CAPITOLO QUARTO: CANI E LUPI.

Aiutati dal potente cosmo del Cavaliere di Virgo, Pegasus, Andromeda, Cristal, Sirio e Kiki apparvero in un fitto bosco, non molto distante dalla terrazza panoramica dove si erano ritrovati lo scorso anno, quando Flare aveva raccontato loro dei cambiamenti subiti da Ilda. Ma adesso, della terrazza e del promontorio ove Atena aveva pregato Odino affinché i ghiacci non si sciogliessero, non era rimasto niente. Distrutti, crollati in mare durante lo scontro tra Cristal e il Capitano dell’Ombra inviato da Flegias per annientare Asgard e vendicarsi per l’aiuto prestato ai Cavalieri di Atena.

"Eccoci ad Asgard!" –Commentò Andromeda.

"Brrr! Non me ne ero accorto!" –Ironizzò Pegasus, che detestava tutto quel freddo.

"A Midgard!" –Precisò Cristal, ricordando la definizione che indicava il regno ove vivevano gli uomini, il Recinto di Mezzo. E tirò uno sguardo avanti a sé, verso il luogo dove un tempo esisteva un sentiero, che correva dritto in mezzo alla foresta, salendo i pendii e conducendo fino alla Fortezza di Midgard. Ma non vide niente, solo un cumulo indistinto di neve, la stessa che, sia pur in forma lieve, stava cadendo su di loro.

"Dobbiamo muoverci!" –Esclamò subito Dragone. –"Ogni minuto perso è un minuto di pericolo in più, per noi e per la Terra!" –E si incamminò avanti, subito seguito da Kiki, che si strusciava le braccia infreddolito, e da Pegasus e Andromeda.

"Io non passerei dalla strada principale, però!" –Commentò Cristal. –"Ho l’impressione che neppure questa volta saremo i benvenuti nella città del nord!"

"Ma che stai dicendo, Cristal? Ilda è amica di Atena, non abbiamo niente da temere!"

"Da lei no!" –Si limitò a rispondere il Cavaliere del Cigno, fendendo l’aria con sensi acuti e respirando fin nel profondo quell’aroma che aveva cominciato a conoscere. Quell’aroma che adesso lo faceva temere.

"Forse Cristal ha ragione, meglio essere prudenti!" –Intervenne allora Andromeda, proponendo di seguire un sentiero alternativo, lo stesso percorso dal ragazzo l’anno precedente, passando dalle rovine dove aveva affrontato Mime. –"È più disagevole, ma credo sia più sicuro, certamente meno controllato!"

Sirio e gli altri annuirono, prima che Pegasus distraesse tutti con uno starnuto.

"Il primo di una lunga serie, temo! Maledizione!" –Brontolò, incitando gli amici a correre, in modo da scaldarsi un po’.

Andromeda fece strada, guidando gli amici nella vecchia foresta e per sentieri poco battuti, ricoperti di neve e in parte crollati sotto valanghe improvvise. Mime, durante il loro scontro, gli aveva raccontato brevemente la storia di quelle rovine, quel che restava di una fortificazione di vedetta eretta secoli addietro, con lo scopo di controllare la vallata circostante e il passo che conduceva alla Valle di Cristallo. Ma l’uomo a cui venne affidato l’incarico di comandare quella testa di ponte usò i suoi poteri e la sua influenza per reclutare soldati con cui progettava di assalire Midgard, per assumerne il controllo, in nome di colui che lo aveva addestrato allo scopo.

Fu solo grazie all’intervento del Principe della Valle di Cristallo, che non aveva mai visto di buon occhio quella fortificazione così protesa verso i suoi territori, e l’aveva quindi messa sotto sorveglianza, anche in prima persona, che il colpo di stato venne evitato. L’allora Celebrante di Odino, quinto esponente della dinastia di Polaris, condannò il comandante traditore e coloro che si erano a lui alleati, persino alcuni Cavalieri di Asgard, e ringraziò il Principe della Valle di Cristallo, facendo smantellare la torre di vedetta, in segno di riconoscenza e fiducia nei suoi confronti, e istituendo insieme un servizio di sorveglianza dei confini comuni.

