CAPITOLO TRENTANOVESIMO. LA GRANDE ALLEANZA.

Tifone scaraventò Briareo con rabbia contro la grande ammucchiata di uomini ai suoi piedi, schiacciandone molteplici ed abbattendo alberi e templi, cancelli e mura, mentre immonde vampe di fuoco salivano dal suo corpo informe verso il cielo oscuro, di fronte agli occhi sgomenti e terrorizzati degli ultimi difensori dell’Olimpo.

Efesto, Afrodite, Ermes, Phantom, Ascanio e i tre Cavalieri di Atena sopravvissuti, Asher, Tisifone e Mur, affiancati da Kiki, impegnato a sorreggere Giasone e i Dioscuri, tutti e tre in condizioni piuttosto malandate, si radunarono di fronte alla Reggia di Zeus, mentre Gwynn e i Cavalieri Celesti cercavano di arginare la disperata avanzata dei berseker sopravvissuti. Non erano rimasti in molti, neppure una cinquantina, ed ormai procedevano più per disperazione che non per reale convinzione, travolti da quel gioco al massacro a cui Ares li aveva addestrati, per cui il cosmo del Dio della Guerra aveva fatto ribollire loro il sangue. Ma adesso, sulla cima dell’Olimpo, privi del sostegno del loro Dio, impegnato a combattere alla Tredicesima Casa di Atene, molti di loro erano impazziti, accusando crolli nervosi, abbattendosi come folli sui nemici, senza più obiettivo alcuno che non cercare la morte, per loro stessi e per i loro avversari, mettendo finalmente termine a quel tremendo dolore interno. Dei diciassette figli di Ares ne erano rimasti soltanto due, Molo e Pilo, privi del fratello, morto poc’anzi schiacciato dalla deforme massa di Briareo, intenti ad affrontare Gwynn del Biancospino, uno dei Cavalieri Celesti di Glastonbury, affiancato da un paio di suoi compagni.

Barbuti, con mossi capelli scuri, e ricoperti da tozze corazze scarlatte, senza fregi particolari, Molo e Pilo, figli di Ares e Demonice, brandivano lance acuminate, lanciandosi contro i Cavalieri Celesti con tutto l’ardore che si confaceva loro, per quanto ormai il destino della battaglia fosse segnato. Non era più Ares a guidarne le fila, ma era il demoniaco cosmo di Tifone, avvelenato da secoli di rancore covato nelle viscere dell’Etna, e che Flegias aveva risvegliato, potenziandolo con gli oscuri influssi della Pietra Nera. Per un momento, mentre le verdi foglie del Biancospino di Glastonbury si attorcigliavano intorno al suo collo, Pilo pensò che forse Flegias aveva previsto tutto, che sapeva che Tifone sarebbe stato un’arma troppo potente, troppo difficile da gestire, persino per il Sommo Ares, e che forse quelle previsioni erano ciò che il Rosso Fuoco realmente auspicava.

"Che abbia.. ingannato anche lui?!" –Rantolò, crollando esanime al suolo, mentre il biancospino aveva assorbito completamente il suo sangue.

"Pilooo!!!" –Urlò Molo, lanciandosi avanti, con l’arma puntata verso i Cavalieri Celesti. Ne trafisse un paio, sventrandoli con ferocia, prima che un secco colpo di spada trinciasse la sua testa, facendola rotolare sul terreno smosso, accanto ai cadaveri di altri anonimi berseker. Ma i Cavalieri dell’Ultima Legione non fecero in tempo a riprendere fiato che subito dovettero affrontare una nuova terribile minaccia.

Le fetide vampe di fuoco dell’orrendo Tifone calarono su di loro, mentre terrificanti serpenti dagli occhi di fuoco si srotolavano dal corpo dell’orrida creatura, puntando crudelmente sui Cavalieri Celesti. A nulla valsero i loro tremendi sforzi, i loro continui attacchi a quelle vipere velenose, per quanto carichi di energia cosmica potessero essere.

"Gwynn!!!" –Gridò Ascanio da lontano, vedendo il ragazzetto in difficoltà.

