CAPITOLO PRIMO: PASSA IL TEMPO.

Era tradizione che ad Atene ogni anno, dal 566 a.C., nel mese di agosto venissero organizzate feste in onore alla Dea Athena, note con l’antico termine di Panatenee, occasioni celebrative per rendere onore alla Divinità protettrice degli uomini, che tanto aveva lottato per difendere la Terra dalle forze oscure. Con il passare dei secoli però, e il moltiplicarsi delle Guerre Sacre contro gli Dei ostili, la tradizione era andata in disuso, dimenticata da questioni strategiche più importanti che avevano conquistato le attenzioni dei Grandi Sacerdoti e dei Cavalieri di Athena. Ma quell’anno, il 1973, il rappresentante della Dea sulla Terra aveva deciso di recuperare l’antica tradizione, riportandola a nuovi splendori e caricandola di un’occasione simbolica di grande importanza: la nomina di nuovi Cavalieri a difesa del Grande Tempio di Athena.

Dall’alto del suo punto di osservazione, la grande terrazza panoramica sul retro della Tredicesima Casa, il Grande Sacerdote di Atene osservava l’intenso paesaggio scivolare sotto di lui nell’amaranto di quella sera d’estate. Gli ultimi raggi di sole illuminavano le rocce della Collina della Divinità, sul cui versante meridionale Athena aveva fatto edificare secoli prima le Dodici Case dello Zodiaco, percorso obbligato per chiunque volesse recarsi al suo cospetto, o a quello del suo Celebrante, incaricato, in sua assenza, di governare saggiamente il Grande Tempio, mantenendo le legioni efficienti in attesa di nuove Guerre Sacre. Ed era proprio in occasione di queste, quando il male si addensava nuovamente sulla Terra, che Athena si reincarnava. E questo Sion lo sapeva perfettamente.

Dea Athena! Mormorò il Grande Sacerdote, appoggiato al balcone della grande terrazza. Il giorno della tua rinascita è prossimo! Lo sento! E sento anche la lunga ombra dell’oscurità protendersi su di noi! Per questo motivo abbiamo radunato questi giovani Cavalieri.. per farne i portatori della Speranza, un messaggio che grazie al tuo aiuto invieremo agli uomini che vivono in tempi grigi come questi! Lo scoppiettare dei fuochi d’artificio lo riportò al presente, da cui spesso amava estraniarsi, soprattutto in quei momenti di festa, a cui, considerando le elevate preoccupazioni del suo incarico, mai partecipava.

Egli era Sion dell’Ariete, uno dei più valenti Cavalieri d’Oro della generazione precedente, che aveva combattuto contro Ades durante l’ultima Guerra Sacra, nel 1743, un anno così lontano nel tempo, di cui poche memorie erano rimaste, essendo rimasti in pochi coloro che potevano raccontarle. Dal tragico scontro si salvarono soltanto due Cavalieri, Sion ed il suo compagno, il Cavaliere d’Oro della Bilancia, due soltanto su settantatre Cavalieri di Athena scesi in campo contro le demoniache Costellazioni di Ades. Due soltanto, a cui la Dea aveva affidato compiti molto precisi e particolari: Sion infatti era stato incaricato di ricostruire le legioni di Athena, istruendo nuovi Cavalieri e preparando tutti loro alla successiva Guerra, da combattersi in un’epoca oscura, come il millennio che stava terminando.

Avrò adempiuto il mio dovere? Si domandò Sion, ricordando il giuramento che fece alla Dea in quel lontano giorno. Avrò servito coerentemente Athena, come un vero Grande Sacerdote avrebbe dovuto fare? Dubbi attanagliavano la sua mente, dubbi che aveva sempre avuto, ma che in quei giorni, mentre strane sensazioni di angoscia si impadronivano di lui, si facevano sentire in maniera più pressante. Oh, Dauko! Quanto vorrei che tu fossi qua! Per parlare con te, come facevamo un tempo, prima che le responsabilità del Mondo ci sommergessero, separandoci! Mormorò l’uomo, lasciando vagare la mente aldilà del Grande Tempio, facendola scivolare via, oltre il Mediterraneo, fino alle remote terre dell’Asia, cingendo con il cosmo una piccola vallata della Cina meridionale, dove un vecchio uomo, dalla pelle violacea, sedeva compostamente di fronte ad una scrosciante cascata, da più di duecento anni. Sion sorrise e per un momento provò un forte sentimento di nostalgia, un profondo desiderio di rivedere e riabbracciare l’antico compagno, al cui fianco aveva valorosamente combattuto, e al cui fianco era stato pronto a morire.