"Il Principe della Valle di Cristallo hai detto?!" –Mormorò Cristal, correndo a fianco ad Andromeda lungo l’irto sentiero che correva su un fianco di una montagna. –"Che fosse un antenato di Alexer, l’uomo che ha insegnato ad Acquarius?!"

"Chiunque fosse era certamente molto potente, al punto da poter contrastare il potere dei Guerrieri del Nord che, come ben sappiamo, sono avversari difficili!"

"Ah, puoi dirlo forte!" –Gli andò dietro Pegasus, ricordando i duri scontri con Thor e Orion.

"Alexer non avrebbe problemi ad affrontarli, anche tutti insieme! Ho visto di cosa è capace, ho percepito il suo cosmo! Più vasto di qualunque energia avessi percepito fino ad allora, pari a quella di un Dio!" –Esclamò Cristal, prima di fermarsi e voltarsi verso la vallata, immersa nella foschia del mattino. –"Mi chiedo dove sia adesso… È impossibile che non sappia cosa sta accadendo!"

"Avrai tempo per guardare il panorama in un altro momento, Cristal! Adesso lasciamo che Andromeda ci porti fin lassù!" –Intervenne Pegasus, mentre l’amico srotolava la catena, lanciandola verso l’alto della rupe.

"Vi aspetto in cima!" –Affermò Kiki, scomparendo e riapparendo una trentina di metri sopra le loro teste, al margine estremo della piattaforma rocciosa ove un tempo sorgeva la fortificazione orientale, estesa al punto da divenire una piccola città.

Dopo pochi minuti anche Pegasus e gli altri lo raggiunsero, guardandosi intorno con circospezione e procedendo cauti, aiutati anche dalla scarsa luminosità della giornata. Le rovine erano rivestite da un consistente manto di neve, al punto che molte risultavano impossibili da vedere, ma Andromeda ricordava abbastanza bene la strada da condurre gli amici con destrezza fino allo spiazzo dove aveva affrontato Mime, e da cui partiva un sentiero che conduceva direttamente a palazzo.

Fu allora che la Catena di Andromeda vibrò, segnalando la presenza di un pericolo, e i Cavalieri e Kiki si gettarono letteralmente nella neve per nascondersi agli occhi di una pattuglia di soldati che stava perlustrando la zona, con alcuni lupi al seguito.

Cristal si arrischiò a sollevare la testa, per scrutare gli uomini che stavano passando. Sconosciuti! Si disse. Non che conoscesse tutti i membri delle truppe di Midgard, ma avendo trascorso molto tempo nella cittadella aveva avuto la possibilità di parlare con molti di loro. E quelli proprio non sembravano loro compagni, tanto più che indossavano un’armatura diversa dalle protezioni tipiche dei guerrieri del Nord.

Era una corazza bluastra, simile ad una tuta integrale, perfettamente aderente al corpo tranne sulle spalle, dove le forme aguzze dei coprispalla puntavano verso l’esterno, e intorno alla vita, ben difesa da una cintura a cui erano affisse alcune armi. E le lance che stringevano in mano erano così diverse da quelle con cui era abituato a vederli esercitarsi, ricordavano quasi la lunga canna di un facile laser.

Per quanto non avessero fatto alcun rumore, le guardie si fermarono, guardandosi intorno, mentre i lupi iniziarono a ringhiare, annusando l’aria con naso da cacciatori, prima di iniziare a correre nella loro direzione, latrando, seguiti dai soldati.

"Lo sapevo che sarebbe successo qualcosa!" –Ironizzò Pegasus, tirando fuori la testa da un cumulo di neve e scuotendosi per togliersene un po’ da un orecchio.

"Dobbiamo fare in fretta!" –Esclamò Sirio, balzando in alto e evitando alcuni lupi che si erano lanciati su di lui. –"Prima che chiamino i rinforzi!" –Aggiunse Andromeda, liberando la propria catena che assunse subito la conformazione a tagliola, per imprigionare le bestie, mozzando loro le gambe.

