PROLOGO

Non sono nulla, non posso nulla,
non perseguo nulla.
Illuso, porto il mio essere con me.
Non so di comprendere,
né so se devo essere,
niente essendo, ciò che sarò.
A parte ciò, che è niente, un vacuo vento
del sud, sotto il vasto azzurro cielo
mi desta, rabbrividendo nel verde.
Aver ragione, vincere, possedere l'amore
marcisce sul morto tronco dell'illusione.
Sognare è niente e non sapere è vano.
Dormi nell'ombra, incerto cuore.

(Fernando Pessoa)

Un boato scosse il Regno Sottomarino, facendo sussultare Marins che vagava all’interno del Tempio di Nettuno, nel silenzio più completo. Tutto era in ombra, ma il ragazzo sapeva come muoversi, non essendo la prima volta che vi si recava. Cercò con fare sicuro una stanza sotterranea, una cripta segreta, il cui accesso era celato ai più, nella quale Atena aveva nascosto un prezioso oggetto al termine del sacro conflitto contro il Dio dei Mari dell’anno precedente.

"Eccolo!" –Esclamò, osservando il Vaso di Nettuno, protetto dal sigillo di Atena.

Per quanto mille pensieri lo invadessero in quel momento, Marins li cacciò via, curandosi soltanto della propria missione. Afferrò il vaso con cura e corse via, ritornando in superficie ed uscendo dal retro del Tempio Sottomarino, per un passaggio nascosto che l’Antico gli aveva insegnato.

"Finalmente!" –Esclamò un ragazzo, osservando il compagno ricomparire tra le rocce dietro al Tempio di Nettuno. –"Stavo iniziando a preoccuparmi!" –Commentò, visibilmente più rilassato nel vederlo sano e salvo. –"Sono arrivati!" –Aggiunse, con un filo di voce.

"Sì!" – Sospirò Marins. –"Lo sento!"

Pochi secondi dopo grida allucinanti lacerarono l’aria, urla confuse di cosmi inquieti e maligni, espressione diretta della malvagità insita nell’animo di quei Guerrieri Scarlatti.

Marins si voltò per un attimo indietro, quasi tentato di correre via, per combattere a fianco dell’ultimo difensore, ma sapeva che non avrebbe potuto farlo. Non a costo di compromettere la missione! E quella veniva prima di ogni altra cosa.

La voce squillante di Febo lo riportò al presente, in corsa, lontano dal tempio, lontano dalla guerra. Vi fu uno scintillio di cosmi e poi nulla più, i due amici scomparvero, e il Vaso di Nettuno con loro.

Ignaro di tutto questo, un uomo dai capelli viola stava combattendo sulle scalinate del Tempio Sottomarino, difendendo con l’incantevole suono del suo flauto la reggia del suo Signore, ultimo dei sette Generali degli Abissi ancora in vita. Di fronte a lui, un’intera armata dalle fiammeggianti vestigia scarlatte, che pareva determinata a non lasciarsi intimorire dal musico marino.

Syria delle Sirene tremò per un momento, consapevole che quella sarebbe stata la sua ultima melodia. Accostò il flauto alle labbra, e sprigionò tutto il suo cosmo in una seducente sinfonia di morte.