Sospirò, scuotendo la testa, e mettendo da parte tutti i suoi ricordi personali. Per quelli, ormai, non c’è più tempo! Mormorò, allontanandosi dal balcone. Adesso è solo tempo di agire! Nel rispetto dei piani della Dea! Dimenticò il proprio passato, accantonandolo nuovamente come aveva fatto con il suo nome, noto soltanto ai propri allievi; per tutti gli altri, e per il popolo che Athena adorava, egli era solamente il Sacerdote, il Grande Sacerdote di Atene, scelto direttamente dalla Dea stessa come suo rappresentante, tramite tra la Divina Volontà e quella dei Cavalieri e dei suoi servitori e, quindi, bocca assoluta di verità.

Trascinandosi a fatica, il Sacerdote rientrò nelle sue Stanze, raggiungendo poco dopo la Sala del Trono, camminando stentatamente, data la sua veneranda età. Per quanto avesse il fisico di un Cavaliere, investito dal benigno potere delle stelle, Sion era comunque un uomo, e come tale mortale. Aveva vissuto duecentoquarantotto anni e qualcosa, lo temeva, gli faceva presagire che non sarebbe arrivato a duecentocinquanta. Che forse non avrebbe potuto neppure stringere tra le mani la deliziosa fanciulla che un giorno, quando avrebbe preso coscienza di sé, avrebbe guidato i Cavalieri contro le forze dell’oscurità. Vorrei poter vivere abbastanza per vedervi sorridere, Dea Athena! Mormorò il Sacerdote, trascinandosi fino al trono, e sprofondando su di esso. Almeno una volta!

Pochi minuti dopo, le porte della Grande Sala si aprirono lentamente ed un giovane ne entrò, incamminandosi verso il trono ed inchinandosi di fronte ad esso, in segno di rispettoso ossequio. Era un bel ragazzo, giovane e ben fatto, con corti capelli castani ed occhi marroni, ampie spalle e portamento deciso, ricoperto dalle vesti tipiche dei Cavalieri durante il loro addestramento: una cotta di rame e cuoio, che copriva solo alcune parti delicate del corpo umano, quali il petto, le spalle e le ginocchia. In fronte portava una fascetta rossa.

"Micene di Sagitter!!" –Esclamò il Sacerdote, pregando il ragazzo di alzarsi in piedi. –"So che avevi chiesto udienza…"

"Perdonatemi se vi reco disturbo, Grande Sacerdote!" –Parlò Micene, con tono molto educato. –"Ma era mia intenzione rivolgermi a voi, che di Athena siete ministro e voce, per ottenere saggi consigli!"

"Consigli?!" –Ridacchiò il Sacerdote. –"E quali consigli potrebbe dare un vecchio come me ad un aitante Cavaliere d’Oro?"

"Consigli paterni!" –Sussurrò Micene, prima di spiegare al Sacerdote il motivo della sua visita. –"È di mio fratello che vorrei parlarvi!"

"Di tuo fratello?! Il nuovo Cavaliere del Leone?!"

"Sì, proprio lui! Ioria del Leone!" –Spiegò Micene. –"Credo che, per quanto le sue capacità siano indubbie, non abbia ancora preso coscienza di sé, del suo ruolo di Cavaliere d’Oro, di baluardo di estrema difesa del Tempio di Athena!"

"Eheh.. è molto probabile, Micene! Molto probabile!" –Sorrise il Sacerdote. –"In fondo.. abbiamo avuto tutti dodici anni!"

"Questo è vero! Ma non vorrei che l’eccessiva leggerezza da lui dimostrata si trasformasse in atteggiamenti pericolosi o lesivi del suo ruolo di Cavaliere d’Oro! Il nostro compito è difendere le Dodici Case dello Zodiaco, combattendo per Athena, non farci schernire dagli altri Cavalieri per i nostri buffi atteggiamenti!"

