CAPITOLO VENTISEIESIMO: L’AQUILA DEI VENTI.

Orion osservava incuriosito il guerriero che aveva di fronte, lo stesso che aveva chiesto a Loki di liberarlo dalla prigionia della runa di ghiaccio. Lo fissava, approfittando del momento per rifiatare, e continuava a ripetersi di non conoscerlo, anche dopo che questi si era tolto la maschera che portava sul volto, rivelando i suoi lineamenti.

Alto e snello, con un viso dal carnato chiaro, lentigginoso, e mossi capelli biondi, pennellati di bianco, Hraesvelgr, questo il nome che Orion aveva udito pronunciare da Loki, indossava una delle cinque armature proibite, riportate alla luce dopo secoli di detenzione nelle segrete di Asgard. L'armatura dell'Aquila dei Venti, riconoscibile dal suo vivido colore arancione, dalla pelliccia usata come mantello, e per coprire gli spazi lasciati vuoti tra le piastre che la componevano, e dall'elmo a forma di testa d'aquila, con il becco aguzzo verso l'esterno.

"Non hai niente da dire?" –Parlò infine il guerriero, gettando a terra la maschera.


"Dovrei?!" –Rispose Orion, sollevando d'istinto le proprie difese.

"Dovresti!" –Si limitò a rispondere Hraesvelgr, con il tono di chi cela dietro un velo di sarcasmo la rabbia covata dentro. Ma non aggiunse altro, né Orion poté porgli altre domande, che un forte vento iniziò a soffiare alle spalle del Dio di Vittoria, abbattendosi sul Primo Cavaliere di Ilda con violenza inusitata.

Raffiche impetuose, concentrate nel limitato spazio concesso loro dagli altri scontri in atto, quelli tra l'esercito dell'Ingannatore e gli Einherjar, e quello tra Loki e Cristal e Heimdall, alle spalle del Sigtýr. Raffiche imbevute di una forza che Orion non aveva mai percepito in nessuna bufera, nemmeno in quelle terribili che sferzavano le nordiche terre dove era cresciuto e dove era diventato uomo. Nemmeno negli inverni peggiori e più insopportabili. Raffiche che parevano strappargli di dosso l'armatura, la pelle e i suoi stessi ricordi.

Chiudendo la visiera del proprio elmo, per garantirsi una certa visibilità, fece per stendere il braccio destro, illuminando l'indice della mano con il proprio cosmo, ma non appena Hraesvelgr se ne avvide le sue labbra si socchiusero.

"Vento mormorante!" –Sibilò, aumentando l'intensità della tempesta, che strappò ciuffi d'erba e zolle dal terreno, sradicando persino alberi e cespugli e obbligando Orion a portare un braccio davanti al viso.

Con un'impennata imprevista, il Cavaliere di Asgard venne sollevato da terra e scagliato verso il cielo, in balia di quel rabbioso mulinare. E mentre tentava invano di riprendere una posizione corretta, faticando persino a muovere un muscolo, la sua corazza subiva le sventagliate offensive dell'assalto di Hraesvelgr.

"Potere non da poco è l'aria, se ben la si sa usare!" –Commentò pacato, senza degnare di eccessiva attenzione il turbinare di terra, piante e quant'altro il vento avesse strappato via dal suolo. –"Ingiustamente considerato il più debole, il più volubile, dei quattro elementi, è anche il più duttile! Nevvero?"

E nel dir questo sollevò il braccio destro avanti a sé, spalancando il palmo della mano, mentre il turbine di aria scaraventava Orion a decine di metri di distanza, schiantandolo contro un gruppo di alberi al limitare della piana.

Il Cavaliere del Drago Bicefalo si rimise prontamente in piedi, liberandosi dai rami e dal terriccio smosso, e sebbene non avesse subito danni esteriori non poté fare a meno di toccarsi la testa, stordito da quello sballottare continuo.

Quando sollevò gli occhi, Hraesvelgr era già di fronte a lui, con un’espressione sicura sul viso, che parve leggergli nella mente.