Senz’aggiungere altro scattò sul terreno, evitando le vampe infuocate di Tifone, raccolse una scure, spaccò il suo manico e lanciò la lama, facendola roteare su se stessa, la quale sfrecciò nell’aria come un lampo, trinciando una mostruosa vipera che stava per intrappolare Gwynn. Grazie a quel gesto, il ragazzo poté mettersi in salvo, creando una barriera di biancospini con cui coprire la sua fuga. Resistette solo un secondo, il tempo che impiegarono le mostruose vipere infuocate a distruggerla, ma permise a Gwynn di raggiungere Ascanio, al centro del giardino antistante la Reggia di Zeus, solo e temerario come sempre.

"Non ce la farà!" –Urlò Phantom, di fronte al tempio, insieme agli altri Cavalieri e Divinità. –"Dobbiamo aiutarlo!!!" –E nel dir questo bruciò al massimo il proprio cosmo, accendendolo di tutto il suo celeste bagliore. –"Gorgo dell’Eridano!" –Gridò, liberando il vortice di energia acquatica.

Ermes, Artemide, Efesto, Mur e Tisifone fecero altrettanto, unendo i loro cosmi a quelli del Luogotenente dell’Olimpo, creando un violento gorgo di energia cosmica che sfrecciò nell’aria, raggiungendo le gambe di Tifone, strappando numerose vipere dal suo corpo deforme, come fossero erbacce da divellere. Anche Asher si unì all’assalto, seppure poco fosse il cosmo che gli rimaneva, e così fecero i Dioscuri e Giasone, per quanto barcollassero in piedi.

"Guardate!!!" –Gridò Ermes, puntando avanti il Caduceo. –"Niente!!! Come fosse aria… Come non l’avesse sentito…" –E infatti Tifone non aveva riportato danno alcuno, eccezion fatta per le numerose vipere fuoriuscenti dalle sue gambe che erano state uccise e che adesso giacevano sul terreno, carcasse immonde dal maleodorante odore di morte. Ma per ogni vipera uccisa, una nuova veniva creata, uscendo direttamente dall’orrido corpo dell’ancestrale creatura. Versi osceni emisero le cento teste di Drago, prima di scendere verso terra, avvolte da tossiche nubi di fumo, provocato dalle vampe infuocate uscenti dalle loro fauci.

"Attentiii!!!" –Gridò Phantom, mentre una devastante pioggia di lingue di fuoco cadeva su di loro.

"Muro di Cristallooo!!!" –Urlò Mur, subito affiancato da Kiki.

"Non resisterà!!!" –Lo raggiunse Efesto, concentrando il proprio cosmo sulle braccia. –"Che la possente lava dell’Etna sia con noi!!!" –E rivestì il trasparente Muro di Ariete di una solida difesa, costituita dall’incandescente magma di cui era Signore. Ma anche quella barriera crollò, frantumandosi in mille pezzi, scaraventando indietro i Cavalieri e le Divinità riparate dietro di essa, mentre un immenso artiglio calava sulla Reggia di Zeus, sfondando il tetto e penetrando all’interno.

"Mio Signore…" –Mormorò Giasone, cercando di rimettersi in piedi. Ma subito decine e decine di vipere infuocate furono su di lui, obbligandolo a brandire nuovamente la Spada della Colchide, colpendole una dietro l’altra, senza lasciargli tregua, come stavano facendo anche gli altri Cavalieri. Una vipera si attorcigliò intorno alle sue gambe, facendolo cadere a terra e perdere la presa della propria spada, mentre un’altra, mostruosamente affamata, spalancava le sue immense fauci puntando al viso stanco dell’eroe.

"Pugno... di Zeus!!!" –Esclamò una voce, mentre un pugno di energia cosmica distruggeva l’orrido serpente.

"Castore…" –Rantolò Giasone, mentre una lama tagliava la vipera che gli bloccava le gambe, permettendogli di rimettersi in piedi. –"Polluce…"

"Corri da nostro Padre, Giasone!!!" –Lo esortarono i Dioscuri. –"Ha bisogno di te!" –Ma Giasone non fece in tempo ad aggiungere altro che una raccapricciante scena si presentò lui.

Cumuli di vipere infuocate scesero sui figli di Zeus, avvinghiandosi intorno ai loro corpi stanchi, e per quanto i due si dimenassero notevolmente furono raggiunti dai loro denti avvelenati. Polluce fu il primo a morire, cadendo a terra senza vita, mentre le immonde vipere si cibavano del suo fisico spento; a tale vista, Castore impazzì, lanciandosi come un folle contro Tifone, da solo, facendo esplodere tutto il suo cosmo al contatto con la bestia.