"L’unico consiglio che posso darti, Micene di Sagitter, è di rimanere accanto a tuo fratello, anche adesso che ha ottenuto l’Armatura d’Oro, e di continuare ad addestrarlo, non soltanto fisicamente, come hai fatto nei sei anni precedenti, ma anche moralmene! Ioria ha ancora molte cose da imparare, ed avrà tempo per fare esperienze, come lo avranno tutti i Cavalieri che ieri sono stati insigniti del supremo titolo: l’Ariete, il Toro, il Cancro, la Vergine, lo Scorpione, l’Acquario e i Pesci!" –Esclamò il Sacerdote. –"Non temere i giorni che verranno, Cavaliere del Sagittario, ma preoccupati di quelli che sono! Grazie ad essi, e per mezzo di essi, costruiremo il nostro futuro!"

"Grazie, mio Signore!" –Affermò Micene, inchinandosi al Sacerdote.

"Sei valente e saggio, Cavaliere di Sagitter, il più amato dai giovani Cavalieri! Il tuo nome è preceduto dalla fama delle tue imprese e del tuo coraggio, ma soprattutto l’ammirazione che i ragazzini nutrono per te dipende dal tuo ardore, dal tuo infinito amore per Athena! Amore che, sono certo, saprai trasmettere anche a tuo fratello, per quanto birbante egli possa all’apparenza sembrare!"

In quel momento, mentre Micene si accomiatava dal Sacerdote, una porta laterale si aprì ed una figura mascherata ne uscì, stupendo lo stesso Cavaliere di Sagitter che mai lo aveva incontrato personalmente.

"Uh! Perdonatemi, mio Signore! Avevo dimenticato che eravate a colloquio con il Cavaliere del Sagittario!" –Esclamò l’uomo, inginocchiandosi dispiaciuto.

Che fosse un uomo, Micene lo intuì dalla voce, maschile e ben bilanciata, dato che il viso era ricoperto da una maschera scura, identica a quella del Sacerdote, come identiche erano le vesti che indossava, eccezion fatta per alcuni fregi sull’elmo.

"Non preoccuparti, Arles!" –Lo rassicurò il Sacerdote, facendogli cenno di avvicinarsi. –"Micene di Sagitter, ti presento Arles, ex Cavaliere d’Argento dell’Altare, nonché Primo Ministro di Atene!"

"È un onore per me conoscervi, Primo Ministro!" –Esclamò Micene, inginocchiandosi.

"No! L’onore è mio, nobile Sagittario!" –Affermò Arles con voce gentile. –"Non inchinarti, non ne hai motivo! Sono soltanto un servitore del Grande Sacerdote!"

"Un servitore.. e la mia guardia del corpo!" –Precisò il Celebrante di Athena, spiegando a Micene che le funzioni del Primo Ministro non erano semplicemente organizzative, ma di sicurezza personale.

Vestendo infatti come il Sacerdote, ed indossando la stessa maschera, Arles poteva essere tranquillamente scambiato con il Celebrante stesso, al quale spesso si sostitutiva durante particolari celebrazioni, quando le condizioni fisiche del Sacerdote non gli permettevano sforzi eccessivi.

"Siete davvero identici!!!" –Esclamò Micene, spostando continuamente lo sguardo dall’uno all’altro.

"Voci sussurrano che siamo fratelli!" –Ironizzò Arles, facendo sorridere anche il Sacerdote.

"Ed è questo ciò che rappresenti per me, mio caro Arles! Un fratello, oltre che un carissimo amico ed aiuto in questa vecchiaia di stenti!"

"Non parlate così, Grande Sacerdote!" –Esclamò Arles, correndo a prendere la mano del Celebrante di Athena. –"Sono certo che ancora per molti anni saprete amministrare saggiamente il Grande Tempio della Dea ed i Cavalieri qua riuniti! Per loro sarete un’ottima guida e fonte di verità!"

"A volte…" -Mormorò Sion, con un pizzico di tristezza. –"Vorrei che così non fosse…"

"Uh?" –Balbettò Arles, non comprendendo l’affermazione del Sacerdote, il quale non poté non chiedersi come gli fossero uscite quelle parole di bocca.