Sospirando all’udire i loro guaiti, il ragazzo si volse allora verso i soldati che avevano già puntato le lance nella loro direzione, liberando raggi di energia.

Avevo ragione, allora! Si disse Cristal, evitando un affondo di una guardia e colpendola poi in pieno viso con un calcio a mezz’aria, scagliandola contro un’altra. Prima che potessero rialzarsi, aveva già espanso il proprio cosmo fermando i loro movimenti con gli Anelli del Cigno e paralizzandoli in una gabbia di ghiaccio.

"Ecco fatto, non ci daranno altri problemi!" –Si disse, soddisfatto, riunendosi agli amici, tutti incolumi.

"Dovremmo aver fatto abbastanza piano, non credete? Dubito che ci abbiano sentito!" –Esclamò Andromeda, incamminandosi avanti assieme ai compagni.

"Ne dubito anch’io!" –Disse allora una voce alle loro spalle, sorprendendoli e facendoli voltare di scatto. –"Per questo sono venuto a dare un’occhiata! Non tutti possiedono l’udito e l’acume di un lupo!"

"E tu chi sei?" –Esclamò Pegasus, osservando il ragazzetto che aveva appena parlato, a cui non avrebbe dato più di quindici anni.

Alto e magro, con un viso da adolescente sbarbato, era rivestito da un’armatura verdastra, completa di elmo a maschera a forma di testa di lupo, da cui spuntavano ciuffi di capelli azzurri, e aveva già sollevato le braccia, pronto a scattare sulle prede come una fiera affamata.

"Managarmr, questo è il mio nome! E sono il Lupo della Luna, uno dei cinque Sigtívar che il Fabbro di Inganni ha voluto nel suo esercito!"

"Il Fabbro di Inganni?! Chi è costui? Mica sarà un parente del Maestro di Ombre?!" –Bofonchiò Pegasus, prima che Sirio lo colpisse con una gomitata all’addome e gli intimasse con un’occhiataccia di congelare la sua ironia per il momento.

"Devo vietarvi di andare oltre, Cavalieri! Loki in persona mi ha ordinato di impedire a chiunque di raggiungere la cittadella di Midgard! Soprattutto a strani tipi che girano con luccicose armature!" –Esclamò Managarmr, strusciandosi il mento sospettoso.

"Beh, pensa alla tua, di corazze!" –Gridò Pegasus, scattando avanti, con l’energia cosmica attorno al pugno destro. Managarmr era però già balzato in alto, sorpassando il Cavaliere e puntando sui suoi amici, obbligando Andromeda a liberare la catena, che saettò in aria, moltiplicandosi in infinite copie. Questo non impensierì il ragazzetto, che continuò a saltare da un muro all’altro, da un pilastro all’altro, girando attorno ai cinque compagni e schivando abilmente gli affondi della catena.

"È veloce!" –Commentò Kiki, incrociando le braccia al petto. –"Ma io saprei fare di meglio! Tsè!"

"Augurati di non doverlo dimostrare presto!" –Esclamò allora Sirio, sollevando il braccio destro e poi abbassandolo di colpo, generando un piano di energia che sfrecciò avanti, colpendo Managarmr mentre, ancora in volo, stava evitando un nuovo assalto della Catena di Andromeda.

"Ehi!!!" –Gridò, venendo sbattuto al terra, con una ferita fumante sul fianco sinistro.

"Non ti ho colpito con violenza, io non attacco chi è già impegnato in uno scontro! Non è da Cavalieri!" –Commentò Sirio. –"Ma ti avviso, lasciaci andare! Ci preme raggiungere la cittadella quanto prima! Se vorrai accompagnarci, ne saremo lieti! In caso contrario dovrai affrontarci!"

