CAPITOLO QUINTO: IL LAMENTO DI LOKI.

Flare e Loki, sotto le mentite spoglie di Cristal, non ebbero alcun problema ad attraversare Asgard, e tutti quei sorrisi che il Buffone Divino era costretto a fingere, rivolgendosi a chi gli andava incontro o si fermava a salutare la coppia, gli venivano spontanei. Gli salivano dal profondo del cuore, pensando all’inganno di cui quegli ignari guerrieri o Dei minori erano vittime e alla realizzazione del suo meticoloso piano, messo in atto in lunghi secoli di esilio dalla città degli Asi.

Aveva dimenticato quanto fosse divertente assumere l’identità di qualcun’altro, mutando non soltanto i tratti estetici ma anche la voce, che sapeva assumere l’adatta melodiosità, e i gesti caratteriali, rendendo praticamente impossibile distinguere un falso dalla sua versione reale. Persino Flare, che all’aroma di Cristal e alla sensazione di sentirlo al suo fianco era abituata, spesso era colta dal dubbio, spesso provava agitazione al pensiero che l’uomo a braccetto del quale stava camminando per le trafficate vie del regno degli Asi fosse così identico a colui che amava.

La ragazza sorrise, mentre Loki dettava il passo, e capì che di Cristal era davvero innamorata, per quanto qualche dubbio l’avesse ultimamente invasa, dubbio che le aveva fatto ripensare a Artax, l’amico con cui era cresciuta, il fratello che non aveva avuto e con cui aveva trascorso l’infanzia e l’adolescenza. Felice, come aveva saputo farla essere fino alla Guerra dell’Anello.

In quel momento tutto era cambiato, loro erano cambiati, ed erano cresciuti, avevano fronteggiato le loro responsabilità. Lei come Principessa di un regno soggiogato da una volontà aliena, lui come Cavaliere di una Regina di cui non aveva saputo riconoscere il male e a cui era rimasto fedele fino alla morte.

Sospirò, mentre Loki, che certamente stava leggendo i suoi pensieri, la condusse fino al ponte che passava sul fiume Thund, al di là del quale si innalzavano le altissime mura del Valhalla. E fu allora che l’astuto Dio capì di non poter procedere oltre.

Tutte quei soldati di fronte alla Porta Principale e quegli stendardi che sventolavano dalle finestre in alto, ognuno con sopra ricamato un simbolo, quello della Divinità presente, fecero comprendere a Loki che Odino si era già mosso, convocando un’assemblea di tutti gli Asi, e che entrare a palazzo in quel momento avrebbe significato non uscirne più. Non perché temesse di essere riconosciuto, da quei cialtroni guerrieri che tante volte aveva ingannato nel corso dei secoli, con i travestimenti più disparati, ma perché lo avrebbero certamente voluto con loro, al loro fianco, a discutere dei preparativi di guerra, a chiedergli rinforzi da Atene, ad elaborare altre mille strategie, facendogli così perdere tempo prezioso.

Heimdall era rientrato a Himinbjörg, per continuare la sua missione di vedetta, ma Loki era certo che non sarebbe passato molto tempo prima che qualcuno, se non un messaggero dello stesso guardiano di Bifrost, avesse informato Odino della presenza della Principessa di Midgard e del Cavaliere di Atena ad Asgard, sebbene la confusione di quel giorno avrebbe potuto fargli guadagnare minuti preziosi.

"Maledizione!" –Commentò, fermandosi sotto l’ampio portico di un palazzo e trascinando Flare nell’ombra con sé. –"Non possiamo entrare all’interno del Valhalla! Questo significa che non possiamo scendere in Hel passando da Yggdrasill, la cui prima radice sorge nel giardino sul retro della fortezza! Ma non mi scoraggio, l’importante era per me rientrare in Asgard, da qui proseguiremo in un modo diverso!" –E nel dir questo deformò i tratti del suo viso e del corpo, divenendo una signora di mezza età, la schiena ricoperta da un lungo mantello grigio. Ordinò a Flare di coprirsi la testa con lo scialle e si avviò assieme a lei nella direzione opposta del Valhalla, mescolandosi alla folla di persone che brulicava nella città.