"Aaarrrgh!!!" –Gridarono convulsamente le teste di drago, accusando la ferita alla gamba, ma neanche ciò servì per frenare l’avanzata distruttiva di Tifone. La sua grandezza e la sua deformità erano tali da permettergli di occupare l’intera cima dell’Olimpo, impegnando in battaglia numerosi Cavalieri al tempo stesso, inviando contro di loro le vipere annidate nel suo orrido corpo e le numerose teste di drago del suo molteplice viso.

"Attento Kiki!!!" –Gridò Mur, proteggendo il fratello, impegnato a colpire un’enorme vipera con una spada. Ma il fetido respiro di Tifone fu anche su di loro, scendendo come devastanti fiamme di oscuro cosmo, obbligando Mur a ricreare il Muro di Cristallo, questa volta tutto intorno a loro, per quanto sapesse che non avrebbe resistito per molto. E infatti la difesa di Mur si schiantò poco dopo, spingendo indietro i due fratelli, mentre orribili fauci infuocate si aprivano su di loro.

"Vento… dell’Est!!!" –Esclamò improvvisamente una voce. Vi fu un violento turbine di aria e le fiamme furono provvisoriamente spazzate via, mentre una figura dalla Celeste Armatura scendeva su di loro, aiutandosi a rialzarsi: Euro, Dio del Vento dell’Est.

"Grazie per l’aiuto, figlio di Eos!" –Commentò Mur.

"Dovere di Cavaliere, nobile Ariete!" –Sorrise Euro, prima di voltarsi nuovamente verso l’orribile mostro. –"È dunque questo il luogo in cui cadremo? Qua, di fronte alla Reggia del mio Signore, dove tutto ha avuto inizio e tutto avrà fine?" –Si chiese, bruciando il suo celeste cosmo.

"Temo che le nostre speranze siano minime…"

"Se così sarà, che giornata questa! Che onore per me cadere al vostro fianco, Cavalieri di Atena!" –Strinse i pugni Euro, e senz’altro aggiungere si librò in aria, puntando su Tifone e scaricando su di lui una violenta tempesta di energia cosmica.

Phantom, dal basso, fece altrettanto, aiutato da Ermes, Artemide ed Efesto, ma nuovamente il loro attacco collettivo venne respinto, e Tifone scaraventò tutti lontano, prima di distruggere con i suoi enormi artigli la Reggia di Zeus, cercando il suo eterno rivale. Lo trovò, ma inaspettatamente fu costretto ad un passo indietro, venendo travolto da una devastante bolla di energia, accecante come il firmamento: una bomba di luce che per un momento rischiarò l’oscura cima dell’Olimpo, ricordando a tutti i combattenti il caldo tepore del sole e delle stelle.

"Ma quello..." –Mormorò Ermes, rimettendosi in piedi a fatica.

Sopra di loro, circondato da una sfera di dorata energia, apparve il Signore dell’Olimpo: Zeus, Padre di tutti gli Dei, rivestito dalla sua Divina Veste, con le grandi ali spiegate dietro la schiena ed il Fulmine in mano. Al suo fianco c’era Atena, che impugnava saldamente la Nike con la mano destra e l’Egida con la sinistra, determinata come il Padre a non lasciarsi abbattere dallo sconforto.

Lo abbiamo battuto una volta! Possiamo rifarlo! Si disse la Vergine Dea, sollevando lo scettro di Nike avanti a sé e caricandolo del suo cosmo. Un raggio di energia sfrecciò subito nell’aria, diretto verso Tifone, il quale inizialmente parve non sentirlo neppure, limitandosi a liberare osceni versi e a lanciarsi avanti, caricando le sue molteplici teste di fiamme infernali.

"Fulmini di Zeus!!!" –Gridò Zeus, scagliando migliaia e migliaia di incandescenti folgori contro le teste di drago. Molte furono distrutte, altre semplicemente si fermarono, ma Tifone non fu affatto abbattuto, semplicemente fatto infuriare ancora di più. Il suo demoniaco cosmo scivolò sul terreno, avvelenando i deboli cosmi dei Cavalieri sopravvissuti, che cercarono di resistergli, unendosi tra di loro e facendo barriera con le loro lucenti energie.

"Non… passerai!!!" –Gridò Phantom. –"Maledettooo!!!"