"Per chi mi avete presto, per una guida turistica?! I miei ordini sono precisi! Nessuno di voi giungerà a Midgard!" –Ringhiò Managarmr, rimettendosi in piedi con un balzo ed espandendo il suo cosmo, concentrandolo nelle braccia. –"Fuoco del Lupo e del Dragone!!!" –Esclamò, scattando avanti, mentre centinaia, forse migliaia, di sagome di fiere infuocate apparivano attorno a sé, sfrecciando verso i Cavalieri di Atena.

"Non così in fretta!" –Intervenne Andromeda, liberando l’arma scintillante, mentre Sirio e gli altri si scansavano, schivando le zampate. –"Via, Onde del Tuono!" –Ordinò, moltiplicando la catena in tantissime copie che trafissero le varie sagome di lupi che Managarmr gli stava rivolgendo contro. –"Andate, voi! Lo terrò a bada io! Poi vi raggiungerò, fossi anche da solo!"

"Andromeda…" –Mormorò Sirio, conscio del significato nelle parole dell’amico. Guardò Kiki e gli fece cenno di scattare dietro a Cristal e a Pegasus, che già si erano lanciati lungo il sentiero, diretti verso la reggia.

Se vi fossero stati altri guerrieri al pari di Managarmr non avrebbero tardato a percepire lo scontro di cosmi in atto poco distante, per questo dovevano accelerare i tempi e raggiungere Midgard quanto prima per capire cosa stesse succedendo.

Non riuscirono neppure ad oltrepassare il Cancello Meridionale, fatto saltare in aria pochi mesi prima da Arge lo Splendore, durante l’attacco portato dai Cavalieri Celesti, che dovettero difendersi nuovamente. Una pioggia di frecce piombò su di loro, dall’alto della torretta di guardia, obbligando Pegasus, Sirio e Cristal a scartare di lato, mentre Kiki si difendeva creando uno scudo di energia sopra di sé.

Pegasus stava già per balzare in aria e distruggere la torretta con un colpo solo quando Cristal lo fermò, uscendo dal suo nascondiglio e pregandolo di non farlo.

"Attento Cristal, ti colpiranno!" –Esclamò il ragazzo, ma il Cavaliere del Cigno parve non prestargli ascolto, con lo sguardo sollevato verso l’alto, tentando di rivedere la sagoma che aveva intravisto tra le feritoie. Una sagoma che conosceva.

"Cristal!" –Esclamò infatti una voce poco dopo, mentre il breve assalto terminava.

Un gruppo di ragazzi scese in fretta dalle mura, correndo in direzione dei Cavalieri di Atena, guidati dall’unico bardato dall’armatura dei soldati della cittadella. Tutti gli altri indossavano infatti rudimentali corazze di pelle e cuoio ed erano armati con archi e frecce, pugnali e lance, e persino lacci per scagliare sassi.

"Bard!" –Esclamò il Cigno, felice di rivedere il giovane arciere, che l’ultima volta aveva visto steso su un lettino nell’infermeria del palazzo.

"Immaginavo che sareste venuti a salvare Asgard, Cavalieri di Atena!" –Affermò Bard, abbracciando Cristal, di fronte agli occhi attoniti di Pegasus che chiese subito cosa stesse accadendo. –"Ilda è stata fatta prigioniera, così come tutti i servitori e gli abitanti di Midgard! Quelli almeno che sono sopravvissuti!"

"Abbiamo visto i Soldati di Brina lanciare corpi dalle vetrate del palazzo, e molte erano guardie! Li conoscevamo perché ci proibivano spesso di accedere all’interno della cittadella!" –Intervenne un altro ragazzo.

"Pegasus, Sirio, Kiki, lui è Bard, l’allievo di Orion e membro della guardia della cittadella! E questi sono i suoi compagni, gli arcieri liberi della foresta di Midgard! Già una volta mi hanno prestato aiuto, dimostrando il loro coraggio!"

"Che ne è di Ilda e Flare?" –Incalzò Pegasus. –"E chi sono questi Soldati di Brina?"