Micene ritenne opportuno allontanarsi, salutando entrambi con un profondo inchino ed uscendo dalla Sala del Sacerdote, lasciando Arles ai piedi del Celebrante, impegnato ad accarezzargli la mano con sincero affetto.

"Qualcosa vi turba, mio Signore?" –Chiese il Primo Ministro.

"Presagi.." –Mormorò il Sacerdote, molto elusivamente. –"Presagi di morte!" –E nient’altro aggiunse, facendo preoccupare non poco il Cavaliere d’Argento.

"Volete che chiami il vostro allievo, il Cavaliere di Ariete?" – Domandò Arles.

"No! Mur non è ad Atene!" –Rispose fiaccamente Sion, prima che un sorriso si dipingesse sul suo volto. –"L’ho inviato in Cina in missione! È partito subito dopo l’investitura!"

"In Cina?! E a fare cosa, se posso chiedere?"

"A trovare un amico!" –Rispose Sion, appoggiando la testa allo schienale del trono e rilassando il suo corpo. Rimase così per pochi minuti, prima di addormentarsi, mentre il tramonto calava su Atene ed un forte vento di malinconia travolgeva le stanche membra dell’antico Cavaliere di Ariete.

***

Nel frattempo, mentre Micene usciva dalle stanze del Sacerdote, un ragazzetto dai vispi capelli castani correva per le vie del mercato di Atene, con una pagnotta di pane sotto braccio, inseguito a fatica da un’anziana signora brontolante.

"Birbante!!" –Urlò la vecchia, fermandosi. –"Lo dirò a tuo fratello!!!"

Ma il ragazzo era già sfrecciato lontano, sgranocchiando la sua pagnotta sgraffignata.

"Che peste!" –Sorrise la donna, tornando alla sua bottega. –"Me l’ha fatta anche stavolta!!!" –E scoppiò in una grossa risata.

Il ragazzo continuò a correre per le trafficate vie del mercato del Grande Tempio, cercando di evitare le persone intorno a lui, ma finendo spesso per sbattere contro di loro. Infilò una strada laterale, cercando di uscire dalla mischia di quei giorni di festa, sorridendo soddisfatto per il suo colpo, prima di sbattere la faccia contro un uomo che proveniva dalla direzione opposta.

"Ouch.." –Esclamò il ragazzo, cadendo a terra. –"Perché non guardi dove vai?" – Brontolò, rialzandosi prontamente, prima di riconoscere l’uomo contro cui si era scontrato. –"Ga.. Galarian?!"

Di fronte a lui c’era un ragazzo sui diciotto anni, con viso leggero, quasi efebico, e lisci capelli biondi che scendevano fino alle sue spalle. Era magro e snello, e ricoperto da bianche vesti tipiche ateniesi, compresi i caratteristici sandali. Galarian Steiner era il suo nome, ed era il migliore amico di Micene di Sagitter.

"Puoi chiamarmi semplicemente Galan, Ioria!" –Commentò il giovane, prima di fare una nuova predica al ragazzo. –"E preferirei che tu non andassi a rubare pagnotte di pane al mercato!"

"Ooh.. quante storie, Galan! La signora Pirra mi conosce bene, sa che lo faccio per scherzare!" –Esclamò Ioria, senza dare molta attenzione alle parole dell’uomo. –"E comunque puoi sempre andare a saldare tu il conto, no?!"

"Lo farò, Ioria, ma non è questo il punto!" –Precisò Galan, mentre Ioria si incamminava nella sua direzione.

"Ah no?!" –Domandò il ragazzo, masticando il pane. –"E quale sarebbe il punto?"

"Il punto è che tu.. perdonatemi, voi, vi comportate come un ragazzino, agendo irresponsabilmente, senza tenere in considerazione il rango a cui appartenete!"

"Oh, andiamo Galan, non farmi la predica anche oggi! Sai bene anche tu che non faccio niente di male!" –Esclamò Ioria, continuando a camminare per le vie del mercato. – "E piantala di criticare tutti i miei atteggiamenti!"

"Io non critico i vostri atteggiamenti, Ioria! Critico la vostra noncuranza, la leggerezza con cui avete preso il vostro nuovo ruolo! Siete un Cavaliere d’Oro adesso, e avete grandi responsabilità!"