Efesto, Artemide, Tisifone, Mur e Asher erano al suo fianco, e anche Ascanio, Gwynn e gli altri Cavalieri Celesti sopravvissuti, tutti con il cosmo carico al massimo. Ermes ed Euro si librarono nell’aria, sfidando le sinuose fiamme della mitologica bestia, decisi a colpirlo da vicino. Il Messaggero degli Dei puntò il Caduceo, mentre Euro concentrò il cosmo sul pugno destro, prima di lanciare due violenti attacchi energetici contro le teste di drago, potenziando le folgori di Zeus.

Tifone sbraitò disperatamente e liberò una devastante energia oscura sotto forma di un terribile uragano che travolse tutti i Cavalieri e le Divinità, stringendoli nel suo mortale abbraccio. Crollò la Reggia di Zeus, e i Cavalieri a sua difesa furono scagliati lontano, sbattuti per terra, dilaniati nel profondo dalle velenose fiamme di morte, mentre soltanto Zeus rimase di fronte a lui, sospeso in aria, riparato da una sottile barriera di energia cosmica. Anche Atena venne scaraventata a terra, schiantandosi sulla scalinata della distrutta Sala del Trono, subendo la stessa sorta di Efesto e delle altre Divinità e perdendo la presa dello scettro di Nike.

"Aaah... Padre…" –Mormorò, cercando di rialzarsi.

Un giovane dai ricciuti capelli castani venne in suo soccorso, aiutandola a rimettersi in piedi, e la donna riconobbe l’Armatura della Coppa Celeste, indossata da colui che Zeus aveva rapito un tempo, sotto forma di aquila, per farne il Coppiere degli Dei: Ganimede, il più bello dei mortali.

"Atena!!!" –Esclamò il Cavaliere Celeste, aiutando la Dea.

"Ti ringrazio, Ganime…" –Ma la voce le morì in bocca quando vide Tifone scagliare un nuovo devastante uragano di infuocata energia contro Zeus, distruggendo persino la sua cupola protettiva e scaraventando il Dio indietro, fino a farlo schiantare contro le crollate mura della Reggia.

"Mio Signoreee!!!" –Urlò Ganimede, preoccupato quanto Atena per Zeus.

In quella, un gruppo di berseker che era sopravvissuto penetrò tra le macerie del Palazzo Divino, giungendo proprio di fronte alla Dea e al ragazzo, e riconoscendo la prima.

"Se anche dovremo morire…" –Commentò sadicamente uno di questi. –"Lo faremo portando al nostro Signore un grazioso regalino!"

"Già!" –Gli fece eco un altro, dal viso sporco di sangue. "–La testa della sua amica Atena! Ih ih ih!"

E senz’altro aggiungere i due si lanciarono avanti, seguiti da altri quattro berseker, brandendo armi infernali, ma Ganimede non si lasciò intimorire, espandendo il proprio cosmo, dalle striature dorate.

Il Coppiere degli Dei sollevò le braccia sopra la testa, mentre la luccicante sagoma di una coppa compariva tra le sue mani, piena di scintillante nettare dorato. In un lampo di luce la coppa si riversò verso i berseker, liberando un’abbagliante energia simile ad un fiume di stelle, che li travolse tutti, scaraventandoli via.

"Anfora delle Stelle!" – Esclamò il Cavaliere, osservando i berseker schiantarsi a terra con fragore.

Ma uno riuscì ad evitare l’assalto, facendosi scudo con il corpo del suo compagno, e a balzare quindi avanti, srotolando la propria catena ferrata, la quale si avvolse intorno al collo del Coppiere degli Dei, sbattendolo a terra con forza.

"Muori!!!" –Gridò il berseker, strattonando il ragazzo, ma prima che potesse aggiungere altro fu colpito in piena nuca da un violento colpo di spada.

"Sarai tu, a morire!" –Esclamò una voce, affondando la lama nel cranio del guerriero di Ares. –"Se osi levare la mano sul mio più caro amico!"

"Giasone!!!" –Gridò Ganimede, liberandosi dall’oscura catena. –"Allora sei tornato?!"

"Perché?! Non te lo avevo forse promesso?!" –Sorrise Giasone, e Ganimede non poté non accorgersi di quanto stanco e tirato fosse quel sorriso.

"Attenti!!!" –Gridò Atena improvvisamente, indicando il cielo, su cui si stagliava imperiosa e terribile la sagoma di Tifone.