"Sono l’esercito che Loki, Signore dell’Inganno, ha messo insieme in tutti questi anni trascorsi a tramare nell’ombra contro Odino e che presto marcerà su Asgard, per rovesciarne l’ordine!" –Spiegò Bard, raccontando tutto quello che avevano appreso o udito, muovendosi di nascosto fuori e dentro la reggia, cercando di uccidere quanti più nemici avevano potuto, senza mai esporsi troppo. –"La Regina è rinchiusa nelle segrete, sull’altro lato del castello!"

"So dove sono!" –Disse subito Cristal. –"Andiamo, dobbiamo liberarla!" –E scattò avanti, subito seguito da Pegasus, Sirio, Kiki, Bard e i suoi amici, sfrecciando attraverso quel che restava dell’antico cancello e dirigendosi verso il lato ovest.

Ma non appena girato l’angolo, incrociarono un plotone di Soldati di Brina che stava accorrendo proprio al cancello, richiamato dal recente tramestio, dando inizio ad un rapido scontro tra i due gruppi.

"A terraaa!!!" –Gridò Pegasus ai compagni, evitando i fasci energetici lanciati loro contro, prima di spiccare un balzo, aiutandosi con le ali della sua Armatura Divina, e piombare sui nemici con il pugno teso. –"Fulmine di Pegasus!!!"

Molti caddero al primo colpo, ma altri cercarono di riorganizzarsi e reagire, puntando le lance contro di lui.

"Dobbiamo fermarli!" –Disse allora Bard, tendendo l’arco. –"Non devono colpirlo, non al viso quantomeno!" –E scoccò una freccia, subito imitato dai suoi compagni, che raggiunse al collo un guerriero, stramazzandolo a terra.

"Cosa intendi?!" –Gli si avvicinò Cristal, travolgendo alcuni Soldati di Brina con l’impeto della sua Polvere di Diamanti.

"Non sono raggi qualunque quelli che le lance emettono! Sono raggi congelanti! Li abbiamo visti in azione, contro le guardie della cittadella! È stato orribile, li hanno tramutati in statue di ghiaccio e poi le hanno distrutte! Non è rimasto niente…"

"Lo so! Certi fantasmi sono duri a morire!" –Disse Cristal, poggiandogli una mano su una spalla, ritenendo opportuno che fossero loro, i Cavalieri, ad occuparsene. –"E in fretta anche!" –Aggiunse, sollevando le mani al cielo e liberando poi una devastante corrente di gelo che travolse i rimanenti seguaci di Loki, scagliandoli in ogni direzione, avvolti dallo stesso freddo di cui si dichiaravano portatori.

"Ben fatto, Cristal!" –Esclamò Pegasus, riunendosi all’amico, assieme a Sirio che aveva protetto Kiki. Ma non ci fu tempo di parlare d’altro che già una seconda carica di Soldati di Brina si fece loro incontro, prima di essere seguita da una terza, proveniente questa volta dall’ingresso della fortezza, cingendoli così d’assedio.

"Beh, direi che dobbiamo procedere alla vecchia maniera!" –Ironizzò il Primo Cavaliere di Atena, espandendo il cosmo e lanciandosi avanti, una sfera di energia azzurra che sfrecciò in mezzo ai nemici, distruggendo le loro linee, mentre questi invano cercavano di fermarlo, liberando raggi congelanti in ogni direzione.

"Giù, Kiki!" –Gridò Sirio, buttandosi sul ragazzino e spingendolo a terra, in tempo per evitare di essere raggiunto da un fascio di energia azzurra, che lo colpì ad un’ala dell’Armatura Divina, ricoprendola subito di uno strato di ghiaccio.

Fu allora, mentre il Cavaliere del Drago ringraziava Efesto per aver potenziato le loro corazze con il mithril, e Kiki si rimetteva in piedi, scuotendosi la neve di dosso, che entrambi percepirono un’oscura presenza incombere su di loro. Un’ombra capace di ottenebrare quel poco di luce che poteva raggiungere le terre del nord.

"Dei dell’Olimpo!!!" –Mormorò Sirio, sollevando lo sguardo, presto imitato da Kiki, Cristal, Bard e gli altri. Persino i Soldati di Brina sembrarono fermarsi un momento, impressionati dalla gigantesca sagoma di un lupo comparsa sopra di loro.

