CAPITOLO TERZO: STRATEGIE.

Durante la trasvolata Lady Isabel si lasciò sprofondare sulla poltroncina dell’aereo, ripensando alla conversazione avuta quel pomeriggio nell’osservatorio, con suo nonno, il Duca Alman, che così tanto aveva cercato nei giorni precedenti, senza riuscire a mettersi in contatto con lui.

Dopo la distruzione del planetario, in seguito all’incendio appiccato dal Cavaliere della Fiamma, Isabel aveva infatti deciso di ricostruirlo, incapace di separarsi da un luogo che così tanto aveva segnato la sua infanzia, avendovi trascorso giornate intere a parlare con il nonno e ad osservare le stelle. Un sentimento che col tempo non si era affievolito, neppure dopo la morte del Duca, neppure dopo la perdita delle registrazioni che aveva lasciato alla nipote, per consigliarla anche in sua assenza.

Nonostante non potesse più vederlo realmente, Isabel sapeva che Alman era lì, con lei, pronto ad ascoltarla. C’era qualcosa, nelle loro anime, che li univa. Forse un dono dal cielo, forse il risultato di un processo evolutivo durato secoli, risalente a qualche precedente incarnazione della Dea.

Proprio di questo avevano parlato. Di quanto Isabel stesse crescendo, di quanto Atena stesse crescendo, al punto che adesso le era difficile tenere separate le due metà della sua persona. Il lato umano e il lato divino, che sempre più stava prendendo il sopravvento.

Certo, vi erano ancora momenti, come nel battibecco appena avuto con Pegasus, in cui si sentiva ancora una ragazza di diciotto anni, con i suoi sogni e i suoi umori, ma il mutamento che stava avvenendo in lei era innegabile, e soprattutto inarrestabile.

Iniziato con la lenta scoperta di sé, durante gli scontri con i Cavalieri d’Oro alle Dodici Case, e proseguito nelle battaglie sostenute ad Asgard, il suo status di Divinità si era infine imposto negli scontri con Nettuno, Ade e Ares, che così la consideravano. Ma era stato l’incontro con Avalon a cambiare ogni cosa, ad istigare la marea del mutamento ad accelerare.

Fin da quando aveva sfiorato l’anello con le antiche rune celtiche, che il Primo Saggio le aveva offerto in dono, aveva perso il controllo della sua mente e tuttora, di frequente, accadeva che le comparissero davanti immagini di tempi remoti. Momenti che lei stessa aveva vissuto in ere passate, di cui aveva perso ogni memoria fino ad allora e che invece adesso stavano ricostruendosi di fronte ai suoi occhi, frammenti di un puzzle che stavano andando al loro posto.

Sorridendo, Atena volò con la mente indietro, ritrovandosi bardata della sua Veste Divina a lottare a fianco del Signore dell’Isola Sacra e di Zeus nelle terre di Britannia, per difenderle dai demoni che volevano insozzarle. Si rivide consegnare la spada Caledwich al Cavaliere d’Oro di Capricorn, la cui generosità aveva dato una svolta significativa a quella guerra. Poi volò ancora più indietro, ricordando la prima Guerra Sacra combattuta contro Ares, i massacri indicibili a cui i berseker si abbandonarono, il sangue sparso da ambo le parti e lo scontro che seguì con il Dio dell’Oltretomba. Fu in quell’occasione, ricordò, che Ade venne ferito per la prima volta dal Cavaliere di Pegasus, i cui lineamenti, il cui spirito, la cui determinazione, alla Dea non potevano che ricordare il Pegasus dell’epoca attuale, quasi ne fosse la reincarnazione.

Sospirò, dispiaciuta per la situazione irrisolta che si era creata tra lei e il ragazzo, e continuò a scivolare indietro, come faceva ogni notte, quando chiudeva gli occhi abbandonandosi sul grande letto di Villa Thule. A volte credeva che la sequenza dei suoi ricordi non fosse casuale, che qualcuno stesse cercando di manovrarli per spingerla verso qualcosa di ancora ignoto, qualcosa che ancora non era arrivata a recuperare dagli abissi della memoria. All’alba dei tempi.