L’orrenda creatura stava infatti passando sopra di loro, facendo crollare i resti della Reggia di Zeus, dirigendosi verso il Dio dell’Olimpo, schiantatosi poco distante. Schegge di mura e di soffitto crollarono su di loro, ma Giasone fu svelto a buttarsi sopra Ganimede per coprire l’amico con il suo corpo, venendo schiacciato da un pezzo di muro. Anche Atena venne sballottata, ricadendo a terra, ma riuscì a rimettersi in piedi e ad impugnare Nike, distruggendo il muro sopra Giasone e liberando i due ragazzi. Quindi si lanciò fuori, con il cuore in gola, pronta per affrontare nuovamente Tifone.

Nel frattempo Zeus era in difficoltà contro il figlio di Gea. Non soltanto il Signore dell’Olimpo era stanco per aver usato i suoi poteri nella ricostruzione del Sacro Monte, devastato dalla guerra contro Crono, ma aveva anche tenuto testa al diabolico cosmo di Ares per l’intera durata della guerra, fronteggiando il figlio a distanza.

"Fulmini di Zeus!!!" –Gridò, liberando una violenta scarica di folgori, che distrussero numerose teste di drago e vipere. Ma anche quel colpo non fu risolutivo e sciami di serpenti infuocati scivolarono dal corpo orribile del gigante, strisciando sul terreno, dirigendosi verso Zeus. Per un momento il Dio ricordò quel giorno, millenni prima, ritrovandolo negli occhi iniettati di sangue delle serpi che puntavano su di lui, ricoperte da squame di fuoco.

"Gorgo dell’Eridano!!!" –Gridò improvvisamente una voce, mentre un devastante vortice di energia acquatica spazzava via numerose vipere. Ad esso seguirono due violenti raggi di energia ed una moltitudine di frecce incandescenti, che uccisero gli ultimi orribili serpenti, anticipando l’arrivo di Phantom dell’Eridano Celeste, di Ermes, Artemide e degli altri Cavalieri Celesti.

"Padre!!!" –Esclamò Efesto, ansimando per la stanchezza. –"Già una volta abbiamo mancato… fuggendo da una lotta che era anche nostra… ma stavolta non accadrà! Stavolta combatteremo insieme!" –E nel dir questo espanse il suo infuocato cosmo, concentrando fiotti di magma ardente sulle mani e lanciando impetuosi getti contro le gambe di Tifone.

Dal canto loro gli altri Cavalieri e Divinità non rimasero inoperosi, bruciando al massimo i loro cosmi. Artemide scoccò una freccia, moltiplicandola in infinite copie, mentre Ermes liberava violenti raggi di energia con il Caduceo, affiancato dagli assalti di Euro, Mur, Phantom, Ascanio, Asher e Tisifone. Seguendo la lezione di Pegasus e dei suoi compagni, le cui gesta Euro aveva ammirato per molto tempo, il figlio di Eos propose di unire i loro cosmi, i loro attacchi, in un’unica scintillante cometa di energia, capace di trapassare il ventre deforme del mostro.

Atena approvò l’idea, sorridendo orgogliosa, per quanto il suo cuore fosse in agitazione come non mai, incapace di capire cosa stesse accadendo al Grande Tempio, cosa fosse accaduto ai Cavalieri a lei tanto cari, i cui cosmi aveva smesso di percepire poche ore prima.

"Adessooo!!!" –Gridò Euro, indicando un punto nell’alto ventre, a cui si attaccavano tutte le teste di drago. –"Il punto vitale di Tifone!!! Insieme!!!" –E i Cavalieri Celesti e le Divinità unirono i loro cosmi, mentre la sfolgorante potenza del cosmo di Zeus sovrastava, inglobandoli, tutti loro, concretizzandosi in guizzanti fulmini diretti verso Tifone, il quale, quella volta, non poté evitare l’assalto, venendo centrato in pieno e scaraventato indietro.

L’immensa figura ricadde lungo l’Olimpo, rovinando ulteriormente la morfologia del Monte Sacro, distruggendo alberi e costruzioni, mentre i Cavalieri e le Divinità si accasciavano a terra, stanchi e spossati. Per un momento credettero realmente di aver vinto, di aver messo fine alle guerre e alle devastazioni. Durò solo un momento tale illusione, ma infuse in essi tanto calore e speranza.