Alto quasi quanto il palazzo dei Polaris e ricoperto da una pelliccia nera, con folte striature grigie, Skoll, fratello di Hati, concepito nel Bosco di Ferro, sogghignava alla vista delle prede che tanto aveva atteso, con la bava che colava dagli affilati denti che suo padre, Fenrir, massimo lupo famoso, gli aveva donato.

***

Alcor non incontrò grandi difficoltà nel raggiungere la Casa delle Nebbie.

Grazie alle indicazioni di Huginn e Muninn, che avevano preferito accompagnarlo, si era fatto un’idea della direzione da seguire, sebbene neanche lui si fosse immaginato una simile desolazione. Orion lo aveva avvisato che all’ingresso del regno di Hel avrebbe dovuto evitare un cane gigantesco, cosparso dal sangue dei defunti che, ivi giunti, tentavano di sottrarsi alla morte, senza mai riuscirci.

Ma della bestia infernale non aveva trovato traccia, soltanto la catena spezzata a cui era stato legato. Facendo attenzione che non vi fossero guardie o trabocchetti, Alcor aveva proseguito la sua discesa nel Niflheimr, fiancheggiando il fiume urlante, i cui flutti riecheggiavano delle grida dei morti, e oltrepassando il ponte d’oro fino a giungere alla Porta di Hel, ultimo avamposto verso le lande dei morti.

Là abbatté il custode di tale varco, un gallo dalle penne di ruggine, con un’unghiata così lesta da impedirgli di cantare per avvisare dell’attacco. Se ne sbarazzò ancor più rapidamente, gettando il cadavere nelle acque di Gyoll, che lo accolse con un ululato straziante. Da lì in poi iniziava l’immenso deserto di ghiaccio a cui erano destinati i morti per vecchiaia e adulterio o coloro che si erano macchiati di turpi misfatti.

Anime prave che non sarebbero state accolte dall’idromele delle Valchirie, bensì dal frastornante silenzio della desolazione, né avrebbero assaggiato il delizioso cinghiale Sæhrímnir, a differenza di noi Einherjar. A questo pensava Alcor sfrecciando sulle gelide lande avvolte da nebbia eterna, con i corvi in volo sopra di lui. Sei occhi che si guardavano continuamente attorno, timorosi di un agguato che però non arrivò. Fu solo quando giunsero a Eliudhnir che iniziarono a sentire suoni più distinti, ben diversi dal monotono stormire del vento.

Alcor si accostò alle rovine della Casa delle Nebbie, mescolandosi alle tenebre di Hel, e girò per qualche minuto attorno alla reggia, giungendo infine in quella che un tempo doveva essere la corte. Là, nascosto dietro cumuli di ghiaccio franato, osservò una vecchia conoscenza intenta a parlare con un uomo, sorvegliati da un enorme cane, probabilmente quello che avrebbe dovuto incontrare all’ingresso di Hel.

Orion non scherzava riguardo alle dimensioni di questo cagnaccio! Si disse il Cavaliere, tendendo i sensi e cercando di capire cosa stessero dicendo. Soltanto scrutando bene all’interno di quella fitta nebbia riuscì a individuare altre sagome di fronte a Megrez. Alte e mostruose, parevano fondersi con l’aria gelida dell’inferno.

Alcor strinse i pugni, realizzando di aver intravisto per la prima volta un Gigante di Brina, gli Hrimthursar che Odino tanto temeva.

"Hai dunque radunato le tue truppe, possente Hrymr?" –Esclamò allora Megrez, con voce tronfia.

"Tutta la mia stirpe è in marcia verso Asgard!" –Commentò il sovrano degli Hrimthursar, l’unico in grado di esprimersi in lingua corrente.