"Credi che non lo sappia questo?" –Si fermò improvvisamente Ioria, voltandosi verso l’uomo al suo fianco. –"Micene non fa altro che ripetermelo continuamente, e adesso ti ci metti pure tu!"

"Cerco solo di fare il mio dovere!" –Commentò l’uomo, reggendo lo sguardo irato del ragazzo. –"Come ben saprete, Micene mi ha ordinato di prendermi cura di voi! Ed è quello che ho intenzione di fare!"

"Perfetto!" –Ironizzò Ioria, lanciando quel che restava della pagnotta a Galan. –"Allora occupati di sistemare il conto!" –E fece per allontanarsi, mentre un gruppetto di tre uomini ricoperti da colorate vestigia si avvicinava loro.

Il primo era un uomo di vent’anni, con lunghi capelli blu ed un naso appuntito, ricoperto da un’Armatura violacea simboleggiante un cane; il secondo era enorme, un grosso Cavaliere dai mossi capelli verdastri e gli occhi verde chiaro, mentre il terzo era il più piccolo dei tre, gracilino, con folti capelli color mogano ed un’armatura grigiastra rappresentate una mosca.

"Ma guarda!" –Esclamò uno dei tre uomini. –"Il novello Cavaliere d’Oro!"

"Dove hai lasciato la tua armatura?!" –Lo schernì il secondo.

"Non dirmi che tuo fratello la sta lucidando!" –Ironizzò il terzo.

"Smettetela, stupidi!" –Esclamò Ioria, rabbioso, guardando in faccia i tre uomini.

Li conosceva abbastanza bene, e sapeva che erano solo dei gradassi provocatori, ma non cattivi, solo degli sbruffoncelli. Erano tre Cavalieri d’Argento, di età superiore alla propria: Orione del Cane Maggiore, Argetti di Eracle e Dedalus della Mosca.

"Ooh, Dedalus hai sentito?! Il ragazzino si è arrabbiato!!!" –Rise Argetti di gusto.

"E piantala!" –Esclamò Ioria, facendosi largo tra i tre uomini.

"Ehi!" –Lo apostrofò Argetti, afferrandolo per il colletto della camicia e sollevandolo da terra. –"Un moscerino come te non dovrebbe usare un tono simile!"

"E voi non dovreste usarlo con un Cavaliere d’Oro, Signori!" –Precisò Galan, intervenendo nella conversazione.

"Nessuno ha chiesto il tuo parere, servitore!" –Lo zittì Dedalus.

"Già!" –Grugnì Argetti. – "Se è veramente un Cavaliere d’Oro non dovrebbe incontrare difficoltà alcuna a farsi portare rispetto, no?! Ah ah ah!" –Rise di gusto il colosso, subito seguito da Dedalus.

Ma Orione, per quanto divertito dalla scena, percepì istantaneamente che qualcosa non andava affatto. Tentò di avvertire Argetti ma non fece in tempo, travolto dall’improvvisa esplosione di luce. Ioria infatti, stufo di essere deriso, espanse il proprio cosmo dorato, roteando su se stesso e scagliando un violento calcio nel petto di Argetti, il quale venne travolto e scaraventato contro il muro di un’abitazione poco distante, che crollò su di lui, ferendolo in più punti.

"Incredibile!" –Mormorò Orione, osservando Ioria rimettersi in piedi con un solo balzo.

"Aargh…" -Brontolò Argetti, liberandosi dai calcinacci che gli erano caduti addosso. –"Stupido moccioso! Ti farò vedere io cos’è la vera forza!" –Esclamò, rialzandosi.

"Adesso basta!" –Lo fermò Orione. –"I Cavalieri di Athena non combattono tra di loro!"

"Ben detto, Cavaliere del Cane Maggiore!" –Esclamò una sesta voce, irrompendo nella conversazione.

Tutti i presenti si voltarono, tranne Ioria, verso il lato della strada da cui era provenuta la voce, incontrando il fiero sguardo di un uomo alto e moro, ricoperto da dorate vestigia lucenti. Non aveva più di quindici anni, ma la sua figura longilinea lo faceva sembrare più adulto della sua reale età, ed i suoi occhi, quel determinato sguardo nobile, conferivano alla sua figura una magnificenza straordinaria, capace di attirare le lodi e le ammirazioni di numerosi Cavalieri, seppur più anziani di lui.