Camminarono per quasi un’ora, lasciandosi alle spalle le sontuose residenze degli Dei del Nord, che Flare aveva solo parzialmente visitato nei suoi soggiorni precedenti, prima di raggiungere le propaggini di un prato che discendeva verso valle. Là, Loki mutò di nuovo il suo aspetto, assumendo quello di una possente aquila, dal magnifico piumaggio argenteo, intimando Flare di salirgli sul dorso.

"Mira i poteri del manto di piume che rubai a Frigg! Lei lo usava per svolazzare in giro, magari per controllare che il guercio non fosse intento a esigere dalle Valchirie servizi diversi da quelli che gli spettavano! Ma io lo destinerò a scopi più elevati, scopi di conquista!" –Le disse ridendo. –"Ma non temere! Non ti lascerò cadere! Sebbene il tuo compito sia giunto a termine, avendomi fatto entrare all’interno di Asgard, provo simpatia nei tuoi confronti, per cui ti concederò di vedere mio figlio!"

"Tuo… figlio?!" –Balbettò Flare, montando sulla schiena dell’aquila, che subito spalancò le ali, sollevandosi in cielo e volando verso l’ingresso di Hel.

"Uno dei tre che ebbi dalla Gigantessa Angrbodhra! Sono stato capace di amare e unirmi a molte creature, Principessa, sebbene possa sembrarti strano, perchè l’amore e la passione sono sentimenti che vanno al di là del pudore e del sentire comune! Comunque, gli Asi invidiosi diffusero voci secondo cui un grande male sarebbe scaturito dai fanciulli, spingendo Odino a gettarli in angoli diversi dei nove mondi, separandomi da loro!" –Disse, iniziando a scendere di quota.

Ai margini di Asgard, molto più in basso rispetto alla fortezza imponente che persino da lontano emanava un acceso bagliore, tra dirupi e voragini era accuratamente celata una caverna profonda, un baratro che molti avevano definito Ginnungagap, in riferimento all’abisso primordiale esistente prima della formazione della Terra. La fessura, stretta e ostile alle visite, era custodita a vista dal cane infernale, Garmr.

Loki, entrandovi, non fu troppo sorpreso di non trovarlo lì, intento a sbranare qualche morto, e la catena spezzata gli fece capire che anch’egli era stato liberato. E presto non sarà più solo! Sibilò, sfrecciando all’interno del Regno degli Inferi.

Flare rabbrividì all’istante, alla vista di quel paesaggio desolato e terribile, e ricordò la descrizione che Cristal le aveva fatto di ritorno dalla sua breve avventura con Orion e Artax. Un immenso nulla. Una descrizione calzante, ironizzò la ragazza.

"Non esserne così sicura!" –Parlò allora Loki. –"La morfologia di Hel è variegata, per quanto all’apparenza non possa sembrare! Ci sono montagne e caverne, laghi e fiumi, e persino una spiaggia!" –Aggiunse, sbattendo sempre più le ali, per quanto ostacolato dall’imperterrito soffiare del vento.

Arrivarono infine in un lago sotterraneo, che si estendeva cupo e silente al di sotto del deserto di ghiaccio, in un luogo così profondo e oscuro che Flare temette quasi non esistesse, se non nei suoi incubi peggiori. Al centro del lago, che la ragazza apprese si chiamava Amsvartnit, sorgeva un’isola con nient’altro se non una collina di erbacce, da cui provenivano lamenti angosciosi, simili all’ululare uggioso del vento che spazzava le distese di Hel.

"Eccoci dunque!" –Esclamò Loki, atterrando ai margini dell’isola Lyngi, poco distante dalle nere acque, su cui Flare si specchiò, osservando la nuova trasformazione di Loki, quella con cui il Buffone Divino riprendeva possesso delle sue forme perfette. –"La mia vendetta quest’oggi troverà compimento!"

"Ti prego, no!" –Gridò allora Flare, afferrandolo per un braccio e obbligandolo a voltarsi verso di lei, stupito da un ardore che non sospettava possedesse. Neanche lei lo immaginava, ma sapeva di non poter far altro in quel momento, da sola, ai confini del mondo, con la Divinità più infida e potente che avesse mai incontrato. Così lo fissò e pianse, tenendogli le mani tra le proprie. –"Ti prego, Loki, ascoltami! Ferma questa pazzia, ferma questa guerra! A cosa porterà? Ad altro dolore e morte!"

"Credi che non lo sappia?" –Affermò il Dio, impassibile.