Che Avalon abbia anche questo potere? Si chiese la Dea, convinta che il ruolo del Signore dell’Isola Sacra fosse ben lungi dall’essersi concluso così, con il celere aiuto che aveva dato loro nella guerra contro Flegias. Non riuscì a pensare altro che il sonno vinse su di lei, spingendola a chiudere gli occhi. Prima di farlo, spostò leggermente il braccio, sfiorando la mano di Pegasus seduto accanto a lei.

Fu Robert Brunch ad avvisarli che stavano per arrivare.

Pegasus si stiracchiò, sbadigliando sonoramente, mentre Isabel, ringraziato l’assistente di volo, si alzò, dirigendosi verso la toeletta per cambiarsi d’abito. Indossava ancora l’elegante tailleur che Mylock le aveva acquistato due anni prima, facendolo arrivare direttamente da Milano, desideroso che la ragazza figurasse al meglio nelle occasioni pubbliche, come una vera donna d’affari. Isabel sospirò al ricordo delle sue premure, indossando vesti più consone al suo ruolo guida del Grande Tempio.

Era l’alba ad Atene quando il jet a reazione della Fondazione atterrò nell’arena e, proprio com’era accaduto l’anno precedente, in occasione della scalata delle Dodici Case, c’era qualcuno ad attendere Pegasus e gli altri.

"Brrr, non ricordavo che l’aria greca mattutina fosse così frizzante!" –Commentò il ragazzo, mettendo la testa fuori, prima di scendere la rampa di scale, seguito da Andromeda e da Lady Isabel.

"Pegasuuus!" –Gridò Kiki, correndogli incontro. Non gli diede neanche il tempo di accorgersi di chi fosse che già il ragazzino gli era saltato in collo, abbracciandolo e strusciandogli un pugno sopra la testa.

"Ehi, piccola peste!!!" –Esclamò Pegasus, cercando di liberarsene.

"Kiki, smettila subito! Non è il momento di giocare!" –La voce calma ma ferma di Mur dell’Ariete rimproverò il fratello, che subito si ricompose, prima che entrambi si inginocchiassero di fronte a Lady Isabel. –"Bentornata al Grande Tempio, Dea Atena! La vostra venuta qui è sempre fonte di serenità per tutti i suoi abitanti, anche se, ammetto, non era poi così imprevista!"

"Lo immaginavo!" –Sorrise la Dea, facendo cenno a Mur e Kiki di alzarsi, prima di incamminarsi assieme a loro verso le Dodici Case. –"Avete percepito anche voi l’abbassarsi della temperatura terrestre?"

Mur annuì, procedendo a fianco di Atena, mentre Kiki, dietro di loro, continuava a stuzzicare Pegasus, felice di rivederlo, e Andromeda, silenzioso, chiudeva il gruppo.

"È stato Ioria, per primo, ad avvertire che c’era qualcosa di strano! Avendo vissuto per anni in Grecia ha subito percepito il, sia pur leggero, raffreddamento climatico! Dopo di che, Virgo ed io ci siamo messi ad indagare sulle cause di un evento apparentemente inspiegabile, mentre Libra inviava informatori in ogni parte del globo, soprattutto in Nord Europa, per avere dati più precisi!"

"Cosa avete scoperto?" –Domandò allora Isabel. Ma prima che Mur potesse risponderle, i due dovettero voltarsi verso Andromeda, accasciatosi a terra con un gemito leggero, che non era però sfuggito a Pegasus, prontamente chinatosi su di lui.

"Ehi, amico, che succede?!" –Esclamò, mentre il ragazzo si toccava la testa.