"Ooh… -Balbettarono i Cavalieri d’Argento, intimoriti da quella apparizione quasi divina. – "Nobile Cavaliere di Capricorn!"

"Athena non vuole che i suoi Cavalieri combattano tra di loro!"–Commentò il guerriero. –"Non è questo il mondo cui Athena anela, bensì ad un mondo di pace e serenità, dove gli uomini possano vivere in concordia tra loro!"

"Sì… nobile Cavaliere!" –Esclamarono i tre Cavalieri d’Argento, inginocchiandosi di fronte a Shura.

"Inoltre.." –Aggiunse Shura, con ironia. –"Non credo proprio vi convenga sfidare un Cavaliere d’Oro!"

"Uh?!" –Balbettò Orione, alzando lo sguardo verso Ioria.

"Foste anche centomila, non sareste abbastanza per uno dei Custodi!" –Commentò Shura, osservando l’aria schiva del Cavaliere di Leo.

Ioria non aveva detto altro, per tutta la durata della conversazione, limitandosi ad osservare di sottecchi Orione, Dedalus e Argetti che si allontanarono, con la coda tra le gambe, mugugnando tra loro.

"Non era necessario il tuo intervento, Shura!" –Si limitò ad esclamare infine, voltando le spalle all’uomo. –"So cavarmela anche da solo!"

"Ne sono certo, Ioria!" –Commentò Shura, osservando il ragazzo scomparire nel tramonto di Atene. –"Devi solo prendere coscienza di te stesso, e di quello che rappresenti!"

"Riuscirà nell’impresa?" –Domandò Galan, rimasto in piedi accanto a Shura.

Il Cavaliere di Capricorn sospirò per un momento, di fronte allo sguardo sinceramente preoccupato del servitore di Ioria, prima di rispondere.

"Abbiamo tutti bisogno dei nostri tempi, per capire chi siamo! E per accettarlo! E Ioria non è da meno!" –Esclamò, con un sorriso. –"Ma verrà un giorno in cui il Leone d’Oro comprenderà il suo potenziale, e lo scopo della sua discesa su questa terra! E allora tutto gli sembrerà più chiaro! Tutto assumerà una nuova luce, dando un senso a ciò che fino ad allora era rimasto vuoto e indecifrabile! Dagli tempo, Galan, sono certo che troverà la sua strada!" –Detto questo, il Cavaliere del Capricorno si allontanò, avvolgendosi nel bianco mantello fissato ai coprispalla della sua corazza.

In un lampo di luce, Shura scomparve dal mercato di Atene, oltrepassando i campi difensivi del Grande Tempio, e portandosi proprio all’ingresso di esso, di fronte al Cancello principale. Salutò con educazione i soldati di guardia, che ricambiarono ammirati il saluto del Cavaliere, aprendo i due grandi portoni di amianto, su cui le ali di Nike, Dea della Vittoria, erano rappresentati, permettendo a Shura di entrare all’interno.

Dopo che Athena aveva fatto edificare le Dodici Case dello Zodiaco, numerosi secoli addietro, aveva aggiunto, in tempi successivi, molteplici edifici ai piedi della Collina della Divinità, luoghi aperti e pubblici, come l’Arena dei Combattimenti, l’armeria, numerose palestre per gli allenamenti dei suoi Cavalieri, e aveva prudentemente provveduto a circondare l’immensa struttura di un grande muro perimetrale, composto da robusti mattoni di candida pietra ed alto più di tre metri. Tre cancelli, disposti in coincidenza dei punti cardinali, est, ovest e sud, interrompevano il bianco recinto, permettendo ai Cavalieri e ai servitori di Athena di avere accesso al Grande Tempio, nascosto agli occhi degli uomini comuni da potenti campi di energia, sorretti dalla Divina Volontà della Dea, che rendevano impossibile alle persone normali raggiungerlo. Sul quarto lato, quello che dava a settentrione, si ergeva la Collina della Divinità, un’erta altura rocciosa e spigolosa di millesettecento metri, la cui sommità era raggiungibile tramite un unico percorso obbligato: la lunga scalinata di marmo bianco che si snodava attraverso le Dodici Case dello Zodiaco.