"E allora perché? A che giova insistere e distruggere un regno e tutti i suoi abitanti? Arde davvero così tanto in te la brama di gloria, la voglia di ricchezza?!"

"Gloria e ricchezza?! È questo a cui credi io miri?!" –Sibilò Loki, ritirando le proprie mani. –"Se così è, Flare di Polaris, non hai capito niente di me, e meriti una morte atroce, la stessa che infliggerò agli Asi che tanto veneri e alla Celebrante tua sorella!"

"Se non è il potere che ti spinge, allora cosa? Spiegamelo perché ci terrei a capire cosa può essere così forte da ottenebrare una mente geniale come la tua, volgendola al male!"

"Mente geniale, dici il vero, ma mente che mai gli Asi hanno apprezzato! Deriso mi hanno per millenni, schernito per le mie perversioni sessuali, per i miei poteri di trasformismo, che mi permettevano, a mio piacimento, di essere tutto o niente! Non sono mai stato forte come Vidharr, né abile in battaglia come Tyr, né puro come Balder! Ma ero astuto e intelligente, e ho cercato di fare di questo dono la mia forza!" –Raccontò Loki, prima di fissare Flare negli occhi. –"Ho cercato anche di mettere i miei poteri al servizio degli Asi, che non hanno esitato a servirsene ogni qualvolta ci fosse da risolvere un problema così delicato che solo la malia di Loki poteva averne ragione! E come mi hanno ricompensato?! Con questo!!!" –Ringhiò, strappandosi le vesti e mostrando il suo corpo per com’era realmente. Muscoloso, senza dubbio, ma anche solcato da segni che a Flare parvero inizialmente cicatrici, resti di frustate a cui doveva essere stato sottoposto.

"Oh no, sono molto di peggio! Sono la vergogna degli Asi e il motivo della mia vendetta!" –Avvampò Loki. –"Vendetta!!! È questo che cerco! Riscatto per l’umiliazione che gli Asi mi hanno inflitto, in quella caverna!"

"Quale caverna? Cos’è accaduto Loki?"

"Davvero tu non sai, dolce Principessa dai morbidi capelli? Ah ah, strumento innocente nelle loro mani allora sei! Poiché tutti conoscono la punizione di Loki, i cui segni tuttora porto sul corpo e sul viso!" –Esclamò, avvicinandosi alla ragazza che vide come le strisce che aveva notato sul suo petto fossero presenti anche sul volto. –"Non le avevi viste, me lo immagino! I miei poteri le nascondono, e continuerò a celarle finché avrò una stilla di vita! Le detesto, ma al tempo stesso mi ricordano la mia missione, la vendetta contro Odino che ho deciso di perseguire e che porterò a termine, unendo tutti coloro che dagli Asi sono stati feriti o umiliati almeno una volta! I morti confinati in Hel, che non hanno mai ammirato lo splendore del Valhalla, destinati a bere urina di capra dai demoni infernali! I miei figli, che come me hanno incontrato un macabro destino! I Giganti di Brina e di Fuoco, dagli Asi sempre combattuti e temuti, per la loro deformità!

Vedi, piccola Flare, gli Dei a cui sei devota hanno avuto il brutto vizio di temere, fin dalla creazione, tutto ciò che non sono riusciti a comprendere, tutto ciò che poteva rivolgersi loro contro! Per questo si sono fatti la guerra tra di loro, per lunghi secoli, fino a capire che non ne sarebbero usciti se non con la distruzione reciproca, di Asi e di Vani! Così hanno stabilito una pace, non perché la volessero, bada bene, non perché ci tenessero ma perché era necessaria per la conservazione delle stirpi! E poi danno a me del buffone, quando loro per primi non hanno capito i valori che dovrebbero essere alla base della convivenza sociale! Quale ironia!"

"Le tue parole ideali cozzano però con i tuoi comportamenti, Loki! Non ti avrebbero cacciato da Asgard se tu non avessi continuamente tentato di sovvertire l’ordine!"

"È vero, l’ho fatto! Ma credi che gli altri Dei siano perfetti? Ooh, sono ben lungi dall’esserlo! Tra loro si celano assassini e violenti, sodomiti e peccatori! Quanti morti Odino e Tyr hanno causato? Quante vite hanno reciso, di uomini, giganti o altri Dei con cui erano in disaccordo? E a quale passione si sono abbandonati Freyr e sua sorella Freya, nati da un rapporto ugualmente incestuoso di Njörðr, Signore dei Venti? Ma, su tutte le loro colpe, come hanno osato ridurmi così???" –Strillò, con tutta la voce che aveva in corpo, ghiacciando Flare che non osava più fiatare, impressionata dal repentino cambio di umore del Dio dell’Inganno.