"Sta… succedendo di nuovo…" –Si limitò a mormorare, di fronte agli sguardi attoniti e preoccupati dei presenti. –"Una voce… un suono lontano…"

Fu allora che tutti la udirono, sia pure non distintamente. Una voce maschile e antica, che pareva provenire da un luogo indefinito, parlò ai loro cosmi,

"Dea Atena! Cavalieri dello Zodiaco!"

"Questa voce…" –Mormorò Pegasus, riconoscendo il Dio che l’anno precedente gli aveva concesso di utilizzare la sua armatura. Lo stesso fece Atena, sebbene non l’avesse mai incontrato di persona. –"Odino!!!"

Il messaggio era chiaramente disturbato e poche parole i Cavalieri e la Dea riuscirono a captare. Parole che però confermarono i loro peggiori timori.

"Asgard è in pericolo! Aiutateci!"

Non aggiunse altro, il Signore degli Asi, e la sua voce scomparve, spazzata via dal vento, mentre Andromeda finalmente si rimetteva in piedi, aiutato da Kiki e da Pegasus.

"Era ciò che temevo!" –Commentò Atena, sospirando. E fece cenno agli altri di riunirsi attorno a lei. Il tempo era scaduto ed era necessario agire quanto prima.

Il cosmo della Dea avvolse i quattro compagni in un abbraccio di luce, prima di scomparire e trasportare tutti nel salone del Grande Sacerdote, alla Tredicesima Casa.

"Vorrei darti un’occhiata appena possibile, Andromeda! Questa tua continua cefalea mi preoccupa!" –Esclamò Mur, con aria greve, ottenendo un lieve cenno di assenso col capo da parte del ragazzo.

Ioria del Leone e Dohko di Libra entrarono pochi minuti dopo, rivestiti dalle loro armature d’oro. Salutarono Pegasus e si inginocchiarono di fronte alla Dea appena assisasi sullo scranno. Come Mur, avevano sentito il suo cosmo avvicinarsi ed erano desiderosi di parlare con lei.

"Il messaggio di Odino lascia poco spazio ai dubbi!" –Esclamò il maestro di Sirio. –"Quel che sta accadendo ad Asgard influenza gli eventi della Terra intera!"

"Lo credo anch’io! Non può essere un fatto isolato!" –Confermò Mur. –"Niente lo è più, ormai! Ma ogni nemico affrontato ultimamente è stato soltanto una goccia in un mare di tenebra sempre più vasto!"

"Lascia da parte la filosofia, Mur, mi sembra di sentir parlare Virgo! Qua bisogna agire, e subito! Non ho intenzione di ritrovarmi in una nuova glaciazione!" –Incalzò subito Pegasus. –"Ma, a proposito, dov’è il Cavaliere di Virgo? Perché non è qua con voi?"

"Il Custode della Porta Eterna medita nella casa da lui presieduta e ha dato espresso ordine di non essere disturbato! Sarà lui a mettersi in contatto con noi quando avrà terminato il suo processo meditativo!" –Spiegò Libra.

"Ma sentilo, il signorino! Cosa vuole, che gli serviamo anche del tè?!" –Brontolò Pegasus, mentre Andromeda gli metteva una mano su una spalla, per calmarlo.

"Mia Dea!" –Intervenne allora Ioria, rivolgendosi direttamente ad Atena. –"Le Sacerdotesse dell’Aquila e dell’Ofiuco pattugliano i confini del Grande Tempio e il Cavaliere dell’Unicorno, per ordine stesso di Dohko di Libra, il più anziano Cavaliere d’Oro, e come tale insignito della podestà temporanea di controllo sulle nostre truppe, sta radunando i soldati semplici! Se la minaccia che ha velato il cielo di Asgard dovesse scendere su Atene, saremo pronti ad affrontarla!

"Vogliano gli Dei che non sia il caso! Un’altra guerra?!" –Sospirò Atena, che aveva sempre in mente le orride scene che le si erano presentate di fronte quando, dopo la dipartita di Ares, era rientrata al Grande Tempio, trovandolo devastato, distrutto e ridotto ad un immenso obitorio, pregno di un fetido odore di morte. Aveva pianto, gettandosi a terra e chiedendo perdono, sentendosi responsabile della loro morte, di fronte ai cadaveri di Gerki, Lupo, Aspides, Leone Minore, Scorpio e di tutti i soldati semplici. E ugualmente aveva fatto quando le salme di Shadir, Benam e Lear erano arrivate dal Giappone.