E proprio alla Decima, quella da lui presieduta, Shura si stava recando, quando notò, con la coda dell’occhio, un volto familiare impegnato a conversare con il capo dei soldati in una guardiola laterale. Micene! Sorrise Shura, riconoscendo il valoroso Cavaliere d’Oro che da anni attirava le sue simpatie e la sua ammirazione. Mosse la mano per salutarlo, ma si accorse che il ragazzo non lo aveva notato. Fece quasi per chiamarlo a gran voce, ma dall’espressione seria che lesse sul suo volto preferì evitare. Sospirando, Shura diede le spalle a Micene e al Cancello Principale, incamminandosi a passo svelto verso le Dodici Case del Grande Tempio, mentre una strana angoscia si andò impadronendo di lui.

Cos’aveva Micene? Si domandò il Cavaliere di Capricorn, camminando tra i numerosi soldati del Santuario. Un’espressione pesante gli graffiava il viso, uno sguardo preoccupato che poche volte ho letto sul suo volto! Chissà cosa aveva da dirgli il Capitano delle guardie?! Rifletté Shura, strusciandosi il mento più volte. Ma poi abbandonò tutte quelle congetture, realizzando di essersi lasciato dominare dalla fantasia. Probabilmente Micene stava soltanto conversando con il Capitano sullo stato di dissolutezza delle nostre guardie in questi giorni di festa! Più di una volta numerosi soldati sono stati trovati ubriachi, e ciò non si addice al rango di difensori del Santuario di Athena!

Tutto immerso nei propri pensieri, si accorse soltanto all’ultimo di essere giunto ai piedi della bianca scalinata di marmo che conduceva alle Case dello Zodiaco. La prima, quella dell’Ariete, si ergeva qualche decina di metri sopra di lui, inconfondibile con quel suo aspetto orientaleggiante. Shura sorrise, spostando lentamente lo sguardo sulle dodici splendide costruzioni innalzate secoli prima, residenza dei dodici Cavalieri di rango più elevato, tra gli ottantotto: i Cavalieri d’Oro di Athena, di cui egli faceva parte. Non li conosceva tutti personalmente, avendo visto molti di loro per la prima volta solamente il giorno precedente, assistendo, insieme agli altri due Cavalieri d’Oro già insigniti, alla cerimonia seduto sugli spalti dell’Arena: Micene del Sagittario e Saga di Gemini, gli unici con cui aveva stabilito un rapporto più profondo di conoscenza, dovuto essenzialmente alla loro maggiore età.

Micene e Saga avevano infatti diciotto anni e da sei servivano Athena come Cavalieri d’Oro, e anche come istruttori dei giovani aspiranti Cavalieri. Ioria era infatti stato addestrato proprio dal fratello Micene, e Shura nutriva per lui una sconfinata ammirazione, da sempre, fin da quando era arrivato al Grande Tempio di Atene, tre anni e mezzo prima, per ottenere il riconoscimento ufficiale dell’armatura d’Oro del Capricorno, conquistata in Spagna dopo sei anni di duro addestramento. L’Armatura del Capricorno! Mormorò Shura, sfiorando il freddo metallo dorato che lo ricopriva, e spostando poi lo sguardo in alto, tra i pinnacoli rocciosi della Collina della Divinità, cercando la Decima Casa di cui era il custode: ne vide solamente il tetto, sormontato dalla statua marmorea simboleggiante il mitico animale che, secondo la leggenda, rappresentava la capra Amaltea che aveva allattato Zeus da bambino.

Sorrise, sentendosi veramente orgoglioso di rivestire un ruolo simile, e per un momento pensò al suo maestro, morto l’anno precedente di leucemia, e strinse i pugni con fermezza, senza abbandonarsi alla disperazione, consapevole che egli, dal paradiso dei Cavalieri, lo stesse osservando e proteggendo. Maestro! Vi renderò orgoglioso! Diventerò un Cavaliere di Athena valoroso e splendido come Micene! Sorrise, incamminandosi lungo la bianca scalinata di marmo.