"Tentai di uccidere Balder millenni addietro, non lo nego! Perché in una profezia veniva indicato come l’uomo della rinascita, la chiave di volta che avrebbe impedito il compiersi del Ragnarök, processo a cui è stata volta tutta la mia esistenza! Fallii, ma gli Asi non mi perdonarono! Imprigionato, privato dei miei poteri grazie alle rune che mi diressero contro, mi portarono in una caverna come questa, da qualche parte negli sconfinati abissi del Niflheimr e mi torturarono, per il piacere di vedermi agonizzare! Uccisero due miei figli, davanti ai miei occhi, e mi legarono con le loro budella! In questo modo, mi disse Odino, avrei provato quel che prova un genitore a perdere un figlio! Poi mi misero un serpente sul capo, in modo che il veleno uscisse dalla bestia e cadesse sul mio volto, infiammandomi l’intero corpo e portandomi pian piano alla pazzia! E, ammetto, ci stavo quasi per diventare pazzo!

Abbandonato nei recessi dell’inferno, intriso di veleno e morte, rimasi da solo per secoli, senza nessuno che venisse a farmi visita. Nemmeno Odino scese mai, nemmeno lui che avrei creduto mi avrebbe perdonato. Poi un giorno, o forse una notte, non saprei dirlo perché persi il computo dei giorni vivendo in una tenebra continua, un’ombra si palesò di fronte ai miei occhi, uccidendo il serpente e disintegrando le catene che mi tenevano prigioniero alla lastra di pietra. Crollai a terra, inerme, e lì rimasi per qualche ora e quando trovai infine la forza per rialzarmi l’ombra era ancora là e aveva assunto la forma di un uomo rivestito da un’armatura scarlatta. Senza tanti preamboli, mi disse che sapeva chi fossi e che voleva che tornassi a vivere perché il mio ruolo nell’universo era lontano dall’essersi compiuto.

"Tu sei Loki, il Signore dell’Ambiguità, non un debole Dio qualunque e quella che io ti offro è la strada per la tua vendetta!" Non aggiunse altro e se ne andò, lasciandomi in mano quel che mi permise di rimettermi in forze, curando le ferite e la mia pelle, la cui perfezione era ormai stata violata. Una pietra nera, la stessa che mi permetterà adesso di liberare mio figlio!" –Gridò, mostrando il palmo della mano destra, ove una pietra scura, quasi un frammento di notte, riluceva sinistra, emanando una luce di tenebra che avvolse prontamente Loki.

"Fenrir!!!" –Esclamò allora il Calunniatore degli Asi, presto destinato a divenire il Castigatore degli stessi. –"Svegliati!"

Fu allora che la terra tremò e le acque del lago sotterraneo si mossero, mentre quella che Flare aveva creduto fosse una collina spoglia si sollevò, apparendo ancora più grande di come le era sembrata. Inorridita, la Principessa notò le zampe dell’immensa bestia allungarsi e il muso prendere forma, e solo in quel momento comprese che l’ululato che aveva udito all’inizio, l’ululato che imperversava in tutto l’inferno, non era dovuto al vento, ma alla sofferenza e alla rabbia della creatura.

"Principessa di Midgard, ti presento mio figlio Fenrir, il lupo più immenso che abbia mai calcato le terre di Asgard! Quella spada che vedi piantata tra le sue mascelle è un regalo degli Asi tuoi amici, per obbligarlo a tenere la bocca aperta, impedendogli di sbranare qualche incauto viaggiatore! Come se fossero molti i viaggiatori che sono venuti a fargli visita! E questo lago, il cui livello delle acque mi pare decisamente aumentato dalla mia ultima visita, è stato formato dalla saliva di Fenrir, accumulata in millenni di prigionia! Misero destino ti è toccato, vero, figlio mio?" –Esclamò Loki, mentre il lupo si agitava, scuotendo le zampe, fissate con una catena magica forgiata dai nani nelle loro montagne e intrisa degli incantesimi delle rune degli Asi. Una catena che Loki, alla sua prima visita, non ebbe la forza per distruggere, dovendo rimandare la liberazione del figlio, aspettando un momento più opportuno per la rimpatriata di tutte le forze del male.