Per quanto non fossero annoverati tra gli ottantotto canonici Cavalieri della Dea, anche i tre ragazzi di Luxor si erano battuti per lei, aiutando Pegasus e gli altri in più occasioni, e Atena aveva ritenuto opportuno seppellirli nel Cimitero dei Cavalieri.

"Non ho ancora capito cosa stia succedendo ad Asgard!" –Esclamò Pegasus, richiamando l’attenzione della Dea e dei Custodi Dorati. –"Chi minaccia ancora la città del Nord? Non sapevo che avesse dei nemici…"

"Le terre del Nord sono da sempre terre di guerra, Pegasus! Per secoli, a causa della rigidità del clima, gli uomini sono stati costretti ad essere forti. Ad esserlo per non morire, succubi della fame o della violenza del vicino! Un popolo di guerrieri, di arditi e di eroi. Un popolo su cui, ahimè, pesa la scure di una profezia, tramandata di generazione in generazione, la cui sola esistenza basta per oscurarne lo splendore!" –Spiegò Atena, mentre Libra e Mur annuivano, ben conoscendo la storia e la cultura di Asgard. –"È chiamata Profezia della Veggente, poiché pare che millenni addietro sia stata una donna dotata del dono della Vista a predirla a Odino! Criptica, come tutte le profezie, ma incisiva! Nelle sue parole, in quei versi sciolti che snocciolò con noncuranza di fronte al Signore degli Asi, stava il cuore della civiltà di Asgard e il suo destino! Un inverno escatologico!"

"Il destino di Asgard?!" –Mormorò Pegasus.

"La veggente profetizzò il Ragnarök! Il crepuscolo degli Dei! La fine del mondo!" –Confessò infine Isabel, di fronte al preoccupato sguardo dei Cavalieri d’Oro e a quello angosciato di Pegasus e Andromeda. –"Il giorno in cui le forze dell’oscurità avrebbero sferrato il loro massimo assalto, ponendo fine all’antico regno degli Asi!"

"Questo è terribile! Ilda, Flare, Odino… sono in pericolo!" –Si agitò Pegasus.

"Lo so! E credo che anche loro ne siano a conoscenza! Nessun Dio, né sacerdote preposto al suo culto, potrebbe essere ignorare la Profezia della Veggente!"

"Cosa aspettiamo, allora?! Corriamo subito ad Asgard! Non c’è tempo da perdere!"

"Calmati, Pegasus! Andremo ad Asgard, questo è certo, ma non caricando a testa bassa vinceremo questa guerra su cui ben poco sappiamo, tanto attesa e al tempo stesso tanto oscura!" –Affermò Isabel. –"Soffro come te al pensiero di ciò che possa star accadendo a Ilda e alle genti del nord e farò tutto ciò che è in mio potere per portare loro aiuto! Non soltanto per ricambiare loro il favore, avendoci aiutato durante la scalata all’Olimpo, ma anche per frenare questo torrente di gelo che sembra calare sull’Europa intera!"

"E noi verremo con voi, Milady!" –Esclamarono due giovani voci, mentre il portone della Sala del Grande Sacerdote si spalancava e Sirio e Cristal ne entravano.

"Amici!!!" –Sorrisero Pegasus e Andromeda, felici di rivederli. E subito notarono che entrambi indossavano le loro Armature Divine, avendo probabilmente intuito che i giorni di pace erano già volti al tramonto.

"Com’è la situazione in Siberia, Cristal?" –Chiese Atena.