Irato per essere stato abbattuto, Orion puntò l’indice destro verso l’avversario, liberando un raggio di energia che disegnò un cerchio nel suolo attorno a lui. Ma prima ancora che potesse pronunciare il nome del proprio colpo segreto, Hraesvelgr lo stupì ancora una volta.

"La spada di Asgard… Tecnica interessante…" –Mormorò, spalancando le ali di pelliccia e balzando al di fuori del cerchio di energia un attimo prima che il terreno esplodesse verso il cielo. –"Ma lenta!"

"Come…?!" –Ringhiò Orion, mentre il Dio di Vittoria aveva già evocato un nuovo mulinello di vento, liberandolo e dirigendolo sull’incredulo rivale. Ma stavolta, anziché sbalzarlo in aria, le raffiche lo avvolsero, roteando attorno al suo corpo in modo da impedirgli anche il più piccolo movimento. Sbalordito, Orion fece per sollevare di nuovo il braccio destro e dovette stringere i denti a causa del dolore che quelle lame di vento parevano provocargli, soprattutto alle dita e nelle fessure che separavano le varie parti dell’armatura, laddove il ragazzo aveva la sensazione di essere punto da migliaia di aghi contemporaneamente.

"Non ci girerò intorno, Orion! Ti conosco, e conosco i tuoi poteri nonché i colpi segreti di cui fai uso! Validi poteri e ottimi colpi, devo dire! Ma inefficaci su chi li conosce o sa prevenirli!" –Spiegò il Sigtýr.

"Spiegati! Le tue parole sono oscure!"

"La Spada di Asgard è tecnica efficace su chi non la conosce e ne è preso alla sprovvista! Ma chi, come me, ti ha visto combattere, e sa muoversi alla velocità della luce, può evitarla balzando per tempo fuori dal suo raggio d’azione! Difetto piccolo, ai più sfuggente, poiché i più non sopravvivono abbastanza per potervi riflettere! Ma difetto di cui sei consapevole, del resto è per questo che anche su Pegasus l’hai usata una volta sola!" –Commentò sornione l’Aquila dei Venti.

"Pegasus?! Cosa ne sai tu?!" –Avvampò il prode Cavaliere di Asgard, muovendo nella foga un passo avanti, ma venendo subito bloccato dalla sventagliata imperterrita delle correnti d’aria generate da Hraesvelgr.

"So quel che so perché l’ho visto con i miei occhi! Ero lì, lo scorso anno, quando affrontasti i Cavalieri di Atena nel devastato piazzale di Midgard!" –Confessò questi infine. –"Ero lì, ad osservarti da dietro le vetrate del palazzo ergerti impavido a difesa della tua bella Regina! In verità, ero lì perché speravo di vederti morire! Ih ih ih!"

"Perché?"

"Continui a non ricordare? Lascia che il Vento Mormorante faccia riaffiorare alla tua mente la verità sopita! L’altro lato della medaglia delle imprese eroiche del novello Sigfrido!" –E nel dir quest’ultima frase, Hraesvelgr si abbandonò a una risata di scherno, prima di avvicinarsi a Orion e sputargli in faccia.

Il getto di saliva lo avrebbe probabilmente raggiunto a un occhio se non fosse stato risucchiato dal vorticare impetuoso che avvolgeva il Cavaliere di Asgard, lo stesso vorticare che Hraesvelgr aumentò d’intensità, fino a sollevare Orion nuovamente, scagliandolo in cielo. Proprio mentre Cristal, poco distante, lasciava Heimdall a combattere contro Loki.

"Eh no, adesso basta!" –Esclamò Orion, confusamente sballottato in aria, bruciando il proprio cosmo, che risplendette come una stella. Come la stella Alfa Ursae Majoris, nota in Occidente come Dubhe, l’antica stella polare. La sua guida.

La fiamma incandescente del suo cosmo spezzò le raffiche di vento, permettendo a Orion di recuperare posizione eretta e spalancare le braccia chiuse a pugno, ove già ruggivano gli artigli del feroce Fafnir.