"E quel momento è adesso!" –Sibilò, espandendo il proprio cosmo, che saturò l’aria della caverna sotterranea, mentre migliaia di folgori si attorcigliavano attorno al suo corpo, concentrandosi sul braccio, teso avanti a sé. Una tempesta di fulmini si abbatté su Gleipnir, il laccio forgiato dai nani, mandandolo in frantumi, e ugualmente fecero con i massi a cui la catena era fissata e con la spada che Fenrir aveva in gola.

Finalmente libero, l’immenso lupo ululò, scuotendo il Niflheimr dalle fondamenta. Nessuno poté sfuggire a quel suono, a lungo atteso e al tempo stesso temuto. Megrez e suo padre, intenti a curare le rifiniture di Naglfar, nella baia di Nastrond, o Hel e i suoi servitori, nella Casa delle Nebbie, o Hrymr e i Giganti di Brina, intenti a marciare verso le radici del Frassino Cosmico. Persino Alcor, imprigionato nella teca di ametista, lo percepì, e avrebbe tremato se avesse potuto.

"Föðr… Padre…" –Esclamò Fenrir, fissando il Dio dall’alto, con i suoi intensi occhi rossi. –"Cibo…" –Aggiunse, subito dopo.

"Ooh, sì sì, è naturale che tu sia affamato figlio mio! Non ti dico quanti chili ho perso io in secoli di prigionia, o forse millenni? Non ricordo, quel che è certo è che la mia linea ne ha guadagnato!" –Ironizzò Loki, prima di voltarsi verso Flare, silenziosa e tremante accanto a lui. –"È giunta l’ora di restituire il favore agli Asi! Ah ah ah!" –Ridacchiò, sollevando la ragazza e portandola al centro dell’isola, mentre Fenrir si sgranchiva le gambe, prima di balzar fuori, distruggendo una parte del soffitto della caverna. –"Ammira la tua nuova casa, Principessa di Midgard! È un po’ spoglia, ma è ariosa!" –E la avvolse in quel che restava di Gleipnir, fissandola sotto alcuni massi.

"Loki!!! Non puoi lasciarmi qui! Loki!!!" –Gridò Flare, in lacrime. –"Hai promesso a Ilda! Hai promesso a mia sorella!"


"Le ho promesso che non ti avrei fatto del male, e puoi forse dire che ti ho picchiato, violentato o massacrato selvaggiamente?" –Ironizzò il Dio. –"Sei stata fortunata, ragazza mia, più di quanto ti aspettassi! Avevo pensato di ucciderti appena entrati in Asgard e gettare il tuo corpo in fiamme all’interno del Valhalla, come biglietto da visita per Odino, ma poi ho cambiato idea! Mi sarebbe dispiaciuto rovinare le tue belle cuffiette! Ah ah ah! Da Odino invece mi presenterò con un diverso biglietto d’ingresso! Addio, Principessa, possa il tuo essere un regno lungo e felice! Ah ah!"

Non aggiunse altro e se ne andò, uscendo dalla caverna e raggiungendo Fenrir all’esterno, che chinò la testa, permettendo al padre di salirvi sopra per poi mettersi a cavalcioni su di essa, prima di dargli l’ordine che da tempi immemori attendeva.

"Alla conquista di Asgard, figlio mio! Heim! Verso casa! La nostra nuova casa!"

***

Ilda era rannicchiata nella prigione del palazzo dei Polaris, immobile nel suo silenzio fin da quando Loki ve li aveva condotti. Enji camminava avanti e indietro per la stanza, per scaldare le gambe e non cadere vittima del freddo, osservando Fiador, seduto poco distante, tremare alacremente, certo che sarebbe diventato pazzo, incapace di sopportare ulteriormente quella tensione.

"Mia Signora!" –Esclamò infatti il ragazzo poco dopo. –"Mia Signora vi prego, fate qualcosa! Voi dovete fare qualcosa, siete l’unica qua… che ha il potere!"

"È ben poco il potere in mio possesso, giovane Fiador, e quel poco l’ho sempre usato per il benessere della nostra città, per pregare Odino affinché alleviasse le nostre condizioni di vita, rendendo sopportabile l’esistenza in quest’angolo di mondo! Cosa posso fare, adesso? Di fronte ad un potere così grande da non essere compreso neppure da chi ha contribuito a scatenarlo?!" –Disse la Celebrante, con voce triste.