"Purtroppo non ne sono al corrente, mia Dea, non avendovi di recente dimorato!" –Rispose il biondo Cavaliere, inginocchiandosi di fronte al trono, assieme all’amico. –"Mi trovavo ai Cinque Picchi, ospite di Sirio e Fiore di Luna, e abbiamo percepito il forte raffreddamento climatico! Oltre che un’oscura energia sovrastare i cieli di Asgard, un’ombra che avevo già colto a suo tempo negli occhi stanchi della Celebrante di Odino!"

"Ilda sapeva! Temeva questo momento!" –Esclamò Atena, alzandosi in piedi. –"E ha taciuto! Per evitarci una nuova guerra, per evitarci di soffrire ancora! Oh Regina di Asgard, non siamo poi così diverse…" –Sospirò, prima di voltarsi verso i Cavalieri e iniziare ad organizzare il loro trasferimento.

"Un momento, Milady! Se già la volta scorsa ero titubante, stavolta lo sono ancora di più! Non credo sia opportuno che voi veniate!" –Disse Pegasus, trovando Andromeda e gli altri compagni d’accordo. –"Se quel che ci avete narrato è vero, e l’apocalisse sta compiendosi ad Asgard, ritengo che sia meglio che ne restiate fuori!"

"Credi che non saprei fronteggiare eventuali nemici, Pegasus? Dovresti conoscermi, ormai!"

"Proprio perché vi conosco, so che avete una propensione naturale a cacciarvi nei guai!" –Le rispose a tono il ragazzo, senza staccare lo sguardo dai suoi occhi, quasi a comunicarle molte cose in silenzio. Prima tra tutte la paura che potesse accaderle qualcosa di male.

Già una volta non ho saputo proteggerti, Isabel. Mormorò, ricordando il dolore provato durante la Guerra Sacra, quando, ai piedi della statua di Atena, aveva pianto di rabbia per la morte della Dea che era stato incapace di difendere. E in un’altra occasione ho invece cercato di ucciderti. Il rimorso di quel gesto non mi dà pace. Stammi lontana, almeno per ora, te ne prego!

Fu una leggera brezza, provocata da uno sbatter d’ali, a rubare Pegasus ai suoi pensieri, portandolo a volgere lo sguardo verso la grande terrazza, verso cui anche gli occhi degli altri Cavalieri si erano posati. Un giovane bello e affascinante, con mossi capelli castani e un viso ben curato, entrò nella sala, rivestito dalla sua Veste Divina, di colore celeste, con le variopinte ali piegate sulla schiena.

"Euro, Vento dell’Est!" –Esclamò sorpreso Andromeda, riconoscendo il ragazzo che lo aveva salvato dal rito dionisiaco.

"Perdonate quest’intrusione, nobili Cavalieri, giustificata soltanto dal motivo della mia venuta!" –Parlò il figlio di Eos, con voce calma e raffinata, inginocchiandosi al cospetto di Atena. –"Sono qua in veste ufficiale, come messaggero dell’Olimpo! Zeus, Signore del Fulmine e Padre di tutti gli Dei, richiede la presenza immediata della Dea della Guerra Giusta sul Monte Sacro, affinché possa presenziare al concilio degli Olimpi da lui indetto!"

"Un concilio di Dei?!" –Mormorò Atena, con un certo stupore. –"Non accadeva da secoli! Anche se, immagino, saremo in pochi!" –E questo rafforzò le proprie convinzioni che qualcosa di terribile fosse in atto nel mondo, se persino Zeus rinunciava al suo volontario isolazionismo riunendo tutte le Divinità superstiti.

"Non tutto il male viene per nuocere! Sapere Lady Isabel al sicuro, sull’Olimpo, sarà per noi un motivo in meno di preoccupazione! Vero, amici?!" –Commentò allora Pegasus, rivolgendosi a Sirio e agli altri compagni, a cui non sfuggì il sorriso tirato che l’amico tentava di ostentare.