"Occhi del Drago!!!" –Gridò, puntando poi i pugni chiusi verso il basso e dirigendo il doppio devastante attacco su Hraesvelgr, il quale, sebbene lo conoscesse, non poté evitarsi un’espressione di paura. O forse proprio poiché lo conosceva.

Pur tuttavia cercò di arginarne la potenza dirigendo impetuose raffiche di vento contro le comete energetiche che stavano piombando su di lui. Non riuscì a fermarle ma fu comunque in grado di rallentarne la corsa, quel tanto che gli bastò per balzare indietro prima che distruggessero il suolo, scavando un piccolo cratere.

Ansimando, Hraesvelgr fissò Orion, ridisceso a terra e pronto a riprendere lo scontro, conscio che solo l’imprecisione con cui il Cavaliere aveva scagliato il colpo, disturbato delle sue correnti d’aria, aveva reso possibile che lo mancasse.

Orion diresse un raggio energetico contro di lui, ma l’Aquila dei Venti lo evitò, gettandosi di lato e ruzzolando sul terreno, prima di rendersi conto dell’errore commesso. Concedendosi un sorriso, Orion disegnò un cerchio nell’aria con il proprio indice, mentre il suolo esplodeva in mille schegge di pietra e di terra e scaraventava Hraesvelgr in aria.

"A quanto pare stavolta non hai fatto in tempo!" –Commentò il Cavaliere del Drago, osservando l’avversario venir ferito dalla pioggia di frammenti. Pioggia che si esaurì dopo poco, non appena Hraesvelgr, evocando le proprie correnti d’aria, riuscì a convogliarle contro terra, deviando l’effetto della Spada di Asgard e disperdendolo.

A tal vista, Orion spiccò un balzo, portando il braccio destro chiuso a pugno sopra la testa, determinato a colpirlo in volo, ma Hraesvelgr lo anticipò, dirigendo contro di lui tre lance di cosmo.

No, si disse il Principe dei Cavalieri di Asgard, mentre le tre lance, simili ad artigli di un’aquila, lo trapassavano, apparentemente senza provocargli danno alcuno. Tre lance di vento.

Non riuscì a terminare i propri pensieri che venne afferrato al bacino, laddove le lance lo avevano trapassato, da una forza invisibile e trascinato a terra, fino a schiantarsi sul devastato terreno e lasciarsi scappare un grido sommesso.

Quando Hraesvelgr planò davanti a lui, Orion, che intanto si era rimesso in piedi, continuando a tastarsi l’addome, capì che la gabbia di correnti d’aria lo aveva di nuovo bloccato.

"Ora possiamo riprendere la nostra conversazione!" –Commentò l’Aquila dei Venti, sforzandosi di mantenere il tono neutro avuto inizialmente, ma lasciando comunque trasparire una certa stanchezza. Orion lo lasciò parlare, mentre rifletteva su quel piccolo particolare. –"Di eloquenza non sei certo maestro! Neanch’io in verità, sono uomo di poche parole! Lo sono sempre stato, anche quando commerciavo tesori antichi, per mantenermi! Lo ricordi, vero? Ricordi come mi strappasti la fonte del mio reddito?!"

"Tesori… antichi?!" –Orion non capì a cosa si riferisse il servitore di Loki, ma, quasi portati dal vento, vecchi ricordi cominciarono ad apparire davanti ai suoi occhi. Immagini di un passato glorioso costellato di episodi che aveva dimenticato, ben meno importanti del risultato della sua missione. –"Fafnir!"

"Vedo che cominci a ricordare! Il vento mormorante ti ha sussurrato i suoi segreti! I nostri segreti!" –Commentò Hraesvelgr. –"Del resto il vento è stato l’unico testimone di quel che accadde nei monti dove il drago dimorava! Il vento sa tutto e può portare qualunque notizia in qualunque luogo! Fu proprio lui ad avvisarmi quel giorno, quando, spada in pugno, ti presentasti per uccidere il drago bicefalo!

