, occhi scuri, viso abbronzato, e un corpo perfetto, ricoperto da una scintillante Armatura Divina, dalle sfumature rossastre, sulla parte destra, e bianche, sulla parte sinistra, raffigurante un doppio Drago. Lo osservò per un momento, accennando un mezzo sorriso incompreso.

"Non mi hai riconosciuto, a quanto pare!" –Sorrise Ascanio. –"Sono passati quattordici anni e all’epoca ero solo un ragazzetto, allievo del miglior maestro che abbia mai potuto desiderare!"

"Dunque tu sei…" –Mormorò Mur, riconoscendo finalmente il giovane che aveva incontrato una sola volta, molti anni addietro, ai Cinque Picchi.

"Ascanio Testa di Drago, Comandante dell’Ultima Legione di Zeus e allievo del Maestro dei Cinque Picchi!" –Si presentò, mentre uomini dalle Celesti Armature lo affiancavano.

A un comando del loro signore, i Cavalieri Celesti sfrecciarono via, verso la cima del Monte Olimpo, dove sentivano che cosmi inquieti si scontravano furiosamente, lasciando Ascanio chino sui corpi dei figli di Zeus. Li osservò per un momento, mentre Mur gli raccontava l’accaduto.

"Metempsicosi!" –Mormorò infine Ascanio, aprendo il polso della mano destra sopra i Dioscuri, mentre tutto intorno a loro scivolava il suo lucente cosmo.

"Metem... la trasmigrazione dell’anima?!" –Chiese Mur, ricordando antichi insegnamenti di Shin.

"Proprio così!" –Annuì Ascanio, mentre cercava di penetrare con il proprio cosmo dentro i due fratelli. –"I celti avevano elaborato una dottrina dell’immortalità, in base alla quale l’anima passava dal mondo dei vivi a quello dei morti e viceversa!"

"E tu sei in grado di ricrearla?!" –Domandò Mur, genuinamente sorpreso.

Ascanio non rispose, socchiudendo i propri occhi neri, prima di spingere ancora il proprio cosmo, ardente ed eterno, dentro i figli di Zeus. Vi un lampo di luce e poi il suo cosmo si placò, mentre il Cavaliere si rimetteva in piedi soddisfatto. Mur udì un gemito sommesso e si chinò, vedendo i Dioscuri respirare nuovamente.