Pegasus non è mai stato abile a dissimulare i suoi sentimenti! Rifletté Andromeda, ricordando quanta disperazione aveva albergato nel suo animo dopo aver sentito scomparire il cosmo di Atena durante lo scontro con Apollo. Il momento in cui aveva davvero capito quando fosse importante per lui. Quanto, da lei, dipendesse la sua vita.

"Dici il vero, Pegasus! Ed io accompagnerò Atena sull’Olimpo, se la Dea desidererà la mia presenza!" –Intervenne Mur. –"L’esperienza insegna che persino il posto più sicuro può nascondere delle insidie! Kiki, tu preparati, porterai i Cavalieri Divini ad Asgard!"

"Sì!" –Si limitò a rispondere il ragazzo dai capelli fulvi, sollevando lo sguardo verso i quattro amici, eccitato dall’idea di una nuova missione assieme a loro.

Pegasus e Andromeda indossarono allora le Armature Divine e, avvicinatisi a Sirio e Cristal, si voltarono un’ultima volta verso Atena, che già si stava incamminando verso la terrazza, seguita da Mur e Euro.

"Siate prudenti!" –Commentò la Dea, aggredita da una fitta improvvisa. Per un istante la invase la spiacevole sensazione che le nevi di Asgard li avrebbero sommersi e che non li avrebbe rivisti mai più e che, in quel caso, non avrebbe potuto dire a Pegasus tutto quel che avrebbe voluto, quel che ormai da giorni, forse da settimane, non faceva altro che rimandare. Proprio come faceva lui. –"Fatevi prima un quadro della situazione, poi, se necessario, intervenite! E non esitate a mettervi in contatto con Atene e con l’Olimpo in caso di bisogno!"

Pegasus, Andromeda, Cristal e Sirio annuirono, mentre Kiki, in mezzo a loro, espandeva il proprio cosmo, avvolgendo gli amici e lasciandolo esplodere poco dopo. Ma non accadde nulla e si ritrovarono alla Tredicesima Casa, scaraventati a gambe all’aria dall’onda d’urto del trasferimento mancato.

"Co… com’è possibile?!" –Balbettò il ragazzino, rimettendosi in piedi e riprovando a smaterializzarsi. –"Non riesco a teletrasportarmi… c’è una barriera… una resistenza che mi impedisce di raggiungere Asgard!"

"Lascia che ti aiuti, Kiki!" –Esclamò allora Mur, lasciando la terrazza e incamminandosi verso il centro della stanza. Ma una voce imperiosa risuonò per l’intera Tredicesima Casa, chiedendo a Mur di non preoccuparsi di suo fratello.

"Mi prenderò io cura di lui, non temere, Cavaliere di Ariete!"

"Questa voce… Virgo?!" –Mormorò l’allievo di Shin, riconoscendo il cosmo del Custode della Sesta Casa, ancora nel suo tempio.

"A ognuno il suo dovere, Mur! Tu adesso hai il tuo! Ioria e Libra si occuperanno al meglio della difesa del santuario della nostra Dea! In quanto a me, farò tutto il possibile per aiutare Kiki e il Cavaliere di Pegasus ad arrivare ad Asgard! Abbi fede!" –Parlò il Cavaliere di Virgo, il cui cosmo invase all’istante la Sala del Sacerdote, avvolgendo i quattro Cavalieri Divini in un caldo abbraccio.

Kiki, sostenuto da simile inesauribile energia, provò di nuovo, concentrando tutto se stesso in quell’operazione che tante volte aveva ripetuto ma che adesso gli sembrava così difficile. Atena rimase ad osservare ancora per qualche secondo, fin quando le cinque sagome non svanirono, lasciando soltanto Ioria e Libra nel salone. Sospirò, senza chiedere niente a Mur, prima di uscire sulla terrazza e svanire a sua volta, assieme al Vento dell’Est e al Cavaliere d’Ariete, diretta nuovamente verso l’Olimpo.

***

Mentre Odino era intento a dipanare i dubbi che lo avevano invaso, molti guerrieri e Asi avevano iniziato a riunirsi presso il Valhalla, il mastodontico complesso che si stagliava, luminoso e ai più inaccessibile, lassù nel cielo, in mezzo alle dimore degli Dei, nella vera Asgard.