L’ennesimo folle, questo pensai, quando nascosto negli anfratti delle montagne ti vidi passare in sella al tuo cavallo! Ma dovetti ricredermi, quando ti vidi affondare la lama nel ventre di Fafnir e strappargli il cuore!"

"Eri tu… il brigante…" –Realizzò infine Orion, ricordando l’incontro di poco successivo alla morte del drago. Ancora imbrattato del suo sangue, il Cavaliere si era avvicinato ad una pozza, che scorreva tra le rocce, per pulirsi. E là aveva scoperto il segreto di Fafnir, che viveva immerso nelle ricchezze. Sia il fondo del piccolo lago che gli anfratti del monte erano pieni di oro e pietre preziose, rubate dal drago nel corso dei secoli o versate dalle genti impaurite, allo scopo di ingraziarselo e impedirgli di ucciderli. Ricchezze di cui il popolino aveva spesso parlottato, al punto da spingere qualche temerario a tentare di recuperarle. E Hraesvelgr era stato tra questi.

"Brigante senz’anima, che banchetteresti su ori che non ti appartengono! Così mi definisti quel giorno, quando ti avvicinai per chiederti di non farne parola, a Midgard, dell’esistenza di quel tesoro! Onore e gloria, tutto volevi per te! Ricchezze comprese! E a me non lasciasti niente!"

"Sbagli!" –Precisò Orion. –"Di quell’oro non mi è mai importato, né ne ho avuto mai una parte! Ma il suo valore ha riempito le casse del regno, permettendo a Ilda di realizzare opere utili per la nostra città e acquistare grano, frutta e verdura dalle terre più fertili dell’Europa! Tu che, come reietto, hai patito la fame e la sete, e la mancanza di un tetto sotto cui dormire al caldo, avresti condannato allo stesso destino il popolo tuo fratello?!"

In tutta riposta, Hraesvelgr gli sputò di nuovo.

"Io non ho fratelli, né mi interessa del popolo! Non sono un Cavaliere e non ho un codice d’onore, tranne quello che mi permette di sopravvivere! E con quell’oro avrei vissuto a lungo, se tu, il gran signore di Midgard sul bel destriero, non avessi voluto fare l’eroe e apparire magnifico e munifico!"

"È tutto?" –Domandò infine Orion.

"Come?!" –Balbettò Hraesvelgr, preso alla sprovvista da quella semplice domanda.

"Hai esaurito le tue prediche? Perché se le tue farneticazioni sono giunte al termine, ugualmente sarà per il nostro breve, e poco soddisfacente, scontro!"

"Lurido bastardo arrogante!!!" –Ringhiò il servitore di Loki, concentrandosi per aumentare l’intensità delle correnti d’aria che circondavano Orion, sì da scaraventarlo nuovamente indietro. Ma solo allora si accorse che il braccio del Cavaliere, con il pugno chiuso, aveva oltrepassato l’eterea barriera.

Senza farsi notare infatti, mentre Hraesvelgr parlava, Orion aveva spinto il braccio attraverso il mulinello d’aria, piano piano, un centimetro per volta, reprimendo il dolore e confidando nel dono di Fafnir. Così aveva potuto portare la mano all’esterno del vortice, aprendola e puntando l’indice contro l’avversario.

Un raggio di energia ferì Hraesvelgr al fianco destro, trapassando la corazza e macchiandola di uno schizzo improvviso di sangue, che strappò un urlo di dolore al Dio di Vittoria, facendo diminuire d’intensità il mulinello d’aria.

La seconda cosa che Orion aveva capito, in quel breve combattimento, era che Hraesvelgr doveva mantenere un’elevata concentrazione sui venti da lui evocati, al fine di dare loro la massima potenza d’attacco. Potenza che adesso è perduta!