"Potete liberarci! Vi prego, fatelo! Spezzate queste catene, abbattete la porta e andiamocene! Al vostro cosmo lucente le guardie non potranno opporsi!"

"No, non potrebbero!" –Mormorò Ilda. –"Ma non lo farò! Non ha alcun senso, ora! Se anche riuscissimo ad uscire da questa segreta, dove andremmo? L’intero castello è occupato dai servitori di Loki e percepisco orribili creature aggirarsi nei dintorni! È forse più sicuro per noi rimanere qua dentro che balzare nelle loro fauci! Inoltre…" –E nel dir questo il suo volto si incupì ulteriormente. –"Flare è nelle mani di Loki e, per quanto abbia la sua parola, non mi fido affatto del Grande Ingannatore!"

"Ma Regina!!!" –La implorò quasi Fiador, prima che la voce di Enji sovrastasse la propria, intimandogli di non disturbare ancora la meditazione della Celebrante.

"Umpf, forse mio padre non aveva poi così torto quando sollevò gli altri nobili contro di voi! Se tutto quel che sapete fare è rinchiudervi in un’inutile preghiera, di ben poco aiuto siete alla causa della libertà di Asgard!" –Bofonchiò il ragazzo.

"Ci sono valori più importanti, Fiador, che forse oggi sei troppo giovane per comprendere, cause ben più grandi rispetto alla nostra, sia pur degna, esistenza!" –Parlò Ilda, con tono pacato, senza curarsi delle crude parole ricevute.

"E cosa può esserci di più importante della nostra vita?"

"La vita dell’intera umanità!" –Esclamò la Regina di Polaris, zittendo il giovane. Quindi fece per riprendere la sua meditazione, ma un rumore la distrasse, un insieme di rumori provenienti dall’esterno, simili ad uno scontro in corso. Sulle prime sussultò, temendo che i Soldati di Brina si fossero abbandonati a indicibili massacrati verso le guardie della cittadella. Ma il clangore non accennava a diminuire, anzi si stava facendo persistentemente vicino, e questo le strappò un sorriso, certa che il messaggio che aveva inviato tramite il cosmo era invero giunto a destinazione.

Fuori dalla cittadella infatti, nell’ampio spazio che si estendeva tra la prima cinta fortificata di mura e la seconda, corrispondente al palazzo vero e proprio, Pegasus, Sirio e Cristal, assieme a Kiki, Bard e ai giovani arcieri di Midgard, stavano tentando di fronteggiare i Soldati di Brina, che a centinaia si erano riversati su di loro.

A ben vedere, si disse Pegasus, non erano poi così tanti, né sarebbero stati un problema, non fosse stato per l’immenso lupo dalle fauci spalancate che si ergeva su di loro, muovendo le zampe per artigliarli. Skoll, figlio di Fenrir, generato all’ombra della Foresta di Ferro, motivo per cui, si diceva, le sue ossa e i suoi artigli fossero resistenti al punto da essere indistruttibili.

Leggenda o meno, non ci tengo ad appurarla! Mormorò il Cavaliere, rotolando sul terreno per evitare una zampata del lupo e al tempo stesso cercare di schivare i raggi congelanti dei Soldati di Brina. Così non va, c’è troppo caos! Rifletté, osservando gli amici che, al pari suo, dovevano lottare su più fronti contemporaneamente, difendendosi da ogni lato.

"Kiki! A me!" –Esclamò, presto raggiunto dal fratello di Mur. –"Noi ci occuperemo di Skoll… Tu, piuttosto, vedi quel torrione? Ilda non se la prenderà se ristrutturiamo un po’…"

Kiki annuì, comprendendo il piano dell’amico, che si pose di fronte a lui, per proteggerlo dagli attacchi dei Soldati di Brina, scatenando la furia devastante del Fulmine di Pegasus che raggiunse una decina di loro. Il giovane apprendista, nel frattempo, bruciò il proprio cosmo, di color verde acqua, concentrando i sensi sulla torre sporgente che svettava sul palazzo sopra di loro. Li concentrò sempre più intensamente, stabilendo un contatto con la materia, un’unione che gli permetteva di assumerne il controllo, e spostarla, come Mur gli aveva insegnato negli anni.