Tre uomini, rivestiti dalle armature di battaglia, stavano camminando per i corridoi del palazzo, troppo presi dalla conversazione da non curarsi dei magnifici arredi, realizzati con le vesti dei soldati che avevano combattuto in guerra fino all’ultimo respiro, arredi a cui ormai avevano fatto l’occhio, fin da quando avevano varcato una delle cinquecentoquaranta porte del Valhalla, ascendendo al rango di Einherjar, i campioni di Odino.

"Spero che tuo fratello si limiti ad osservare! Conosco il suo temperamento ardito e non voglio rischiare di perderlo perché non è riuscito a tenerlo a freno!" –Esclamò Orion, entrando assieme ai compagni in un’ampia sala centrale, da cui dipartivano varie porte che conducevano ai vari settori della reggia, di cui l’armeria era, al momento, la più frequentata.

"Non temere! Alcor sa il fatto suo!" –Commentò Mizar, prima di essere raggiunti da Freyr, il bellissimo Signore dell’Abbondanza.

Il Dio della Fecondità era il ritratto vivente della perfezione estetica, ammirato e desiderato da tutte le donne di Asgard, ma era anche un potente guerriero, abile tiratore di spada e consigliere privato del Signore degli Asi.

"Quest’attesa mi rende inquieto!" –Commentò a bassa voce. –"L’Albero Cosmico freme fin dalle fondamenta e Ratatoskr corre impazzito lungo il suo tronco, senza mai trovare pace! Il vento gelido che arriva da Hel la dice lunga su quel che ci attende!"

"Sono d’accordo, mio Signore! Per questo ho chiesto ad Alcor di scendere nel Niflheimr a investigare! Le sue abilità mimetiche gli permetteranno di osservare senza essere visto e capire ciò che Hel sta tramando in quegli abissi infernali!"

"Un’ottima mossa, Orion! Me ne compiaccio!" –Sorrise Freyr, prima che una voce ruvida disturbasse i quattro, anticipando l’arrivo di un uomo bardato di tutto punto.

"Io invece no! Chi ti ha autorizzato a prendere una simile decisione?" –Esclamò il nuovo arrivato, piantando le robuste gambe davanti a loro e fissando il Cavaliere del Drago Bicefalo con sguardo crudo. –"Il fatto che tu sia l’erede di Sigfrido non fa di te Sigfrido stesso! Ricordalo!"

"Suvvia, Tyr, in tempi oscuri come questi stai a brontolare per simili formalità? Proprio tu che sei un guerriero puro, e dei migliori per giunta! Dovremmo invece congratularci con lo spirito di iniziativa che gli Einherjar dimostrano!" –Intervenne allora l’uomo giunto nel Valhalla con Orion e Mizar.

"Umpf, Vidharr, l’Ase silenzioso! Perché non torni al tuo silenzio? Tuo padre non ti ha insegnato a rispondere solo quando sei interpellato?!" –Bofonchiò Tyr, scuotendo i fitti baffi scuri che scendevano a coprirgli il labbro superiore. –"E non mi risulta che Odino abbia nominato questo ragazzo Comandante del suo esercito!"

"Non lo ha fatto, ma ha sempre apprezzato, e ricompensato, l’operato dei guerrieri a lui fedeli!" –Parlò allora Freyr, suscitando l’immediata e incollerita reazione di Tyr.

"Come osi rivolgerti all’intrepido Dio della Guerra in questo modo subdolo?! Insinui forse che io non sia fedele al Signore degli Asi?! Tu e la tua stirpe dovreste sciacquarvi la bocca mille volte prima di poter parlare con Týrhraustr!"

"Se persisti a offendere il consigliere del Padre della Vittoria, da lui investito del comando in sua assenza, dovrò prendere provvedimenti!" –Esclamò pacato Freyr, ma fece comunque avvampare il suo cosmo, sfiorando la spada che portava alla cinta, per mostrare all’Ase la sua risolutezza.