"Non ti dirò niente, perché non meritano parole di conforto o comprensione i tuoi gesti ridicoli! Approfittare di un drago per arricchirsi, alle spalle di chi vive di stenti… non mi stupisce che tu sia entrato nelle schiere di Loki!" –E nel dir questo portò le braccia al petto, gonfiandolo e espandendo il cosmo.

"Va’ al diavolo, pezzo d’idiota!" –Esclamò Hraesvelgr, concentrando la propria energia cosmica sul braccio destro, generando correnti d’aria che subito soffiarono contro Orion. –"Vento mormorante!!!" –Gridò, nello stesso istante in cui Orion liberava gli Occhi del Drago.

Le due possenti comete di energia si schiantarono contro un turbine di vento, la cui forma pareva quella di un’aquila ad ali aperte, che ne rallentò la corsa per qualche istante. Quei pochi secondi di vita che Hraesvelgr ebbe in più.

"La forza del possente Fafnir è in me!" –Commentò Orion, mentre il dirompente attacco si abbatteva sul Sigtýr, trapassandolo da parte a parte e schiantandolo a terra, con la corazza distrutta e il corpo imbrattato di sangue.

"Non ho parole di commiato per te, né epitaffio da suggerire per la tua tomba! Solo addio!" –Non aggiunse altro e corse via, lasciandosi il cadavere di Hraesvelgr alle spalle e riaffacciandosi nella grande piana di Vígridhr, dove la guerra era ancora in corso.

Tirando un’occhiata verso il limitare della radura, ove poc’anzi era terminato lo scontro tra Loki e i suoi avversari, Orion strinse i pugni, alla vista dei cadaveri che costellavano il suolo. Quasi non li riconobbe, per come erano ridotti, ma avvicinandosi e osservandoli meglio non riuscì a trattenere le lacrime di fronte a quel che restava di Heimdall, il cui corpo era stato abbrustolito da folgori incandescenti, e al cadavere di Tyr, i cui occhi ancora aperti gridavano terrore. Mormorando parole in norreno antico, Orion gli pose una mano sul viso e glieli chiuse.

Un fruscio alla sua destra lo fece voltare, per incontrare lo sguardo stanco e affranto della Regina delle Valchirie, che si trascinava a passo malfermo nella sua direzione.

"Brunilde! È una gioia vedere che sei viva!"

"Lo stesso penso anch’io, nobile Orion! Sia pur entrambi feriti!" –Commentò la donna con voce triste, e il Cavaliere notò che reggeva tra le braccia un corpo, quello della figlia di Freya, anch’ella massacrata da Loki. –"Tinto di vermiglio è il suolo di Vígridhr! Che cosa nascerà da tutto questo sangue?"

"Niente di buono, questo è certo! Da una guerra non può nascere che un frutto amaro!" –Commentò il Principe degli Einherjar, alzandosi dal cadavere di Tyr e avvicinandosi a Brunilde, ponendogli le braccia sulle spalle. –"Ma ci sono guerre che non possiamo combattere! Guerre che fanno parte del nostro destino, del nostro essere!"

Gli occhi neri della Regina delle Valchirie incontrarono quelli di Orion, e per un attimo sembrarono non vedere altro. Per un attimo sembrò loro di essere rimasti da soli, e che la guerra, le stragi e le morti atroci fossero echi di un passato lontano. Durò un attimo, ma parve loro eterno.

"Attenti!!!" –Gridò una terza voce, mentre passi veloci calpestavano il suolo poco distante.

Un gruppo di bestie, simili a lupi, ma decisamente più massicci, stava per avventarsi su di loro, ma prima che le macabre fauci potessero raggiungere il pugno che Orion aveva già chiuso, ponendosi di fronte a Brunilde per difenderla, vennero dilaniati da una pioggia di lame di luce.

"Carogne infami!" –Esclamò un’agile figura, rivestita da un’armatura scintillante, estraendo dalla carcassa di una bestia la lama della spada che stringeva con forza, prima di muoverla con rapidità e generare nuovi fendenti che posero fine alla corsa del resto del branco. –"Se sperate di banchettare con il mio corpo, potete scordarvelo! Anche se, lo ammetto, ho messo su qualche chilo di troppo ultimamente!"