"Molto bene! Odino non si aspetterà un attacco su più fronti, né certo immaginerà che siamo riusciti a radunare quasi tutti i Giganti di Brina! Eppure dovrebbe temere il freddo settentrione! Ah ah ah!" –Rise Megrez, fregandosi le mani soddisfatto. –"Andate ora! Attaccate senza avere pietà, perché gli Asi non ve ne faranno dono! Risalite l’Albero Cosmico, congelandolo e spezzandolo! Come spezzeremo la testa del Vecchio Guercio! Ah ah ah!"

Hrymr non aggiunse altro, incamminandosi avanti, seguito da altre sagome deformi che neppure l’acuto sguardo di Alcor riuscì a distinguere con sufficiente chiarezza. Poté soltanto contarle, o quantomeno provarci, perdendo il conto ad un certo punto, poco prima del migliaio. Rabbrividì, chiudendosi nel mantello e riflettendo che quel che stava accadendo aveva superato le loro più fosche previsioni. Neppure Odino si sarebbe aspettato un attacco così numeroso.

Si risollevò, convinto di aver vinto abbastanza, e fece cenno a Huginn e Muginn di andarsene, ma in quel momento venne investito da una raffica di vento che turbinò attorno al suo corpo, sollevandogli il mantello e spandendo nell’aria il suo odore. Né Megrez né suo padre vi avrebbero prestato attenzione, non fosse stato per i latrati persistenti di Garmr, il cui naso fino aveva percepito qualcosa.

Abituato all’odore dei morti che varcavano la soglia di Gnipahellir, la grotta della rupe, ove era stato incatenato millenni addietro, il cane dalla gran mascella riconobbe subito una fragranza diversa, l’aroma di un vivo, lanciandosi in direzione di Alcor.

I corvi subito si sollevarono, sfrecciando al riparo delle mura di Eliudhnir, e Megrez impugnò la spada, infiammandola all’istante, prima di seguire Garmr assieme a suo padre. Sulle prime non videro niente, per quanto il latrare persistente del cane indicasse che qualcosa c’era, qualcosa doveva pur esserci in quell’ammasso di nebbia che persino loro che vi dimoravano avevano difficoltà a penetrare con lo sguardo.

D’un tratto Megrez sorrise, avendo riconosciuto il cosmo del nemico.

"Che cos’abbiamo qua, Garmr? Un topolino? O forse… un bel gattino?!" –Ghignò, scagliando la spada infuocata avanti a sé, fino a conficcarla nel muro di ghiaccio del palazzo, che subito avvampò, rischiarando l’intero versante e permettendo all’ombra di Alcor di apparire sul terreno, un istante prima che l’Einherjar decidesse di rivelarsi. –"Che sorpresa, Alcor! Sei venuto a trovarci? Carino da parte tua! Avresti potuto portare tuo fratello, così avremmo potuto uccidervi assieme, di nuovo! Ahr ahr!" –Rise, prima di ordinare a Garmr di caricare.

Alcor cercò di evitare l’immonda belva, sfrecciando di lato, per poi balzare contro le mura di Eliudhnir e darsi la spinta per scavalcarla, approfittandone per lanciarle un’unghiata di pura energia, che lo spinse di lato, imbestialendola ulteriormente. Non fece però in tempo ad atterrare che Megrez era già su di lui, la spada saldamente nella mano destra, che squarciava l’oscurità dell’inferno con rapidi e continui movimenti.

Il Cavaliere della Tigre Bianca balzò di lato in lato, sfruttando la felina agilità che gli era propria e infastidendo il servitore di Hel, a cui strappò un borbottio nervoso, prima di sfoderare gli affilati artigli e scheggiargli il bracciale della corazza, poco sotto il polso, facendogli perdere la presa della spada.

"Maledetto!!!" –Ghignò Megrez, mentre Alcor si preparava per caricarlo di nuovo, stavolta frontalmente. Ma non riuscì a raggiungerlo che venne sollevato in aria da un’impetuosa tempesta di gelo, da cui non poté liberarsi, per quanto si dimenasse, venendo infine schiantato contro le mura della Reggia di Hel, che crollarono su di lui.