"Puoi aver incantato lui, bel damerino dagli occhi verdi, ma certo non me, che al tuo fascino sono immune e non prendo ordini da uno dei Vani!" –E nel dir questo Tyr sfoderò la spada con un movimento così lesto che persino Orion e Mizar ebbero difficoltà a vederlo, portandola a scontrarsi con quella che Freyr gli aveva opposto. –"Avrò pure perso una mano, ma non la mia furia!" –Ringhiò, sollevando il braccio destro e ostentando il moncherino, ricordo di una prova di coraggio che lo aveva segnato.

I cosmi delle due Divinità si scontrarono per qualche secondo, chiaro e luminoso quello di Freyr, infuocato e battagliero quello di Tyr, di fronte agli occhi stupiti di Orion e Mizar e a quelli colmi di disapprovazione di Vidharr, finché un terzo non si intromise, incuneandosi tra loro come un raggio di sole e placando tale ridicola controversia.

"Valorosi guerrieri, ancora vi accigliate per fatti accaduti in un tempo così lontano da averne quasi perso memoria al punto da non ricordare neppure chi causò l’inizio delle ostilità?!" –Una voce leggiadra parlò con tono garbato, mentre una figura snella ed elegante entrava nella sala, rischiarandola con la sua stessa presenza. –"Suvvia, mio buon Tyr, che sull’isola Lyngi hai avuto il coraggio di affrontare una prova in cui nessun’altro Dio ha ardito cimentarsi! E tu, caro Freyr, portatore di fecondità e prosperità ovunque posi lo sguardo! Non credete sia opportuno conservare le forze per i giorni che verranno? Giorni che forse, neppure il mio cosmo lucente, potrà rischiarare!"

"Mio Signore…" –Commentò subito Tyr, alla vista del Dio del Sole, placando subito il suo cosmo offensivo e rinfoderando la spada.

Freyr fece altrettanto, passando accanto al nume della guerra, prontamente inginocchiatosi di fronte a Balder fegrsti, il più bello dei figli di Odino, senza risparmiargli un’occhiata di sdegno. Orion e Mizar stavano per inchinarsi a loro volta, ma Balder li pregò di non perdersi in formalità che al momento erano fuori luogo, e che comunque non aveva mai troppo sopportato.

"Balder! Dov’è Odino?" –Chiese subito il Dio della Fecondità.

"Adesso siede ai piedi dell’Albero Cosmico, intento a conversare con le Norne! È appena rientrato da Jötunheimr, dove ha incontrato il capo dei Giganti a lui fedeli. Vorrebbero evitare di combattere contro membri della stessa stirpe cosmica, ma se gli Hrimthursar marceranno su Asgard, come Hel potrebbe istigarli a fare, faranno il possibile per aiutarci!" –Spiegò il Dio della Luce, prima di rivolgersi a Tyr, che intanto si era rialzato. –"So che un tempo vi sono state frizioni tra le stirpi divine dei nove mondi, ma quel tempo è finito! Asi e Vani strinsero una pace, al termine di quel conflitto, sputando saliva divina dentro un otre per suggellare tale patto! Patto tuttora in vigore! E Freyr, che da quel giorno venne a vivere tra gli Asi, è divenuto amico e fedele consigliere di mio Padre!"

"Le tue parole sono oneste e giuste, candido figlio di Odino, ma i ricordi sono duri a morire! Soprattutto per chi tanto ha sofferto!" –Commentò il Dio della Guerra, sia pur con tono meno rude.

La conversazione venne interrotta dall’apertura di una porta laterale, dove la bella chioma di Frigg, figlia di Fjörgynn e moglie di Odino, comparve all’istante.

"Allföðr, il Padre di Tutti, ha richiesto la vostra presenza nella sala centrale del Valhalla, convocando un’assemblea di tutti gli Dei e gli Einherjar a lui fedeli!"