Tifone infatti si rialzò, lentamente ma si rialzò, spalancando le immonde ali infuocate del suo corpo deforme, e sbattendole con vigore, creando roventi turbini di oscura energia, che sferzarono l’aria, sradicando alberi e aprendo fenditure sul terreno, mentre le molteplici teste di drago lanciavano getti di fuoco.

Fu Euro il primo a riprendersi, dei Cavalieri Celesti, cercando di contrastare la furia di Tifone con il proprio Vento dell’Est, ma senza successo. L’attacco del figlio di Eos era solo brezza, paragonato alla devastante potenza dell’uragano di Tifone.

"Dobbiamo aiutarlo!" –Dissero Ascanio e Phantom, lanciandosi contro la tempesta infuocata. I due espansero al massimo i propri cosmi, mentre le sagome di uno scintillante fiume celeste e di due draghi, uno rosso e uno bianco, comparvero dietro di loro, simboli del potere da cui traevano forza.

"Gorgo dell’Eridanooo!!!"

"Double Dragon Attack!!!" –Gridò Ascanio, affiancando il proprio assalto a quello dell’amico.

Il vortice acquatico e i due dragoni di energia cosmica sferzarono le fiamme demoniache di Tifone, ridando vigore al turbine di Euro, e raggiungendo la mitologica bestia sul fianco destro, distruggendo parte delle sue velenose carni.

"Adesso!!!" –Gridò Ermes, indicando il punto dove colpire. Là puntò il Caduceo, presto seguito da Artemide che scoccò decine di frecce incandescenti, che raggiunsero il fianco aperto di Tifone, trapassando le proprie orride carni, facendolo gridare dal dolore, e rendendolo ancora più furioso.

Con ferocia immane, Tifone si chinò su di loro, piantando artigli nella terra, stritolando i Cavalieri Celesti, incenerendoli con le sue fiamme infernali. Anche Euro venne catturato, mentre cercava di librarsi in aria, e stretto dai mortiferi artigli della bestia, mentre cumuli di vipere si attorcigliavano attorno a lui, stridendo la loro squamosa pelle velenosa sulla lucente corazza del giovane.

"Euroo!!!" –Gridò Mur, dal basso, bruciando il cosmo dorato, e scaricando un devastante Sacro Ariete contro l’artiglio della bestia, penetrando parte della sua pelle con tale pioggia di meteoriti.

"Ragazzo…" -Mormorò Efesto, preoccupato e dispiaciuto per le sorti del giovane.

"Caduceo!!!" –Gridò Ermes, puntando la Bacchetta Divina contro l’artiglio di Tifone. Il violento raggio energetico raggiunse la bestia, facendola urlare di dolore, e il Messaggero degli Dei continuò a spingere, mettendo tutto il suo cosmo in quell’assalto. Se non lo liberiamo adesso, il veleno di Tifone lo ucciderà… Rifletté, scaricando altra energia.

Artemide incoccò una nuova freccia, concentrandola di tutto il suo cosmo, e la diresse proprio verso il punto che Ermes stava colpendo, centrando il bersaglio e obbligando Tifone ad aprire l’artiglio, ormai semidistrutto.

"Double Dragon Attack!!!" –Gridò Ascanio, liberando le scintillanti sagome del Dragone bianco e del Dragone rosso, che raggiunsero l’artiglio malefico, polverizzandolo.

Euro precipitò verso terra, debole ed incapace di aprire le sue ali e volare via, di fronte agli occhi dei presenti, impossibilitati ad intervenire, in quanto costretti ad affrontare le vipere e le teste di drago di Tifone, più furibondo che mai. Fu Efesto a correre verso il ragazzo, trascinando la propria zoppa gamba dolorante, riuscendo a prenderlo in tempo, prima che si schiantasse al suolo. Un devastante getto di fuoco fu subito su di loro, facendo urlare il Dio della Metallurgia dal dolore, incapace in quel momento di difendersi.

"Muro di Cristallo!!!" –Urlarono Mur e Kiki, raggiungendo i due e creando la barriera difensiva. Resistette pochi secondi, ma permise ai quattro di allontanarsi e ricongiungersi agli altri combattenti, tutti ormai stanchi e preoccupati, soprattutto quando videro che Tifone spalancò nuovamente le proprie ali, caricandole del suo oscuro cosmo fiammeggiante.