"Reis!!!" –La chiamò Orion, felice di rivederla.

"Ti avevo detto che ci saremmo ritrovati, Principe degli Einjerhar! Per essere una donna, so tirar di spada piuttosto bene, non trovi?" –Salutò Reis, avvicinandosi e tendendo la mano al Cavaliere di Asgard, che la strinse con orgoglio sincero, prima di presentare Brunilde al servitore di Avalon. –"È un onore incontrare la rappresentante di un popolo di donne guerriere la cui fama si trascina da secoli!"

"Com’è la situazione?" –Incalzò subito Orion.

"Potrebbe andar peggio!" –Commentò il Cavaliere di Luce, scrollando le spalle e voltandosi verso la piana di Vígridhr, ove la ressa che l’aveva invasa ore prima si era decisamente ridotta, a causa della morte di buona parte dei partecipanti. –"Più di metà degli Einherjar sono caduti, ma uguale sorte, forse superiore, hanno subito i morti di Hel e i Soldati di Brina, alcuni dei quali, per codardia o per tessere qualche altro inganno infame sono fuggiti verso il cuore di Ásaheimr. Forse per trovare rifugio tra i resti dei palazzi crollati."

"Che ne è di Loki?" –Chiese Orion, che più di ogni altra cosa desiderava confrontarsi con lui.

"Sparito! Nessuno l’ha incontrato! Certo non è venuto a rendere omaggio ai figli morti! Dopo Jormungandr, anche Fenrir è caduto, ucciso dal Cavaliere di Andromeda, che al momento è piuttosto debole, ma il mio compagno se ne sta prendendo cura!"

"Corriamo da lui!" –Propose allora Orion, dirigendosi verso il centro della piana, seguito da Reis e da Brunilde, sia pur dispiaciuta per dover abbandonare i resti della figlia di Freya.

Una pattuglia raminga di Soldati di Brina, intenti a rimestare tra i cadaveri alla ricerca di armi e equipaggiamento utile, tentò di frenare la loro avanzata, ma venne travolta dalla furia degli Occhi del Drago e dai fendenti luminosi del Cavaliere di Luce.

"Ehi, sono qua!!!" –Gridò allora una voce che Reis conosceva bene. Quella di Jonathan, il Cavaliere dei Sogni. E fece cenno a Orion e Brunilde di dirigersi in quella direzione, fino a ritrovarsi a pochi passi da un’immonda carcassa in putrefazione che emanava un fetido odore.

"I resti di Fenrir…" –Mormorò Reis, tappandosi la bocca con una mano e passando oltre, per raggiungere il suo compagno, chino sul corpo del Cavaliere di Andromeda. –"Come sta?"

"Non ha profonde ferite aperte, ma continua a dimenarsi, tenendosi la testa come se gli scoppiasse!" –Spiegò Jonathan.

"Una volta Odino mi raccontò che Fenrir disponeva di un pericoloso potere, una forza di persuasione capace di generare terrore negli esseri umani!" –Intervenne Brunilde, inginocchiandosi accanto al Cavaliere di Atena e sfiorandogli la fronte. Bollente.

"Andromeda non è guerriero da poco, avrà certamente contrastato questo maleficio!" –Esclamò fiero Orion, prima di aggiungere, con tono grave. –"Anche se il prezzo pagato può essere stato alto! Sento un’inquietudine immensa, mai provata in vita! Le fronde di Yggdrasill vibrano come mai hanno fatto prima!"

Nessuno aggiunse altro, prima che il rumore degli scontri ancora in corso, ben pochi rispetto alla caotica ammucchiata di ore prima, li richiamasse. Reis impugnò la Spada di Luce e si gettò contro i morti di Hel che si fecero loro incontro, trafiggendoli uno dopo l’altro. Brunilde le andò dietro, per vendicare le compagne Valchirie, lasciando Jonathan da solo, a prendersi cura di Andromeda.