"Restare sempre in contatto con ciò che si vuol muovere è la base della telecinesi!" –Amava ripetergli. E Kiki aveva ben imparato, anche se inizialmente non aveva saputo trovare miglior applicazione ai suoi poteri che scagliare qualche pietra addosso ai malcapitati che raggiungevano lo Jamir. Proprio come era successo a Sirio.

Sorrise, pensando a quanto tempo era passato da allora, non troppo in verità, neppure due anni, ma in quel periodo tutti erano cresciuti. Anche lui. E ora era il momento di dimostrarlo.

"Uuuh…" –Mormorò Kiki, sforzando al massimo i suoi sensi fino a far scricchiolare la costruzione. In quel momento Sirio e Cristal si lanciarono contro Skoll, liberando i loro attacchi congiunti e spingendolo proprio contro le mura interne della cittadella, su cui la bestia si abbatté guaendo.

Molti soldati nemici vennero schiacciati dalla sua massa, altri tentarono di fuggire, ma subito le frecce di Bard e dei suoi amici, e i pugni lucenti di Pegasus si abbatterono su di loro. Fu in quell’attimo che Kiki sradicò letteralmente la torre di guardia, abbattendola su tutti loro, sommergendoli sotto tonnellate di macerie, prima di accasciarsi sfinito, di fronte allo sguardo soddisfatto degli amici.

"Bel lavoro, ciuffino!" –Gli disse Pegasus, scombinandogli i capelli.

"Attentiii!!!" –La voce di Bard li distrasse all’istante, mentre Skoll si rimetteva in piedi, stordito ma soprattutto arrabbiato. Aveva voluto giocare con loro, credendo si trattasse di semplici soldati, bocconcini con cui amava divertirsi, squartandoli, prima di masticarne i resti. Invece erano dotati di poteri cosmici della stessa matrice di Loki e degli Asi che tanto odiava, poteri in grado di ferire la sua pelle corazzata.

"Ssstolti! In quesssto modo mi togliete il divertimento, ma non l’appetito!" –Sibilò, prima di scattare contro di loro, ad una velocità così elevata che Pegasus e gli altri non credevano quel colosso potesse tenere.

Si abbatté su Sirio e Cristal, gettandoli a terra, prima di dirigersi verso Bard e i suoi compagni, che invano tentarono di fermarlo con le loro frecce, che non riuscirono neppure a scalfirlo. Skoll fu su di loro, schiacciandone alcuni e afferrandone altri con le mascelle, squartandoli in un sol boccone, di fronte agli occhi inorriditi di Bard.

"Ma… maledetto mostro!!!" –Ringhiò l’allievo di Orion, trattenendo le lacrime e incoccando una nuova freccia. La riconobbe al tatto, era la freccia d’oro, dono del suo maestro. La freccia che Orion gli aveva regalato, raccomandandogli di usarla in un’occasione importante, per difendere tutto ciò in cui credeva. –"E quel giorno è adesso!" –Si disse, spostando con un soffio i capelli che gli cadevano sulla fronte.

"Aspetta!" –Intervenne allora Cristal, rimessosi prontamente in piedi. –"Mira agli occhi! Ti dirò io quando tirare!" –Non aggiunse altro e sfrecciò via, scivolando sul terreno ghiacciato, fino a portarsi sotto l’immensa bestia.

Sirio e Pegasus lo guardarono attoniti, comprendendo quel che volesse fare, e corsero di fronte a Skoll, per attirare la sua attenzione. Kiki usò i suoi poteri telecinetici per scagliare contro il collo della bestia un nugolo di lance e spade dei soldati abbattuti, facendola ringhiare ulteriormente e sollevarsi verso il cielo. Fu allora che Cristal le afferrò le zampe posteriori, o meglio le afferrò dei ciuffi di pelo, essendo troppo vasta la distanza tra i suoi arti da non poterli toccare entrambi contemporaneamente. Ma fu sufficiente per sprigionare il suo potere congelante e rivestire il grigio manto di Skoll di un resistente strato di ghiaccio.

"Che ssstai facendo, bocconcino?!" –Ringhiò il lupo, chinando la testa e realizzando, con orrore, di non poter muovere le zampe posteriori. Adirato, si liberò di Cristal con un colpo di coda, ma il ragazzo fu abile a sfruttarne la spinta, afferrandovisi e balzando via, accanto a Bard, che allora scoccò la sua freccia d’oro.