In quella un guizzante fulmine, potente quanto il firmamento, si schiantò sul petto deforme della bestia, facendola piegare in avanti dal dolore.

"E questo è solo l’inizio!" –Esclamò Zeus, apparendo nuovamente nel cielo, solo e determinato. –"Vieni avanti, Tifone!! Da millenni va avanti questa insana lotta, ed è tempo di concluderla!" –E nel dir questo scaricò nuovamente scattanti fulmini contro Tifone, il quale, sorpreso dal repentino attacco, si contorse tutto su se stesso, gridando dal dolore, mentre le folgori del Dio entravano dentro di lui, trinciando vipere e teste di drago, sfondando il suo corpo deforme.

Vista da sotto, la scena del combattimento finale tra Zeus e Tifone sembrava uno scontro tra due immense forze sovrannaturali: un uragano di fiamme oscure, che turbinava su se stesso, impedendo a chiunque, Dei compresi, di avvicinarsi, ed uno sfolgorante scintillio cosmico, creato dai lucenti fulmini di Zeus, le cui scariche di energia fendevano l’aria, rischiarando la cima dell’Olimpo, di fronte agli occhi attoniti e stanchi dei Cavalieri e delle altre Divinità accasciate a terra.

"Tutta la tua esistenza, Tifone, l’hai consacrata al male, alla volontà di distruggere un regno perfetto, il Paradiso degli Dei, come tua madre ti aveva insegnato, come tua madre, adirata per la sconfitta dei Dodici Titani suoi figli, ti aveva concepito! Un’immensa macchina da guerra! Incapace di provare amore o qualsiasi altro sentimento che non fosse il desiderio di distruggere ed annientare l’Olimpo, e me che ne sono il Signore!" –Esclamò Zeus, continuando a lottare contro la bestia, circondato dal suo incandescente cosmo. –"Ho pena di te, Tifone! Sì, ho pena di te! Di te che non sei mai stato niente, se non una marionetta nelle mani dei potenti, tua madre prima, e Ares adesso! Un burattino vuoto e freddo, senza sentimento alcuno, senza possibilità di scegliere il proprio destino! A differenza dei tuoi fratelli e dei tuoi figli, le altre mitologiche bestie figlie della tenebra, tu non hai mai avuto un senso se non in funzione della mia distruzione!"

Un violento fulmine squarciò Tifone in pieno ventre, facendogli vomitare sangue oscuro, che scivolò sul corpo deforme della bestia, infiammandosi poco dopo, mentre le vipere sibilavano convulsamente, ormai isteriche spettatrici di un titanico scontro.

"L’ho capito solo adesso! Che fu sbagliato seppellirti sotto l’Etna! Perché là non trovasti la morte, là non trovasti la pace! Ma continuasti a vivere, a nutrirti dell’odio che provavi per me, dell’odio che tua madre voleva che tu provassi per me!! Continuasti a roderti per la sconfitta, avvelenando ulteriormente il tuo cosmo malato, incapace di qualsiasi raziocinio! Ooh…" –Mormorò Zeus, con una punta di tristezza. –"Quanto vorrei che tu fossi un uomo, magari come Ares, che per quanto Dio convive in un corpo umano. Almeno potresti scegliere.. il tuo destino… Invece che rimanere così, in balia degli eventi.. costretto ad andare avanti senza possibilità alcuna di virare!"

E in quella, vedendo Zeus rattristarsi e fermare il proprio attacco, Tifone si lanciò su di lui, spalancando le immonde fauci delle sue infuocate teste di drago ed emettendo gemiti terrificanti. Ma il Dio dell’Olimpo, raccolte al massimo le proprie forze, fece esplodere il proprio cosmo, abbagliante come una supernova, illuminando non solo l’Olimpo stesso, ma l’intera Grecia, quasi fosse un secondo sole. Stritolanti fulmini avvolsero il corpo ferito di Tifone, penetrando al suo interno, portando dentro di lui il caldo fuoco delle stelle, mentre il suo sangue oscuro ribolliva, sterminando le orride creature che di esso si cibavano.

"Fulmini di Zeus!" –Gridò il Dio, scaricando tutto il suo immenso potere su Tifone, il quale cercò comunque di reagire, di opporre resistenza a quel vasto e caldo cosmo.