Orion si sollevò deciso, guardandosi intorno, osservando la devastazione di quel giorno infame. Lontano, oltre gli alberi che ancora si ergevano al limitare della piana, Ásaheimr bruciava, a causa delle fiamme generate dai Giganti di Fuoco, e altri orrori erano in atto, celati da nuvole di fumo bigio. Socchiudendo gli occhi per un istante, a Orion parve di sentire un richiamo raggiungerlo. Una voce che da tempo non udiva.

"Ilda!" –Mormorò, stringendo il pugno. Quasi ad afferrare quel pulviscolo di ricordo che già si era perso nel vento. –"Temo per te! Un’ombra è scesa sul tuo cuore!"

Sospirando, il Cavaliere del Drago ripensò a quel che Hraesvelgr gli aveva detto poco prima. –" Il vento sa tutto e può portare qualunque notizia in qualunque luogo!"

"Se così è, allora consola la mia Regina e sfiorale le guance per me!" –Aggiunse, prima di lanciarsi nell’ultima mischia.

***

Lo sbalordimento sul volto di Fiador fece capire a Ilda che il ragazzo aveva ben realizzato le implicazioni insite in quello che la leggenda aveva tramandato come Ragnarök. Implicazioni che andavano al di là di ciò che per Loki era sempre stata una vendetta personale, e per Odino aveva rappresentato una prova di forza, il momento di dimostrare che il regno da lui dominato poteva reggere agli attacchi del male. Quanto meno di quello che ai suoi occhi appariva tale.

Né l’uno né l’altro hanno mai compreso quel che c’è dietro! Mormorò la Celebrante, accasciandosi stanca alla scrivania.

Usare il potere di Bjarkan l’aveva indebolita, ma era stato utile, non solo per riportare Fiador sulla strada della ragione, liberandolo così dal controllo di Loki, ma anche per rimettere insieme i pezzi di un mosaico di cui neppure lei, fino all’ultimo istante, possedeva la chiave per comprenderlo.

"Ragnarök è parte di un ciclo! Non è soltanto morte e distruzione, non è solo guerra e fiamme, ma anche rinascita! Per questo l’esistenza di Loki e della sua stirpe è stata tollerata, perché il male e l’ombra contribuiscono alla stabilità dell’universo, scontrandosi periodicamente contro le forze della luce! Uno contro l’altro, uno l’opposto dell’altro! Uno necessario affinché esista l’altro! Come potremmo indicare qualcosa come male o come bene, se non avessimo un termine di paragone? Come potremmo apprezzare la luce se non avessimo provato l’ombra?"

"Quindi, i progetti imperiali di Loki…" –Mormorò Fiador, cui l’Ingannatore aveva promesso i tesori di Midgard, ben superiori alle paterne ricchezze.

"Destinati a naufragare nella tempesta da lui stesso risvegliata! Non siederà mai su Hliðskjálf! Né Odino vi siederà più!" –Precisò Ilda, prima di aprire una pagina del testo lasciatole in dono dalla madre e leggerne alcune righe. –"Il sole si oscura, la terra sprofonda nel mare, scompaiono dal cielo le stelle lucenti. Alta gioca la vampa col cielo stesso!"

In quel momento Ilda sentì accendersi il cosmo di Alexer a breve distanza e dovette interrompere la lettura del testo. Il Principe della Valle di Cristallo si ergeva infatti al centro del devastato piazzale, a pochi passi dalla crollata statua di Odino, splendido nel suo cosmo azzurro, mentre le alte sagome dei suoi avversari torreggiavano attorno a lui, cingendo Midgard d’assedio.

Passi svelti corsero lungo le scale di pietra della Torre della Solitudine, anticipando l’ingresso di Enji nella piccola stanza. Affannato, con i capelli scomposti e rivoli di sudore che gli colavano sul viso, il consigliere trovò la forza di mormorare solo due parole. –"Siamo attaccati!"

Parole che Ilda ben si aspettava.