Mancò l’occhio del lupo, che si agitava frenetico, ma lo raggiunse comunque all’orecchio sinistro, strappandogli un grido di dolore. Sirio, vedendo che i compagni stavano recuperando il controllo della situazione, chiese allora a Bard di portarlo alle segrete, in modo da liberare Ilda. Il ragazzo annuì e, radunati i cinque compagni che gli erano rimasti, sfrecciò via con il Cavaliere e Kiki.

"Bene, gattone! Sembra sia arrivata la tua ora!" –Esclamò Pegasus con baldanza, ergendosi ai piedi di Skoll, con il pugno rilucente di energia cosmica.

"Credi. Ma non sssai!" –Si limitò a commentare il figlio di Fenrir, con un ghigno astuto, prima di chinare il capo e alitare in faccia al ragazzo quel che in realtà non era un semplice soffio ma una vera e propria corrente d’aria gelida che lo spinse indietro, facendolo ruzzolare al suolo. –"In una creatura primordiale quale io sssono, non può che risssiedere lo ssstessso potere della mia civiltà infernale! Un gelo sssconfinato!"

"E allora è con il gelo che ti sconfiggeremo!" –Intervenne Cristal baldanzoso, espandendo il proprio cosmo. Pegasus si rialzò per fare altrettanto ma in quel momento un gruppo di Soldati di Brina, ripresisi dallo stordimento del crollo della torre, si rimise in piedi, lanciandosi contro di lui ad armi spianate.

"Non c’è modo di riposare un istante! Siete proprio noiosi!" –Bofonchiò il ragazzo, scattando di lato, mentre un fascio di energia congelante lo raggiungeva a un piede, facendogli perdere l’equilibrio. L’Armatura Divina resse bene, ma a Pegasus sembrò di sentirla più fredda al contatto e tremò al pensiero di non averla avuta indosso. –"Dal momento che non mi piace ripetermi, lo dirò una volta sola! Fulmine di Pegasus!!!" –Gridò, sfrecciando in mezzo ai nemici, falciati dalla sua pioggia di stelle cadenti.

Cristal, nel frattempo, aveva espanso il proprio potere glaciante, dirigendo una massa di energia contro Skoll, che aveva cercato di opporvisi generando correnti gelide con il fiato, facendo sì che i due poteri si scontrassero, congelando tutto quel che stava attorno. Pietre, detriti, armi e lance, persino i corpi dei soldati vennero inghiottiti da un globo di energia azzurra che esplose poco dopo, spingendo Cristal indietro di qualche metro.

Skoll approfittò di quel momento per scuotersi con forza, tirando i muscoli del corpo e sradicando le zampe posteriori da terra, distruggendo parte del ghiaccio con cui erano bloccate. Non s’avvide però, intento com’era a tener lo sguardo sul Cavaliere del Cigno, di un fascio di energia dorata che gli illuminò il collo, forandolo e facendo schizzar fuori spruzzi di sangue venefico. Un secondo gli mozzò la coda, mentre un secco colpo di lama gli falciava alcune unghie di una zampa, strappandogli immani grida di dolore.

Fece per muoversi verso coloro che lo avevano appena ferito, ma dovette coprirsi gli occhi, accecato dallo straordinario bagliore che le loro armature emettevano, una luce così intensa a cui, avendo vissuto per secoli nelle tenebre del gelo, non era abituato.

"Salve ragazzi!" –Esclamò allora una delicata voce femminile, mentre la luminosità attorno al suo corpo scemava di intensità, permettendo a Cristal e a Pegasus di riconoscere le aggraziate forme di Reis di Lighthouse, Cavaliere di Luce. –"Spero che non vi dispiaccia se ci siamo presentati senza invito, ma Jonathan, sapete come sono i maschi, adora le feste!" –Sorrise, indicando il compagno alla sua destra, con lo Scettro d’Oro puntato verso il volto di Skoll.

"Reis! Jonathan!" –Balbettò Pegasus a quell’inaspettata apparizione. –"Felicissimi di vedervi! Ma… che ci fate qua?!"

"Il Signore dell’Isola Sacra ci ha ordinato di portarvi aiuto, Cavalieri di Atena! Non è solo Asgard ad essere interessata da questa guerra, ma l’intera Terra sta volgendo verso il crepuscolo!"