"Ora!!!" –Esclamò Atena, dal basso, puntando Nike, verso il ventre di Tifone. Al suo segno tutti i Cavalieri e le Divinità unirono i loro cosmi, caricando lo scettro di Atena di tutta la loro energia. Efesto, Artemide, Ermes, Euro, Ascanio, Phantom, Giasone, Ganimede, Mur, Kiki, Asher e Tisifone misero tutto loro stessi, tutto il loro destino, in quel raggio di luce, che trafisse Tifone in pieno, mentre le dilanianti folgori di Zeus frantumavano il resto del suo corpo deforme, precipitandolo a terra, circondato dalle ultime oscure vampe di fuoco. Triste e vinto, nuovamente.

Per un momento, Euro ricordò la precedente sconfitta di Tifone, narrata da Esiodo nella sua Teogonia: "E quello, poi che fu domato, spezzato dai colpi, piombò giú mutilato, dié gemiti lunghi la Terra. Ed una vampa sprizzò dal Dio folgorato percosso nelle selvose convalli dell'Etna tutto aspro di rupi. E lungo tratto ardea per quel fiato divino la terra dall'ampio dorso, e al pari si liquefaceva di stagno quando lo scaldano dentro nei cavi crogioli i garzoni... Oppur di ferro, ch'è fra tutti i metalli il più duro, quando in convalli montane lo doma col rabido fuoco entro la terra divina, lo liquefa Efèsto l'industre. Così la terra al vampo del fuoco si liquefaceva. E quindi, lo scagliò, furioso, nel Tartaro immenso". E realizzò di aver partecipato anche lui, finalmente, ad una leggenda. Di essere parte anch’egli dell’eroica storia del mondo.

Il mutilato corpo di Tifone arse in vampe di fuoco, mentre i Cavalieri e le Divinità, accasciandosi al suolo, potevano finalmente tirare un sospiro di sollievo, ed ammirare lo splendente Dio dell’Olimpo discendere su di loro, ricoperto dalla sua maestosa Veste Divina.

"Lo seppelliremo nuovamente sotto l’Etna, mio Signore!" –Disse Ermes, rialzandosi prontamente.

"No!" –Affermò perentoriamente Zeus. –"Non un’altra prigionia per lui! Non potrebbe sopportarla!" –E qualcosa, in fondo al cuore, scattò in Zeus, portandolo a provare pietà, quasi tristezza, per l’orrendo destino cui Tifone era stato condannato. Fin dalla nascita. –"Bruciatelo! È l’unico modo per porre veramente fine alla sua sofferenza! L’unico modo per estirpare per sempre... la mia nemesi!" –Mormorò infine a bassa voce.

"Come desidera.. Sommo Zeus!" –Si inchinò Ermes, per quanto non avesse ben compreso il motivo di tale commiserazione per un carnefice quale Tifone era, ai suoi occhi. –"Lo getteremo in uno dei vulcani delle Eolie!" –Aggiunse, incontrando lo sguardo assenziente di Efesto.

Quindi si incamminò verso la carcassa sconquassata dell’orrida bestia, seguito da Efesto, Artemide, Tisifone, Euro ed Ascanio, per trovare il modo per trasportarlo e per controllare gli enormi danni che l’Olimpo aveva subito. Tra smottamenti, crolli di templi, devastazioni di vegetazione, niente più rimaneva degli antichi fasti che tanto avevano acceso il cuore degli Dei Olimpi, che tanto avevano attirato uomini da terre lontane, alla ricerca di gloria e ricchezza, di splendore e di apparenza. Euro sorrise, per quanto dolorante fosse il suo corpo, realizzando che forse, adesso, sarebbe stato possibile ritrovare i veri fasti perduti: non quelli materiali, di cui statue ed ambrosia erano il simbolo, ma quelli spirituali, morali, che gli Dei avevano abbandonato millenni prima, chiudendosi in uno splendido isolamento e perdendosi nelle nebbie del tempo, venendo poi dimenticati dagli uomini, e sostituiti con nuovi idoli.

Atena si rialzò a fatica, aiutata da Mur e da Asher, deboli anch’essi e con le armature crepate in più punti, e subito la sua mente volò via, oltre quel deturpato colle, cercando il cosmo dei suoi Cavalieri, impegnati in battaglia al Grande Tempio di Atene. In quel momento, le nuvole finalmente si diradarono, spazzate via dal vento proveniente dal mare, rivelando un rossastro tramonto. Un sole tinto di sangue, ma anche di eroi.