"Spero che vorrai scusare mio figlio…" –Commentò l’uomo che aveva generato quella tormenta, sfruttando gli elementi naturali dell’ambiente circostante, mentre Alcor, boccheggiando, si liberava dei detriti. –"Ma ha la pessima abitudine di perdersi in giochi infantili! Giochi che, alla lunga, possono essergli fatali!" –E nel dir questo mosse il braccio destro, generando un’onda di energia gelida che Alcor tentò di evitare scivolando di lato, ma nel farlo si espose al rinnovato assalto di Megrez, già su di lui con la spada in pugno.

Alcor fu abile ad evitare l’affondo, ma una fiammata lo raggiunse comunque al fianco destro, incrinando l’armatura e obbligandolo ad un balzo indietro. Il padre di Megrez ne approfittò allora per dirigergli contro un nuovo attacco di energie naturali, carico di tutta la nebbia, il vento e il gelo che Hel potevano offrirgli.

"Io vi invoco Anime della Natura infernale! Sterminatelo!" –Sibilò, concentrando al massimo i propri sensi.

"Ah è tuo padre, Megrez? Avresti potuto presentarci, non credi?!" –Ghignò Alcor, cercando di sfuggire all’ammasso turbolento che stava piombando su di lui da ogni direzione. –"La maleducazione si paga! Bianchi artigli della Tigreee!!!" –I raggi di energia falciarono l’assalto del padre di Megrez, pur senza fermarlo del tutto, e Alcor non riuscì ad evitare di essere investito.

Era un potere strano, si disse rialzandosi, un potere che non aveva mai affrontato. Aveva osservato spesso Megrez nella foresta di Midgard usare i rami e le radici degli alberi come armi, ma non gli erano mai parsi fonte di preoccupazione. Eppure suo padre riusciva a fare qualcosa di più, a usare tutti gli elementi della natura per convogliarli in un unico assalto. Un misto di gelo e tenebra, intriso di Hel.

Mentre stava riflettendo su una strategia per neutralizzare tale infida tecnica, Alcor sentì il fiato di Garmr farsi più vicino e la sagoma del cane infernale lanciarsi su di lui, con l’enorme mascella desiderosa di stringerlo e strappargli le budella. Per evitarlo, si lasciò scivolare sul terreno ghiacciato, sfrecciandogli proprio tra le zampe e colpendole con i suoi artigli affilati, sì che sangue sprizzasse fuori e anch’esso provasse lo stesso tormento cui aveva destinato gli occupanti di Hel.

"La corsa finisce…" –Esclamò Megrez, che, avendo notato i movimenti rapidi del Cavaliere, si era subito portato sull’altro lato del cane, piombandogli addosso con la spada tesa e colpendolo di nuovo dove lo aveva raggiunto in precedenza. –"…così!"

Suo padre approfittò di quell’attimo per fermare i movimenti di Alcor con un turbine di gelo e nebbie, dando tempo al figlio di caricare il suo colpo segreto.

"Teca viola dell’ametista!" –Gridò Megrez, intrappolando il corpo di Alcor in un rozzo feretro violaceo, senza perdersi la smorfia sul suo viso, distorta in quello che pareva quasi un urlo di guerra. –"Ce l’avrei fatta anche senza il tuo intervento!" –Aggiunse infine, voltandosi verso suo padre. –"Perché ti sei intromesso?"

"Non hai ascoltato quel che ho detto al Cavaliere della Tigre? A forza di giocare con il fuoco si rimane scottati! Dovresti saperlo dato che sei stato così vicino a realizzare la profezia del Libro del Destino e poi ti sei lasciato sfuggire la vittoria di mano, cadendo vittima di uno dei tuoi stessi trucchi!"

"Hai poco da criticare tu che sei andato incontro a medesima sconfitta!" –Ringhiò Megrez, prima che suo padre si avvicinasse e lo fissasse con occhi iniettati di sangue.


"Ma dove sono morto io nessun’uomo era mai giunto! Anche se solo per un attimo, posso gloriarmi di aver messo piede ad Avalon!"